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Roma Noir

Author: Loquis

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Loquis ridisegna i contorni di Roma attraverso le storie degli omicidi avvenuti nei suoi palazzi e nelle le sue strade. Un viaggio attraverso i delitti che hanno reso la capitale misteriosa e inquietante: da Romolo e Remo fino ai giorni nostri. Cosa si nasconde nelle trame di questi crimini?
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Lunedì 17 dicembre 1973, poco prima delle 13, tra l’area transiti e la piazzola delle partenze A/15 dell’aeroporto romano di Fiumicino, un commando di cinque terroristi palestinesi, che si sospettava appartenessero al gruppo Settembre Nero, prende alcuni ostaggi e attacca un Boeing della PanAm che si trova sulla pista in attesa di partire. I terroristi gettano all’interno alcune bombe a mano, devastando il velivolo e massacrando orribilmente trenta passeggeri, a cui si aggiungono poi altre vittime uccise mentre fuggono con nove ostaggi a bordo di un altro Boeing della Lufthansa, che fa tappa ad Atene per rifornimenti. Il bilancio complessivo dell’azione è di 32 vittime, di cui 6 italiane: i tre componenti della famiglia De Angelis, Giuliano, Emma e la loro figlioletta Monica, l’ingegner Raffaele Narciso, il giovane finanziere Antonio Zara (ucciso mentre cercava di fermare i terroristi in fuga) e il tecnico della compagnia di servizi aeroportuali Domenico Ippoliti (rapito a Roma e ucciso ad Atene). La drammatica fotografia che coglie l’Appuntato della Finanza Antonio Zara a terra, agonizzante, sotto l’aereo, scattata dal fotografo Elio Vergati, vince il premio Pulitzer. In cambio del rilascio degli ostaggi, i terroristi ottengono di atterrare in Kuwait e di essere consegnati all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), che li sottopone a un processo interno, davanti a un tribunale presso il Cairo. L’Italia non ne chiede la consegna, né allora, né successivamente, e la vicenda sprofonda ben presto nel silenzio, quasi certamente per ragioni di opportunità politica.
Il delitto Hunt

Il delitto Hunt

2020-12-1400:57

Ray Leamon Hunt, ambasciatore e già responsabile logistico della Forza Multinazionale del Sinai incaricata di controllare il territorio che divide l’Egitto da Israele, si apprestava a rientrare nella sua casa di Roma, ove abitava da un anno, a bordo di un’auto blindata condotta da una guardia del corpo. Gli tagliò la strada un gruppo di terroristi che viaggiava su una Fiat 128. Gli aggressori, sfondata la blindatura dei vetri a colpi di mitra, lo uccisero risparmiando l’autista. L’omicidio fu rivendicato dalle “Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente” (BR – PCC) con un comunicato nel quale, richiamando le professioni antimperialiste già esposte in occasione del “sequestro Dozier”, attaccavano Hunt come uno di quei funzionari “sguinzagliati in tutto il mondo ad organizzare le tante nefandezze che l’imperialismo USA commette ai danni dei popoli”.
Ezio Tarantelli, docente di Economia politica presso la facoltà di Economia e Commercio dell'Università degli studi di Roma "La Sapienza", fu ucciso a pochi passi dall'aula dove aveva appena tenuto una lezione. Verso le 12.30 del 27 marzo 1985 era salito sulla propria auto parcheggiata nei pressi della Facoltà quando due individui lo colpirono in volto con numerosi colpi di mitraglietta. L'assassinio venne rivendicato dalle Brigate rosse per la costruzione del Partito comunista combattente con un volantino lasciato sull'auto: Tarantelli veniva attaccato come teorico della predeterminazione degli scatti di scala mobile e come uno dei principali fautori della riforma strutturale del mercato del lavoro. Per questo era «sotto inchiesta» già da un anno e il suo nome faceva parte di un elenco trovato in uno dei covi dell'organizzazione criminosa. I processi accerteranno che l'omicidio era stato organizzato e compiuto da esponenti del gruppo che lo aveva rivendicato.
Omicidio Ivo Zini

Omicidio Ivo Zini

2020-12-09--:--

Verso le 22.00 del 28 settembre 1978, tre simpatizzanti di sinistra, che sostavano davanti alla sezione del PCI di via Appia Nuova, furono avvicinati da un “Vespone” dal quale discesero due giovani a volto coperto. Questi esplosero alcuni colpi di pistola che colpirono mortalmente Ivo Zini e ferirono un altro dei simpatizzanti di sinistra. Alle 23.00 circa dello stesso giorno, il gruppo terroristico di estrema destra “Nuclei Armati Rivoluzionari” (NAR) rivendicò l’attentato con una telefonata a “Il Messaggero”. Le indagini e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non consentiranno di accertare la identità degli autori del fatto. Lo faranno però univocamente risalire all’estremismo di destra e, in specie, al gruppo che lo aveva rivendicato. In quel periodo, peraltro, i NAR non costituivano ancora una organizzazione strutturata ma una sorta di gruppo e sigla “contenitore” delle azioni delle frange più estremiste del neo-fascismo romano; le frange, cioè, la cui attività terroristica aveva cominciato a realizzarsi alla fine del settembre 1977 con l’omicidio di Walter Rossi e si era progressivamente estesa dopo l’agguato alla sezione del MSI di Acca Larentia del 7 gennaio 1978.
Omicidio Tartaglione

Omicidio Tartaglione

2020-12-09--:--

Il Dottor Girolamo Tartaglione fu ucciso a Roma, poco dopo le 14.00 del 10 ottobre 1978, mentre stava rientrando a casa dal Ministero della Giustizia presso il quale era direttore generale degli affari penali e nel quale era già stato capo di un ufficio della direzione degli istituti penitenziari. Le “Brigate Rosse” ne rivendicarono l’assassinio con un volantino recapitato alla sede romana del “Corriere della Sera”. Al pari di quel che era accaduto nel febbraio dello stesso anno per l’omicidio del dottor Riccardo Palma, anche quello del dottor Tartaglione fu organizzato e compiuto da una struttura delle “Brigate Rosse” dedita alla individuazione e alla eliminazione di quei magistrati che, specie nel settore penitenziario e della gestione della pena, tendevano a proporre discipline in linea con i principi fondamentali dello stato democratico. L’omicidio si inserì nella “campagna contro il trattamento carcerario dei prigionieri politici” descritta con riferimento all’omicidio del dott. Minervini.
Intorno alle due del mattino del 1° maggio 1985, una pattuglia della Polizia stradale di Roma - di cui l’agente scelto Di Leonardo era capo equipaggio - percorreva l’autostrada A24. Nei pressi dello svincolo di Castel Madama, gli agenti notarono unaVolkswagen Golf ferma sulla corsia di emergenza e due uomini che facevano loro segno di fermarsi. Quando gli agenti scesero dalla vettura,furono colpiti dai due uomini e da due loro complici che erano nascosti dietro alcuni cespugli. L’ autista fu tramortito,eDiLeonardo fu ferito al polmone da un proiettile. I due furono poi immobilizzati con le loro stesse manette e gettati in un canale di scolo che correva lateralmente all’autostrada. Gli assalitori fuggirono sottraendo la vettura e le armi degli agenti. L’ autista, riuscito a risalire sulla strada, chiese soccorso e Di Leonardo fu condotto all’ospedale diTivoli, ove morì poche ore dopo. L’assalto fu rivendicato dai Nuclei armati rivoluzionari, una formazione della destra eversiva i cui esponenti erano stati autori negli anni precedenti di gravissimi delitti.
Alle 8.50 del 14 febbraio 1987, una pattuglia del Reparto volanti di Roma che scortava un furgone postale, tamponò il mezzo che la precedeva e al quale la strada era stata tagliata da una vettura, poi risultata rubata. Sulla strada di via Prati di Papa, stretta e in salita, comparve all'improvviso un commando composto da cinque persone, che sparò a raffica contro la volante con pistole, fucili e mitra. I tre componenti la pattuglia, Rolando Lanari, Giuseppe Scravaglieri e l'autista Pasquale Parente, furono raggiunti da oltre cinquanta proiettili. Solo Parente riuscì a salvarsi. I componenti del commando, dopo essersi impadroniti di un ingente bottino , si allontanarono a bordo di auto che abbandonarono poco lontano per dileguarsi attraversando l'ospedale S. Camillo. L'agguato fu rivendicato dalle Brigate rosse per la costruzione del Partito comunista combattente. I processi accerteranno che l'omicidio era stato organizzato e compiuto da esponenti del gruppo terroristico che lo aveva rivendicato.
Strage di Patrica

Strage di Patrica

2020-12-02--:--

L'8 novembre 1978, il procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone, Dott. Fedele Calvosa, fu ucciso mentre, dalla sua casa di Patrica, si stava recando in ufficio a bordo della Fiat 128 di servizio condotta da Luciano Rossi, un autista civile del Ministero della Giustizia, che da poco aveva sostituito nel compito l’agente di custodia Giuseppe Pagliei, peraltro presente anch’egli sull’auto per affiancare il più giovane collega e dargli indicazioni. All’altezza di un incrocio, tre uomini armati di pistole e mitra si pararono dinanzi all’autovettura e aprirono il fuoco. Il primo a cadere fu l’agente Pagliei, poi cadde il dottor Calvosa. Luciano Rossi, ferito, tentò di fuggire, ma fu scorto da uno degli attentatori e finito con un colpo al volto. Dalle armi dei suoi compagni fu ferito anche uno degli attentatori. L’attentato fu rivendicato e addebitato dagli inquirenti alla organizzazione “Formazioni Comuniste Combattenti” che, in collegamento con “Prima Linea” e le ”Brigate Rosse”, stava conducendo una feroce campagna contro i rappresentanti delle forze dell’ordine e i magistrati.
La morte del Generale

La morte del Generale

2020-11-30--:--

Il 20 marzo 1987 Giorgieri cadde in un'imboscata di un commando delle Brigate Rosse; l'Unione dei Comunisti Combattenti a Roma. La sua macchina è stata affiancata da una motocicletta i cui motociclisti hanno sparato cinque volte, uccidendolo. Il generale aveva denunciato un tentativo fallito contro di lui nel dicembre 1986, ma la sua protezione non era stata rafforzata. Gli assassini di Giorgieri, Claudio Nasti e Daniele Mennella, furono condannati a 10 anni nel 1991.
La mattina del 20 gennaio 1964 nell'ufficio della società Tricotex in un palazzo in una strada laterale di via Veneto, una segretaria, arrivando al lavoro rinvenne il cadavere del proprietario della ditta, Farouk Chourbagi, ucciso con quattro colpi di pistola e con il viso sfigurato dal vetriolo. Venne ipotizzato che il delitto fosse stato commesso nel tardo pomeriggio di sabato 18 gennaio perché alle 17 la vittima era ancora viva in quanto a quell'ora il portiere la vide uscire; la coppia di coniugi a quell'ora era in albergo dopo essere appena arrivati a Roma dalla Svizzera e ripartì alle 19:30 per Napoli e, in questo intervallo di tempo, si ipotizzò fosse possibile compiere l'omicidio. Si scoprì che in Svizzera la signora aveva acquistato un flacone di vetriolo. Durante l'interrogatorio il marito affermò che sabato pomeriggio, dopo essere usciti dall'albergo, accompagnò la moglie fino al portone del palazzo ove si trovava l’ufficio della vittima per avere un incontro risolutivo con l'amante; poco dopo la moglie tornò raccontando al marito di aver sparato all'ex amante e inoltre lui aveva anche intravisto la pistola e il flacone vuoto del vetriolo. La moglie, per contro, negò ogni addebito e anzi accusò il marito confermando di essere salita nell'ufficio ma mentre stava discutendo con Farouk, arrivò il marito con in pugno una pistola e dopo una breve colluttazione sparò contro Farouk uccidendolo e gettando il vetriolo in faccia al cadavere.
Il delitto Casati Stampa, noto anche come delitto di via Puccini, fu un duplice omicidio commesso a Roma il 30 agosto 1970 nell'abitazione di Camillo II Casati Stampa di Soncino. Questi uccise la moglie Anna Fallarino e il suo giovane amante Massimo Minorenti, per poi suicidarsi. La vicenda ebbe ampia risonanza, per via della notorietà dei personaggi coinvolti, i coniugi Casati Stampa provenienti da una delle più antiche famiglie nobiliari milanesi, sia per i retroscena morbosi che all'epoca attirarono l'attenzione pubblica, in quanto venne rivelato che Minorenti era l'amante della Fallarino con il consenso del marito, che la spingeva infatti ad avere rapporti sessuali che lui si limitava a osservare.
Omicidio Enrico Donati

Omicidio Enrico Donati

2020-11-25--:--

Il 14 dicembre 1978, un commando composto da due uomini a volto coperto penetrò nel club “Speak Easy”, nel quartiere Appio-Latino, e, con pistole munite di silenziatore, sparò contro le quattro persone presenti in quel momento, uccidendo il giovane Enrico Donati. Nel comunicato rivendicativo, l’organizzazione terroristica “Guerriglia Comunista” sostenne che il vero obiettivo dell’azione criminosa erano due altre persone presenti nel locale, ritenute essere spacciatori di eroina. L’azione si iscriveva in una più ampia campagna che “Guerriglia Comunista” e altre organizzazioni similari (come le “Squadre Proletarie Combattenti”), stavano conducendo in quel periodo contro gli spacciatori di droga nei quartieri popolari. Nel mese precedente all’omicidio del Donati, “Guerriglia Comunista” aveva ad esempio rivendicato gli omicidi di Maurizio Tucci e Saudi Vaturi, avvenuti a Roma il 4 e il 27 novembre 1978; mentre le “Squadre Proletarie Combattenti” avevano rivendicato l’omicidio di Giampiero Grandi avvenuto a Milano il 7 novembre 1978.
Delitto di Arce

Delitto di Arce

2020-11-2301:31

Il delitto di Arce è l'omicidio di Serena Mollicone, che venne commesso il 1º giugno 2001 ad Arce in provincia di Frosinone. La ragazza scomparve il 1º giugno 2001 e venne ritrovata morta due giorni dopo in località Fontecupa, nel boschetto dell'Anitrella. I responsabili, a distanza di 18 anni, non sono stati ancora condannati, nonostante siano state indagate numerose persone. A seguito degli accertamenti del RIS - svolti a distanza di quasi venti anni dai fatti - viene accertato, secondo l'ipotesi accusatoria, che l'omicidio è avvenuto all'interno della caserma dei Carabinieri di Arce. Basandosi su tali risultanze probatorie, nell'aprile 2019 la Procura della Repubblica di Cassino chiude le indagini preliminari notificando il relativo avviso agli indagati: 5 persone, di cui 3 Carabinieri. Nel luglio 2019, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio degli indagati. Nel frattempo, il padre di Serena, Guglielmo Mollicone, muore il 31 maggio 2020 all'ospedale Spaziani di Frosinone dove era in coma dal 27 novembre 2019 in seguito ad un infarto. A seguito della celebrazione dell'udienza preliminare, il GUP di Cassino Domenico Di Croce, nel luglio 2020, ha accolto la richiesta della Procura di rinvio a giudizio: il futuro processo si terrà innanzi la Corte d'Assise di Cassino, a partire dal 15 gennaio 2021
Giuseppe De Luca, detto Pino il calabro, era accusato dal gruppo di essere un truffatore e di aver sottratto, in una circostanza, anche dei soldi ad uno dei leader dell'organizzazione, Alessandro Alibrandi. Con la promessa di fargli acquistare alcune armi nella zona di Montecarlo, De Luca avrebbe convinto Alibrandi a partire per la Costa Azzurra per poi, un volta giunti sul posto, simulare il furto dei soldi incautamente lasciati nel cruscotto dell'auto, vantandosi poi dell'impresa con l'offerta di una cena ad alcuni ragazzi dell'ambiente neofascista. I NAR cominciarono così a tenerlo d'occhio e fecero un paio di appostamenti nei pressi della Tomba di Nerone, dove De Luca risiedeva, senza però incontrarlo. Finché, la sera del 31 luglio 1981, riuscirono infine a intercettarlo mentre rientrava a casa, verso le 19.30. Alla sorella De Luca disse che avrebbe fatto una veloce doccia per poi uscire di nuovo con gli amici. Con Alibrandi e Francesca Mambro di copertura, Giorgio Vale si introdusse in casa con una scusa e lo uccise con un solo colpo di pistola.
Omicidio Cecchetti

Omicidio Cecchetti

2020-11-18--:--

A un anno di distanza dall’agguato di via Acca Larentia, in cui furono uccisi Francesco Ciavatta, Franco Bigonzetti e Stefano Recchioni, si tennero a Roma manifestazioni di commemorazione sfociate in scontri violenti tra giovani di estrema destra e di estrema sinistra che coinvolsero anche forze dell’ordine. Nel corso di una delle manifestazioni il 10 gennaio 1979, rimase ucciso il diciassettenne Alberto Giaquinto, militante del Fronte della Gioventù. Alcune Sezioni del Movimento Sociale Italiano subirono attentati incendiari. Quello stesso giorno, nel quartiere Montesacro, da un’auto in corsa, vennero sparati numerosi colpi d’arma da fuoco contro un gruppo di giovani simpatizzanti di “destra”, seduti davanti a un bar. I colpi uccisero il diciannovenne Stefano Cecchetti e ferirono altri due giovani. L’attentato venne rivendicato dal gruppo “Compagni organizzati per il comunismo”. Un riferimento all’omicidio di Cecchetti comparirà un anno dopo, in occasione dell’omicidio di Valerio Verbano, un militante di “Autonomia Operaia” abitante nella stessa zona.
L'omicidio di Ciro Principessa fu commesso a Roma il 19 aprile 1979 da un giovane fascista che aveva preso in prestito un libro nella biblioteca della sezione romana del Partito Comunista nel quartiere romano di Torpignattara; il gesto venne considerato una provocazione da Ciro Principessa e da altri militanti comunisti i quali provarono a riprendersi il libro dal giovane che, per contro, con un coltello da cucina colpì Ciro Principessa, che morì poche ore dopo. Originario di una famiglia povera del napoletano, secondo di otto fratelli, Ciro ha un'adolescenza difficile, a 17 anni viene condannato per furto e in seguito è giudicato per renitenza alla leva. Trasferitosi a Roma all'età di 15 anni e iscrittosi nel 1976 alla FGCI, si dedica attivamente alla militanza politica, partecipando a iniziative volte alla riqualificazione dell'area di Villa Certosa e all'allestimento di una biblioteca popolare del quartiere. Il 19 aprile 1979, mentre sta svolgendo l'attività di bibliotecario nella sezione del PCI "Nino Franchellucci" di via di Torpignattara, Claudio Minetti, un giovane militante neofascista della sezione dell'MSI di Acca Larenzia e figlio della compagna di Stefano Delle Chiaie, entra nella biblioteca e chiede un libro in prestito; alla richiesta di Principessa di fornire un documento d'identità, Minetti scappa con un libro in mano; Principessa lo insegue e Minetti, durante la fuga, lo accoltella al petto. Dopo alcune ore Principessa spira in ospedale.
A morte il maresciallo

A morte il maresciallo

2020-11-12--:--

L'omicidio di Mariano Romiti, un poliziotto italiano caduto vittima di un attentato delle Brigate Rosse, venne commesso a Roma il 7 dicembre 1979. La vittima era un maresciallo comandante della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato Centocelle da undici anni e aveva partecipato alla costituzione del primo sindacato della Polizia di Stato. Il 7 dicembre 1979 doveva recarsi al Tribunale di Roma, per testimoniare a un processo; per tale motivo, intorno alle otto del mattino, stava raggiungendo a piedi e in borghese la fermata dell'autobus che l'avrebbe portato a destinazione. All'improvviso comparvero dei terroristi che gli spararono contro dei colpi di arma da fuoco e poi, uno di essi, allontanandosi, gli diede il colpo di grazia. In seguito le Brigate Rosse rivendicarono l'omicidio, che rientrava in una campagna messa in atto in quel periodo volta a colpire gli apparati dell'antiterrorismo; già il 9 novembre era stato assassinato a Roma l'agente di Polizia Giudiziaria del Commissariato San Lorenzo Michele Granato, il 27 dello stesso mese, sempre a Roma, il maresciallo comandante della Squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato Appio Nuovo Domenico Taverna, mentre il 25 gennaio 1980 furono assassinati l'appuntato dei Carabinieri Antonino Casu e il tenente colonnello dei Carabinieri Emanuele Tuttobene.
Gabbo, morte sulla A1

Gabbo, morte sulla A1

2020-11-09--:--

L'omicidio di Gabriele Sandri avvenne l'11 novembre 2007 a seguito di alcuni scontri tra tifoserie calcistiche avvenuti sull'autostrada A1. La mattina dell'11 novembre 2007 Sandri e altri quattro amici si trovavano sull'A1, diretti a Milano per assistere all'incontro di calcio tra Inter e Lazio alle 15. I cinque, a bordo di una Renault Mégane, si fermarono all'area di servizio "Badia al Pino" per attendere l'arrivo di altri amici. Attorno alle 9:00, i tifosi laziali entrarono in contatto con alcuni sostenitori della Juventus e tra i due gruppi scoppiò una rissa. I tafferugli attirarono l'attenzione di una pattuglia della Polizia Stradale che si trovava sul lato opposto della carreggiata e che, azionata la sirena, si portò a bordo strada; mentre il gruppo con Sandri risaliva in auto e si accingeva a ripartire, l'agente Luigi Spaccarotella – secondo la sua testimonianza convinto che i cinque stessero fuggendo a seguito di una rapina – scese dall'auto di servizio e da una distanza di circa cinquanta metri esplose due colpi di pistola: il secondo proiettile oltrepassò la rete divisoria fra le carreggiate e raggiunse la Mégane, che nel frattempo si era messa in movimento, centrando al collo Sandri seduto al centro del sedile posteriore. I compagni di viaggio di Gabriele si resero immediatamente conto delle sue gravi condizioni e si fermarono perciò in un'altra area di servizio pochi chilometri più avanti per allertare sia le forze dell'ordine che il soccorso sanitario, ma l'ambulanza giunse sul posto quando ormai il ragazzo era già deceduto.
Emanuela Orlandi, una cittadina vaticana figlia di un commesso della Prefettura della casa pontificia, sparì all'età di 15 anni il 22 giugno 1983, in circostanze misteriose, dopo una lezione di musica proprio nella chiesa di Sant’Apollinare, alle spalle di Piazza Navona. Si pensò subito che la responsabilità fosse della Banda della Magliana, ma le prove definitive non sono mai state trovate. A infittire ancora di più il mistero, il fatto che in questi sotterranei venne trasferito e sepolto proprio il corpo del Boss della Banda De Pedis. Il caso divenne infatti presto uno dei più oscuri della storia italiana e della storia vaticana, che coinvolse lo stesso Stato Vaticano, lo Stato Italiano, l'Istituto per le Opere di Religione, il Banco Ambrosiano e i servizi segreti di diversi Paesi. Ancora oggi il caso non è stato risolto.
L’Ippodromo di Tor di Valle alla fine degli anni 70, era frequentato assiduamente dai membri della Banda della Magliana, che detenevano il monopolio delle scommesse. Fu sede di criminalità e omicidi, tra cui l’efferata uccisione di Franco Nicolini. Conosciuto nell'ambiente come Franchino er criminale, a causa della sua bassa statura e del suo passato non proprio limpido, gestiva il vasto giro di scommesse clandestine nell'Ippodromo romano di Tor di Valle. Le sue lucrosissime attività illegali, suscitarono l'interesse della neonata banda della Magliana, che oltre a gestire il traffico degli stupefacenti nella capitale, desiderava entrare anche in altri affari. Giuseppucci e compari furono caldamente spalleggiati ad eliminare Nicolini da Nicolino Selis, che aveva un conto aperto col malavitoso. Il 25 luglio del 1978, egli fu quindi freddato brutalmente con nove colpi di pistola alla testa.
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