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La crepa

Author: Il Sole 24 Ore

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Ci sono luoghi in cui i fatti di cronaca aprono spartiacque sempre più difficili da colmare. Luoghi in cui, senza che ci si renda conto, la tecnologia, il progresso o semplicemente i cambiamenti dell’economia e della società, creano fratture che separano, dividono, spesso irrimediabilmente, l’opinione pubblica e i rappresentanti del potere.


“La crepa” è un podcast realizzato sul campo dagli inviati de Il sole 24 ORE e Radio 24 coordinati da Marco Alfieri, inviato e caporedattore del Sole 24 Ore. Ogni storia, inchiesta o reportage - firmata a rotazione da uno degli inviati - sarà composta da due episodi e un’intervista finale con l’autore, disponibili online a cadenza settimanale.


“La crepa” è un podcast realizzato dagli inviati e prodotto da Il Sole 24 Ore e Radio 24.

Inviati: Marco Alfieri, Luca Benecchi, Raffaella Calandra, Gigi Donelli, Angelo Mincuzzi, Rosalba Reggio e Livia Zancaner

Coordinamento inviati: Marco Alfieri

Cura editoriale: Andrea Franceschi

Registrazioni e montaggio: Daniele Vaschi

Comunicazione e marketing: Arianna Faina

Design director: Laura Cattaneo

Illustrazione: Giorgio De Marinis

Producer: Monica De Benedictis

Responsabile di produzione: Guido Scotti

Coordinamento editoriale: Daniele Bellasio e Alessandra Scaglioni

25 Episodes
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Le streghe di Bucha sono un’unità di volontarie donne ucraine addestrate per abbattere i droni russi. Gigi Donelli racconta la loro doppia vita: di giorno impegnate nel proprio lavoro e in famiglia, di notte “turniste” a protezione dei cieli della capitale, diventando così un importante canale di collegamento tra la vita civile e le strutture militari di Kiev.
Dopo la ritirata della coalizione occidentale nel 2021 e il ritorno del Talebani al potere, l’Afghanistan sembra tornato al Medioevo, mentre i segni e le rovine della lunga guerra sono dappertutto. In questa intervista finale con Cristina Carpinelli cerchiamo di capire quale può essere il futuro di questo paese, così strategico e così maledetto.
Nelle valli del Panshir la presenza talebana è ben visibile, tra numerosi posti di blocco, leggi liberticide e armi spianate. Eppure, come ci racconta Cristina Carpinelli, qualcosa sopravvive grazie a tante, piccole sfumature. Una di queste è l’attenzione che molti uomini cominciano ad avere nei confronti del futuro delle proprie mogli e figlie
Le più colpite dal ritorno al potere dei talebani in Afghanistan sono state le donne a cui è stato tolto il diritto di studiare, lavorare, muoversi e persino parlare in pubblico. Cristina Carpinelli ha viaggiato tra Kabul e il Panshir dove il governo centrale ha deciso di spostare intere famiglie nel tentativo di controllare la popolazione di una regione da sempre ostile
I Paesi Baltici sono l’avamposto della nuova guerra ibrida che si combatte lungo il confine orientale della NATO, tra Russia e Occidente. Per capire quale sia la posta in palio, i rischi che corriamo in Europa, e l’impatto sistemico, ne parliamo direttamente con l’autore del Podcast, Antonio Talia.
Dall’ottobre del 2023 a oggi, nel Mar Baltico, si sono verificati almeno 11 casi di cavi sottomarini tagliati e vari altri incidenti che Lituania, Estonia e Lettonia e gli altri paesi rivieraschi della NATO attribuiscono a operazioni coperte della Russia. Antonio Tàlia è andato in Lettonia per documentare come, dai tempi della Guerra Fredda, le acque del Baltico non siano mai state così pericolose come oggi.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, le Repubbliche baltiche sanno di essere nel mirino di Mosca. Il nostro inviato, Antonio Tàlia, ha viaggiato sul confine tra Lituania e Bielorussia dove è in pieno svolgimento una “guerra ibrida” combattuta a colpi di attacchi cyber, interferenze radio, droni, spie travestite da escursionisti, disinformazione e manipolazione dell’opinione pubblica.
San Patrignano è un nome che ricorre spesso nel racconto delle droghe in Italia, non senza polemiche. Si tratta di un luogo imprescindibile per capire l’evoluzione e le differenze nel consumo degli stupefacenti: dall’eroina, dalle siringhe e dal sangue degli anni Ottanta e Novanta, fino alla cocaina e alle “bottiglie” di crack dei nostri giorni, come ci racconta Luca Benecchi in quest’ultimo episodio del suo podcast
Secondo dati ufficiali, nel 2024 la cocaina è stata “sperimentata” da 94mila studenti italiani. Solo l’anno precedente, erano 54mila. Si tratta di una crescita drammatica. Fumare come antidoto alla paura e all’infelicità: non c’è sangue, non ci sono malattie strane, niente siringhe, quindi sembra tutto pulito. Poi, molto presto, migliaia di ragazzi si accorgono che non è così, come ci racconta Luca Benecchi.
Dal 2018 al 2023 le tonnellate di cocaina sequestrate in Italia sono quintuplicate mentre si registra una crescita progressiva della quota dei ricoveri, che ormai copre il 25% di quelli totali per droga. Luca Benecchi è andato a San Patrignano a raccogliere le voci di chi sta lottando contro l’inferno del crack. Perché in Italia la cocaina è ovunque. E i ragazzi, oggi, sniffano di meno ma fumano di più...
In questo reportage Alberto Magnani ha viaggiato fra i campi di sfollati di Afar, Oromia e altre regioni del paese. Ci ha raccontato la “crepa” fra l’immagine che il premier Abiy vuole trasmettere all’esterno e la realtà che si respira lontano dai palazzi del potere e, più in generale, i conflitti che agitano il Corno d’Africa. Quale sarà il futuro di un’area così strategica per l’Italia e l’Europa?
L’Etiopia è in fermento ma la tenuta del Paese è minacciata da quel che si agita fuori dai suoi confini: la guerra sudanese a ovest, le tensioni con la Somalia a est, i venti di guerra con l’Eritrea e quelli nello stesso Tigray. Alberto Magnani ha visitato il confine fra Etiopia e Sudan vicino ad Asosa, testimoniando i flussi di rifugiati che cercano riparo oltre il ponte che separa i due Paesi.
Fino a qualche anno fa l’Etiopia era una sorta di miracolo africano. Poi sono arrivati il Covid e una guerra sanguinosa nel Tigray che hanno fatto emergere tutte le fragilità di uno dei Paesi più popolosi dell’Africa. Al centro di quella parabola c’è un leader come il premier etiope Abiy Ahmed, Nobel per la pace nel 2019, passato dagli anni dell’entusiasmo collettivo al tonfo di reputazione e affidabilità
Il dibattito su una nuova imposta mondiale per i milionari e i miliardari cresce ovunque nel mondo. Si discute, cioé, se sia necessario aumentare le tasse agli ultra ricchi che – secondo alcuni studi internazionali – hanno pagato finora una quantità di imposte più bassa in proporzione rispetto ai cittadini normali. A prendere l’iniziativa in questa direzione è stato un gruppo di milionari riuniti sotto la bandiera del movimento dei Patriotic millionaires che gridano lo slogan “Tax the rich”, ovvero “tassate i ricchi”. Gli Stati sono di fronte a una scelta: tassare realmente milionari e miliardari per ridurre le diseguaglianze nelle nostre società oppure ignorare il problema e continuare come è stato fatto fino a oggi?
Un’imposta minima globale del 2% del loro patrimonio è la soluzione individuata da un gruppo di milionari, riuniti nel movimento dei Patriotic Millionaires, per far pagare più tasse agli ultraricchi. Ma è davvero la soluzione più utile? Quale sarebbe la reale efficacia di una patrimoniale per milionari e miliardari? Alla base di tutto c’è però un altro interrogativo che interessa tutti noi: a cosa servono le tasse?
Un solco profondo divide gli italiani quando si discute se tassare gli ultraricchi. Una parte è convinta che sia doveroso farlo perché sostiene che l’aumento delle diseguaglianze stia mettendo in crisi le democrazie. Altri si oppongono decisamente perché affermano che le tasse sono già troppo alte e un aumento per i più ricchi frenerebbe gli investimenti e la crescita. Per capirne di più siamo partiti da Milano, dove il complesso di Citylife è diventato il paradiso dei ricchi, abitato da alcuni dei 4.500 milionari stranieri arrivati in Italia negli ultimi anni.
La devastazione di Gaza sta producendo impatti importanti su tutto il Medio Oriente e anche sul regno di Giordania. Un paese diverso per storia, popolazione e contrasti. Ma che può insegnarci qualcosa sul modello di convivenza in contesti complicati. E che riguarda, da vicino, proprio la popolazione palestinese.
Nel secondo episodio del podcast La Crepa, Rosalba Reggio ci spiega, attraverso la voce dei giordani, come la popolazione si sta dividendo sull’infinita crisi israelo-palestinese. La guerra a Gaza continua inesorabile mentre il presidente americano Trump ha ipotizzato il trasferimento degli abitanti della striscia in Egitto, Arabia Saudita e Giordania, un progetto che, secondo il New York Times, anche il premier israeliano Netanyahu ha detto di “prendere sul serio”.
La distruzione di Gaza e l’uccisione di circa 50 mila abitanti della Striscia, in risposta all’attacco di Hamas ad Israele del 7 ottobre 2023, ha ormai superato i suoi confini investendo i precari equilibri degli stati vicini. Tra questi, la Giordania. Un paese fragile e pieno di contraddizioni, i cui abitanti hanno origine, per la gran parte, palestinese.
Negli ultimi mesi il boom di affitti brevi nelle città ha subito una frenata in tutta Italia. L’effetto delle nuove norme “anti Airbnb”, il rallentamento del turismo dopo la lunga cavalcata post Covid e l’eccesso di offerta di immobili sulle piattaforme, stanno riconfigurando il mercato delle locazioni turistiche. Naturalmente, questa tendenza non segnerà un ritorno alle antiche abitudini. Ma è possibile che domanda e offerta di locazioni, in futuro, saranno meno sbilanciate verso gli affitti brevi e un po’ più attenti ai bisogni dei residenti classici.
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