Konrad Lorenz paragonava l’uomo contemporaneo al fagiano Argo, sostenendo che la selezione naturale ci ha privati entrambi di vantaggi competitivi essenziali (nel nostro caso, la capacità di riflessione). Può anche darsi che non avesse tutti i torti, considerato che viviamo immersi in una sinfonia di pubblicità, che ci ricorda costantemente che siamo al mondo per crescere, consumare e competere. Sarà… l’importante è sapersi prendere una pausa (pubblicitaria), e 5 minuti di riflessione è qui per questo!
Sarà capitato a tutti di assistere a quelle scene, tanto ridicole quanto imbarazzanti, in cui qualcuno solleva un gran polverone per porre una domanda così esageratamente artificiosa da risultare… davvero idiota.Fin da piccoli ci hanno insegnato che “non ci sono domande stupide”. E allora com’è che nascono quei domandoni così cringe che più cringe non si può?!
Da quando esiste il capitalismo, sempre più persone si trovano intrappolate in professioni frustranti, che suscitano la sensazione di lavorare a vantaggio esclusivo di altri e che sminuiscono le loro legittime aspirazioni. È quello che sosteneva nel 2018 David Graeber in Bullshit Jobs, e sembra che nel frattempo le cose non siano molto cambiate… anzi! A volte fa bene non avere voglia di lavorare, starci, in questo disagio, e immaginare che il lavoro possa essere un po’ più umano.
Tema: non conosci una delle parole definite nel cruciverba. Svolgimento: “Mah… Questa non la so proprio… Va be’, la cercherò online… Oddio, ma si può fare?… Dovrei cercare di risolverlo da solo, dopotutto è un cruciverba. Anche perché non si può sempre usare degli aiutini, poi mi rincitrullisco… Però non so davvero come andare avanti… Oh, io la cerco… però magari poi mi pento… o magari no… ma se mi pento…!” Soluzione: fermarsi un momento, tirare un lungo respiro e fare 5 minuti di riflessione!
Fun fact: gli antichi Romani non si facevano problemi a toccare le orecchie di uno sconosciuto per invitarlo a venire in tribunale come testimone. E questa è soltanto una delle usanze… tattili di una civiltà che condivideva una cultura del corpo e del contatto fisico. E noi? Da quando non ci tocchiamo più in pubblico? Che cosa è cambiato? E perché? Ma soprattutto: quanto farà bene mantenere le distanze…?
L’epoca delle passioni tristi, di Miguel Benasayag e Gérard Schmit, è uno di quei libri che segnano un’epoca: un’epoca che dura tutt’ora, scavata da una crisi che sta al nucleo della coscienza occidentale. Oggi, quel libro non è invecchiato, anche se sono invecchiati i suoi protagonisti, cioè gli adolescenti e i bambini che, di quella crisi, hanno subito le conseguenze più amare. Oggi, quegli adolescenti e quei bambini sono diventati giovani adulti, ma le passioni tristi che li hanno plasmati sono ancora là…
“È un uccello? È un aereo?!” No! È Edoardo Prati, l’ultimo trend nel mondo della “cultura” nazionale in fatto di esibizionismo… absit iniuria verbis! (Chi scrive si dissocia energicamente dall’uso del latino come dimostrazione di cultura). Un episodio educatamente polemico (come se gli altri non lo fossero) su uno dei fenomeni culturali del momento. E su un Paese in cui la cultura altro non può essere che un fenomeno. Ma con poca indignazione, eh…!