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La Storia riletta da Mauro Lanzi

La Storia riletta da Mauro Lanzi
Author: Mauro Lanzi
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© Copyright Mauro Lanzi
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"Non siamo noi a creare la storia, ma è la storia a creare noi" (Martin Luther King ).
Perché proporre una rilettura della storia? Perché la storia è il più bel romanzo che sia mai stato scritto; se rivista, partecipata nel modo giusto, ci può coinvolgere ed appassionare, può persino insegnarci qualcosa.
Va riletta però in un modo diverso, più aderente allo spirito che la anima; troveremo allora situazioni, personaggi, episodi vicini, in forma inattesa, alla nostra realtà. Faremo domande ed avremo risposte o ci nasceranno nuovi dubbi, troveremo forse qualche scintilla di verità.
Perché proporre una rilettura della storia? Perché la storia è il più bel romanzo che sia mai stato scritto; se rivista, partecipata nel modo giusto, ci può coinvolgere ed appassionare, può persino insegnarci qualcosa.
Va riletta però in un modo diverso, più aderente allo spirito che la anima; troveremo allora situazioni, personaggi, episodi vicini, in forma inattesa, alla nostra realtà. Faremo domande ed avremo risposte o ci nasceranno nuovi dubbi, troveremo forse qualche scintilla di verità.
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Dopo la Guerra dei sei giorni e la morte di Nasser, i due eventi fondamentali di cui dobbiamo occuparci sono la guerra del Kippur e la nascita dell’OLP. Il Kippur rappresentò la rivincita egiziana dopo l’onta del precedente conflitto, anche se solo l’intervento degli Stati Uniti evitò un altro disastro; questo intervento, voluto da Kissinger, fruttò agli Stati Uniti la riconoscenza egiziana e, in ultima analisi, il trattato di pace tra Egitto ed Israele. Contemporaneamente nasce l’OLP, che, sotto la guida di Yasser Arafat, diviene il rappresentante ufficiale di tutti i palestinesi.
Fin dalla sua fondazione, Israele aveva dovuto affrontare una serie di attacchi e di conflitti veri e propri solo per garantire la propria sopravvivenza; la Guerra dei Sei Giorni sarà lo scontro decisivo, che influirà in forma sostanziale sul futuro di Israele e di tutta la regione. Allo scontro armato, che inizialmente nessuno voleva, si arriverà quasi insensibilmente per una serie di malintesi e veri e propri errori di calcolo, partendo da informazioni allarmistiche, rivelatesi poi false, del Cremlino circa un imminente attacco israeliano alla Siria (14 maggio 1967). Le modifiche territoriali conseguenza di questa guerra sono ancora presenti nella geografia politica della regione ed ostacolano in misura determinante ogni possibilità di accordo.
I primi anni d’Israele dopo gli accordi di Rodi non furono affatto facili da un punto di vista economico, Israele riuscì a sopravvivere grazie agli aiuti delle organizzazioni ebraiche internazionali ed all’accordo con la Repubblica Federale Tedesca in merito alle riparazioni per la Shoah; subito dopo iniziò la crescita del paese, che partendo dall’agricoltura, passò all’industria fino alle imprese high tech che hanno modificato sostanzialmente i lineamenti dell’economia israeliana. Nei primi anni dopo gli accordi di Rodi, Israele dovette anche fare i conti con una situazione politica dei vicini arabi, profondamente modificata da una serie di rivoluzioni o colpi di stato che portarono al potere negli stati vicini una nuova classe politica, antiimperialista, antioccidentale e visceralmente antiebraica. Il principale esponente di questa nuova classe politica fu il leader egiziano, Gamal Abdel Nasser, con il quale Israele si trovò a misurarsi per la prima volta nella guerra del Canale.
La Shoah e la nascita di Israele sono due fatti strettamente correlati, non solo per l’afflusso in Israele di un gran numero dei sopravvissuti ai campi di concentramento, ma anche perché la rivelazione all’opinione pubblica mondiale degli orrori di quei campi ci fece sentire, nel mondo occidentale, quasi corresponsabili di quella sciagura; bisognava in qualche modo compensare quanto subito dagli ebrei ed il compenso, in prima istanza, fu l’assenso delle cancellerie occidentali alla creazione di Israele.
Oggi le parole sionismo o sionista sono divenute quasi un capo di accusa, imputando a questi concetti ogni colpa di quanto sta accadendo in Palestina; in realtà il Sionismo nacque come un’ideologia politica che affermava il diritto all’autodeterminazione ed alla riunificazione del popolo ebraico, possibilmente (ma non necessariamente) nella terra ad esso destinata secondo la Bibbia, cioè la Palestina; alla base del sionismo si mescolano la logica reazione all’antisemitismo imperante in tutta Europa con l’adesione al più vasto movimento del nazionalismo europeo, il sionismo, nelle sue origini, altro non è che la versione ebraica dei movimenti nazionalisti europei. Un impulso decisivo alle aspirazioni del sionismo lo dette la dichiarazione di Balfour, con la quale il governo inglese si impegnava a favorire la creazione di un ”focolare” per gli ebrei in Palestina; l’afflusso dei coloni ebrei, però, generò una reazione sempre più violenta da parte degli arabi palestinesi; nascono da qui le prime radici del conflitto in corso.
Il Medioevo fu un periodo di grandi difficoltà per le comunità ebraiche sparse nell’Europa cristiana, fatte oggetto periodicamente di violenze atroci, che andarono sotto il nome generico di “pogroms”; agli ebrei venivano addossate colpe di ogni tipo, compresa quella di “deicidio”, per il ruolo che la comunità ebraica avrebbe avuto nella crocefissione di Cristo. Si giunse al punto di confinare gli ebrei in zone limitate delle città, dette “ghetti”; il primo fu istituito Venezia nel 1516. Tutte le discriminazioni e limitazioni imposte agli ebrei furono cancellate con un tratto di penna da un evento epocale, la Rivoluzione Francese che con un editto specifico del 1791 cancellò ogni limitazione nei confronti degli ebrei; gli ideali della Rivoluzione furono diffusi in tutta Europa, portando la scomparsa, “de iure”, delle discriminazioni antiebraiche, dovunque, tranne che in Russia, dove, anzi, fu creato dalla polizia zarista il testo più falso, nocivo ed infame a carico dei giudei, “I protocolli dei savi di Sion”.
Le ragioni dell’attuale conflitto tra israeliani e palestinesi sono in realtà abbastanza semplici, ci sono due popoli che rivendicano la stessa terra, gli ebrei perché sostengono che questo è il luogo di nascita del popolo ebreo, i palestinesi viceversa affermano di essere stati presenti lì prima degli ebrei; il paradosso è che arabi ed ebrei sono popoli fratelli, non solo etnicamente, sono due popoli semiti, ma anche secondo il racconto biblico, accettato da entrambi, in quanto discendono da due diversi figli di Abramo. Allora, perché non riescono a convivere? Se questo è vero, ed in una certa misura lo è, come è stato possibile giungere ad un conflitto apparentemente insanabile? Chi sono in realtà i protagonisti di questi eventi? Chi sono gli ebrei, attraverso quali vicende si sono formati il loro carattere, la loro resilienza, la superiorità tecnologica che ha permesso loro di affrontare e prevalere su avversari assai più numerosi e in teoria più forti? Quali sono le origini dell’antisemitismo che ha dominato il mondo occidentale per secoli ed è riapparso proprio ora sulla scena mondiale?Per trovare delle risposte dobbiamo ripercorrere la storia travagliata di questo popolo dalle origini.
Con la morte di Robespierre termina il periodo eroico o, se volete, più creativo della Rivoluzione Francese, il potere torna nelle mani della borghesia affarista, che aspirava ad una normalizzazione della situazione politica, al ritorno al liberalismo in economia. I nuovi padroni, però, mancavano di una solida base sociale che li appoggiasse, erano costretti a ricorrere all’esercito per reprimere le frequenti fiammate insurrezionali di destra o sinistra. Proprio l’esercito alla fine, o meglio il più energico ed intelligente dei suoi capi, Napoleone, si rende conto di poter fare assolutamente a meno di quel fiacco governo civile; il colpo di stato del brumaio 1799 sancisce la fine della Rivoluzione, le cui idee fondanti però sopravvivono e saranno diffuse in tutta Europa dalle armate napoleoniche.
Robespierre è sicuramente uno dei personaggi più eminenti della Rivoluzione Francese, forse di tutta la storia moderna, ma anche dei meno conosciuti; di lui è stato detto di tutto, nel bene e nel male, senza approfondire la complessità del suo carattere, il suo disegno politico, i suoi indiscutibili meriti, le sue carenze e le sue colpe; quanto cercheremo di fare in questa conversazione.
Il Termidoro è il nome con cui viene di solito designata la congiura che portò Robespierre alla ghigliottina, il 10 Termidoro 1794 appunto. Il Terrore che aveva oppresso la Francia da più di un anno, era stato accettato dai più perché ritenuto necessario a salvare sia la Francia che la Rivoluzione;la vittoria di Fleurus ora allontana il pericolo, gli eccessi del Tribunale Rivoluzionario non sono più sopportati. Si crea quindi il terreno fertile per la congiura ordita dai nemici personali di Robespierre per abbatterlo.
Con l’esecuzione di Danton inizia in Francia il periodo detto del Grande Terrore; ora come non mai Robespierre ed il Comitato di Salute Pubblica utilizzano Tribunale Rivoluzionario e ghigliottina per mettere a tacere ogni opposizione; la Francia è disgustata da questo fiume di sangue, oltre al malcontento per la difficile situazione economica, ma tutto viene accettato per il timore della minaccia portata dagli eserciti stranieri. La vittoria di Fleurus dissipa anche questa paura, la Francia è pronta a liberarsi del Terrore e dei suoi sostenitori.
L’assassinio di Marat porta inevitabilmente il Terrore anche in campo giudiziario, inizia l’epoca dei grandi processi; il Tribunale Rivoluzionario diviene strumento di governo, il mezzo per colpire ed abbattere gli avversari politici. Così dopo Maria Antonietta, finiscono sotto la ghigliottina anche avversari politici di ogni sorta, Bailly, primo sindaco di Parigi, Filippo d’Orleans, Barnave, Hebert, capo degli estremisti, ed infine lo stesso Danton, grande protagonista della Rivoluzione.
La morte di Marat avvia la stagione detta del “Terrore”, cioè il periodo in cui la Francia è governata con misure che incutono terrore su chiunque cerchi di opporsi o anche semplicemente obietti alle misure decretate dalla Convenzione. Misure così drastiche erano giustificate dalle difficoltà sia sul fronte della guerra, che su fronte interno, dove la carestia rischiava di provocare insurrezioni di massa. Il Terrore doveva salvare sia la Rivoluzione che la Francia.
L’insurrezione della Vandea, le sconfitte militari ai confini, dovute anche al tradimento di Dumouriez, erano eventi capaci di favorire l’estremismo, a scapito dei moderati, cioè la Gironda, che conosce un destino tragico; i suoi rappresentanti sono esclusi dalla Convenzione, i capi giustiziati. Per vendicarli, Charlotte Corday macchinò l’assassinio di Marat; così aprì le porte al Terrore.
La rivolta della Vandea è uno degli argomenti più difficili, controversi e dolorosi di tutta la Rivoluzione Francese. Il nome Vandea, che in realtà è solo il nome un dipartimento del nord-ovest della Francia, subito sotto la Loira, è rimasto nell’immaginario collettivo come sinonimo di movimento reazionario, clericale e monarchico. In passato si tendeva a minimizzare o deprecare quegli eventi, la Vandea era considerata un incidente di percorso o, addirittura, una pugnalata alle spalle per la Rivoluzione; in tempi recenti, studi più obiettivi hanno modificato questa immagine, eminenti storici francesi hanno identificato nella rivolta vandeana l’espressione di un malessere che pervadeva diverse regioni francesi, al di fuori di Parigi; quanto poi alla repressione seguita alla sconfitta militare, gli stessi storici hanno definito, senza mezzi termini, la Vandea come il primo genocidio dell’età contemporanea!
La caduta della monarchia ebbe come inevitabile corollario il processo al Re; i Girondini tentarono di tutto per evitarlo, ma alla Convenzione prevalsero alla fine considerazioni politiche sugli aspetti prettamente giuridici e il 21 Gennaio 1793 Luigi XVI salì sul patibolo. Sulle frontiere, subito dopo la vittoria di Valmy, le sorti della guerra sembrarono volgere a favore delle armate francesi che giunsero ad occupare il Belgio; poi, una serie di passi falsi in campo diplomatico determinarono il costituirsi della I Coalizione, la Francia si trovò a dover affrontare le maggiori potenze europee alleate contro di lei; alcune gravi sconfitte e, infine, il tradimento del generale Dumouriez riportarono le truppe nemiche sui confini francesi. Per bloccare la loro avanzata la Convenzione decretò una leva straordinaria di 300.000 uomini, ma si trovò a dover fronteggiare una minaccia inattesa ed ancora più devastante, la rivolta della Vandea.
Mentre a Parigi i tumulti abbattono la monarchia, l’esercito prussiano avanza ai confini della Francia, il 2 settembre giunge ad occupare Verdun, la strada per Parigi sembra aperta. L’emergenza fa sollevare la Francia, a Parigi tre giorni di massacri sconvolgono la città; al fronte affluiscono volontari da tutto il paese e, sorprendentemente, un’armata di reclute male equipaggiate e prive di addestramento riesce a fermare a Valmy, il 20 settembre 1792, l’esercito più preparato e più forte d’Europa. “Da questo luogo e da questo giorno comincia un’era nuova nella storia del mondo”.Wolfgang Goethe
L’Assemblea Costituente aveva concluso i suoi lavori il 30 Settembre 1791 ed era stata sostituita da un nuovo organo, la Legislativa, in cui assunse presto una posizione di preminenza un gruppo di delegati provenienti, per buona parte, dalla zona di Bordeaux, la Gironda, detti anche per questo “Girondini”. Ai Girondini si deve la decisione dell’entrata in guerra contro Austria e Prussia, guerra che si riteneva facile e vittoriosa, che invece volgerà presto al peggio con l’avanzata dell’esercito prussiano ai confini. Il pericolo alle frontiere eccita le folle parigine che, con l’assalto alle Tuileries obbligano l’Assemblea a sancire la caduta della monarchia.
La presa della Bastiglia aveva obbligato il Re a prendere atto della nuova realtà, un’Assemblea, in rappresentanza del popolo, aveva preso la guida della nazione. La Costituente così poté iniziare i suoi lavori, che non si limitarono alla stesura di un testo di costituzione, ma che riformarono in profondità la struttura sociale, economica e politica della Francia. Alla conclusione dei lavori della Costituente, dopo la firma del sovrano della Costituzione, sembrò a tutti che la Rivoluzione fosse terminata, che una nuova era di pace e prosperità si aprisse per la Francia. Così non sarà.
La crisi dell’Ancien Regime, i cui motivi antichi e profondi abbiamo esaminato nella precedente conversazione subì, agli inizi del regno di Luigi XVI, una improvvisa accelerazione, a causa del baratro in cui stava sprofondando la finanza pubblica; per sanare una situazione divenuta ormai drammatica era stato chiamato a Parigi un finanziere svizzero, Jacques Necker, la cui opera, però, si era dimostrata insufficiente a risolvere i problemi di fondo della Francia, che erano di natura fiscale e, quindi, politica. Giunto allo stremo, l’esecutivo si era risolto a rivolgersi al Paese, con la convocazione degli Stati Generali, che nei periodi precedenti costituivano un organo consultivo per la monarchia; in questo caso, al contrario, i delegati, una volta riuniti, pretesero di disporre di un potere reale, in qualità di delegati della nazione e si costituirono in Assemblea Nazionale, con l’impegno di dare alla Francia una Costituzione. La rivolta di Parigi, con la presa della Bastiglia, sancì e rese irrevocabile l’investitura dell’Assemblea.