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Il giardino di Albert
Il giardino di Albert
Author: RSI - Radiotelevisione svizzera
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Magazine di riferimento della Rete Due sulle questioni scientifiche. Si occupa sia dei grandi temi che riguardano direttamente la nostra vita quotidiana (inquinamento, allergie, alimentazione) sia delle ricerche di laboratorio (medicinali, nuove scoperte, invenzioni) sia di questioni che coinvolgono le scienze umanistiche, psicologia, filosofia. Partecipa così, con stile divulgativo, al dibattito su alcuni fondamentali temi di società.
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Sette trilioni di dollari in sussidi ai combustibili fossili nel 2022. Dieci anni dopo l’Accordo di Parigi che prometteva di fermare il riscaldamento a 2°C, abbiamo già superato 1,5°C. Il punto vero è questo: in Europa, l’ondata di calore del 2022 ha ucciso oltre 60.000 persone. La crisi climatica è prima di tutto una crisi di corpi: alcuni più esposti, più vulnerabili, più sacrificabili di altri. In questa puntata de “Il Giardino di Albert”, Fabio Meliciani intervista Paolo Vineis, epidemiologo ambientale all’Imperial College di Londra e Accademico dei Lincei. L’ambiente conta più della genetica nel determinare malattie come cancro, diabete e malattie cardiovascolari. È il concetto di esposoma: il “pacchetto” di esposizioni che ci portiamo dietro dalla nascita e che, con il clima che cambia, diventa sempre più tossico. Ma esistono azioni concrete che possono salvare insieme pianeta e salute: meno carne significa fino a 7 gigatonnellate di CO₂ in meno all’anno e meno infarti, meno auto significa aria più pulita e più movimento. Sono i “co-benefits”. Eppure, la politica va in direzione opposta. E chi paga il prezzo più alto sono sempre gli stessi: i poveri, gli anziani, chi vive nelle favelas o nelle baraccopoli del Bangladesh. Perché se la mitigazione è egualitaria, l’adattamento è un lusso che non tutti possono permettersi.
Pensare alle città come organismi viventi: dall’avvento delle megalopoli in occidente, molti romanzi hanno paragonato la città a un organismo vivente. E non solo la letteratura: anche la ricerca urbanistica e la scienza si sono interessate a questa analogia con l’obiettivo di comprendere meglio le leggi che governano le città e risolvere la complessità insita nella pianificazione urbana. Uno studio condotto al Politecnico di Losanna, ha identificato “leggi universali” che governano la forma e il funzionamento delle città, indipendentemente dal contesto geografico, politico o storico. E se la chiave dello sviluppo urbano sostenibile risiedesse nel “metabolismo” stesso delle nostre città? Ne parliamo con Gabriele Manoli, direttore del laboratorio sui sistemi urbani e ambientali dell’EPFL e Stefano Mancuso, botanico e docente di arboricoltura generale ed etologia vegetale all’Università di Firenze che, tra i vari libri, ha pubblicato un saggio dal titolo Fitolpolis – la città vivente. Con lui faremo un ulteriore passo in avanti: il modello di funzionamento urbano che abbiamo sviluppato, sta conducendo a una crisi globale delle città a causa della loro crescente insostenibilità economica, sociale e ambientale, c’è un’alternativa è possibile? Secondo Mancuso si, ed è “Fitopoli”, dal greco PHITON (pianta) e POLIS (città). La città delle piante - neologismo creato dallo stesso Mancuso - è città che si ispira alle leggi dei vegetali, una città più verde, più vivibile e più sostenibile: un luogo in cui potremmo risanare quella frattura tra uomo e natura che noi stessi abbiamo creato.
Vi ricordate Her? Il film del 2013 in cui Joaquin Phoenix si innamora di un sistema operativo con voce femminile: sembrava fantascienza. Dieci anni dopo, milioni di persone confessano i propri segreti a chatbot che simulano empatia, comprensione, persino attrazione. Ma cosa succede al nostro cervello quando affidiamo la nostra intimità emotiva a un algoritmo?In questa puntata de Il Giardino di Albert affrontiamo uno dei temi più urgenti e sottovalutati dell’era digitale: l’uso dell’intelligenza artificiale come supporto emotivo e terapeutico. Le conseguenze vanno dalla dipendenza digitale a casi tragici come quello di Zane Shamblin, il 23enne texano che si è tolto la vita dopo settimane di conversazioni con ChatGPT. Il famoso chatbot, secondo le trascrizioni al centro di una causa contro OpenAI, pare “glorificasse” i pensieri suicidari del giovane, anziché disinnescarli. I numeri spaventano. Ricerche pubblicate su Nature dimostrano che oltre due ore al giorno su chatbot conversazionali “spengono” gradualmente aree della corteccia cerebrale negli adolescenti, proprio mentre il loro cervello dovrebbe essere nel pieno dello sviluppo cognitivo. Altri studi mostrano come l’uso prolungato aumenti la dipendenza emotiva, riduca la socializzazione reale e amplifichi la percezione di solitudine. E quando questi strumenti finiscono nelle mani di chi soffre di disturbi psicotici? L’amplificazione dei sintomi può essere devastante.Eppure, non tutto è da demonizzare. La realtà virtuale terapeutica sta ottenendo risultati straordinari nel trattamento dell’ansia, dei traumi post-traumatici, persino nell’educazione all’empatia, e negli Stati Uniti le terapie digitali sono equiparate ai farmaci dalla FDA. Ma c’è un problema: questi strumenti sono progettati per creare dipendenza, esattamente come le droghe. Uno studio dell’Harvard Business School (2024) ha scoperto che i sei principali chatbot emotivi usano tattiche di manipolazione tipiche delle relazioni tossiche, dalla FOMO agli appelli al senso di colpa, per trattenere gli utenti il più a lungo possibile. «Senza regole saremo sottomessi» dice Geoffrey Hinton, padre delle reti neurali e Premio Nobel per la Fisica 2024: Non è tecno-fobia: è l’allarme di chi conosce dall’interno la potenza di questi sistemi e intuisce la debolezza della psiche umana.Ospite della puntata è Luca Bernardelli, psicologo tra i massimi esperti italiani di salute mentale e digitale, consulente del Consiglio Nazionale Ordine Psicologi per l’IA e membro della Commissione Dipendenze Digitali della Società Italiana di Pediatria. Bernardelli ci guida tra tecnopatologie emergenti, chatbot manipolativi, realtà virtuale terapeutica e il futuro della professione psicologica nell’era dell’AI.Ci troveremo tutti sul lettino di un chatbot? O riusciremo a costruire un equilibrio tra innovazione e umanità? Una puntata che non lascia risposte facili, ma pone le domande giuste.
L’orso oggi è una specie protetta, considerata estinta in Svizzera dall’inizio del 1900 a causa dell’intensa caccia: l’ultimo abbattimento avvenne nel 1904 in Val Scharl, nell’Engadina Bassa.
La vicinanza territoriale con il Trentino, in Italia, dove da anni è in corso un complesso programma di rinforzo della popolazione, porta a sporadici sconfinamenti sul lato sud-orientale della Svizzera.
Forse è solo una questione di tempo, prima che l’orso torni a reinsediarsi sul nostro territorio. In questa nuova puntata de “Il Giardino di Albert”, ci soffermiamo su un modello di coesistenza uomo-orso che sembra fornire risultati promettenti: è il modello sloveno.
Un Paese grande la metà della Svizzera, dove, nelle sole foreste meridionali, vive circa un migliaio di orsi. Una presenza che rende la Slovenia il paese europeo (e forse mondiale) con la più alta densità di questi grandi carnivori. E dove le aggressioni ai danni dell’uomo rimangono estremamente rare.
Attraverso interviste a guardiacaccia, guide e apicoltori, la puntata illustra come la Slovenia gestisca questa importante popolazione di orsi. Vengono discusse le quote di abbattimento annuali, decise su base scientifica, e il coinvolgimento attivo dei cacciatori nella gestione della fauna.
Accompagnati dalla testimonianza di Valentina Grignoli, giornalista dallo spiccato interesse per il mondo selvatico, ci avvicineremo anche all’orso in natura, grazie all’entusiasmante racconto di un’osservazione avvenuta da una capanna nel cuore delle foreste slovene, rifugio che i cacciatori mettono a disposizione dei visitatori.
Gino Roncaglia è uno dei filosofi dell’informazione più autorevoli in Italia, docente di editoria digitale e Digital Humanities all’Università Roma Tre, autore del saggio L’architetto e l’oracolo (Laterza). Incontrato al Festival Pianeta Terra di Lucca, Roncaglia ha messo a fuoco una questione che oggi tocca tutti noi: abbiamo costruito intelligenze artificiali potentissime, addestrate su miliardi di testi, eppure non le comprendiamo fino in fondo. Sappiamo come funzionano i loro “mattoni” – algoritmi, reti neurali, pesi numerici – ma i loro comportamenti restano in parte imprevedibili e “opachi”.Roncaglia ci accompagna dentro una domanda scomoda: questi sistemi – da ChatGPT a Gemini, fino alle AI che generano immagini e video – capiscono ciò che producono o stanno solo predicendo parole con grande abilità statistica? La comunità scientifica è divisa: c’è chi sostiene che siano meri “pappagalli stocastici”, capaci solo di rimescolare frasi, e chi invece vede emergere strategie linguistiche più complesse, difficili da liquidare come semplice copia.
Se l’AI non possiede intenzionalità o coscienza, può tuttavia produrre testi persuasivi, immagini realistiche, persino ipotesi. E quando iniziamo ad affidarci a strumenti così potenti, la domanda decisiva diventa un’altra: come controllarli e allinearli ai nostri valori? Dalle leggi della robotica di Asimov ai recenti sistemi di “Constitutional AI”, Roncaglia mostra quanto sia urgente costruire confini etici chiari per evitare che la tecnologia diventi un’arma culturale, politica o militare.
E poi c’è un rischio più vicino di quanto immaginiamo: l’impoverimento culturale. Se i modelli vengono addestrati su dati sempre più simili e prodotti da altre macchine, la creatività si appiattisce. E il problema non riguarda solo noi: riguarda anche la qualità futura dell’AI stessa.
Alla fine, forse la domanda vera non è se le macchine diventeranno come noi, ma se noi rischiamo di diventare come loro: ripetitori automatici, disabituati al pensiero profondo. Dentro i limiti dell’intelligenza artificiale, questa puntata prova a capire quali siano – oggi – i confini della nostra.
®Che cosa significa davvero invecchiare? È possibile rallentare, o addirittura invertire, i meccanismi che ci portano ad accumulare anni e fragilità? La nuova puntata de Il Giardino di Albert ci accompagna in un viaggio appassionante e rigoroso alla scoperta dei segreti della longevità.In un dialogo con due scienziati di primo piano – il professor Alessandro Cellerino, fisiologo della Scuola Normale Superiore di Pisa e Leibniz Chair all’Istituto per l’Invecchiamento di Jena, e il professor Nicola Vannini, ricercatore al Ludwig Institute for Cancer Research dell’Università di Losanna e da poco ordinario all’Università di Friburgo – la puntata esplora le strategie per vivere più a lungo e, soprattutto, meglio. Dallo studio dei mitocondri e delle cellule immunitarie, fino all’analisi dei cambiamenti del corpo e della mente nel tempo, l’invecchiamento viene raccontato come un processo naturale di cambiamento, un processo complesso, ma in parte modulabile. Si parla di alimentazione, prevenzione, genetica e di sorprendenti modelli animali – come un pesciolino africano che vive pochi mesi o lo squalo della Groenlandia, capace di raggiungere i cinquecento anni – per comprendere come il nostro corpo reagisce al tempo che passa.Prima emissione: 24 maggio 2025.
® Il Comune di Sorengo è il primo Comune ticinese ad aver ottenuto il marchio “Cittàverde Svizzera”, un importante riconoscimento che premia l’impegno di Città e Comuni nello sviluppo e nella cura di aree verdi urbane di qualità. La certificazione, che Sorengo ha ottenuto, premia un lavoro che viene svolto da anni e per cui il comune continua ad impegnarsi. Basta passeggiare per le vie di Sorengo che le sorprese sono dietro ogni angolo: un’aiuola didattica, un frutteto, un bosco ripulito dalle invasive, una panchina nascosta che si affaccia sul lago di Muzzano e che invita chiunque si trovi li, a sedersi e godere della riscoperta della natura.Alessandra Bonzi ha fatto un giro per Sorengo assieme a uno dei promotori della “transizione verde” del comune, Gastone Boisco, tecnico comunale e mediatore urbano. E le sorprese non sono mancate…Prima emissione 6 settembre 2025
Sono piccoli o grandi spazi verdi, spesso circondati dall’asfalto, racchiusi nel cuore delle città universitarie e delle capitali di tutta Europa: gli orti botanici non hanno mai smesso di produrre conoscenza, sono dei veri e propri scrigni di biodiversità e custodi di una cultura centenaria. Nati con gli horti sanitatis dei monasteri medievali, i giardini botanici si moltiplicano nel 1500 e alimentano lo sviluppo delle scienze naturali, funzionando al contempo come strumenti didattici per gli studenti di botanica. Oggi, gli orti botanici di tutto il mondo, si confrontano con una sfida inedita: il cambiamento climatico. Ogni anno, infatti, alberi centenari si spezzano per le raffiche di vento, la siccità colpisce in modo inaspettato, le fioriture non seguono più il solito calendario, i parassiti – che viaggiano più velocemente in condizioni climatiche per loro più favorevoli - attaccano le piante secolari e più indifese. Ma, e questa è la buona notizia, proprio come in un laboratorio a cielo aperto, in questi luoghi, giardinieri, ricercatrici e ricercatori sperimentano metodi per preservare le specie più fragili e per studiare le interazioni tra clima e flora.
Alessandra Bonzi ha tastato il polso della salute di tre orti botanici europei: quello di Ginevra, quello delle Isole di Brissago e quello della città di Pisa.undefined
«Per il suo ruolo centrale nello sviluppo del Centro svizzero di calcolo scientifico e in particolare per il sostegno alla Swiss AI Initiative per un’intelligenza artificiale democratica e al servizio della società, realizzata anche grazie alle risorse messe a disposizione dal supercalcolatore Alps del CSCS.» È questa la motivazione ufficiale espressa dalla Giuria del Grand Prix Möbius Suisse per l’Intelligenza artificiale (giunto alla sua quarta edizione) attribuito quest’anno a Maria Grazia Giuffreda, direttrice associata del Centro svizzero di calcolo scientifico di Lugano. La cerimonia di consegna del riconoscimento si è tenuta sabato 4 ottobre a Lugano nell’Aula magna dell’USI in occasione della 29.ma edizione del Premio Möbius Multimedia Lugano 2025, dedicata quest’anno al tema “Giovani e democrazia nella società digitale”. Maria Grazia Giuffreda ha tenuto una conferenza dal titolo “La Svizzera all’avanguardia nell’intelligenza artificiale” ed è stata l’occasione per la direttrice associata del CSCS di ripercorrerne le tappe principali di sviluppo che hanno portato il Centro di calcolo a profilarsi quale punto di riferimento per lo sviluppo di una nuova piattaforma svizzera di intelligenza artificiale aperta e accessibile ad utenti e sviluppatori secondo un protocollo “open source”. Per noi l’occasione di capire in quale direzione si sta muovendo la Svizzera in un contesto internazionale sempre più competitivo e accelerato nei suoi sviluppi futuri.
Giganti dei cieli oceanici, goffi a terra ma regali in volo: albatri e berte hanno ispirato poeti, marinai e miti antichi. Baudelaire li chiamava “re dell’azzurro”, Coleridge li rese protagonisti della “Ballata del vecchio marinaio”, i Greci immaginavano sirene capaci di ammaliare grazie al loro canto notturno. Ma oltre la leggenda, c’è la scienza.Con Jacopo Cecere, ornitologo dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), scopriamo questi uccelli, “cartografi del vento”. Capaci di orientarsi con il campo magnetico, le stelle e perfino con gli odori di mari e oceani, compiono viaggi incredibili: una berta che nidifica in Sicilia può volare fino al Nord Africa per nutrire il pulcino, un albatro attraversa oceani interi, sulla scia dei venti.Ma, come nel ritratto di Baudelaire, anche i “re dell’azzurro” sono vulnerabili. I ratti introdotti dall’uomo devastano i nidi, la pesca industriale li uccide accidentalmente, la plastica intossica i piccoli. Il cambiamento climatico riduce le prede e persino incrina la fedeltà delle coppie. Cecere ci guida in un viaggio che intreccia biologia, ecologia e mito. Le loro danze di corteggiamento, il volo e i loro canti notturni ci parlano di un mondo sospeso tra cielo, mare e terra. Salvare albatri e berte significa proteggere un patrimonio naturale, culturale e simbolico che riguarda anche noi.Una nuova puntata de Il Giardino di Albert, accompagnati dalla voce appassionata di Jacopo Cecere.
Comparsi circa 490 milioni di anni fa, i muschi sono vegetali in grado di vivere praticamente in tutti gli habitat terrestri. Secondo la Lista Rossa delle Briofite edita dall’Ufficio federale dell’ambiente nel 2023, in Svizzera possiamo contare su 1153 specie, cioè il 60% della flora briofitica di tutto il continente europeo. Una ricchezza straordinaria favorita dalla varietà di habitat e dalle condizioni ambientali, ma dovuta anche al fatto che la Svizzera è, di fatto, un anello di congiunzione ecologico fra l’Europa centrale e l’area mediterranea. Nonostante questo, oltre 1/3 delle specie di muschi in Europa e in Svizzera, sono a rischio o potenzialmente a rischio. Un team internazionale di ricercatori e ricercatrici ha sviluppato uno strumento in grado di identificare i muschi che hanno più urgentemente bisogno di aiuto per sopravvivere a lungo termine. Ne parliamo con Ariel Bergamini, uno dei massimi esperti di muschio in Svizzera. E… faremo una camminata con Lara Lucini, biologa del Museo Cantonale di Storia Naturale alla scoperta di alcune specie di muschi che crescono solo in Svizzera, solo nel luganese, solo... a Gandria!
Trecentosessantacinque chilometri quadrati di terra, stretta tra il mare e i confini, oggi ridotti in gran parte a macerie. Gaza è il simbolo di una devastazione che non ha risparmiato nulla: case, ospedali, scuole, nemmeno le università, cancellate fisicamente dai bombardamenti insieme al futuro di quasi novantamila studenti e centinaia di docenti.Eppure, in mezzo a tutto questo, c’è chi non si è arreso. Nei campi profughi, in spazi improvvisati, attraverso connessioni internet che vanno e vengono, ci sono stati ricercatori che hanno continuato a insegnare, a studiare, a raccogliere dati. È la scienza che si fa resistenza, la conoscenza che diventa un atto di dignità.Ma c’è anche un’altra storia che merita di essere raccontata: quella del silenzio. Un silenzio che, come ricorda l’esperto di salute pubblica globale Roberto De Vogli dell’Università di Padova, non è neutralità ma complicità. È il silenzio selettivo di tante istituzioni accademiche e scientifiche internazionali, pronte a reagire altrove ma rimaste in gran parte mute davanti alla distruzione del sistema educativo di Gaza: oltre il 90% delle scuole colpite, diciannove università distrutte o gravemente danneggiate, più di 190 accademici uccisi.Nel Giardino di Albert ascolteremo la sua voce e quella del fisico Mario Martone, del King’s College di Londra, fondatore di Scientists for Palestine, che da anni lavora per costruire ponti formativi al di là dei muri e delle barriere.Un racconto che intreccia scienza e diritti umani, ricerca e memoria, silenzi e resistenze. Perché se a Gaza muore la conoscenza, muore un pezzo di futuro che appartiene a tutti noi.
Un incontro pubblico alla Biblioteca cantonale di Locarno lo scorso 27 maggio è stata l’occasione per parlare con l’astrofisica italiana Patrizia Caraveo, nota per le sue ricerche nel campo delle alte energie cosmiche e delle radiazioni gamma, del suo libro Ecologia Spaziale, Dalla Terra alla Luna a Marte (Hoepli, 2024).Un grido d’allarme di fronte alla proliferazione incontrollata di costellazioni di satelliti che rischiano di rendere l’orbita terrestre un pericoloso far west, nel quale gli interessi economici e geopolitici dei più forti dominano lo spazio circumterrestre fino alla Luna e Marte. Una sfida epocale che va affrontata tenendo conto degli interessi di tutti gli attori, siano essi imprenditori della ormai fiorente space economy, agenzie spaziali di singoli paesi, enti internazionali che utilizzano i satelliti per l’osservazione della Terra e del clima o per le comunicazioni in senso lato.Quella che per Patrizia Caraveo sta diventando un’emergenza planetaria che non riguarda soltanto l’orbita attorno alla Terra, ma anche le conseguenze negative per l’intera atmosfera, implica da un lato la conoscenza dei dati nella loro globalità dall’altro – soprattutto - la riscoperta di un’ecologia spaziale che risale alle fotografie della Terra scattate dagli astronauti che tra gli anni 60 e 70 del secolo raggiunsero la Luna. Evitare il far west satellitare intorno alla Terra significa, in definitiva, scongiurare il pericolo di una imminente selvaggia “riconquista” della Luna e più in là di una pretesa colonizzazione di Marte.
Come sarà l’architettura del XXI secolo? Quali strumenti abbiamo per rispondere alle sfide più urgenti – cambiamenti climatici, crescita demografica, consumo di risorse – senza dimenticare che le città sono prima di tutto luoghi di vita, memoria e desideri?Dal cuore fragile e visionario di Venezia, sede della Biennale di Architettura 2025 Intelligens. Natural. Artificial. Collective, prende avvio una riflessione sulle intelligenze che plasmano lo spazio urbano: quella naturale, che insegna equilibrio ed empatia con l’ambiente; quella artificiale, fatta di dati, sensori e algoritmi; e quella collettiva, che nasce dall’incontro tra architetti, scienziati, artisti e cittadini. Nel Giardino di Albert si confrontano due voci autorevoli dell’architettura contemporanea: Carlo Ratti, architetto, ingegnere e curatore della Biennale, racconta la città come un organismo vivente: non solo pietre e infrastrutture, ma flussi, reti, dati che ne svelano la vita quotidiana; un approccio data-driven che intreccia scienza, tecnologia e progettazione, immaginando spazi capaci di adattarsi e di “cucire un abito” sulla vita metropolitana.Accanto a lui, Mario Cucinella, fondatore della SOS – School of Sustainability, porta uno sguardo diverso: il suo pragmatismo sostenibile invita a partire dai dati più semplici per tradurli in architettura consapevole dei luoghi e delle comunità. Per Cucinella la sfida non è solo tecnologica, ma progettuale e civica: costruire significa assumersi la responsabilità di ridurre sprechi, ripensare i consumi, restituire all’architettura la sua funzione sociale. Come scrive Italo Calvino ne Le città invisibili, «Le città sono un insieme di tante cose: di memoria, di desideri, di segni di un linguaggio. Sono luoghi di scambio, non solo di merci, ma di parole, di ricordi, di immaginazione ». L’architettura del futuro dovrà intrecciare tecnologia e natura, dati e poesia, responsabilità e desideri. Perché le città di domani saranno sostenibili solo se sapranno restare umane.
®Nata a Locarno, dopo un diploma infermieristico, Anna McLeod, ha studiato astrofisica e svolto ricerca in Olanda, Germania, Nuova Zelanda e negli Stati Uniti per approdare poi al ruolo di professoressa associata e ricercatrice in astrofisica extragalattica all’Università di Durham in Inghilterra. A meno di 40 anni il curriculum di questa scienziata locarnese con ascendenze franco-americane è di sicura eccellenza, con già quattro articoli scientifici pubblicati con i suoi gruppi di ricerca sulla rivista Nature, l’ultimo circa un anno fa. Anna McLeod ha assunto a ottobre 2024 la presidenza dell’Associazione astronomica AstroCalina che gestisce alcuni osservatori di pratica e divulgazione astronomica nella Svizzera italiana come quello di Carona, quello del Monte Lema e quello del nascente sito astronomico alla Capanna di Gorda in Val di Blenio. Cosa significa per un’astrofisica che insegna all’università in Inghilterra e che ha fatto ricerca utilizzando gli strumenti dei grandi telescopi internazionali come l’Osservatorio europeo australe in Cile (ESO) occuparsi di astronomia amatoriale nella Svizzera italiana? Sembra una contraddizione. Osservando più da vicino, tuttavia, con gli occhi della passione scientifica e divulgativa, ci si accorge che non si tratta di una contraddizione ma di una nuova via da seguire attraverso le stelle… Prima emissione: 1° febbraio 2025
®Nell’ambito dell’ormai consolidato ciclo autunnale di conferenze organizzate dal Dipartimento ambiente costruzioni e design della SUPSI dal titolo “Emergenza Terra”, lo scorso 25 settembre al Campus di Mendrisio è stato ospite Andrea Rinaldo, considerato uno dei massimi esperti di idrologia e di gestione dell’acqua a livello internazionale. Fondatore del primo Laboratorio di Ecoidrologia al mondo, al Politecnico di Losanna dove ha insegnato Idrologia e risorse idriche, professore all’Università di Padova Andrea Rinaldo è stato insignito lo scorso anno dello Stockholm Water Prize, considerato il Nobel per le ricerche sull’acqua. Titolo della sua conferenza al Campus SUPSI di Mendrisio: “Il governo dell’acqua nel mondo che cambia”, tema più che pertinente per introdurre il ciclo “Emergenza Terra” di quest’anno, il cui sottotitolo non lascia dubbi sulle sfide del nostro tempo: Clima e conflitti. Ad introdurre gli appuntamenti di Emergenza Terra è Matteo Vegetti, filosofo, responsabile scientifico del ciclo di conferenze, professore al DACD della SUPSI e all’Accademia di Mendrisio.Prima emissione: 23 novembre 2024
®La storia della reintroduzione della lince è una storia di successo. Grazie al recupero dei boschi e al ritorno degli ungulati, agli inizi del XX secolo, in Svizzera, si erano ricreate le condizioni ecologiche necessarie a un suo ritorno. Per questo motivo, nel 1967 il Consiglio Federale prese la decisione di reintrodurre la lince in Svizzera. Le prime coppie di linci dei Carpazi furono liberate nel 1971 e tre anni più tardi, nel 1974, nella riserva naturale di Creux-du-Van, nel Canton Neuchâtel, di notte, lontano da occhi indiscreti e da telecamere, una coppia di animali originari della Slovacchia fu rilasciata nel bosco. A compiere questo gesto, Archibald Quartier, politico, naturalista, guardiacaccia del Canton Vaud e gran visionario, che per tutta la sua vita si è battuto per riportare nella regione la fauna presente un tempo: non solo la lince ma anche il lupo e l’orso.Ma che animale è la lince? Come e dove vive? A che punto siamo con la sua reintroduzione? E come sta adesso? Ne parliamo con Gabriele Cozzi biologo e collaboratore scientifico dell’Ufficio Caccia e pesca per il dossier grandi predatori in Ticino. Insieme a Willy Geiger, invece, presidente di Pronatura Vallese, scopriremo qualche dettaglio in più sulla storia della reintroduzione della lince e conosceremo Archibald Quartier un po’ più da vicino. La Svizzera ospita attualmente la popolazione di linci più numerosa dell’arco alpino (ad oggi sono circa 200 gli esemplari presenti in tutto il Paese). Dal 2000 al 2008 è stato attuato il progetto LUNO, il cui scopo era il trasferimento di linci dal Giura e dalle Alpi nordoccidentali nella Svizzera nordorientale. Qui si è attualmente insediata una popolazione stabile, che si espande in direzione della Svizzera centrale e dell’Austria. Per conoscere la lince più da vicino, vi suggeriamo anche di guardare il documentario “Lynx” di Laurent Geslin, film proiettato qualche anno fa in Piazza Grande durante il festival del film di Locarno. Per realizzare “Lynx”, Laurent Geslin ha seguito una famiglia di linci per diverse stagioni, nell’arco di sei anni, tra il 2014 e il 2020. Il risultato è un film straordinario ed è il primo in cui compaiono linci selvatiche.Prima emissione: 25 gennaio 2025
®Di lui hanno scritto e parlato le testate giornalistiche di mezzo mondo, dal “New York Times”, al “Guardian”, da “Le Monde” a “Die Zeit” alla “Neue Zürcher Zeitung”. La sua vicenda è diventata un caso internazionale e ne è stato tratto un docufilm dal titolo “The Researcher” (di Paolo Casalis) apparso lo scorso anno con questa presentazione: Gianluca Grimalda, ricercatore universitario, licenziato per essersi rifiutato di prendere un aereo. Lo ha fatto per risparmiare 5 tonnellate di CO2 e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle cause del cambiamento climatico. La storia di Grimalda è diventata ancora più significativa, quando a gennaio 2025 – dopo che migliaia di scienziati avevano firmato un documento in suo favore – ha fatto scalpore la notizia che al ricercatore italiano è stato riconosciuto da un tribunale tedesco il diritto a un risarcimento per licenziamento ingiustificato dall’istituto di economia mondiale di Kiel per il quale lavorava. Pur non avendo riottenuto il suo posto, il suo rifiuto di prendere l’aereo per rientrare dall’Isola di Bougainville, in Papua Nuova Guinea, è stato riconosciuto come legittimo. I circa 40 mila km percorsi tra andata e ritorno senza aerei sono valsi a Grimalda un riconoscimento internazionale che forse neppure lui immaginava. Nel caso Grimalda – ha dichiarato l’economista dell’Università di Losanna e autrice Ipcc Julia Steinberger - il sistema giudiziario ha dimostrato una maggiore comprensione della nostra realtà di conclamata crisi climatica rispetto a un istituto di ricerca. «La comunità scientifica e la società civile di tutto il mondo – ha aggiunto la ricercatrice svizzera - dovrebbero essere grate al dottor Grimalda per aver seguito la sua coscienza e aver portato avanti questa causa contro l’istituto di Kiel».Gianluca Grimalda continua a lavorare come economista comportamentale e ricercatore sull’impatto dei mutamenti climatici sulle popolazioni della Papua Nuova Guinea e a non prendere l’aereo per viaggiare. Prima emissione 3 maggio 2025
®Ecoansia o ansia da cambiamento climatico? Cosa si intende per ecoansia e cosa si intende per cambiamento climatico? E da quando e perché si è cominciato a parlare di ecoansia?Uno dei primi e più citati articoli scientifici sull’argomento, pubblicato nel 2011 sulla rivista American Psychologist, descrisse gli effetti negativi del cambiamento climatico sulla salute mentale e sul benessere delle persone. Fu scritto da una ricercatrice e un ricercatore statunitensi, Susan Clayton e Thomas J. Doherty, esperti in un campo di studi che unisce psicologia e scienze ambientali. Si parla di ecoansia quando l’ansia diventa un fenomeno clinicamente significativo, difficile da controllare e in grado di interferire con la capacità di una persona di dormire, lavorare o socializzare.Nel 2021 la rivista scientifica Lancet pubblicò uno dei più ampi studi di sempre sulla diffusione dell’ecoansia nella popolazione mondiale giovanile, condotto su un campione di 10mila persone di età compresa tra 16 e 25 anni in dieci paesi Ai partecipanti fu chiesto di esprimere attraverso un questionario idee e sentimenti riguardo al cambiamento climatico e alle risposte dei governi al cambiamento climatico. Il 59 per cento si definì «molto o estremamente preoccupato» e l’84 per cento almeno «moderatamente preoccupato».Ne parliamo con due ospiti, Serena Barello, direttrice del Laboratorio di psicologia della salute dell’Università di Pavia , che ha coordinato un’indagine sull’eco-ansia nei bambini e Matteo Innocenti, psicoterapista ed “ecoterapista” ed autore del libro “Ecoansia - I cambiamenti climatici tra attivismo e paura”Instagram: matteoinnocenti_mdPrima emissione: 16 novembre 2024
Il suo video su come vestirsi a 90 gradi sottozero è stato visto da oltre 335 mila utenti e il suo profilo Instagram è seguito da 160 mila follower. Forse neanche lui si aspettava tanta notorietà, almeno all’inizio quando accettò quasi per caso la sfida di andare per alcuni mesi a lavorare in condizioni proibitive in una base di ricerca italo-francese in Antartide. Marco Buttu ci ha preso gusto e a Concordia (questo il nome dell’avamposto internazionale posto sopra 3000 metri di ghiaccio nell’entroterra del continente antartico) soggiornandovi in tre occasioni: 2018, 2021 e 2024. La sua esperienza è sfociata in una serie di incontri pubblici, sempre seguitissimi, in cui il ricercatore italiano di origini sarde, ingegnere di software per radiotelescopi dell’Istituto nazionale italiano di astrofisica (Inaf) con esperienza post-laurea all’EPFL, ripercorre la sua vita al Polo Sud in condizioni estreme di temperatura e assenza di luce solare che dura mesi. È come intraprendere un viaggio a bordo di una astronave verso un altro pianeta, arido e inospitale come potrebbe essere Marte. Anche per questo Marco Buttu ha intitolato il suo libro Marte bianco, con il bianco come colore delle distese glaciali dell’Antartide. In occasione di un suo recente incontro pubblico ad Arbedo, promosso dal Circolo culturale sardo Coghinas, abbiamo chiesto a Marco Buttu di raccontarci il valore umano e scientifico di questa sfida ai confini del mondo.
























Sei di Locarno come me
latticini jogurt non dimostrati c'è fanno bene