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I Volti del Terrorismo
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I Volti del Terrorismo

Author: Panorama

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Il terrorismo consiste nell’impiego della violenza, o nella minaccia di ricorrervi, da parte di singoli individui o gruppi, con l’intento di intimorire o condizionare governi, popolazioni o organizzazioni, spesso per ragioni politiche, ideologiche o religiose. Per avere successo pero’ specie nell’era moderna queste organizzazioni hanno bisogno di un capo, una figura carismatica che possa diventare il volto di un'organizzazione terroristica.
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Nel labirinto delle guerre dimenticate dell’Asia centrale si muove una figura che da oltre vent’anni rappresenta l’incubo di Pechino: Abdul Haq al-Turkistani, nato nel Xinjiang intorno al 1971 con il nome di Memet Amin Tokhti, oggi considerato il capo indiscusso del Partito Islamico del Turkestan (TIP). Dietro la sua parabola si nasconde la storia di un movimento che ha trasformato la rivendicazione di autonomia della minoranza uigura in una causa jihadista di respiro globale, intrecciata con le reti di al-Qaida e con i fronti di guerra mediorientali.
Shōkō Asahara nato Chizuo Matsumoto, il 2 marzo 1955 è stato il fondatore, leader carismatico e guru della setta apocalittica giapponese Suprema Verità Aum», responsabile del micidiale attentato con gas sarin nella metropolitana di Tokyo nel 1995, che scosse profondamente il Giappone e l’opinione pubblica mondiale. L’attacco segnò l’ingresso del terrorismo chimico nella storia contemporanea.
Quando il 9 novembre 2005 un’auto imbottita di esplosivo si lanciò contro un convoglio americano vicino a Baquba, nel nord dell’Iraq, nessuno immaginava che dietro quel gesto si nascondesse una donna europea. Poche ore dopo, l’intelligence belga confermò l’impensabile: la kamikaze era Muriel Degauque, trentottenne nata e cresciuta a Charleroi, convertita all’Islam e affiliata ad al-Qaeda in Iraq, la rete guidata allora da Abu Musab al-Zarqawi. Era la prima donna occidentale a morire in un attentato suicida jihadista.
È stato uno dei terroristi più pericolosi e determinati degli anni Novanta, il primo a colpire il cuore di Manhattan e ad anticipare, per metodi e visione strategica, l’attacco che l’11 settembre 2001 avrebbe cambiato la storia. Il suo nome è Ramzi Yousef, ma il suo vero volto è quello di Abdul Basit Mahmoud Abdul Karim, cittadino pakistano nato in Kuwait, cresciuto nell’odio verso l’Occidente e forgiato nei campi di addestramento jihadisti tra Pakistan e Afghanistan.Dietro il suo sguardo impassibile e la parlantina fluente in più lingue si celava la mente di un terrorista determinato, metodico, che avrebbe potuto mietere migliaia di vittime in una manciata di ore se il suo piano più ambizioso, l’Operazione Bojinka, non fosse stato scoperto per puro caso.
Per oltre tre decenni Hassan Nasrallah è stato il volto e la voce di Hezbollah, l’organizzazione sciita libanese trasformata sotto la sua guida in una potenza militare, politica e terroristica di respiro internazionale. Nato nel 1960 a Beirut, crebbe nei quartieri sciiti segnati dalla povertà e dall’instabilità. Dopo gli studi religiosi in Iraq e in Iran, entrò nei ranghi di Hezbollah nei primi anni Ottanta, quando la milizia era ancora un gruppo armato emergente legato ai Pasdaran iraniani.
Ali Khamenei, Guida Suprema della Repubblica Islamica dell’Iran dal 1989, è oggi una delle figure più longeve e influenti nello scenario geopolitico mondiale. Succeduto a Ruhollah Khomeini, di cui ha ereditato l’ideologia, ha consolidato un regime teocratico che concentra nelle sue mani il potere assoluto: guida delle forze armate, capo della magistratura religiosa, controllore dei media e arbitro finale di ogni decisione strategica. La sua leadership è stata segnata da tre linee guida costanti: sostegno sistematico al terrorismo internazionale, guerra permanente contro Israele e repressione capillare del popolo iraniano.
Per oltre dieci anni, il nome di Abu Mohammed al-Jolani – alias Ahmed Hussein al-Sharaa – è stato associato a jihadismo e sangue. Leader del Fronte al-Nusra e poi di Hay’at Tahrir al-Sham (HTS), è stato per anni tra i ricercati più noti al mondo, con una taglia di dieci milioni di dollari offerta dagli Stati Uniti per la sua cattura. Oggi, invece, siede al vertice della nuova Siria post-Assad come presidente ad interim, riceve leader stranieri e firma documenti ufficiali. Un passaggio impensabile fino a poco tempo fa, sancito dal fatto che Washington, il 7 luglio 2025, ha rimosso HTS dalla lista delle “Foreign Terrorist Organizations”, dopo aver già cancellato, nel dicembre 2024, la taglia sul suo leader.
Ruhollah Musavi Khomeini, nato nel 1902 nella città iraniana di Khomein, è stato l’uomo che ha trasformato un Paese in via di modernizzazione in una teocrazia totalitaria, capace di destabilizzare l’intero Medio Oriente. La sua ascesa culminò con la rivoluzione islamica del 1979, che depose lo Scià Mohammad Reza Pahlavi e instaurò la Repubblica islamica, basata sulla dottrina del velayat-e faqih, il “governo del giurisperito”, che conferiva al clero sciita un potere assoluto. La nuova Repubblica islamica divenne sponsor e finanziatore di gruppi armati in tutto il Medio Oriente.
Per decenni è stato il volto della lotta palestinese nel mondo. Ma dietro la kefiah e le dichiarazioni pubbliche, Yasser Arafat ha incarnato anche l’ambiguità di un leader che ha unito diplomazia e violenza, ideologia e interessi personali. Terrorista globale negli anni ’70, firmatario degli accordi di Oslo negli anni ’90, padre della patria per molti palestinesi, ma anche un autocrate accusato di aver accumulato una fortuna miliardaria mentre la sua gente viveva in miseria. Una figura sfuggente e divisiva che ha lasciato dietro di sé un’eredità segnata da sangue, morte, sospetti e conti offshore.
Nei faldoni della CIA e del MI6 desecretati negli ultimi anni, il nome di Muammar Gheddafi ricorre con frequenza quasi ossessiva. Leader della Libia dal 1969 al 2011, il colonnello nato nel 1942 nei pressi di Sirte, in una famiglia beduina, divenne ufficiale dell’esercito e il 1° settembre 1969 guidò un colpo di Stato incruento che depose il re Idris I. In pochi anni trasformò un Paese scarsamente popolato e ricco di petrolio in un laboratorio politico autarchico, e in una base logistica per il terrorismo internazionale.
Rimasto cieco in tenera età a causa di complicazioni legate al diabete. Sebbene non fosse coinvolto direttamente nell’attentato del 1993 al World Trade Center, Abdel-Rahman fu ritenuto l’ideologo e ispiratore di un piano terroristico ancora più ampio, noto come il "Day of Terror", che prevedeva attacchi simultanei a ponti, tunnel, la sede dell’ONU e altri obiettivi strategici a New York. Nel 1995, fu condannato da un tribunale federale per cospirazione sediziosa e incitamento al terrorismo, insieme a nove complici. La condanna fu severissima: ergastolo più 15 anni di carcere.
Dietro il massacro del 13 novembre 2015 a Parigi, che provocò 130 morti e oltre 350 feriti, si celava la mente di un uomo nato e cresciuto in Europa, radicalizzatosi fino a diventare uno dei volti più spietati dello Stato Islamico. Abdelhamid Abaaoud, belga di origine marocchina, è stato il coordinatore degli attacchi terroristici che colpirono il Bataclan, lo Stade de France e numerosi caffè e ristoranti della capitale francese. Il suo nome, oggi, resta inciso nella storia del terrorismo jihadista europeo come simbolo della minaccia interna, proveniente da cittadini radicalizzati cresciuti nel cuore dell’Occidente.
Osama bin Mohammed bin Awad bin Laden, nato a Riad nel 1957, è stato il fondatore di al-Qaeda e l’ideatore degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001. Figura centrale del jihadismo contemporaneo, bin Laden è stato per decenni il nemico pubblico numero uno dell’Occidente e l’artefice di una guerra globale condotta in nome dell’Islam radicale.
Mohammed Atta non fu solo il comandante operativo dei dirottatori dell’11 settembre 2001. Fu anche il simbolo inquietante di una nuova generazione di terroristi: colti, metodici, apparentemente integrati nella modernità occidentale, ma portatori di un'ideologia mortale. La sua traiettoria – dall’università del Cairo al volo American Airlines 11 schiantato contro la Torre Nord del World Trade Center – è l’emblema di come il jihadismo abbia saputo evolversi in una forma manageriale e transnazionale, con un volto educato ma glaciale.
Ayman al-Zawahiri è stato per decenni una delle figure più influenti e letali del jihadismo globale. Chirurgo egiziano di formazione, divenne il capo spirituale e operativo di al-Qaeda dopo l’uccisione di Osama bin Laden, incarnando una visione radicale della lotta armata contro l’Occidente e i regimi arabi considerati apostati.
Il 22 luglio 2011, la Norvegia fu scossa da un’onda di terrore senza precedenti. Due attacchi coordinati, uno a Oslo e l’altro sull’isola di Utoya, causarono 77 morti e segnarono per sempre l’immaginario europeo sul terrorismo interno. Il responsabile, Anders Behring Breivik, si affermò come la figura simbolo del terrorismo neonazista e anti-islamico contemporaneo, incarnando un nuovo tipo di minaccia: il lupo solitario radicalizzato nel silenzio della rete.
Nato nel 1971 a Samarra, in Iraq, con il nome di Ibrahim Awad Ibrahim al-Badri, Abu Bakr al-Baghdadi è stato una delle figure più inquietanti e influenti del jihadismo contemporaneo. Autoproclamatosi «califfo» nel 2014, ha guidato lo Stato Islamico (ISIS) nel suo periodo di massima espansione e brutalità, incarnando una nuova fase del terrorismo globale dopo il declino di al-Qaeda.
Considerato l’architetto principale degli attentati dell’11 settembre 2001, Khalid Shaikh Mohammed fu colui che per primo presentò il piano a Osama bin Laden nel 1996. Dopo aver ottenuto il via libera dalla leadership di al-Qaeda, assunse un ruolo centrale nell’organizzazione dell’attacco, curandone ogni fase: dalla logistica alla selezione dei dirottatori, fino alla definizione dei dettagli operativi. L’intera operazione fu condotta in stretto coordinamento con altri esponenti di vertice dell’organizzazione jihadista.
Najmuddin Faraj Ahmad, noto con il nome di battaglia di Mullah Krekar, è nato il 7 luglio 1956 nel Kurdistan iracheno, ma a partire dal giugno 1991 ha vissuto in Norvegia, dove gli è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico. Nel 2019, un tribunale italiano ha condannato Krekar a 12 anni di prigione per aver guidato Rawti Shax, una rete jihadista con legami con lo Stato Islamico (ISIS) . Nel 2020, è stato estradato dalla Norvegia all'Italia per scontare la sua pena.
Sebbene non fosse un'autorità religiosa, veniva chiamato "Sheikh Yassin" per via del suo status di leader di Hamas. Yassin veniva talvolta definito dai media il leader "politico" di Hamas, ma era responsabile di aver autorizzato e incoraggiato molti attacchi terroristici. Il 22 marzo 2004, fu ucciso da un attacco missilistico di un elicottero israeliano sulla sua auto mentre usciva da una moschea nel nord della Striscia di Gaza. Ma il suo messaggio carico di odio arriva ancora oggi dall’oltretomba.
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