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Analisi e commenti | RRL
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Analisi e commenti sull'attualità religiosa, politica e culturale. Ascolta il podcast di radioromalibera.org a cura del prof. Roberto de Mattei. Ogni venerdì alle ore 17 una nuova puntata.
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Parlare della Madonna non è mai ripetitivo. La speculazione intellettuale sulla sua grandezza è inesauribile per l’intelletto umano, perché Ella, pur essendo una creatura, è un perfetto riflesso della immensa grandezza di Dio. La verità dell’Immacolata Concezione fu proclamata come dogma infallibile della Chiesa dal beato Pio IX, l’8 dicembre 1854 con la bolla Ineffabilis Deus, con la quale il Papa definisce che la Vergine Maria fu preservata dal peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento.Il fondamento di questo privilegio mariano sta nell’assoluta opposizione, nella infinita inconciliabilità, tra Dio e il peccato. All’uomo concepito nel peccato si contrappone Maria concepita senza ombra di peccato, purissima e senza macchia. E poiché il peccato è un disordine dell’intelligenza e della volontà, a Maria, in quanto Immacolata, è riservato di vincere ogni male, errore ed eresia che nasce e si sviluppa nel mondo come conseguenza del peccato. Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
Tra i tanti episodi prodigiosi della vita di san Francesco Saverio ve n’è uno che ci ricorda l’amore per la giustizia divina che sempre ebbero i santi: il castigo che egli invocò dal Cielo sull’isola di Tolo, caduta nell’apostasia.San Francesco Saverio, nato nel 1506, da nobile famiglia, nel castello di Xavier in Navarra, studiò a Parigi, dove l’incontro con Ignazio di Loyola cambiò la sua vita: era uno studente brillante, destinato al successo accademico, ma fu conquistato dalle parole del futuro fondatore dei Gesuiti: «A cosa serve, Francesco conquistare il mondo, se si perde l’anima?». Ordinato sacerdote, partecipò alla nascita della Compagnia di Gesù e nel 1540 fu inviato da sant’Ignazio come missionario nelle Indie portoghesi, partendo improvvisamente al posto di un confratello ammalato. Divenne l’apostolo delle Indie.
Da molti anni l’introduzione della cosiddetta educazione sessuale nelle scuole italiane costituisce una delle mete più ambite dei partiti di sinistra. L’educazione sessuale, con il divorzio, l’aborto, l’eutanasia, faceva parte di quel pacchetto di “conquiste civili” rivendicate negli anni ‘70 da comunisti, socialisti e radicali per scardinare la società italiana fin dalle fondamenta. Queste rivendicazioni vengono da lontano. Senza risalire alla Rivoluzione francese, basta ricordare che la Rivoluzione comunista del Novecento, soprattutto nella sua prima fase, quella di Lenin e di Trotzki, si proponeva di trasformare non solo l’ordine sociale ed economico, ma anche la visione dell’uomo, della famiglia e dell’educazione.
Negli ultimi giorni, in Italia, è tornato al centro del dibattito politico il tema della cosiddetta imposta patrimoniale. La discussione è stata rilanciata dai media dopo la dichiarazione della segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, favorevole a una forma di tassazione europea sui grandi patrimoni. A tale posizione ha replicato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, affermando che «finché la destra è al governo, non ci saranno patrimoniali».La patrimoniale rappresenta un elemento ricorrente nei programmi della sinistra internazionale. Si ritrova, per esempio, anche nel programma politico del nuovo sindaco di New York, Zohran Mamdani, che sostiene politiche di prelievo sui grandi patrimoni per finanziare servizi pubblici e ridurre le disuguaglianze. L’idea di fondo è quella di un ugualitarismo teso a dissolvere ogni identità economica, culturale e perfino morale, a partire dalla famiglia e dalla proprietà, che sono due realtà connesse, perché la proprietà privata costituisce la base economica della famiglia, e, insieme, la condizione materiale della sua stabilità morale.Questo episodio include contenuti generati dall’IA.
L’elezione di Zohran Mamdani, a sindaco di New York è un evento di rilevanza internazionale, che merita alcune considerazioni. L’elezione di un candidato di estrema sinistra nella più influente città americana conferma prima di tutto l’esistenza di una forte polarizzazione all’interno degli Stati Uniti. L’uccisione di Charlie Kirk, lo scorso 10 settembre, l’aveva già messa in luce. Tyler Robinson, assassino del giovane leader conservatore, rappresenta infatti una radicale espressione di quel mondo ultra-progressista americano che odia visceralmente l’ordine sociale tradizionale e che è pronto ad usare anche la violenza per distruggerlo. Donald Trump, anch’egli scampato ad un attentato il 13 luglio dello scorso anno, è considerato il nemico per eccellenza di questo mondo. New York, pur non rappresentando l’America profonda, è una vetrina dell’America sul mondo e chi oggi la guida è un social-comunista, nemico giurato del presidente degli Stati Uniti. Mamdani ha presentato la propria vittoria come una sfida diretta a Donald Trump, insistendo sul fatto che la sua battaglia politica non si esaurisce entro i confini municipali. «New York sarà l’avanguardia della resistenza», ha affermato nel suo discorso da nuovo sindaco di New York al Brooklyn Paramount, poco dopo la sua vittoria elettorale.
Il calendario liturgico celebra il 1° novembre la festa di tutti i Santi e il giorno seguente quella delle anime dei defunti. Nella frase della Sacra Scrittura: In memoria aeterna erit justus. (Salmo 11, 6) possiamo trovare un collegamento tra le due ricorrenze. Ogni uomo desidera lasciare memoria di sé. È un bisogno profondo, inscritto nel cuore umano: il desiderio di non scomparire del tutto, di lasciare una traccia del proprio passaggio. Lapidi, iscrizioni, quadri, fotografie, l’esistenza stessa dei cimiteri, sono tutti tentativi di sottrarre qualcosa di sé al silenzio del tempo. Le memorie degli uomini, però, non possono essere eterne. L’esistenza umana si svolge nel flusso del tempo, che è la dimensione in cui, come ricorda Aristotele, «tutte le cose vengono all’essere e si corrompono» (Fisica, I, IV, 222b, 16-20). Tutto ciò che l’uomo costruisce è fragile, perché il marmo si consuma, le parole si cancellano, l’oblio è destinato ad avvolgere ogni cosa. Eppure l’uomo sa, nel profondo del suo essere, che non è fatto per finire e non riesce ad accettare che il suo io si dissolva nel nulla. Anche chi crede che dopo la morte vi sia solo il nulla, vuole essere ricordato, lasciare un segno del proprio passaggio, un’orma che dica: “Io sono esistito”. È un istinto che distingue l’uomo dagli animali, i quali vivono e muoiono senza sentire il desiderio di essere ricordati. I filosofi e i teologi hanno sempre riconosciuto in questo bisogno di sopravvivere una prova morale della spiritualità e dell’immortalità dell’anima. Se l’uomo tende per natura verso l’eterno, non può essere destinato al nulla: la natura non genera desideri vani. Ogni aspirazione profonda dell’uomo ha un corrispettivo reale – come la fame implica il cibo e la sete implica l’acqua, così la sete d’eternità rivela che l’anima è fatta per non morire.
Louis Martin (1823-1894) e Zélie Guérin (1831-1877), genitori di santa Teresa diGesù Bambino e del Volto Santo, sono stati canonizzati insieme nel 2015. Nel decimoanniversario della loro elevazione agli altari, lo scorso 1° ottobre, papa Leone XIV hainviato a mons. Bruno Feillet, vescovo di Séez, un ampio messaggio di cui vale la penaleggere i passi salienti.
Sant’Orsola, di cui il 21 ottobre ricorre la festa, morì nel V secolo e fu una delle figure più amate del cristianesimo antico, ma è oggi dimenticata. Eppure, mille anni dopo la sua morte, il grande pittore veneziano Vittore Carpaccio ce ne ha restituito la storia nel celebre Ciclo di Sant’Orsola, uno dei capolavori del Rinascimento, oggi conservato e ammirato da tanti visitatori nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia. Realizzato, tra il 1490 e il 1495 per la Scuola di Sant’Orsola – una confraternita laica dedicata alla santa – il ciclo pittorico racconta, in dieci grandi tele, la vita, il pellegrinaggio e il martirio di sant’Orsola e delle undicimila vergini, tratta principalmente da una Passio della Santa e dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, che sono anche le nostre fonti. Secondo questa tradizione, un re britannico, chiamato Noto o Mauro – la storia lo riconosce in Dionoto sovrano della Cornovaglia – aveva una sola figlia, Orsola, amata dal popolo per la sua dolcezza e venerata per la sua pietà. Mossa da profondo amore per Dio, Orsola aveva segretamente consacrato la propria verginità a Cristo, rifiutando ogni matrimonio terreno.
La prima esortazione apostolica di Leone XIV, Dilexi te (“Ti ho amato”), firmata il 4 ottobre 2025 e resa pubblica il 9 ottobre, merita la nostra attenzione più di alcune interviste del Papa, alle quali talvolta viene data un’eccessiva rilevanza mediatica. Ci troviamo di fronte non a poche parole, ma ad un ampio documento che conta 121 paragrafi e si sviluppa in cinque capitoli più un’introduzione. Come è stato notato, non è un’enciclica sociale, ma un’esortazione apostolica. L’enciclica è un documento dottrinale, l’esortazione apostolica è un documento pastorale, che non definisce dei principi, ma ci esorta a un comportamento. Papa Leone chiarisce che Dilexi te nasce da un progetto già avviato da Papa Francesco, che egli ha fatto suo, aggiungendo riflessioni personali. Tuttavia, se il tema della povertà è “bergogliano”, l’approccio non è il medesimo. Papa Francesco, sembrava spingere verso un impegno politico e sociale attivo, mentre Leone XIV, si richiama ad un impegno morale e caritativo. Francesco attribuiva un ruolo predominante ai movimenti, come artefici di giustizia sociale, Leone accenna ai movimenti in maniera generica e subordinata e tra i due poli della giustizia e della carità, attorno a cui si è svolto il dibattito sulla questione sociale dell’ultimo secolo, sembra attribuire un ruolo primario alla carità.
L’orizzonte internazionale si presenta oggi così drammatico e complesso da non avere altra soluzione da quella che ci ha indicato la Madonna a Fatima nel 1917: il Santo Rosario.La devozione al Rosario viene solitamente considerata nel suo aspetto di preghiera puramente individuale o al massimo familiare, ma ha anche una proiezione pubblica. La pratica del Rosario infatti non solo aiuta i singoli individui nei problemi e nelle difficoltà della loro vita, materiale e spirituale, ma ha una portata sociale che si estende alla vita dei popoli e delle nazioni. Per questo, ha ricordato il papa Leone XIII, “in tutti i secoli e in tutte le lotte la Chiesa ricorse a Maria, e ne ottenne sempre conforto e difesa” (Lettera Da molte parti, del 26 maggio 1903). Il Rosario, in tutti i secoli e in tutte le lotte, è stata l’arma per eccellenza per proteggere la Chiesa e la società cristiana.Ricordare il ruolo del Rosario nella storia della civiltà cristiana sarebbe molto lungo. Bisognerebbe partire dalla nascita del Rosario, nel XIII secolo, per iniziativa di san Domenico di Guzmàn e dei suoi frati domenicani, illustrando la loro vittoriosa predicazione contro l'eresia catara. Sarebbe necessario parlare del ruolo svolto dal Rosario nell' evangelizzazione e nella civilizzazione delle Americhe e di una parte dell'Asia e dell'Africa. E soprattutto non bisognerebbe dimenticare che la festa del Rosario fu stabilita da san Pio V per celebrare Maria col titolo di "Auxilium Christianorum", in ricordo della vittoria delle armate cristiane su quelle maomettane, avvenuta a Lepanto il 7 ottobre 1571.
Il 26 settembre 2025 si è svolta a Roma, alla Domus Australia, una commemorazione del marchese Luigi Coda Nunziante di San Ferdinando, nato a Napoli il 20 settembre 1930, morto a Colognole il 7 luglio 2015. Se il nome di Luigi Coda Nunziante merita di essere ricordato è perché egli non rinchiuse la sua vita nella gabbia dell’egoismo, dell’unica ricerca dei propri interessi, ma, seguendo in questo l’esempio dei suoi antenati, si proiettò per così dire al di fuori di sé stesso, per servire idee e ideali di giustizia e di verità che trascendevano la sua persona. Lo fece come un uomo che visse tutta la sua vita in spirito di servizio, come un soldato.Luigi Coda Nunziante apparteneva per nascita e per educazione alla classe dei soldati, non solo perché in un periodo della sua vita fu un militare, seguendo la tradizione familiare, ma perché fu un combattente nell’anima, come lo è ogni spirito nobile. Entrò, nel 1948, nell’Accademia Navale di Livorno, uscendone nel novembre 1952 come Guardiamarina. Fu pilota militare di portaerei e, per vari anni, prestò servizio nei Gruppi Antisom di Catania e Napoli.Dopo il matrimonio con la contessa Gabriella Spalletti Trivelli lasciò la Marina con il grado di Capitano di Fregata, conservando il titolo di Comandante. Non abbandonò però la sua vocazione di soldato, ma la trasferì nella battaglia politica. Si apriva così una seconda fase della sua vita.Negli anni turbolenti della contestazione studentesca e del tentativo comunista di conquistare il potere, Luigi militò nel Movimento Sociale Italiano di Giorgio Almirante, che lo volle alla guida della Segreteria Nazionale Amministrativa, ossia ad esserne il tesoriere: un incarico delicato e impegnativo, perché il partito era in gravi difficoltà economiche, a causa di una scissione interna. Il comandante sostenne la causa con generosità, anche personalmente.
L’immagine che oggi presenta l’Occidente è quella di un mondo secolarizzato e decadente, privo di fede e di certezze. Sulla convinzione di questa debolezza, i nemici dell’Occidente fondano le loro ambizioni ideologiche ed espansionistiche. Il vertice di Pechino del 2 settembre non è stato un semplice incontro diplomatico, ma un vero e proprio palcoscenico ideologico, in cui il dittatore cinese e i suoi vassalli, a cominciare da Vladimir Putin, hanno minacciato l’Occidente nel contesto di una gigantesca parata militare. Xi Jiping sfoggiava la stessa giacca grigia che Mao Zedong considerava simbolo della Rivoluzione cinese e i ritratti, gli slogan, i riferimenti al pensiero di Mao ricordano al mondo al mondo che la Cina non intende presentarsi solo come potenza economica, ma anche come modello politico alternativo all’Occidente. Il comunismo, nella versione post-maoista di Xi Jiping e in quella post-stalinista di Putin mostrano che il comunismo, lungi dall’essere un residuo del passato, viene usato oggi come bandiera di una nuova egemonia mondiale. Don Stefano Caprio, su “Asia News”, ha recentemente documentato che durante i venticinque anni al potere di Putin, sono stati eretti 213 nuovi monumenti a Stalin, insieme a centinaia di iniziative commemorative. “Il futuro sarà come il passato, e il passato è stato meraviglioso”, ha proclamato Putin (https://www.asianews.it/news-en/Stalin's-resurrection-in-Putin's-Russia-63859.html).E’ dunque il comunismo che risorge, mentre il Cristianesimo muore? Non è così.
Le società segrete cattoliche. Le Amicizie (3)Il ruolo delle società segrete cattoliche fu particolarmente rilevante negli anni che vanno dal 1780 al 1814, un’epoca buia in cui giansenismo, gallicanesimo, illuminismo, intrecciavano e moltiplicavano i loro sforzi, all’ombra delle logge massoniche, per distruggere l’ordine religioso e sociale cristiano.Campione della resistenza cattolica contro quest’offensiva fu il padre Nikolaus Albert von Diessbach (1732-1798), fondatore, tra il 1779 e il 1780, a Torino, dell’Amicizia Cristiana: un’ associazione di chierici e laici, che si proponeva di contrastare lo spirito rivoluzionario con le sue stesse armi: la stampa, attraverso la moltiplicazione e la diffusione capillare di buoni libri, e il segreto, che serviva a tutelare i suoi membri e a mantenerli nell’umiltà, ma non aveva niente a che vedere con quello massonico, con il quale i livelli più alti occultano ai livelli più bassi i veri fini della setta. L’Amicizia Cristiana si diffuse rapidamente a Milano, Firenze, Friburgo, Vienna, Parigi, fino a Varsavia, arruolando nelle sue file uomini della tempra del padre Pierre-Joseph Picot de Clorivière (1735-1820), futuro restauratore della Compagnia di Gesù in Francia, del redentorista san Clemente Maria Hofbauer (1751-1820), apostolo di Vienna e del venerabile Pio Brunone Lanteri (1759-1830), che fu il continuatore dell’opera di Diessbach in PiemonteNikolaus von Diessbach era un ufficiale svizzero al servizio del Re di Sardegna, che si era convertito dal calvinismo al cattolicesimo ed era entrato tra i gesuiti, ma dopo pochi anni aveva vissuto il dramma dello scioglimento della Compagnia di Gesù, soppressa da Clemente XIV nel 1773. Padrone di tre lingue che gli permettevano di predicare, talvolta nello stesso giorno, in diverse chiese, in italiano, in francese e in tedesco, Diessbach utilizzò le sue influenti relazioni internazionali per diffondere le Amicizie, che raccoglievano l’eredità della Compagnia del SS.mo Sacramento e delle Aa, ma accentuando il loro apostolato pubblico, soprattutto intellettuale.Verso la fine del febbraio 1782, Diessbach e Lanteri si recarono a Vienna, focolaio di eresie, per preparare, con prediche, contatti, diffusione di opuscoli, l’accoglienza dei cattolici austriaci a Pio VI, Pellegrino Apostolico, che vi fu trionfalmente ricevuto il 22 marzo. Al ritorno Lanteri, che aveva ventitré anni, veniva ordinato sacerdote. Mentre Diessbach operava a Vienna, dove morì nel 1798, Lanteri si trovò a dirigere l’Amicizia torinese che, sotto la sua guida, attraversò gli anni di persecuzione che vanno dall’invasione francese del 1796 al 1814, mantenendo il suo carattere di centro di irradiazione e di punto di riferimento dottrinale per tutto il Piemonte. Il catalogo dei “buoni libri” diffusi dalle Amicizie è una summa della produzione cattolica fino alla Rivoluzione francese nei diversi campi della teologia, della morale, della filosofia, della storia, dell’apologetica (La Biblioteca delle “Amicizie”. Repertorio critico della cultura cattolica nell'epoca della Rivoluzione 1770-1830, Bibliopolis, Napoli 2006) Il giovane sacerdote si teneva in contatto con i librai e i tipografi di tutta Europa, diffondendo opuscoli e dissertazioni, suoi o di suoi collaboratori, contro gli errori del tempo, soprattutto il giansenismo, che agiva come quinta colonna all’interno della Chiesa, occupando episcopati, cattedre universitarie, parrocchie, seminari. In particolare, Lanteri oppose al giansenismo la dottrina morale di sant’Alfonso de’ Liguori, la cui opera definì “come una biblioteca di tutti i moralisti”. “Attaccatevi al Liguori,– diceva –. Se si vuol far del bene alle anime bisogna che ci appigliamo alla dottrina di questo autore; bisogna rivestirsi del suo spirito, se vogliamo portare anime a Dio. Oh! benedetta la dottrina di questo Vescovo, e benedetto il Signore che in questi tempi ci diede un uomo che è tanto secondo il suo cuore”. Lanteri si batté vigorosamente, anche contro il gallicanesimo, incoraggiato da Napoleone, non solo distinguendosi per i suoi scritti polemici, ma impegnandosi in prima persona, come avvenne per l’organizzazione dell’assistenza, da lui promossa, al Papa Pio VII che era stato deportato da Bonaparte, per non avere accettato di sottomettere la Chiesa allo stretto controllo dell’Impero. Il 10 giugno 1809 Pio VII aveva lanciato la bolla di scomunica contro Napoleone, Quam memoranda: il 6 luglio iniziava la sua prigionia a Savona. Da Parigi, a Lione, a Torino, a Mondovì, fino a Savona si era tuttavia stabilita un’invisibile catena attraverso la quale i membri delle associazioni, soprattutto laicali, che costituivano i centri più attivi della resistenza cattolica – riuscirono a far penetrare la bolla attraverso le maglie del rigoroso controllo napoleonico e a introdurla e diffonderla a Parigi. Dopo la Restaurazione del 1814, la Amicizia torinese, sotto la direzione di Lanteri, riprese la sua attività con il nome di Amicizia Cattolica. L’associazione allargò il numero dei membri, accentuò il carattere laicale, e soprattutto abolì il segreto, non più giustificato dal nuovo clima politico e religioso. Le riunioni si svolgevano nel palazzo del marchese Cesare d’Azeglio padre del più famoso Massimo e del filosofo gesuita Luigi Taparelli d’Azeglio. Agli ultimi tre anni di vita a Torino di un altro illustre membro dell’associazione, il conte Joseph. de Maistre, risale, la pubblicazione delle opere: Les Soirées de Saint-Petersbourg, L’Eglise gallicane, Du Pape, che l’Amicizia cattolica diffuse abbondantemente.Se al ceppo della Aa risalgono il beato Guillaume-Joseph de Chaminade, fondatore dei Marianisti, sant’ Eugène de Mazenod fondatore degli Oblati di Maria Immacolata, il venerabile Jean Claude Colin fondatore della Società di Maria (Maristi), dall’opera dei padri Nikolaus Albertvon Diessbach e Pio Brunone Lanteri deriva quel ricco filone di spiritualità piemontese che, attraverso il beato Francesco Faà di Bruno, la cui madre, era nipote di un membro delle Amicizie, san Leonardo Murialdo, il cui padre, Francesco, era anch’egli militante dell’ associazione, giunge fino al canonico Giuseppe Allamano, nipote di san Giuseppe Cafasso e allievo di san Giovanni Bosco, anch’essi tutti formati nello spirito delle Amicizie. (Roberto de Mattei)
Le società segrete cattoliche: la “Aa” (2)La prima voce dell’imponente Enciclopedia cattolica (Città del Vaticano, 1949, vol. I, p. 2) compendio del sapere cattolico nell’epoca di Pio XII, è dedicata alla “Aa”, una società segreta cattolica francese del XVII secolo, il cui acronimo sembra significare “Assembléee des Associés” o “Assemblée des Amis”. La Aa venne fondata nel collegio gesuita di La Flèche, dal padre Jean Bagot (1591-1664), attorno al 1630, nella stessa epoca in cui nacque, sotto Luigi XIII, la Compagnia del SS.mo Sacramento. La Aa, scrive mons. Amato Pietro Frutaz, estensore della voce, si presentava come una associazione che raccoglieva segretamente i membri più fervorosi della Congregazione mariana del collegio. L’uso di associarsi segretamente passò dal collegio di La Flèche a quello di Clermont e gli aggregati furono chiamati i Bons Amis. I gruppi erano ristretti e composti da una dozzina, al massimo una ventina di persone, scelte per la loro fede e dedizione Le riunioni si tenevano settimanalmente; in esse si pregava insieme e ciascun membro si incoraggiava a vicenda, attraverso un esercizio di apertura del cuore e di sostegno reciproco nella vita spirituale. Vi appartennero soprattutto studenti di teologia, anche laici, viventi fuori dal seminario, con il nome di confrères.Le Aa erano comunità spirituali, indipendenti tra di loro, senza alcun legame formale se non una comune aspirazione alla vita perfetta. Vincolo di unione delle Aa era la carità espressa nel motto C.U.A.U (Cor unum et anima una). Il loro funzionamento era molto simile a quello delle congregazioni mariane, ma tenendo conto di alcune differenze fondamentali: il numero ridotto, l'amicizia e il segreto. Il segreto, in particolare, era considerato necessario per favorire l’umiltà personale dei membri, che non dovevano ostentare la loro pietà, come il Tartufo di Molière; ma era anche utile per lavorare più efficacemente all’esterno e per sfuggire alle campagne di denigrazione dei nemici esterni e interni alla Chiesa. Il regolamento delle Aa si trova in un piccolo libro intitolato “Pratica di devozione e virtù cristiane secondo le regole delle congregazioni di Nostra Signora” pubblicato a Lione nel XVII secolo Successivamente quest'opera sarà ripubblicata, ma in forma leggermente abbreviata, con il nome di “Directeur portatif”, una sorta di direttorio portatile. Le regole dell’Aa sono state definite dallo storico della spiritualità padre Robert Rouquette, un “piccolo capolavoro di chiarezza, di semplicità, di equilibrio e di senso spirituale, che ha nutrito la vita interiore di tutta un’élite del nostro clero durante tre secoli” (voce Congrégations secrètes, in Dictionnaire de Spiritualité (1953), vol. II, col. 1494 e, più ampiamente: 1491-1507) La devozione mariana era il fondamento della spiritualità della Aa. Il primo capitolo, del direttorio, “Dell’origine della congregazione e del suo fine”, dettaglia tutti gli atti necessari per giungere a tale risultato: orazione, frequenza ai sacramenti, lettura di buoni libri, preghiere alla Madonna (litanie, rosario, ufficio della Beata Vergine), esame di coscienza, Messa quotidiana. La segreta santificazione dei suoi membri coincideva con un intenso apostolato pubblico, missionario e caritativo. Il padre Rouquette nota come l’importanza data dalle Aa allo zelo apostolico le discostava dalla classica École française di spiritualità, incentrata soprattutto sull’aspetto liturgico e cultuale (op. cit., col. 1496).L’associazione, si diffuse in più di trenta città della Francia, formando un’elite di cattolici militanti. Il sacerdote bretone Vincent de Meur (1628-1668), futuro superiore del Seminario delle Missioni Estere di Parigi, fondò nel 1658 la Aa di Tolosa, che divenne in seguito e rimase fino al XIX secolo il centro ideale di tutte le Aa, che si diffusero dal Canada all’Italia, dalla Svizzera alla Germania. Alle Aa appartennero, tra gli altri, san François de Montmorency-Laval (1623-1708), vescovo della diocesi di Québec, il vescovo Pierre Lambert de la Motte (1624-1679), missionario in Oriente, fondatore della Società per le Missioni Estere, assieme al vescovo François Pallu (1626-1684), anch’egli membro della Aa e missionario in Cina. De Meur e molti altri membri della Aa appartenevano anche alla Compagnia del SS.mo Sacramento, e quando questa società nel 1660 venne dissolta, le Aa ne conservarono e ritrasmisero lo spirito. A Torino la Aa giunse nel 1781 da Bordeaux, attraverso il suddiacono e studente di teologia dell’Università di Torino Jean-François Murgeray, che introdusse nell’associazione il suo compagno di studi Pio Brunone Lanteri, futuro direttore di un’altra società segreta cattolica, le Amicizie Cristiane.L’arcidiacono di Evreux Henri-Marie Boudon (1624-1702), allievo del padre Bagot e discepolo del padre Jean-Joseph Surin, di cui scrisse la vita, fu una delle figure più eminenti delle Aa. A dieci anni Boudon fu consacrato a Maria presso il santuario di Nostra Signora di Liesse, nel nord della Francia. Da allora la devozione mariana sarebbe stata il centro della sua spiritualità. Ordinato sacerdote nel 1649, e nominato pochi anni dopo arcidiacono di Evreux, si impegnò con tutte le forze a rinnovare il clero e a promuovere la vita cristiana secondo lo spirito del Concilio di Trento, ma fu duramente perseguitato dal clero della sua diocesi, per le intransigenti posizioni anti-gianseniste che i esprimeva. Gli ultimi anni di Boudon furono vissuti nell’austerità, nella malattia e nella povertà, ma sempre con un totale abbandono alla Divina Provvidenza. Morì a Évreux il 31 agosto 1702, a 78 anni, in odore di santità.Henri Boudon lasciò numerose opere spirituali, pubblicate nel 1856 dall’abbé Migne in tre volumi. Esse sono dedicate alla vita nascosta con Gesù Cristo in Dio, alla Beatissima Vergine Maria, alla devozione agli angeli e soprattutto a “Dio solo”, un testo in cui traspare l’anelito alla purezza d’intenzione e alla radicalità evangelica che segnarono tutta la sua vita. L’influenza delle opere di Boudon fu grande: san Luigi Maria Grignion de Montfort, ad esempio, lesse e meditò Le saint esclavage de l’ammirable Mère de Dieu (1688), che cita nel suo Trattato della vera devozione alla Santa Vergine, trovandovi ispirazione per la sua dottrina della schiavitù mariana. Chi vuole studiare e comprendere in profondità il capolavoro monfortano, deve risalire all’abbé Boudon e, attraverso di lui, alla scuola spirituale delle Aa. (Roberto de Mattei) (continua)
Una pagina poco conosciuta della storia della Chiesa è rappresentata dalle società segrete cattoliche che combatterono la Rivoluzione nel corso dei secoli che vanno dall’epoca del protestantesimo a quella del modernismo. Una delle prime e più conosciute fu la Compagnia del SS.mo Sacramento, fondata a Parigi nel 1628 da Henri de Lévis, duca di Ventadour (1596-1680)r. Essa raccoglieva le anime più ferventi della Francia allo scopo di “compiere tutto il bene possibile e di allontanare tutto il male possibile, in ogni momento, in ogni luogo e nei confronti di tutte le persone”. Il suo motto era “facere et pati fortia caholicum est”: “è proprio dei cattolici fare e patire forti cose” (René Taveneaux, La Compagnie du Saint-Sacrement (1629-1667), Armand Colin, Paris 1960)
Lo scorso 17 agosto, Leone XIV è definitivamente ritornato in Vaticano, dopo il riposo estivo a Castelgandolfo. In questa data sono anche trascorsi i primi 100 giorni del suo pontificato, iniziato l’8 maggio 2025. E’ sufficiente questo periodo, in cui il Papa non ha fatto nomine decisive, viaggi internazionali, o grandi discorsi, per prevedere le prossime linee del suo pontificato? Assolutamente no. I tempi della Chiesa non sono quelli della politica e tre mesi sono un periodo insufficiente per una seria analisi sul futuro.
Mosè, legislatore e guida del popolo di Israele nel tempo dell’Esodo, è una delle figure più importanti e venerate della storia. La sua vita comincia nel XV secolo a. C, in un periodo di oppressione, per gli israeliti, che, dopo essersi stabilitisi in Egitto, erano stati ridotti in schiavitù dal faraone. Temendo l’aumento della popolazione ebraica, il faraone ordinò la morte di tutti i neonati maschi ebrei. La madre di Mosé. Iochabed, per salvarlo, lo depose in una cesta di papiro e lo affidò alle acque del Nilo. Il bambino fu trovato da una principessa, figlia del faraone, che lo adottò e lo allevò nella corte egiziana. Mosè fu educato in maniera regale, formandosi in tutte le discipline, senza mai dimenticare però le sue radici.
Il recente caso “MessainLatino” ci offre lo spunto per una riflessione sulla libertà religiosa dei cattolici oggi nel mondo.Messainlatino.it (MiL) è, dal 2007, uno dei più diffusi e apprezzati blog cattolici nel mondo. Lo scorso 11 luglio 2025, con una semplice email non firmata, senza alcun preavviso, il blog è stato rimosso dalla piattaforma Blogger di Google, per asserita violazione della “hate speech policy”. MessainLatino si è difesa dal sopruso con le unghie e con i denti, sensibilizzando la stampa, promuovendo due interrogazioni parlamentari, a Roma e a Strasburgo, e presentando il 17 luglio un ricorso d'urgenza presso il Tribunale di Imperia. Al termine del braccio di ferro, il 23 luglio, il blog è stato ripristinato da Google. “MessainLatino” ha vinto dunque la partita, traendone probabilmente più forza.
Il pontificato di san Gregorio VII (1073-1085), Ildebrando di Soana, costituisce uno dei punti apicali del Medioevo cristiano. Culmine del pontificato gregoriano è il Dictatus Papae, una raccolta di ventisette sentenze, che definiscono le prerogative del Papa e le sue relazioni con l’autorità temporale, proclamando la superiorità del Pontefice sull’Imperatore nel campo religioso e morale e rivendicando al Papato il ruolo di potere più elevato ed eminente sulla Terra. L’opera fu scritta probabilmente tra il 1075 e il 1078, nel momento del più duro contrasto con il sovrano tedesco Enrico IV, non ancora Imperatore di Germania, che aveva avviato la cosiddetta lotta delle investiture contro la Chiesa.“Il Romano Pontefice – afferma san Gregorio VII – è a buon diritto chiamato universale” (n. 2); “il suo titolo è unico al mondo” (n. 11); “una sua sentenza non può essere riformata da alcuno; al contrario, egli può riformare qualsiasi sentenza emanata da altri” (n. 18); “nessuno lo può giudicare” (n. 19); “la Chiesa Romana non ha mai errato né mai errerà per l’eternità, secondo la testimonianza delle Scritture” (n. 22); inoltre, al Papa “è lecito deporre gli imperatori” (n. 12) e “egli può sciogliere i sudditi dalla fedeltà verso gli iniqui” (n. 27).




