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Personaggi di Bologna

Author: Loquis

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I personaggi che hanno fatto la storia di Bologna
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Nato a Portonovo di Medicina il 24 ottobre 1940, ha vestito ininterrottamente per diciassette stagioni la maglia del Bologna, collezionando 486 presenze: è in assoluto il calciatore ad aver indossato più volte la maglia rossoblù. Giacomo è stato un grande capitano ed è diventato una bandiera per aver dedicato tutta la sua carriera al Bologna. Negli anni Cinquanta la famiglia si trasferisce nella periferia orientale di Bologna, nell’odierno quartiere Mazzini, dove i ragazzini potevano sfogare le loro voglie negli spazi verdi che si alternavano ai neonati palazzoni. Leggenda narra che su quei cortili si affacciasse proprio la finestra dell’appartamento di Guyla “Giulio” Lelovich, che non si lasciò sfuggire quel piccoletto che correva a testa alta e giocava senza guardare il pallone, condotto con tocchi eleganti. L’ungherese era al servizio del club dagli anni 30’, quando divenne il capostipite della gloriosa dinastia di allenatori magiari che guidarono quel Bologna “che tremare il mondo fa”. Giacomo fu l’unico bolognese nell’anno della vittoria dell’ultimo scudetto nel 1964: indossava la maglia numero 8. Oltre allo scudetto del '64, con i rossoblù ha vinto 2 Coppe Italia, una Coppa Mitropa e una Coppa di Lega Italo-Inglese. In Nazionale ha giocato due Mondiali (nel 1962 e nel 1966) collezionando 29 presenze e 7 gol. Dopo aver dato addio al calcio giocato è stato dirigente sportivo e commentatore televisivo. Il Comune gli ha intitolato la curva Andrea Costa del Dall’Ara.
Fu uno dei più grandi pittori del ‘600. Nacque a Bologna nell'attuale Palazzo Ariosti di via San Felice 3 da Daniele, musicista e maestro della Cappella di San Petronio, e Ginevra Pozzi; venne battezzato il 7 novembre nella chiesa metropolitana di San Pietro. Seguì inizialmente le orme paterne, ma lasciò gli studi musicali preferendo la pittura di cui imparò i primi rudimenti nella bottega del fiammingo Denijs Calvaert, con cui studiavano anche Albani e Domenichino. Fu tra i primi a entrare nell’Accademia dei Carracci, già nel 1582, quando era ancora la semplice Accademia del Naturale. Nel 1598 è già un pittore affermato: in quell’anno realizzò l’Incoronazione della Vergine e santi per la chiesa di San Bernardo, che è custodita alla Pinacoteca Nazionale, e vinse la gara per gli affreschi allegorici in onore della venuta di Clemente VIII sulla facciata del Palazzo del Reggimento, l’odierno palazzo comunale, già perduti nell’800. Nel 1601 giunse a Roma, dove imparò a coniugare il classicismo emiliano con le nuove idee caravaggesche, dipingendo diversi capolavori. Dal 1610 continuò ad alternare soggiorni a Bologna, Roma e Napoli, dipingendo opere di grande importanza per la storia dell’arte, come la Strage degli innocenti e il Sansone, da ammirare sempre nella Pinacoteca Nazionale della città felsinea.
Nato a Scafati, in provincia di Salerno, all'età di otto anni si trasferisce con la famiglia a Bologna, dove è cresciuto e risiede, e dove ha iniziato a fare hip hop nell'underground cittadino. Inizia la carriera negli anni Ottanta come batterista in diversi gruppi hardcore punk tra cui gli Impact e i Negazione, con cui suona in una storica tournée negli Stati Uniti con lo pseudonimo di Jeff Pellino, ma esce dalla band prima che, nel 1991, partecipi a Modena alla data italiana dei Monsters of Rock insieme a Metallica e AC/DC. Neffa vive in isolamento a San Lazzaro dopo anni passati al Pratello, non senza nostalgia di una stagione di vivacità musicale che ora non vede più. In un’intervista racconta: «Sono un eremita assoluto e mi sposto di rado da casa mia dove ho attrezzato uno studio discografico. Però ho dei bei ricordi di un periodo in cui Bologna era una città dalle grandi possibilità: quando frequentavo l’istituto per ragionieri "Marconi" e suonavo nelle cantine la musica». Dice di sentirsi molto affezionato al Casalone e alle case occupate di via Avesella, come al "Disco d’oro", il negozio che era il centro di raccolta di tutte le tendenze musicali cittadine, dai punk ai metallari agli skin. «A inizio anni ‘90», conclude, «c’era gente che voleva davvero creare e suonava tutte le sere nelle piazze, ora mi sembra tutto appiattito, mi sembra che la cultura sia azzerata ma non credo che riguardi solo Bologna».
Il Comune di Bologna gli ha conferito nel 2020 il Nettuno d’Oro, l’onorificenza più alta che il Sindaco può assegnare a chi onora la città. Un gesto voluto come segno di riconoscimento per la lunga carriera del rocker nato a Zocca nel 1952. Si dice commosso Vasco, a più riprese. “Sono arrivato a Bologna che avevo 16 anni, per frequentare l'istituto tecnico Luigi Tanari per diventare ragionieri. Lì ho scoperto la mia vena artistica, grazie al professor Farinelli, una figura molto importante per me, e anche a un gruppo di amici di teatro, negli anni '70 tra i fermenti culturali di quel periodo”. Ha continuato il Blasco: "Le prime canzoni le ho scritte a 17 anni, per divertimento. Non immaginavo neanche lontanamente di fare questo mestiere". Poi arriva a parlare del primo concerto in piazza Maggiore, nel maggio del 1979: "Qui è partita la mia carriera artistica di cantautore e di rocker, avevo già fatto due dischi, per fortuna e per gioco, poi invece dal concerto in piazza Maggiore è venuta fuori la mia voglia di comunicare, con le canzoni, con le parole e con la musica". Nel 2021 Vasco ha girato un video in piazza Maggiore per lanciare il suo nuovo singolo. La scelta della location non è casuale, ma significa il ritorno dove tutto ebbe inizio.
Nato a Ascoli Piceno, decide di trasferirsi a Bologna subito dopo la maturità per studiare Lingue. Qui partecipa alla storica occupazione di via del Pratello. Si tratta di un periodo particolarmente intenso, di formazione umana e artistica, che Emidio affresca nel suo romanzo La notte del Pratello, ritratto picaresco dell'ultima realtà indipendente bolognese i cui protagonisti diventeranno presenze fisse nei testi dei Massimo Volume, il gruppo fondato nel ’91. Era una esistenza vissuta tra il sottosuolo delle cantine da sgomberare e le feste sino all’alba nelle case occupate, i pomeriggi consumati nelle sale prove e una forma di socialità esasperata, una continua condivisione di esperienze e di sogni creativi. Era questo il Pratello raccontato nel libro di Clementi. Negli anni Settanta al Pratello sono nati Radio Alice e il cineclub l’Angelo Azzurro. In seguito fu la volta dei comici del Gran Pavese Varietà nel centro culturale Cesare Pavese, lo spazio sociale nelle case occupate, la tivù di strada, gli esperimenti cinematografici e artistici. Ma come si è trasformata la via? Emidio oggi risponde con schiettezza: "Mi pare sia diventata una strada della movida come ce ne sono tante e che manchino motivi di aggregazione autentici. Rispetto ai tempi dell’occupazione delle case negli anni ‘90, è cambiato tutto. Hanno vinto gli osti e la via da abbandonata è diventata istituzionale. Non riesco più a frequentarla”.
È stato uno dei volti più popolari del giornalismo italiano del XX secolo. Nato nel piccolo borgo appenninico di Pianaccio, all'età di nove anni si trasferì a Bologna nel rione di Porta Sant'Isaia. L'idea di diventare giornalista nacque in lui dopo aver letto Martin Eden di Jack London. Frequentò l'istituto tecnico per ragionieri Pier Crescenzi, dove con altri compagni diede vita ad una piccola rivista studentesca, Il Picchio, che fu soppressa dopo qualche mese dal regime fascista e da allora nacque in Biagi una forte indole antifascista. Nel 1942 fu chiamato alle armi ma non partì per il fronte a causa di problemi cardiaci. Fu costretto a rifugiarsi sulle montagne, dove aderì alla Resistenza combattendo nelle brigate Giustizia e Libertà legate al Partito d'Azione. Si occupò della stesura di un giornale partigiano, Patrioti, con il quale informava la gente sul reale andamento della guerra lungo la Linea Gotica. Biagi considerò sempre i mesi che passò da partigiano come i più importanti della sua vita: in memoria di ciò, volle che la sua salma fosse accompagnata al cimitero sulle note di Bella ciao. Terminata la guerra, Biagi entrò con le truppe alleate a Bologna e fu proprio lui ad annunciare dai microfoni del Psychological Warfare Branch alleato l'avvenuta liberazione. Poco dopo fu assunto come inviato speciale e critico cinematografico al Resto del Carlino, la cui nuova sede fu inaugurata nel 1936 in via Dogali (ora via Gramsci).
Fondatore e leader degli Skiantos e considerato il padre del rock demenziale italiano, uno dei suoi principali meriti è l'aver trasformato il linguaggio dei giovani del suo tempo nella poesia beffarda e aggressiva che l'ha caratterizzato. È noto come agitatore culturale per il suo anticonformismo e l'impegno rivoluzionario e irriverente nella musica e nell'arte in generale contro la retorica delle istituzioni. La sua dissacrante e irresistibile ironia ha colpito anche lo stagnante intellettualismo degli anni Settanta e Ottanta e i comportamenti contraddittori di molti pseudo-rivoluzionari. Roberto è cresciuto nella cittadina di San Giovanni in Persiceto, alle porte di Bologna, e ha conseguito il diploma di perito agrario all'Istituto Tecnico Agrario "Arrigo Serpieri" all'inizio degli anni Settanta. Ha poi frequentato il DAMS di Bologna. In quegli anni inizia a prendere forma il personaggio di leader, cantante, paroliere, animatore del gruppo rock demenziale Skiantos. Gli Skiantos si formano nel 1975, sono studenti del DAMS e iniziano a suonare nella cantina di Roberto Antoni, che solo in seguito sarà conosciuto come Freak Antoni. Nel parco del Cavaticcio - giardino John Klemen è stata inaugurata nel 2018 una scultura a lui dedicata. Rappresenta l'artista - in puro stile “demenziale” - mentre esce da un wc con un razzo sulle spalle. La dedica sul basamento lo ricorda come colui che “distribuì la cultura a badilate”.
Nasce il 22 febbraio 1921 a San Giorgio di Piano, nella pianura bolognese. Nel centenario della nascita dell’attrice il Comune di San Giorgio di Piano, l’Unione Reno Galliera e la Città metropolitana di Bologna celebrano l’anniversario con l’evento “A Giulietta con affetto”. Un patchwork di ricordi e testimonianze di chi la conobbe andato in onda sulla pagina Facebook della Città metropolitana di Bologna e di tutti gli Enti coinvolti in collaborazione con la Cineteca di Bologna. Portata a Roma da piccola, Giulietta ha frequentato la facoltà di lettere e tentato diverse strade in ambito artistico: ballerina, violinista, attrice. È stata però la radio ad aprirle la strada del successo. Nel 1942 incontra negli studi dell'EIAR Federico Fellini. Già nel luglio 1943 la coppia si presenta ai genitori di lei. Dopo l'8 settembre 1943 la loro unione conosce un'accelerazione: Fellini, invece di rispondere alla chiamata alla leva, convola a nozze con Giulietta il 30 ottobre. Nei primi mesi vivono insieme nella casa della zia milanese della moglie. Intanto il sodalizio artistico era già avviato. Nel 1948 la Masina è giunta al cinema con Lattuada in Senza pietà. Con Fellini forma nel dopoguerra un esemplare sodalizio umano e professionale, è infatti stata protagonista di alcuni dei più noti film da lui diretti: oltre alla Strada, Le notti di Cabiria, Giulietta degli Spiriti, Ginger e Fred. A Giulietta è stato intitolato un giardino in Via Alfonso Torreggiani.
Nato a San Lazzaro di Savena il 7 marzo 1947, si è laureato in giurisprudenza all'Università di Bologna. Andrea ha anche conseguito l'esame di licenza di solfeggio al Conservatorio. Ha dato vita con Gigi Sammarchi al duo Gigi e Andrea, che dopo alcune apparizioni televisive, divenne una delle coppie più conosciute del cinema italiano. Dopo l'esperienza in coppia con Sammarchi, Roncato prosegue la propria carriera recitando come solista in varie pellicole di successo. Acapulco Prima Spiaggia a Sinistra, però, gli è rimasto nel cuore. Il film parla di due giovanotti bolognesi, Gigi e Andrea. Disoccupati senza troppo dispiacere e con pochi quattrini, con caratteri differenti ma con medesimi propositi fauneschi, non aspettano altro che l’estate per far strage di cuori femminili. “‘Acapulco’ è stato uno dei primi film che facevamo”, racconta Andrea in un’intervista. “Eravamo gasati perché lo giravamo a Bologna. A Bologna con il nostro pubblico, la nostra gente che ci vedeva in piazza, con tutta la gente intorno che guardava ci sentivamo dei divi. Bologna era la nostra città. E poi erano i tempi dove ci si divertiva davvero, a Riccione facevi fatica la sera a girare per Viale Ceccarini perché sembrava di essere ad un concerto di Vasco. Vedevi milioni di belle ragazze abbronzate e quindi ti facevi un giro di due ore e vedevi ogni grazia di Dio”.
Nata nel bolognese, figlia di Anna Pagnoni, un'ex modella, e di Rino, un ex militare, da giovanissima si è trasferita con la famiglia a Chivasso, in Piemonte. Le sue prime apparizioni in televisione risalgono alla metà degli anni ottanta. Esordì ufficialmente nel 1988 come valletta nel quiz di Rai 1 Domani sposi. A metà degli anni novanta passa a Mediaset, divenendo uno dei volti di Italia 1, ma presentando anche vari show su Canale 5. Nel 2019 torna in Rai, chiamata dal direttore di Rai 2 Carlo Freccero per ridiventare il volto di punta della seconda rete del servizio pubblico. È stata anche giudice di diversi talent show musicali, come X Factor - da lei stessa portato in Italia su Rai 2. “Dovevo essere alla stazione di Bologna, proprio nell’istante in cui esplodeva la bomba che il 2 agosto 1980 uccise 85 innocenti”, racconta in un’intervista Simona. “Sono viva per miracolo. Quel giorno ho perso il treno. Da un paesino dell’Appennino dovevo arrivare a Bologna esattamente all’ora dell’attentato. Volevo andare al mercato della Montagnola, che è lì, appena dietro la stazione. Io sono una ritardataria cronica, e per una volta quella cattiva abitudine mi ha salvato la vita”.
È nato a Bertinoro, in provincia di Forlì-Cesena, il 26 giugno 1952. Inizia la sua carriera suonando nelle balere sul finire degli anni Sessanta. L’incontro con il giovanissimo Vasco Rossi gli cambia però la vita. I due iniziano una proficua collaborazione e fondano a Bologna Punto Radio, una delle prime emittenti libere d’Italia. Le trasmissioni iniziarono il 21 settembre 1975 a Monteombraro. Successivamente, nel 1978, la radio venne ceduta al PCI e spostata a Bologna, in uno scantinato in pieno centro. Oggi, la radio ha sede in via Benvenuto Tisi, 2. Sul finire degli anni Sessanta, Gaetano lavora ai primi due album del Blasco. In entrambi è presente sia come musicista che come arrangiatore. Ma dal 1979 Gaetano non ha più il tempo per rimanere nel team di fedelissimi del rocker di Zocca. Viene infatti scelto da Lucio Dalla per prendere parte al tour Banana Republic che vede l’artista bolognese affiancato dal cantautore Francesco De Gregori. Sotto l’ala protettiva di Dalla e del chitarrista Ricky Portera, Gaetano ha modo di crescere molto artisticamente, e nel 1981 decide di fondare una band tutta sua: nascono così gli Stadio. Dopo anni di proficua collaborazione, nel 1990 Gaetano si separa bruscamente da Dalla e, con l’aiuto di Vasco, riesce a far firmare agli Stadio un contratto con la EMI Italiana.
Da sempre tifoso del Bologna, nel 1988 compone per la squadra, insieme ai colleghi e concittadini Luca Carboni, Lucio Dalla e Andrea Mingardi, l'inno ‘Le Tue Ali Bologna’. Nel 2010 partecipa alla cordata di imprenditori felsinei, organizzata dal banchiere Giovanni Consorte, per salvare la squadra rossoblù dal fallimento; il 20 dicembre dello stesso anno l'allora neopresidente del club, Massimo Zanetti, lo nomina presidente onorario, carica che Gianni ha ricoperto fino al 15 ottobre 2014, quando il club è stato acquisito della cordata statunitense guidata da Joe Tacopina. Il popolare cantante e conduttore televisivo è nato a Monghidoro. Da giovane lavora come venditore di bibite nel cinema della sua città, ma anche come aiutante del padre, nel suo negozio di ciabattino. Al riguardo ha raccontato: "Nella bottega di mio padre, al mattino, prima di cominciare a lavorare lui mi costringeva a leggere ad alta voce alcune pagine del Capitale di Karl Marx e cinque metri del quotidiano l'Unità: era quella la misura giusta stabilita dal suo senso del dovere politico ideale prima di cominciare una giornata di lavoro. In famiglia però cantavamo tutti. In seguito vennero le feste dell'Unità dove fui invitato e, con un cachet di mille lire a serata, mi esibii finalmente su un palco”. Esordisce nel mondo discografico nel 1962 con ‘Andavo a cento all'ora’, inciso nello stesso giorno con l'orchestra di Ennio Morricone insieme alla canzone Loredana.
"Su un campo di grano che dirvi non so, un dì Paperina col babbo passò e vide degli alti papaveri al sole brillar e lì s’incantò". Oggi come allora, era il 1952, nel cielo di Sant’Agata Bolognese svettano ancora più alti i papaveri di Nilla. Allora con il secondo posto al Festival di Sanremo per "Papaveri e papere", oggi con una gigantesca opera di street art che ha trasformato la vecchia torre dell’acquedotto del paese in uno sgargiante papavero, a conclusione delle celebrazioni che l’amministrazione comunale ha organizzato per il centenario della nascita della cantante, nata nel 1919. Affidata alle mani degli artisti Rusty e Joys, la vetusta architettura industriale alta quasi quanto la Garisenda è diventata un fiore rosso, verde e azzurro che si staglia nell’orizzonte piatto della pianura bolognese, proprio a ridosso del centro di Sant’Agata. Ancora amatissima e indimenticata, l’ex operaia della Ducati che sbancò alla prima edizione del Festival nel 1951 vincendo con " Grazie dei fiori", è stata omaggiata proprio nella sua terra. E c’è da scommettere che tutti, passando sotto l’opera, canteranno a bassa voce: "Lo sai che i papaveri son alti, alti, alti, e tu sei piccolina, lo sai che i papaveri son alti, alti, alti, sei nata paperina, che cosa ci vuoi far?".
È nato a Bologna nel 1952. Dopo avere pubblicato vari saggi di storia, si è dedicato interamente alla narrativa. Nel 1994 è uscito il suo primo romanzo, Nicolas Eymerich, inquisitore, vincitore del premio Urania. Ne sono seguiti molti altri, tradotti in una quindicina di lingue e in tre continenti. Valerio si è laureato in Scienze politiche con indirizzo storico-politico nel 1976, presso l'Università di Bologna. In quegli anni prende parte attiva ai movimenti politici che scaldano la città felsinea e frequenta i centri sociali. “Io partecipai moltissimo all'esperienza di uno di questi, il Crack”, dice in un’intervista. “Il Crack era tra i primi centri sociali in Italia ad essere gestito quasi paritariamente da collettivi autonomi allora esistenti e dai punk. Essenzialmente vi si facevano dei concerti. Era una di quelle baracchette che fanno i muratori quando c'è un cantiere e che, quando avevano finito i lavori, lasciavano lì: era nel pieno centro di Bologna, nel quartiere Marcon. Lì si cominciarono a fare alcune cose, più che altro dei concerti, ma anche delle riunioni politiche. Il comune di sinistra arrivò e distrusse completamente la costruzione. Passò un po' di tempo e ne rifacemmo un altro, il Crack 2, molto più grande, meglio organizzato, sempre in pieno centro, in una zona più isolata. Lì in realtà poi furono lanciate delle vere e proprie campagne politiche.
È stato il miglior tennista italiano del suo tempo, insieme a Paolo Canè, con il quale ha condiviso epiche battaglie in Coppa Davis. Omar è stato un top 100 ininterrottamente dal 1989 al 1993 (quasi sempre top 50), uscendone per infortunio e non trovando più lo spunto per rientrarci. I tifosi lo ricordano per uno spaventoso dritto “anomalo”, ribattezzato turbo-dritto dal Bisteccone Nazionale. Sicuramente Omar dopo i pregevoli risultati raggiunti, che lo portarono nei primi 20 nel 1992, avrebbe potuto scrivere molte altre belle pagine di tennis, se non fosse stato irrimediabilmente fermato dagli infortuni. Ma ciò nonostante ci ha lasciato alcuni squarci di tennis che oscillano tra l’epico e il leggendario, giocando delle partite incredibili. “Il mio rapporto con il tennis è iniziato quando avevo dieci anni, dopo aver già praticato nuoto e calcio”, ha raccontato in un’intervista. “Un giorno mio padre mi portò in un circolo a Bologna e così mi appassionai: pochi giorni dopo ero già con la racchetta in mano. Iniziai ad allenarmi palleggiando con il muro, per poi partecipare due mesi più tardi ai “giochi della gioventù”, torneo in cui mi feci notare da una signora che mi invitò a fare una prova alla Virtus Tennis, il circolo più importante di Bologna. Ho così conosciuto il maestro Raffaele Spisani, proprio nel giorno del suo compleanno, il 10 maggio, ed è iniziata la mia carriera”.
Classe 1967, è nato a Bologna il 18 settembre ed è un giornalista (satiro e satirico), scrittore, conduttore radiofonico ed autore televisivo. L’esordio in tv, per Luca, è avvenuto nel 2001 in qualità di autore televisivo, quando è entrato a far parte del team del programma 125 milioni di cazzate condotto da Adriano Celentano. Nel 2004 è stato tra gli autori del Festival della canzone italiana. Tra le sue opere: In alto stat virtus, Mission to Marx, Dizionario satirico della sinistra. Nel 2016, Luca ha condotto un incontro all'Archiginnasio di Bologna, nell’ambito del ciclo di incontri INEDITO, organizzato dall'Istituzione Biblioteche del Comune in collaborazione con il Master in Giornalismo dell'Università. L'obiettivo di ‘INEDITO - la scuola interroga la stampa’ era di offrire agli studenti delle scuole superiori della città un luogo in cui discutere e approfondire i temi dell'attualità con i giornalisti italiani. Al centro dell’intervento di Bottura 'Il dilagare dei movimenti antiscientifici, il deficit di meritocrazia e il rapporto tra merito e uguaglianza'. I temi affrontati dal giornalista sono stati: scienza e merito e uguaglianza.
Scrittore, filosofo e agitatore culturale italiano la cui controversa notorietà è legata alla storia di Radio Alice, l'emittente vicina all'Autonomia operaia che dette voce alla protesta e alla guerriglia studentesca nella Bologna del 1977. Bifo partecipa al movimento del '68 nella facoltà di lettere dell'Università di Bologna, dove si laurea in estetica con Luciano Anceschi e aderisce al gruppo extraparlamentare Potere Operaio di cui diviene una figura di spicco a livello nazionale. Nel 1975 fonda la rivista ''A/traverso'', il foglio del movimento creativo bolognese del 1977. Nel 1976 partecipa alla fondazione della radio libera Radio Alice, la cui sede era una soffitta di via del Pratello 41, e viene arrestato nell'ambito dell'inchiesta contro Autonomia Operaia. Per richiedere la sua scarcerazione, Radio Alice organizza una festa in Piazza Maggiore cui partecipano oltre diecimila persone. Franco viene scarcerato poco dopo, e diviene il leader dell'"ala creativa" della protesta studentesca bolognese del 1977. Dopo la chiusura della radio da parte della polizia, Bifo viene ricercato per "istigazione di odio di classe a mezzo radio" e fugge da Bologna. Si rifugia a Parigi dove frequenta Félix Guattari e Michel Foucault. Inizia così la stagione dei viaggi. Ma poi torna a Bologna, dove lavora come insegnante presso l'istituto tecnico industriale Aldini Valeriani.
Nacque a Bologna nel 1711. Nel 1731, Laura conobbe il cardinale Prospero Lambertini (futuro papa Benedetto XIV) che, rimasto colpito dalle sue doti, si adoperò subito affinché il Senato le conferisse una laurea. Nel marzo 1732 la giovane ventunenne venne accolta come socia onoraria nell’Accademia delle scienze dell’Istituto cittadino; in aprile espose le sue tesi e venne addottorata in Filosofia e proclamata membro onorario del Collegio dei dottori filosofi; in giugno, dopo la discussione di altre tesi, le venne assegnata un’altra libera docenza; in ottobre le venne riconosciuta una lettura onoraria di Filosofia universa (Filosofia naturale) e, infine, tenne a dicembre la sua prima lezione in Archiginnasio. Tutte queste cerimonie avvennero sotto i riflettori cittadini, che auspicavano di sfruttare l’eccezionale conferimento ad una donna di una cattedra universitaria per il ritorno di Bologna tra le città più all’avanguardia d’Europa. Questa faziosa ‘propaganda femminista’ in realtà escluse la Bassi dall’insegnamento pubblico, se non in particolari occasioni di rappresentanza. Tra i più celebri studi domestici c’era quello che la Bassi e il marito avevano creato in casa loro. Dal 1749 fino alla sua morte il laboratorio Bassi-Veratti fu noto e frequentato dai maggiori nomi locali e stranieri. Gli sforzi di Laura vennero premiati nel 1776, quando il Senato le assegnò finalmente il posto di professoressa di Fisica sperimentale nell’Istituto delle Scienze.
Eletta come sua “seconda patria”, Bologna svela in molti luoghi il passaggio del Vate. Ripercorrerne le tracce richiede di partire da quella libreria Zanichelli sotto il portico del Pavaglione che per il poeta fu, più che un ufficio dove lavorare, un punto di riferimento. In via Zamboni 33, sede dell’Università, esiste un’aula Carducci a ricordo delle lezioni di letteratura italiana del professore. La città, presente in diverse liriche delle Odi Barbare, mostra il suo volto più triste e nostalgico nel giardino di via Broccaindosso 20. Qui si affacciava la casa in cui visse tra il 1861 e il 1876 e in cui vide morire il figlioletto Dante di appena tre anni. Il giardino c’è ancora e anche il verde melograno a cui il bimbo tendeva la pargoletta mano. E poi c’è la storica dimora divenuta Casa Carducci con museo e giardino-memoriale. Dal 1890, e fino alla morte avvenuta nel 1907, Giosuè abitò in una chiesetta sconsacrata adibita a civile abitazione che si affaccia sull’attuale Piazza Carducci. Si tratta dell’ex chiesa di Santa Maria della Pietà, conosciuta anche come chiesa del Piombo. L’ultimo luogo Carducciano è in Certosa dove, subito dopo l’entrata del Meloncello del cimitero, si trova la tomba monumentale, in sobrio marmo scuro, di questo bolognese d’adozione.
Nel buio di una Bologna in guerra, il 18 giugno del ’43, aveva aperto gli occhi. E mosso, appena un paio di anni dopo, i primi passi sulle punte, piccolissima, al Teatro Comunale. Ce l’aveva portata la mamma Iris, vedendola ballare in casa: "Decisi di farla studiare. La portai al Teatro Comunale, dalla signora Volta che era maestra di danza classica. Non la volevano accettare perché era troppo piccola, ma io a Bologna ero molto conosciuta e mi fecero questo favore", aveva raccontato in un’intervista, alla fine degli anni ’80. "Bologna, dove sono nata, era il luogo delle fatiche, del dovere e dell’impegno scolastico sotto gli occhi vigili di mia madre Iris", ricordava la stessa cantante, attrice, presentatrice, artista a tutto tondo, scomparsa a 78 anni. Chiudendo un’epoca. Fatta di lustrini, allegria, speranza. Poliedrica, intelligente, libera, Raffaella aveva abbandonato Bologna (e Bellaria, dove passava le sue estati bambina) a 8 anni, per Roma. Ma a Bologna tornava spesso: nel 2010, era stata premiata in Cappella Farnese dalla rivista ‘Infanzia’; era tornata poi nel 2012, dopo il terremoto dell’Emilia, per partecipare all’evento di solidarietà al Dall’Ara: "Dobbiamo fare tanto, ma tanto rumore per smuovere la burocrazia", aveva detto. E assieme a Topo Gigio, appena tre anni fa, era stata tra i protagonisti di ‘Un Natale d’Oro Zecchino’, all’Antoniano. Ora, la sua città sta pensando di intitolarle un luogo pubblico.
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