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Gol di Mano

Gol di Mano
Author: Simone Nicoletti
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© Simone Nicoletti
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Uno dei gol più famosi della storia del calcio oggi sarebbe stato annullato con il VAR, impendendogli di entrare nel mito. Ma il colpo di mano di Maradona contro l'Inghilterra nel Mondiale 1986 rappresenta il coraggio, il genio, l'istinto, la sfrontatezza, la necessità di sfidare lo status quo ed il politically correct al limite della provocazione e della legalità. Gol di Mano vuole parlare di calcio allo stesso modo. Scritto da Simone Nicoletti e realizzato con AI
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A distanza di 45 giorni dalla finale di Champions League, l'Inter sta vivendo un momento di incertezze, dubbi, malumori, acuito dall'addio inevitabile di Inzaghi. Marotta per la prima volta sembra in difficoltà su come impostare la rinascita e sceglie di dare fiducia al gruppo storico, puntando sulla sua voglia di riscatto in una sorta di farewell season per chiudere un ciclo ricco di successi, ma anche delusioni, conquistando un altro scudetto. Ma le scorie della scorsa stagione sono fantasmi da non sottovalutare.
Se Pio Esposito fosse nato in Croazia, come Sucic, o in altri campionati europei dove i giovani vengono lanciati prima, sarebbe già stato convocato in Nazionale? E ci sarebbero molti dubbi sul fatto che possa giocarsi una maglia da titolare in un club come l'Inter?
Piero Ausilio scommette che il giovane francese del Parma possa ripercorrere le orme di Marcus Thuram e migliorare anche nelle conclusioni verso la porta. Bonny infatti è sul podio dei peggiori in serie A per quanto riguarda la performance realizzativa in relazione ai gol attesi. Ma perchè segna così poco? Analizziamone i motivi e scopriamo quali sono le doti che hanno attirato l'attenzione dell'Inter, del Napoli e di altri club europei di buon livello.
Dopo l'addio del suo mentore Maldini, Theo Hernandez ha autodistrutto la sua carriera con ribellioni, intemperanze in campo, disattenzioni e una totale mancanza di concentrazione. Con il culmine raggiunto con l'espulsione per doppia ammonizione contro il Feyenoord in Champions che ha interrotto le trattative per il rinnovo e allontanato l'interesse degli altri club europei. Ma cosa resterà della sua esperienza in rossonero, oltre ai gol, agli assist, ai cambiamenti nel colore dei capelli e alle foto con la bombastica compagna Zoe?
Pensare che si possa puntare su Valentin Carboni e non su Nico Paz, se il Real dovesse cederlo, è una follia che non ha alcuna base tecnica. L'ex giocatore del Como ha disputato una intesa stagione da protagonista dimostrando il suo livello di partenza come personalità, giocate, partecipazione al gioco in serie A. L'argentino finora si è visto per 10 partite da titolare nel Monza prima della sfortunata parentesi al Marsiglia. Come Pio Esposito, che non si sa se è o sarà più forte di Piccoli del Cagliari, deve ancora mostrare se è pronto o meno per recitare da protagonista all'Inter, ossia la discriminante tra chi deve essere preso e chi no.
Dal gol al Barcellona alle minacce al tifoso del Psg che lo sfotteva, passando per lo scudetto e la Champions perse, il litigio con Inigo Martinez e la vendetta a Spalletti rinunciando alla convocazione. Pochi come Francesco Acerbi sono passati così velocemente dall'altare alla polvere. Ode a uno dei pochi leader e uomini veri che sono rimasti all'Inter e al calcio italiano.
Perchè Giovanni Leoni, destinato a raccogliere lo scettro di Alessandro Bastoni come miglior difensore italiano, è il sogno di mercato di tutti i grandi club italiani, Inter in testa? Il Parma fa muro, ma anche investire oltre 25 milioni su di lui lasciandolo in prestito in Emilia potrebbe essere una ottima idea. Altrimenti tra 12 mesi le sirene della Premier League saranno impossibili da respingere...
Sono convinto di non essere stato l’unico a credere che ilvideo della Juventus nello Studio Ovale dietro Donald Trump fosse stato creato dall’intelligenza artificiale. E’ stata una scena incredibile, surreale, senza alcun senso logico, con i giocatori e la dirigenza zitti e attoniti ad assistere al solito show presidenziale davanti ai media mentre parlava di un possibile attacco all’Iran con la facilità con cui Tudor discute delle potenzialità del suo reparto offensivo. Solo un quotidiano straniero ha ricordato cosa disse McKennie di Trump, nessuno lo ha fatto in Italia, mentre il solo Ziliani si è chiesto come mai nessun giocatore dell'Inter sventoli dopo un gol la maglia di Taremi per dimostrare il proprio sostegno in mondovisione al loro compagno.
Mentre l’Inter si preparava per esordire contro il Monterreyin un torneo con valenza tecnica nulla perché a fine stagione, dopo uno zero a cinque in finale e lo shock del cambioallenatore, tanto che Chivu lo usa per fare esperimenti tattici, l’attenzione mediatica era rivolta alle parole dell’amministratore delegato dell’Al Hilal. Esteve Calzada ha rivelato ai microfoni del quotidianosportivo Marca che l’accordo con Inzaghi fosse definito da tempo, ma che il tecnico avesse chiesto di aspettare dopo la finale di Champions per firmare il contratto. Una ricostruzione dei fatti che è in contrasto con quanto detto siada Marotta sia da Inzaghi.Chi mente tra i due?
Quanto durerà Giampiero Gasperini a Roma? Nella Roma, secondo quanto ha detto il papa Ranieri durante la presentazione, almeno tre anni, dovendo nel primo preoccuparsi di conoscere bene la squadra e l'ambiente e avere pazienza per le restrizioni sul mercato. Ma la confusione societaria, l'orizzonte temporale incerto della proprietà non giocano a favore del laboratorio sportivo e fisico di Gasperini, che dovrà capire innanzitutto come relazionarsi con gli umori e le pressioni della piazza.
Gattuso come ct della Nazionale è una scelta disperata, frutto non di programmazione ma delle circostanze, una seconda scelta dopo il dietrofront di Ranieri. E' reduce da panchine di club di primo piano in cui ci è arrivato grazie al suo potente agente Jorge Mendes e in cui ha collezionato risultati inferiori alle attese, se non proprio fallimenti. Ma affidarsi al ritorno di Mancini , autocandidatosi al ruolo e caldeggiato dai media, sarebbe stato peggio.
Il trasferimento di Reijnders al City, uno dei pochi motivi per seguire il Milan l'anno scorso e sperare in un radioso futuro, è un brutto segnale per i tifosi rossoneri. Il bilancio non ne aveva assoluto bisogno e neppure Allegri, così come Conte al Napoli, basta per convincere un calciatore che non sia a fine carriera a restare in una big italiana. Una notizia che non può non allarmare anche i tifosi nerazzurri che, gestiti da un fondo di investimento come i cugini, in caso di risultati sportivi negativi dovranno sacrificare un loro campione sull'altare del mantra del bilancio sempre in attivo.
“Quella brutta figura della Nazionale è stata quasi peggio della nostra in Champions” , ha sentenziato Marotta, con un tono consolatorio e autoassolutorio che è stridente rispetto al comune sentire della tifoseria nerazzurra. Ma il quesito che sta sotto ha ragion d’essere: peggio l’Inter contro il Paris Saint Germain o peggio l’Italia contro la Norvegia?
Nel giorno in cui Juventus e Inter si ritrovano per preparare il Mondiale per Club, Spalletti a Reggio Emilia scenderà in campo per l'ultima volta come ct dell'Italia. Non ricordo un altro caso di un tecnico che ha comunicato il proprio esonero alla vigilia di un appuntamento ufficiale, ma Luciano si è guadagnato questa possibilità rinunciando ai soldi rimanenti del suo contratto. E' stato un fallimento nel rapporto con i giocatori, per cui si è snaturato a tal punto da non riconoscersi più, ma non nei risultati che sono all'altezza delle qualità tecniche e umane di questa generazione di calciatori italiani. Nel suo futuro, in una epoca in cui i più esperti della panchina dettano ancora legge, la Juventus, magari già dopo il Mondiale per club, e l'Inter, se Chivu non si rivelerà all'altezza e Marotta dovesse perdere la fiducia della proprietà.
Per dimenticare il Triplete sfumato, per dimenticare la fuga di Simone Inzaghi che pochi mesi fa indicava con le tre dita gli obiettivi della sua squadra, l’Inter si affida a un uomo che il Triplete non lo ha sbandierato a parole o con i gesti, ma lo ha realizzato davvero, da calciatore.Dopo i 20 milioni chiesti provocatoriamente dal Como per liberare Fabregas, la scelta è caduta su Cristian Chivu, 14 anni a Milano, prima da giocatore vincente, elegante e intelligente, da pragmatico tecnico delle giovanili poi. Fino al Parma, salvato con realismo e concretezza, le stesse doti che Marotta gli chiede per porre le basi per un nuovo ciclo e per farsi accettare da uno spogliatoio ancora devastato dalla finale di Monaco.Ma Chivu è un allenatore? Ed è un allenatore da Inter?
Simone Inzaghi in 48 ore passa dall’essere allenatore dell’Inter ad essere il tecnico dell’Al Hilal, alla vigilia del ritiro con la sua nuova squadra per preparare il Mondiale per Club, dove avrebbe dovuto andarci con i nerazzurri e dove potrebbe incontrare la stessa Inter da avversario. Un corto circuito non esattamente edificante, professionale e rispettoso del club e dei suoi tifosi, ancora scombussolati dal modo in cui si è persa la finale.In attesa del suo successore, è ora di fare un bilancio del suo quadriennio, con maggiore onestà intellettuale di quella dei giornalisti di Corriere e Gazzetta che nelle edizioni odierne lo hanno incolpato di aver destabilizzato l’ambiente,nella settimana della finale, con le sue parole di incertezza sulla permanenza e ricordato tutto i trofei che non ha vinto.
Per vincere una finale devi giocarla. L’Inter l’ha raggiunta meritatamente, interpretando il neonato girone unico nel migliore dei modi fino alle due grandi imprese ammantate di aura ed epica contro Bayern Monaco e soprattutto Barcellona, ma non l’ha giocata. Non era l’Inter che abbiamo conosciuto in questi anni la squadra che è scesa in campo contro il Psg. Non era neppure una squadra. Quellache doveva essere la sublimazione di un percorso iniziato 4 anni fa, passato attraverso la precedente finale di Istanbul che era stata considerata da tutti come lo spartiacque verso una rinnovata consapevolezza dei propri mezzi, si ètrasformata in un disastro sportivo senza precedenti nel risultato finale e nel gap tattico, tecnico e di personalità esibito dalle due finaliste. Un approccio psicologico così fragile si spiega solamente con la tensione, l’ansia della responsabilità di dover conquistare quell’obiettivo senza aver più la possibilità in futuro di raggiungerlo
Simone Inzaghi farà come Mourinho con il Real e dopo la finale di Champions League volerà davvero a Riad per firmare per l'Al Hilal? Oppure entrerà nel mirino di alcune big della Premier League? Il suo sogno è un altro: diventare per l'Inter ciò che Simeone è per l'Atletico Madrid. Indipendentemente dal fatto che a Monaco l'Inter vinca o perda la Champions. D'altronde anche il Cholo è sopravvissuto a due finali europee perse. Ma lui e Marotta dovranno trovare un nuovo percorso per restare insieme.
Ieri sera a San Siro è andato in scena l'ennesimo capitolo del libro su come si perde uno scudetto essendo la squadra nettamente più forte e senza avversari credibili. E’ stato sicuramente quello più eclatante perché siamo a 90 minuti dalla fine della stagione e per come è maturato, ma il fatto che sia stato uno dei tanti nel cammino schizofrenico dei campioni d’Italia certifica solo lo scarso interesse dei titolari, dei leader di questo gruppo verso il campionato e le altre coppette nazionali. L'inter sacrifica lo scudetto in nome di un sogno più grande a cui fin dall'inizio hanno creduto solo i giocatori, sogno che quasi sicuramente nessuno di loro potrà più realizzare in carriera. Comportamento forse poco giustificabile o accettabile dal tifoso medio, ma comprensibile sicuramente sì.
Il trionfo del Bologna in coppa Italia sul Milan porta la firma di Giovanni Sartori, dietro la scrivania, e di Vincenzo Italiano in panchina, che ha impartito una severa lezione a Sergio Conceicao sul piano della preparazione della finale e della sua lettura in corsa. Una lezione che pone Italiano, magari non subito ma tra dodici mesi sicuramente, come candidato credibile alla panchina di una big storica della serie A, dopo aver già sfiorato la scorsa estate il Napoli prima che si affidasse a Conte. Avere una identità tattica definita e al contempo alzare trofei, o anche andarci molto vicino come a Firenze, in contesti dove è più difficile farlo, è il biglietto da visita su cui anche Simone Inzaghi ha costruito la sua carriera.