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Eutanasia - BastaBugie.it

Author: BastaBugie

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La chiamano "dolce morte", ma in realtà è l'uccisione di innocenti
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7757EVITARE L'EUTANASIA PER GLI ANIMALI, MA NON PER LE PERSONE di Fabio PiemonteHa 5 anni la cagnolina Mila e se ne sta tutto il giorno con il muso a terra, triste, in un canile di Los Angeles. Caduta in depressione era stata condannata all'eutanasia ma, grazie all'impegno e alla sensibilizzazione sui social della stessa volontaria del canile Lorrena, è stata sottratta a tale triste sorte. Lorenna infatti l'ha presa in affido temporaneo e portata a casa sua, le sta curando un'infezione all'orecchio con l'antibiotico e Mila ha presto ripreso a scodinzolare e correre felice. I video condivisi da Lorenna sui social hanno commosso tante persone e dai commenti si evince che diverse persone si sono rese disponibili per adottare Mila.Certamente se da un lato è bello vedere come una società civile si mobiliti per salvare un cane “depresso” dall'eutanasia; dall'altro è decisamente triste vedere come non ci si muova allo stesso modo quando si tratta di essere umani. E in effetti all'annuncio (che è in realtà un grido d'aiuto) della ventottenne olandese depressa Zoraya, alla quale dovrebbe esser concessa a breve (tra maggio e giugno) l'eutanasia dietro sua esplicita richiesta, non c'è stata alcuna levata di scudi da parte dell'opinione pubblica per difenderne la dignità e supportarla attraverso un'autentica compassione per aiutarla a superare questo difficile momento che sta attraversando.Insomma se da una parte si è opportunamente docili all'indignazione nei confronti degli animali quando vessano in condizioni degradanti, dall'altra non ci si sdegna parimenti né si combatte, come invece sarebbe doveroso, per difendere e promuovere la dignità dell'uomo, a maggior ragione quando viene a trovarsi in condizioni di particolare fragilità quali sono quelle di un figlio nel grembo materno, di un giovane depresso o di un anziano. È questo chiaramente un altro segno lampante del “mondo alla rovescia” nel quale stiamo vivendo.Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "In Olanda basta la tristezza per scegliere l'eutanasia" racconta perché a 28 anni Zoraya ha programmato di farla finita a maggio. Il motivo? Troppo depressa, anche per il suo psichiatra. Da ultima risorsa il suicidio diventa un'opzione normale, purché a norma di protocollo.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 11 aprile 2024:Una scelta triste nata da una vita triste. L'olandese Zoraya ter Beek, 28 anni, ha deciso che morirà a maggio. Non ha un tumore allo stadio terminale, non soffre di patologie neurodegenerative come la Sla, ma è depressa, triste fino alla morte. Una depressione che va a braccetto con tratti di autismo e con un disturbo borderline di personalità. Innamorata del suo ragazzo, una bella casa, due gatti, ma niente di tutto questo le è bastato per riempire un vuoto che è talmente vuoto da non avere nome.Ne ha parlato con The Free Press. La goccia che ha fatto traboccare il vaso? Quando il suo psichiatra le disse: «non c'è più niente che possiamo fare per te. Non migliorerà mai». L'eutanasia della speranza clinica, del codice deontologico ed anche della ricerca scientifica che guarda al futuro. Una medicina arrendevole. Zoraya ha tatuato un albero della vita capovolto: «Sta perdendo le foglie, sta morendo - ha detto - Non vedo [la mia morte] come la partenza della mia anima, ma più come la liberazione di me stessa dalla vita». Il corpo come carcere dell'anima.Morirà a casa sua: «Nella maggior parte dei casi c'è prima una tazza di caffè a calmare i nervi e a creare un'atmosfera soft. Poi [la dottoressa] mi chiederà se sono pronta. Prenderò posto sul divano. Mi chiederà ancora una volta se sono sicura, avvierà la procedura e mi augurerà buon viaggio. O, nel mio caso, un bel pisolino». Notare la narrazione suadente per occultare la tragedia e la gravità della scelta: la dottoressa che come una mamma canta una ninna nanna per un sonno eterno dandole la medicina che spegnerà ogni suo dolore perché spegnerà la sua vita; l'ambientazione soft quasi che la ragazza fosse sdraiata sul divano per un massaggio; la casa come luogo degli affetti - morirà infatti con accanto il suo ragazzo e i gatti. Nulla fa pensare ad un omicidio. Ma in realtà è proprio un omicidio.La ragazza ha aggiunto: «Ho un po' paura di morire, perché è l'ultima incognita. Non sappiamo davvero cosa accadrà dopo, oppure non c'è niente? Questa è la parte che mi spaventa». Pensate, esistono psicologi cattolici che anche con i pazienti non credenti fortemente tentati dal suicidio, come ultima carta, si giocano la seguente: “E se la Chiesa avesse ragione sui suicidi quando dice che togliersi la vita può essere peccato mortale che porta all'inferno? In questo caso tu ti uccideresti per non soffrire più, ma potresti ottenere l'effetto opposto. Infatti potresti passere da un inferno ad uno ben peggiore e che non avrà mai fine”. Per qualcuno questo discorsetto si è rivelato un buon deterrente.Una volta morta, un Comitato di revisione valuterà che il decesso della ragazza sia avvenuto rispettando il protocollo in vigore nei Paesi Bassi. Le condizioni fondamentali per l'accesso all'eutanasia sono che la scelta di morire sia libera e che la sofferenza della persona sia insopportabile e senza prospettive di miglioramento. Sofferenze anche solo psicologiche, come nel caso di Zoraya. L'unico criterio morale rimasto nell'eutanasia è la burocrazia.L'omicidio legale di una persona depressa è l'esito di alcune premesse di carattere ideologico-culturale. La prima: l'idea che la qualità della vita prevalga sulla dignità della persona. Se la prima può peggiorare, la seconda conserva la sua preziosità sempre, al di là di patologie, infermità e sofferenze. La seconda premessa: l'idea che la libertà personale è il riferimento ultimo nelle scelte morali. Un'idea che in questo caso mostra tutta la sua vacuità: una persona depressa, con tratti autistici e con personalità borderline quanto è libera? Ha scelto Zoraya o la sua depressione? Sotto tortura del dolore e del male di vivere non si è liberi. Terza premessa: il piano inclinato. Theo Boer, professore di etica sanitaria presso l'Università teologica protestante di Groningen, ha fatto parte per un decennio di un comitato di revisione dell'eutanasia nei Paesi Bassi. «In quegli anni - ha dichiarato - ho visto la pratica olandese dell'eutanasia evolversi da morte come ultima risorsa a morte come opzione predefinita». Alla fine ha lasciato l'incarico. La morte cessa di essere un male da evitare, eccetto in casi eccezionali. L'eccezione, come si dice, diventa regola e così rimanere in vita o darsi la morte sono entrambe scelte buone.Preghiamo perché quell'albero capovolto tatuato sul braccio di Zoraya possa comunque, seppur all'ultimo momento, rifiorire.
VIDEO: L'eutanasia di Hitler ➜ http://www.youtube.com/watch?v=Bk-Wm588S1MTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=2536PER RISPARMIARE UN MILIARDO DI STERLINE L'ANNO, L'INGHILTERRA DECIDE DI DECIMARE GLI ANZIANI di Elisabetta Del SoldatoIl sistema Sanitario nazionale della Gran Bretagna sta facendo i conti con la recessione e i primi a rimetterci sono i più vunerabili: gli anziani, i malati terminali, le persone dichiarate morte ancor prima che lo siano, perché cercare di salvarle o di farle stare meglio costa troppo. Qualche giorno fa uno dei sottosegretari alla Sanità, il liberaldemocratico Norman Lamb, non ha esitato a invitare i medici di base a compilare una lista dei loro pazienti che potrebbero morire entro un anno. Una volta identificati, i malati terminali saranno chiamati a un incontro col medico che gli chiederà dove preferiscono morire e se vogliono scrivere o dettare un testamento biologico in cui danno il permesso ai medici di sospendere medicinali e nutrizione quando si annuncerà la fine.Lamb, che ha annunciato il progetto del governo a una recente conferenza sul fine vita, ha detto di aspettarsi che per ogni medico almeno un paziente su cento entri nella lista dei 'terminabili'. I motivi sono molto pragmatici: «Un quarto dei letti negli ospedali sono occupati da malati terminali – ha spiegato –, e tra loro quattro su dieci non richiedono cure mediche. Se queste persone fossero ammesse una volta in meno al pronto soccorso la Sanità risparmierebbe un miliardo e 350 milioni di sterline l'anno», circa un miliardo e mezzo di euro.L'esponente del governo conservatore­liberale non ha specificato quale sarà il destino dei malati finiti in quella che vari giornali britannici hanno ribattezzato «lista della morte». Ma è molto probabile che saranno destinati al «Liverpool Care Pathway», un protocollo adottato per la prima volta negli anni Novanta in un ospedale della città portuale, e che dal 2004, dopo essere stato raccomandato dal National Institute for Health and Clinical Excellence, è diventato pratica comune nelle istituzioni sanitarie del Regno. Sulla carta «Lcp» si presenta come un programma di fine vita per rendere l'ultimo periodo di un paziente più tollerabile, nel Paese che è culla delle cure palliative. In realtà il protocollo ha finito col tradursi anche nella sospensione di cure e nutrizione e nella somministrazione di forti sedativi a persone classificate «vicine alla morte».Ogni anno il sistema sanitario nazionale registra 450mila decessi nelle sue strutture; di questi, 130 mila sono di persone sottoposte al «Lcp» in modo proprio o improprio. Il Ministero della Sanità, dopo le molteplici controversie sollevate dal programma, ha più volte tenuto a ribadire che il Liverpool Care Pathweay non è equiparabile all'eutanasia, che i pazienti che vi sono sottoposti vengono monitorati e possono essere tolti dal protocollo se mostrano un miglioramento. Ma negli ultimi mesi sono fioccate sempre più insistenti e numerose le denunce di famiglie che accusano i medici di aver introdotto i loro cari nel programma quando in realtà questi non stavano affatto morendo e di averne accelerato il decesso a causa della sospensione di cure e nutrizione.Mary Cooper, 79 anni, uno dei tanti esempi, è morta in giugno pochi giorni dopo il ricovero al Queen Elizabeth Hospital di King's Lynn, nel Norfolk. La sua famiglia sostiene di non essere mai stata avvisata del fatto che la donna fosse stata inserita nel programma.«Ci hanno informati – denuncia il marito – quando ormai per Mary era troppo tardi».L'ospedale dice di aver discusso la questione con la famiglia e che questa era d'accordo.Ma secondo la figlia l'ospedale non è mai stato chiaro: «I medici ci hanno detto che l'avrebbero aiutata a sentire meno dolore possibile, ma non ci hanno spiegato esattamente quello che avrebbero fatto».La settimana scorsa un uomo la cui madre è morta dopo essere stata sottoposta per trenta ore al Lcp al Western General Hospital di Edinburgo ha chiesto alla polizia di investigare. Paul Tulloch è convinto che la madre Jean di 83 anni potesse sopravvivere e sostiene di essere stato ignorato dai medici quando ha chiesto che venisse ritirata dal protocollo.L'anno scorso un rapporto del Royal College of Physicians ha rivelato che nel 4% dei casi i familiari non vengono informati della decisione di sottoporre un paziente al Lcp. E ora anche l'autorevole oncologo Mark Glaser condanna il Liverpool Care Pathway dicendo che si tratta di «un sistema corrotto e scandaloso che serve solo per liberare i letti degli ospedali occupati dagli anziani e per raggiungere obiettivi premiati con più soldi».Nota di BastaBugie: Nell'ottobre del 1939 iniziò l'Aktion T4, con cui furono soppresse in maniera sistematica oltre 70.000 persone ("disinfettate", secondo la macabra terminologia amministrativo-contabile del programma tedesco). Ecco il testo: "Viene conferita la responsabilità di estendere la competenza di taluni medici, designati per nome, cosicché ai pazienti che, sulla base di un giudizio umano, sono considerati incurabili possa essere concessa una morte pietosa dopo una diagnosi approfondita". Ordine al capo del Reich Boulher e al Dott. Karl Brandt. Firmato: Hitler.Nel seguente video viene ricordata la figura del Beato Von Galen, vescovo e cardinale. Memorabili i suoi interventi contro l'eutanasia sistematica di malati psichiatrici e handicappati. In questo filmato si ricordano le omelie del vescovo, la solidarietà dei cattolici della diocesi, la furia nazista, l'ordine di Hitler di eliminarlo a guerra conclusa, la solidarietà di Papa Pio XII verso il vescovo Von Galen che lo crea cardinale, la beatificazione da parte di Papa Benedetto XVI.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7582GIUDICE INGLESE DECIDE LA MORTE DI UNA BIMBA DI 7 MESI CONTRO LA VOLONTA' DEI GENITORI di Manuela Antonacci«Con il cuore pesante sono giunto alla conclusione che gli svantaggi di cure cosi invasive non giustificano i benefici di queste stesse cure». Con questa "sentenza", nel vero senso della parola, il giudice dell'Alta Corte britannica, Justice Peel, ha deciso che è "nel migliore interesse" di Indi Gregory, una neonata di sette mesi, affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, staccare i supporti vitali che permettono alla piccola di continuare a vivere. La piccola è ricoverata al Queen's Medical Centre di Nottingham I genitori di Indi, Claire Staniforth e Dean Gregory del Derbyshire, sono sostenuti dall'associazione Christian Concern, per i diritti umani, il cui braccio legale, il Christian Legal Center sta assistendo nel tentativo di ricorrere in appello.La decisione dell'Alta Corte è stata presa in seguito all'udienza privata che il Nottingham University Hospitals NHS Trust ha richiesto e sostenuto presso il tribunale stesso. Dean Gregory, il padre di Indi, ha espresso il suo sgomento per la decisione del giudice. «Siamo devastati dalla sentenza e ricorreremo in appello». Ha inoltre criticato la descrizione delle condizioni mediche in cui versa la piccola, fatta durante il processo. «Quella immagine era così fuorviante che, dopo aver ascoltato il discorso in tribunale, i media hanno riferito che Indi doveva essere rianimata nove volte in un giorno. Questo è completamente falso», ha detto Gregory.Secondo lui, la piccola è una vera combattente che merita cure migliori da parte del servizio sanitario nazionale. «Durante la sua breve vita Indi ha dimostrato a tutti che si sbagliavano e merita più tempo e cure possibili, piuttosto che il tentativo di porre fine alla sua vita al più presto». Ha inoltre fatto notare che la bambina prova gioia e piange come un qualunque neonato.Inoltre, sua madre Claire sottolinea: «Non soffre e trae un evidente conforto dalla presenza della sua mamma e del suo papà, perché il battito cardiaco è stabile e calmo quando viene coccolata tra le nostre braccia». Tutto ciò che Dean Gregory e sua moglie chiedono è avere più tempo affinché le condizioni della bimba si stabilizzino, così da poterla riportare a casa e farla vivere serenamente in un ambiente che per la prima volta nella sua vita finalmente non sia una camera d'ospedale.Di fronte a tutto questo dolore, Gegory ha anche sottolineato quanto la battaglia legale abbia fatto sentire a loro genitori, tutto il peso di un intero sistema che si muove contro di loro. Dal canto suo, l'amministratore delegato del Christian Legal Center, Andrea Williams, ha dichiarato: «La vita è preziosa e deve essere protetta dalla legge. Dobbiamo dare alle persone, tutte le possibilità di vivere piuttosto che solo quelle di porre fine alla propria vita prematuramente, dicendo che è nel loro interesse morire». Altro trattamento disumano ricevuto dai genitori è stato l'essere stati informati con sole 48 ore di preavviso dell'udienza che avrebbe determinato il destino di Indi.Nota di BastaBugie: Patricia Gooding-Williams nell'articolo seguente dal titolo "Così i medici britannici hanno fatto morire mia sorella Sudiksha" riporta gli scioccanti dettagli della morte della 19enne, affetta da una grave malattia genetica (nota come ST), che medici e giudici inglesi avevano deciso di far morire contro la sua volontà. Ecco l'intervista alla sorella.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 12 ottobre 2023:«I medici hanno negato a mia sorella le medicine di cui aveva bisogno (...) Si sono rifiutati di darle un antibiotico per curare un'infezione contratta in ospedale, solo quando i miei genitori li hanno supplicati in ginocchio lo hanno fatto; ma non le hanno dato la medicina per la pressione sanguigna, cosa che ha causato l'arresto cardiaco (...) È questo che ha ucciso mia sorella Sudiksha Thirumalesh».Varshan Thirumalesh parla al telefono con la Bussola mentre si trova sul treno che dal Kent lo porta a Birmingham per partecipare al funerale di sua sorella. E racconta lo scioccante trattamento subito da Sudiksha Thirumalesh, la studentessa 19enne affetta da sindrome da deplezione mitocondriale (MDS) a cui medici e giudici volevano sospendere le cure contro il suo volere e quello della sua famiglia. E che è morta il 14 settembre prima di una sentenza definitiva: per infarto, una morte naturale date le sue condizioni, hanno detto i medici.Ma Varshan ci racconta tutta un'altra storia, che apre una finestra sulla realtà del trattamento comune nei casi di fine vita nel Regno Unito. La controparte, l'NHS Trust degli University Hospitals di Birmingham, ha combattuto per porre fine alla vita di Sudiksha e ha fatto silenziare la famiglia con un Ordine di trasparenza del tribunale per impedire alla stampa o alla famiglia di rivelare nomi e circostanze in tempo reale. Recentemente, le restrizioni sono state parzialmente revocate consentendo alla famiglia di rendere noto il nome della figlia, Sudiksha Thirumalesh (precedentemente indicata come ST) e a Varshan di raccontare la sua storia.Abbiamo seguito con sgomento la vicenda che ha portato alla morte di Sudiksha, ma puoi dirci qualcosa della tua famiglia?Siamo una famiglia cattolica dell'India settentrionale. Mio padre è stato il primo ad emigrare in Inghilterra nel 2001. È un esperto analista informatico e si è trasferito nel Regno Unito per migliori prospettive di lavoro, e alla fine ha aperto la propria azienda. Mia madre, mia sorella ed io lo abbiamo raggiunto nel 2003. Ci siamo stabiliti felicemente nella zona di Birmingham e viviamo secondo i nostri valori cristiani.Come questi valori cristiani hanno influenzato il modo in cui la tua famiglia ha affrontato la malattia di tua sorella e il caso giudiziario che alla fine le ha negato il diritto alla vita?Fin dall'inizio è stato chiaro che da cristiani diamo alla vita un valore diverso rispetto ai medici ospedalieri. Noi crediamo che la vita abbia sempre valore e dignità anche se la persona è molto malata. Il sistema invece rinuncia molto facilmente alla vita in nome del miglior interesse del paziente. Il personale si prendeva gioco delle nostre convinzioni e prendeva in giro Sudiksha. Hanno cercato di spezzarla psicologicamente e di distruggere la sua voglia di vivere dicendole ripetutamente che sarebbe morta. Le hanno detto che loro sapevano cosa era meglio per lei. Le dissero che non c'era una bacchetta magica da agitare e che doveva accettare che la morte fosse vicina. Hanno fatto di tutto per provocare la sua morte il più rapidamente possibile. Mia sorella ha detto loro che era sotto la protezione di Dio. Non ha mai lasciato andare la piccola croce di legno che teneva in mano, anche quando veniva sottoposta a terapie. Aveva perso completamente la fiducia nei medici. Alla fine, ha detto che si fidava solo di Dio.Come è stata trattata la famiglia dall'ospedale?È stato molto stressante e intimidatorio. Quando i medici hanno deciso di porre fine alla vita di Sudiksha, siamo stati portati in una sala riunioni. Il medico ci ha detto che volevano toglierle il ventilatore e terminare la dialisi. Ho risposto che era un percorso per uccidere mia sorella. Il medico allora ha detto: o ritiri la frase o esci dalla stanza. Ad un certo punto, Sudiksha stava abbastanza bene da poter tornare a casa con un ventilatore, ma non l'hanno lasciata uscire dall'ospedale. Non uscirai dal reparto di Terapia Intensiva, le hanno detto. Avevamo paura di lasciarla sola e un membro della famiglia è rimasto al suo capezzale giorno e notte. Mia madre ha persino imparato a monitorare le sue esigenze quotidiane e il suo sondino gastrico nasale. Anche se le infermiere sono state molto di aiuto, quell'ospedale e un medico in particolare sono responsabili della morte accelerata di mia sorella.Se la malattia mitocondriale non può essere curata nel Regno Unito, perché i medici non avrebbero dovuto lasciare che Sudiksha andasse all'estero?È una malattia molto costosa da curare e il Servizio sanitario nazionale (NHS) non fornisce il trattamento. Ma a Newcastle c'è una ricerca che viene condotta sul trattamento nucleosidico. Sudiksha ha sostenuto questa ricerca recandosi più volte a Newcastle per fornire biopsie muscolari per gli studi clinici. Uno dei medici le disse che doveva andare all'estero per curarsi, altrimenti la malattia l'avrebbe gradualmente uccisa. I medici del Trust dissero che non erano contrari al fatto che mia sorella andasse altrove per farsi curare, ma poi hanno fatto tutto il possibile per impedirle di andarsene. Tutti i medici hanno testimoniato contro la possibilità di Sudiksha di andare in Canada per un trattamento sperimentale. Se a Sudiksha fosse stato permesso di andare in Canada sei mesi prima, io credo che oggi sarebbe ancora viva.Col senno di poi, ritieni ancora che sia stata giusta la decisione di combattere "il sistema" in tribunale?
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5157L'AGGHIACCIANTE COMUNICATO DELL'OSPEDALE DI ALFIE RICORDA QUELLI DEL NAZISMOStoria maestra di vita. Non sempre, però, perché l'uomo non impara dai suoi errori. Il piccolo Alfie ha appena ricevuto il più grottesco e sadico degli attestati di condoglianze. Arriva direttamente dalla direzione dell'ospedale Alder Hey che ha pervicacemente voluto, provocato e ottenuto la sua morte. Un comunicato che non può non risultare ipocrita e diabolicamente provocatorio."Desideriamo esprimere le nostre sentite condoglianze alla famiglia di Alfie in questo momento estremamente doloroso - si legge in un comunicato pubblicato sul sito dell'ospedale dove Alfie ha concluso la sua vita terrena a seguito di una crisi respiratoria -. Tutti noi esprimiamo sentimenti di vicinanza ad Alfie, Kate, Tom e tutta la sua famiglia e i nostri pensieri sono con loro".Infine una considerazione su quanto accaduto in questi lunghissimi giorni: "Questo è stato un viaggio devastante per loro e chiediamo che la loro privacy e la privacy del personale di Alder Hey siano rispettate". Quale sia la privacy dell'ospedale da rispettare non è dato sapere.IPOCRISIA, FALSITÀ E SFACCIATAGGINEMa il punto è un altro, al di là dell'ipocrisia, della falsità e della sfacciataggine con la quale l'ospedale nel nome del miglior interesse per Alfie causa la morte e poi sembra quasi esorcizzarla con un pietoso commiato.E rimanda appunto alla storia. A quando nel 1943 lo psichiatra nazista Ernst Illing indirizzava ai genitori di uno dei bambini assassinati dai reparti speciali infantili istituiti dal Terzo Reich incaricato di eliminare fin dall'infanzia i bambini disabili.Ecco il testo: "Devo comunicarvi il mio rammarico nell'informarvi che il bambino è morto il 22 gennaio 1943 per infiammazione delle vie respiratorie. (...) Egli non aveva fatto alcun tipo di progresso durante il suo soggiorno qui. Il bambino non sarebbe certamente mai diventato utile alla società ed avrebbe anzi avuto bisogno di cure per tutta la vita. Siate confortati dal fatto che il vostro bambino ha avuto una dolce morte".Anche qui un bambino morto per complicanze respiratorie e anche qui ricorre il tema del fallimento di un progresso clinico. Ma ciò che è inquietante, è il tema dell'utilità alla società di quel bambino. Lo stesso termine che ricorre oggi con la sentenza del giudice sull'inutilità della vita di Alfie Evans e da qui il concetto di best interest che ha attivato il protocollo di morte per Alfie.LA CARITÀ PELOSA E FALSA DEL DARWINISMO SOCIALEInoltre, la carità pelosa e falsa di chi dopo aver provocato la morte cerca di consolare i genitori. Davvero non c'è proprio nulla di nuovo sotto il sole. Il comunicato dell'Alder Hey Hospital assomiglia nei toni e nel risultato finale a quel programma di selezione eugenetica della società che aveva caratterizzato la società nazista. Un programma che nel nome della razza nordica e perfetta e del darwinismo sociale portò all'uccisione di 5000 bambini cui erano state diagnosticate patologie di ritardo mentale o sindrome di Down, microcefalia e idrocefalie, malformazioni di arti o lesioni alla colonna vertebrale, paralisi cerebrale infantile. Diagnosi che invece per Alfie non è mai nemmeno stata fatta.Infine. Il dottore nazista informa i genitori che il piccolo "ha avuto una dolce morte". Quante analogie con il comfort garantito dal personale medico nel protocollo di morte reso pubblico prima del distacco del ventilatore. "Da quel momento - si leggeva - lo staff medico continuerà ad osservare la situazione di Alfie e il livello di conforto e ad attendere ai suoi bisogni e a quelli della sua famiglia, con discrezione, ma pronto a fornire con sollecitudine supporto e conforto".Con la morte del piccolo Evans la tanto sbandierata mitologia del Ricordo dello sterminio e le sceneggiate sul pericolo nazista in questo o quel partito si offuscano, vengono a crollare come castelli di sabbia. Perché a Liverpool, come già è stato fatto a Londra con Charlie Gard e Isaiah e come si fa nascostamente da decenni in tutto il mondo con l'aborto e l'eutanasia, la selezione eugenetica della specie va avanti, ma nel disinteresse di tutti, anzi con il plauso di un mondo cinico e diabolico.Da Sparta alla civile Gran Bretagna, passando per il Terzo Reich, le differenze noi non riusciamo proprio a trovarle.Nota di BastaBugie: per capire che la storia si sta ripetendo sotto i nostri occhi è molto utile la lettura della sottostante pagina di Wikipedia dal titolo "Eutanasia su minori nella Germania nazista".Nonostante la sua lunghezza, merita di essere letta per intero:L'eutanasia su minori nella Germania nazista (in lingua tedesca Kinder-Euthanasie) è il nome dato agli omicidi organizzati di bambini e ragazzi fino ai 16 anni fisicamente disabili o affetti da un forte disturbo mentale durante l'epoca del nazionalsocialismo in oltre 30 "reparti speciali" adibiti all'uopo. Almeno 5.000 bambini sono stati vittime di questo programma, che è stato un diretto precursore dei successivi omicidi di bambini verificatisi nei campi di concentramento.BACKGROUNDLe basi ideologiche del nazismo si fondarono essenzialmente sul darwinismo sociale il quale impugnava senza riserve la nozione di "sopravvivenza dei più forti", sia a livello individuale sia a quello d'interi popoli e stati. Questa nozione affermò di avere dalla sua parte la "legge di Natura"; tutte le opinioni religiose e umanitarie contrastanti si sarebbero in ultima analisi rivelate come "innaturali".Una popolazione avrebbe potuto dimostrare il proprio valore solo nel lungo periodo in questa "lotta per la sopravvivenza" in corso; questo poteva verificarsi soltanto se promuovevano i "migliori" e nel contempo, se necessario, se eliminavano tutti quelli che invece indebolivano la stirpe. Inoltre esclusivamente un popolo il più possibile "puro" avrebbe potuto mantenersi in corsa nella "lotta per l'esistenza".Per mantenere e migliorare la "razza nordica"-germanica, pertanto, avrebbero dovuto essere rigorosamente rispettate le leggi dell'eugenetica e dell'igiene razziale, biologicamente orientate; vale a dire con la promozione dei "geneticamente sani" e la contemporanea eliminazioni dei "difettosi". Tutti coloro che avevano un qualche malattia ereditaria (in seguito conosciuta come malattia genetica) o che erano gravemente handicappati fisici o mentali (vedi disabilità) furono classificati come esempi di "vita indegna di essere vissuta" (lebensunwertes Leben).In conclusione sarebbero stati, in termini di selezione naturale, eliminati. Questa forma di eugenetica nazista fu alla base della politica di salute genetica nazionalsocialista, che venne elevata al grado di dottrina ufficiale dello Stato.Nel 1929 Adolf Hitler disse al congresso del Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori svoltosi a Norimberga "che una rimozione media annuale di 700-800.000 dei più deboli di un milione di bambini significava un aumento del potere della nazione e non un suo indebolimento". Così facendo egli fu in grado di ben affrontare le argomentazioni scientifiche che trasferirono agli esseri umani la teoria darwiniana della "selezione naturale" e, attraverso il concetto di "igiene razziale", formularono l'utopia di una "selezione umana", così come affermato da Alfred Ploetz (il fondatore dell'igiene razziale tedesca).Già nel 1895 Poelz chiese che la prole umana non dovesse "essere lasciata al fortuito incontro di un momento di ebbrezza... Se, tuttavia, si scopre che il neonato è un bambino debole e illegittimo il consiglio medico, che decide sui casi della cittadinanza per il bene più alto della comunità, dovrebbe preparare una dolce morte, per esempio usando una piccola dose di morfina [...]".Ne 1935 Hitler annunciò anche alla sede nazionale del partito di Norimberga, a Gerhard Wagner, medico del Reich, che avrebbe dovuto mirare ad "eliminare gli insani incurabili" al più presto, in caso di una guerra futura.L'eliminazione di tutti quegli esseri umani che risultavano per il nazismo "indesiderati" venne attuata sotto la dicitura di "eutanasia di Stato", questo all'inizio della seconda guerra mondiale. Molte delle petizioni dei genitori i bambini disabili inviate alla cancelleria del Reich chiesero che venisse data ai loro figli "l'uccisione misericordiosa"; queste vennero usate come una giustificazione e per dimostrare che esisteva un'effettiva domanda esterna a riguardo. [...]IL CASO "KINDER K."L'occasione immediata per dare avvio all'eutanasia organizzata su minori viene considerata nella letteratura specialistica il cosiddetto caso "Kinder K.". [...]In questo particolare caso i genitori presentarono una richiesta perché al loro figlio gravemente disabile fosse concessa un'"uccisione misericordiosa"; la domanda fu ricevuta dalle autorità in un tempo non verificabile prima della metà del 1939 presso l'"Ufficio del Fuhrer". Quest'ufficio era un'agenzia del partito nazista e di una cancelleria privata posta sotto l'autorità diretta di Hitler, che impiegava circa 195 dipendenti nel 1939.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7539IL VERO VOLTO DELL'EUTANASIA: ORA SI UCCIDE ANCHE CHI NON E' D'ACCORDO di Patricia Gooding-Williams"ST" è una giovane ragazza di 19 anni che da un anno è in cura nel reparto di terapia intensiva di un ospedale britannico. Vuole vivere ma i suoi medici hanno deciso che la sua malattia non offre prospettive di miglioramento e quindi deve morire immediatamente. A differenza dei casi già noti in cui il paziente è un neonato, un bambino o un adulto incosciente, presumibilmente in punto di morte, ST è una giovane adulta, completamente cosciente, capace di prendere decisioni, che ha espressamente dichiarato la sua volontà di vivere. Tuttavia, il tribunale le ha tolto il diritto di decidere della sua vita. Questo accade oggi nel Regno Unito, un caso che segna un ulteriore passo avanti nella barbarie diventata segno distintivo del Servizio Sanitario Nazionale britannico (NHS).La storia di ST (è la sigla di riconoscimento decisa dal tribunale che ha imposto l'anonimato) è quella di una giovane donna che soffre di una rara forma di malattia mitocondriale (RRM2B). La condizione di ST provoca debolezza muscolare cronica, perdita dell'udito e danni ai reni, rendendola dipendente dalla dialisi e da altre terapie intensive, ma - cosa importante - non ha intaccato il funzionamento del suo cervello. In realtà, la malattia non le ha impedito di frequentare la scuola ordinaria o di ottenere buoni voti negli anni di scuola secondaria. Stava studiando per la maturità quando nell'agosto 2022 ha contratto il Covid, che le ha causato gravi difficoltà respiratorie. ST è stata ricoverata in ospedale in un'unità di terapia intensiva (ICU) dove è rimasta da allora (sempre le restrizioni poste dal giudice impediscono di rivelare il luogo).DEVE MORIRELo scorso febbraio, i medici hanno riferito che le sue condizioni erano peggiorate. Successivamente ha avuto due altre crisi che hanno richiesto cure mediche di emergenza a luglio. I medici che la curavano hanno così deciso che la condizione medica di ST stava progressivamente degenerando e l'hanno definita malata terminale (in inglese l'espressione usata suona più sinistra: "actively dying"). Le hanno così presentato un piano di cure palliative che avrebbe interrotto il suo trattamento di dialisi salvavita causandone la morte nel giro di pochi giorni per insufficienza renale. ST ha rifiutato.I medici hanno quindi agito immediatamente consegnando la patata bollente ai tribunali. L'NHS Foundation Trust, responsabile dell'ospedale che ha in cura la ragazza, ha portato avanti il caso poiché ritiene che ST non abbia la capacità mentale di decidere il suo trattamento.L'adolescente, descritta come «una combattente» da chi la conosce, vorrebbe addirittura partecipare agli studi clinici per una terapia a base di nucleosidi, in Canada o in uno dei due ospedali che la praticano in America. Crede che questa terapia offra un 50% di possibilità di miglioramento, anche se è ben consapevole che nel suo caso potrebbe non avere successo. Allo stesso tempo, ha detto di aver perso la fiducia nei suoi medici. In particolare, non crede che le rimangano «solo giorni o settimane» e che sia inutile tenerla in vita finché non si potranno prendere accordi per il suo trasferimento in uno degli ospedali all'estero disposti a curarla.ST sostiene di avere già smentito le previsioni dei medici quando si è ripresa, nonostante le loro aspettative contrarie, dalle due recenti crisi potenzialmente letali. Incalzati in tribunale, i suoi medici hanno affermato che «la sua morte è necessariamente imminente», ma hanno ammesso che potrebbe avere «settimane o addirittura mesi di vita», sebbene «la prognosi esatta sia incerta».NESSUNA MALATTIA MENTALEInoltre, due esperti psichiatri, denominati Dottor D e Dottor C, incaricati dall'ospedale di esaminare ST, hanno dichiarato alla Corte che lei non soffre di alcuna malattia mentale e ha la capacità mentale di prendere decisioni sul proprio benessere o assistenza sanitaria.Gli psichiatri hanno testimoniato che «non ci sono prove che ST ora neghi il fatto che la sua condizione generale stia progressivamente degenerando». Sia il dottor D che suo fratello hanno affermato che lei è consapevole che «la sua condizione comporta la possibilità di morte». E il Dottor C ha riportato il desiderio espresso da ST di voler «morire cercando di vivere» e che nessuna opzione doveva essere lasciata inesplorata in tale impresa («Dobbiamo provare tutto»). Inspiegabilmente, il parere medico degli psichiatri è stato respinto dal tribunale.Invece, i suoi medici, che non hanno esperienza nelle malattie mitocondriali, insistono che la sua ostinazione a continuare a lottare per vivere sia una «illusione» e indicano che non ha la capacità mentale di decidere il suo trattamento. Uno dei medici ha dichiarato in tribunale: «Mentre lei [ST] si aggrappa a questa speranza di migliorare le sue condizioni, inclusa la sopravvivenza, ha chiuso la sua mente all'alternativa di "maggiore conforto" o "trattamento meno invasivo o doloroso" che le cure palliative è probabile che forniscano».La scorsa settimana, il 25 agosto, la giudice Roberts, presiedendo l'udienza, si è schierata dalla parte dell'ospedale e ha convenuto che ST non aveva la capacità mentale di prendere le proprie decisioni e quindi le sue cure di fine vita potevano essere determinate dalla Court of Protection (l'equivalente britannico del Giudice tutelare). Roberts ha scritto nella sentenza: «La totale incapacità di ST di accettare la sua realtà medica, o di contemplare la possibilità che i suoi medici possano fornirle informazioni accurate, è probabilmente il risultato di un indebolimento o di un disturbo nel funzionamento della sua mente o del suo cervello». Il giudice ha quindi affermato che «lei è spaventata dalla prospettiva di morire e si aggrappa al suo desiderio di sopravvivere malgrado i suoi medici le abbiano ripetutamente spiegato che è una condizione in cui non è possibile sopravvivere».IL MIGLIOR INTERESSE E' MORIRE?A meno che la famiglia non decida di appellarsi contro la decisione e abbia successo, il destino di ST sarà deciso in un'udienza dove il giudizio verterà sul suo "miglior interesse" e lei sarà rappresentata dall'Official Solicitor, il funzionario che rappresenta i pazienti incapaci di discernimento in procedimenti giudiziari di questo tipo.La famiglia di ST, cristiana, ha speso tutti i propri risparmi per pagare gli avvocati per impedire al Servizio Sanitario Nazionale di porre fine alla vita della loro figlia. La loro ultima speranza è la terapia sperimentale a base di nucleosidi disponibile solo all'estero. Ma l'Ordine di Trasparenza imposto dalla Corte già nel marzo 2023 - che impone severe restrizioni nel rilascio di informazioni che possano portare all'identificazione di ST, dei familiari o dei medici coinvolti nel caso - impedisce alla famiglia di parlare alla stampa o di presentare richieste di fondi.In una dichiarazione pubblicata da Christian Concern e comunicata tramite i loro avvocati, la famiglia ha affermato: «Questo è stato un anno di continue torture per la famiglia. Non solo siamo preoccupati per la lotta per la sopravvivenza della nostra amata figlia, ma siamo anche stati crudelmente imbavagliati per non poter parlare della sua situazione. Non ci è permesso chiedere alle persone preghiere o aiuto di cui ha disperatamente bisogno. È una questione di vita o di morte per nostra figlia raccogliere fondi per le cure in Canada, quindi queste restrizioni arbitrarie la stanno letteralmente uccidendo.Siamo scioccati dalle parole del giudice che ha detto che nostra figlia non ha la capacità di prendere decisioni da sola, dopo che tutti gli esperti hanno detto il contrario. Siamo molto addolorati per questa ingiustizia e speriamo che, con la grazia di Gesù, venga corretta in appello».
VIDEO: La storia di Sara, che dice no al biotestamento ➜ https://www.youtube.com/watch?v=ZdeLlVJLUmc&list=PLolpIV2TSebVuHSUQ_TFW_m480iUQZextTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7084ERO IN COMA, MA VOLEVO GRIDARE CHE ERO VIVA di Manuela AntonacciAvere vent'anni, essere in coma e voler vivere. Questo è quanto capitato a Sara Virgilio, quando nel 1994 diventò una "vittima della strada", a Salerno, venendo letteralmente falciata sulle strisce pedonali, da un pirata della strada. Un impatto violento, in seguito al quale entrò in coma. Trasportata in eliambulanza da Salerno al Policlinico Gemelli di Roma, il caso clinico fu trattato secondo protocollo. Un'esperienza, la sua, che l'ha portata ad opporsi, con decisione, al testamento biologico e alla cultura dello scarto, rappresentata oggi anche dal ddl Bazoli. Oggi Sara è perfettamente guarita ed è anche una persona realizzata. [...]Sara, tu hai detto più volte che la condizione di coma è difficile da spiegare, però questo ti ha spinto a dire no al testamento biologico.«Quando una persona è in coma, esternamente non si muove, è ferma, ma in realtà ha la percezione di quello che le accade intorno. Nel mio caso ho dei frammenti di ricordi che potrei definire momenti di lucidità: ricordo quando mia madre mi diceva che erano arrivati i miei amici a farmi visita. Inoltre la mia sensazione era quella di voler dire all'esterno: "Io ci sono", ma non potevo. Il paziente non è nelle condizioni di esprimere le sue volontà, per questo sono assolutamente contraria al testamento biologico».Hai raccontato che i medici mentre eri in coma avrebbero detto «E' inutile, per lei non c'è niente da fare». Che effetto ti ha fatto?«I medici non avevano dato speranza: io ero una politraumatizzata, oltre all'emorragia cerebrale avevo un'emorragia polmonare, la parte destra era completamente fratturata, poi avevo avuto anche la perforazione dei polmoni. Si sono sicuramente impegnati per salvarmi la vita, ma anche quando fui trasportata da Salerno al Gemelli, anche lì mi diedero scarse speranze. Quando sentii quella frase avrei voluto gridare che io c'ero, che ero viva, che sentivo. Mia madre, ad esempio, notava che io in qualche modo ero presente, mi muovevo impercettibilmente. I medici non le credevano. Capisco la posizione di prudenza dei medici, tuttavia la vita va rispettata e per me era vita anche quella: io c'ero e volevo esserci. Se avessi firmato il testamento biologico per me sarebbe stata la fine, non avrei avuto modo di comunicare un eventuale ripensamento. Una volta uscita dal coma, comunque, per me non è stato facile, ho dovuto lottare per sopravvivere».Cosa hai dovuto affrontare?«Ho perso un rene, ho avuto diversi interventi per l'endometriosi, diverse ischemie che per fortuna hanno preso un'area muta del cervello, per cui non ho riportato dei danni. La questione è che non si può decidere per un'altra persona, perché la vita va rispettata. Io oggi sono laureata in biologia e lavoro. Se avessero staccato le macchine avrei dovuto rinunciare a tutto questo. Purtroppo oggi non si comprende che il camice bianco è un tramite che serve per aiutare il paziente a guarire. È chiaro che ci sono situazioni che vanno valutate accuratamente, ma non si può decidere al posto di qualcun altro staccandogli la spina. L'idratazione e il mangiare non si possono negare, ad esempio, perché sono atti naturali, ben lontani dall'accanimento terapeutico»La risposta che lo Stato sembra voler dare alla sofferenza, oggi, col ddl Bazoli è invece quella di spingere verso la morte, relativizzando il valore della vita...«Esatto, ed è assurdo. Non si può concepire la vita solo in maniera utilitaristica: se produco vado bene, ma se diventi un peso per lo Stato, devi essere invogliato a morire. Una volta mi dissero: "Non sarebbe stato meglio se non fossi mai nata, così non avresti vissuto tutta questa sofferenza?". Ma se io non fossi mai nata sarei stata il nulla. Essere invogliati a morire non è così idilliaco come vogliono farci credere, è qualcosa di terribile. Semmai dovremmo fare in modo di creare delle strutture dove i malati gravi sono accaduti, creando, così, anche nuovi posti di lavoro, con personale disposto a stare accanto a questi pazienti. Ci sarebbe molta meno volontà di morire, perché, invece, oggi, il malato è abbandonato a sé stesso».
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7047SPERANZA: MINISTRO DELLA SALUTE O DELLA MORTE? di Giuliano GuzzoChi vuole essere ucciso, può stare sereno: non deve pagare. O meglio, è giusto che al suo posto paghino tutti. Lo ha dichiarato apertamente nelle scorse ore il Ministro della Salute, Roberto Speranza. «Una volta che la procedura di verifica del rigoroso rispetto delle condizioni individuate dalla Consulta sia stata completata», ha detto parlando con La Stampa, «le strutture del servizio sanitario nazionale non possono assumere atteggiamenti ostruzionistici, né è ipotizzabile che i costi siano a carico del paziente».Queste considerazioni ministeriali - fatte con riferimento al caso di "Mario", il marchigiano che chiede il suicidio medicalmente assistito ma si deve pagare il farmaco - suonano pesanti, anche perché chiamano in causa, di fatto, tutti i cittadini. E chi non vuole cooperare, neppure remotamente, con le proprie tasse alla morte non solo di "Mario", ma anche di altri che, come lui, desiderassero essere uccisi? Affari suoi, pare di capire dalle parole di Speranza; il che è già un problema, ma non è certo il solo.Se si imbocca la strada del rimborso pieno delle spese dell'iniezione letale - stimabili in circa 5.000 euro -, non si rischia di creare un sistema dove si viene aiutati a togliersi delle spese ma non a vivere? E poi: 5.000 euro sono oggi già garantiti (o ne sono garantiti 5mila in più?) in termini copertura delle spese, a tutti coloro che desiderano le cure palliative e assistenza domestica? Il dubbio viene, soprattutto vedendo come la norma in materia - la legge n. 38 del 2010 - sia poco sostenuta finanziariamente.Ne consegue come, al momento, nella nostra Penisola le cure palliative siano sì garantite, ma purtroppo a macchia di leopardo: in alcune zone cioè in modo impeccabile, in altre manco a parlarne. Altro che 5.000 euro. Eppure su questa vergognosa situazione - parliamo infatti di una legge in vigore da una dozzina di anni - il Ministro Speranza non risulta aver speso parole né con La Stampa né con altri. Il che è grave perché davvero quello che rischia di crearsi è un sistema sociale e sanitario in cui l'uccisione on demand rischia di essere non solo una strada, ma addirittura una raccomandazione.Esagerazioni? Non esattamente. Basti pensare a quanto già accaduto in un Paese di fama civile come il Canada da dove, nell'agosto 2018, era arrivata la notizia di Roger Foley, signore affetto da atassia cerebellare, serio disturbo neurovegetativo, alle prese col diritto... di vivere. Sì, perché l'uomo, nelle sue complesse condizioni, quell'anno si era trovato davanti ad un tragico bivio: sborsare più di 1.500 dollari al giorno per le cure di cui aveva bisogno - e che non poteva permettersi - oppure l'eutanasia.Foley decise di denunciare l'ospedale e il governo dell'Ontario, producendo pure due audio (una del 2017, l'altra del 2018) nelle quali il personale ospedaliero cercava ripetutamente di spingerlo a farla finita; semplicemente perché le cure non gli potevano essere garantite. Ora, quanto passerà, in Italia, perché dai casi di "Mario" si passi a quelli alla Roger Foley? Vogliamo davvero un Paese in cui la morte finisca con l'essere consigliata e garantita più delle stesse cure?Apparentemente, questi sembrano essere quesiti provocatori. Eppure, nella misura in cui, a livello ministeriale, si spendono apertamente parole in favore della morte ma non si fa altrettanto verso le cure, la deriva è assicurata. Non pare un caso che, prima dello scandalo Foley, nel Paese di Justin Trudeau, fosse stato pubblicato sul Canadian Medical Association Journal uno studio con cui si erano stimati in 138 milioni di dollari annui i risparmi per le casse pubbliche della morte indotta. E l'anno dopo, guarda caso, è accaduto quello che si diceva poc'anzi. Vogliamo fare, come Italia, una fine del genere? Tanto vale dirlo, a questo punto.
VIDEO: Eutanasia e Suicidio Assistito: tutta la verità in 4 minuti ➜ https://www.youtube.com/watch?v=sigdIcl3Xwg&list=PLolpIV2TSebVuHSUQ_TFW_m480iUQZextTESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6819IL SUICIDIO ASSISTITO ARRIVA IN PARLAMENTO, SARA' AFFOSSATO COME IL DDL ZAN?Il testo vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito, quando cioè il farmaco per uccidersi viene assunto da un individuo in modo autonomo (VIDEO: Eutanasia e suicidio assistito)da Provita & FamigliaInizia oggi alla Camera dei Deputati la discussione generale sul testo della legge che vorrebbe introdurre in Italia il suicidio assistito, quando cioè il farmaco necessario a uccidersi viene assunto in modo autonomo da un individuo. Il testo, chiamato "Disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita", vorrebbe rispondere a quanto previsto dalla Corte costituzionale con una sentenza del 2019 che stabiliva una serie di criteri che rendevano non punibile l'aiuto al suicidio.I tempi potrebbero però essere molto lunghi - sia in caso di approvazione sia per un'eventuale (si spera) bocciatura del Testo Unico - siccome non c'è un accordo unanime sul testo all'interno della maggioranza.La bozza originaria del testo in discussione alla Camera è nata dall'accorpamento di varie proposte presentate negli anni da diversi partiti politici. Lo scorso luglio la bozza era stata approvata dalle commissioni congiunte Giustizia e Affari sociali della Camera con i voti a favore di PD, M5S, LeU, Italia Viva, Azione e +Europa, e quelli contrari del centrodestra (Lega e Forza Italia) insieme a Fratelli d'Italia.La proposta ricalca, come detto, una sentenza della Corte Costituzionale. Nel 2019, infatti, la Corte era intervenuta sulla morte di Dj Fabo, stabilendo che a determinate condizioni non è punibile una forma di eutanasia definita assistenza al suicidio, cioè quando una persona di fatto permette a un'altra di suicidarsi. Concretamente, la sentenza aveva stabilito che in Italia si può aiutare una persona a morire senza rischiare di finire in carcere se quella persona ha una patologia irreversibile, se la patologia irreversibile le provoca sofferenze fisiche o anche solamente psicologiche per lei intollerabili, se la persona è pienamente capace di decidere liberamente e consapevolmente, e se è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale.Per quanto riguarda, invece, la discussione che inizia oggi e il successivo iter, molti analisti parlamentari ritengono che non si arriverà a votare la legge sul suicidio assistito prima di Natale e che quasi certamente il voto slitterà a fine gennaio o febbraio. In mezzo, infatti, ci sono scadenze importanti e imprescindibili per il Parlamento, come la Legge di Bilancio e, a gennaio, l'elezione del Presidente della Repubblica. Secondo certa stampa, inoltre - come riportato anche da Il Post e da Repubblica - il centrosinistra potrebbe avere i numeri favorevoli, però con uno scarto di circa 25 voti. Numeri che fanno ben sperare in un possibile dietro front. Durante l'iter, infatti, saranno previsti molti voti segreti e non è scontato che molti deputati potrebbero votare - si spera con un "no" - secondo coscienza e quindi bocciare una proposta mortifera ed eutanasica, proprio come fatto con il disegno di legge Zan.
VIDEO: Crepa (piano piano) - DAT - Eutanasia - Fine vita ➜ https://www.youtube.com/watch?v=U8e_GIoP5kYTESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6594DJ FABO ERA INFLUENZATO DALLA RELIGIOSITA' ORIENTALE... PER QUESTO CHIESE L'EUTANASIA di Corrado GnerreVi ricordate il caso del DJ Fabo? Colui che decise di andare a morire in una clinica svizzera perché rimasto immobilizzato in conseguenza di un incidente stradale. Ebbene, la sua fidanzata, Valeria Imbroglio, comunicò, nei giorni in cui tutt'Italia discuteva sulla scelta del giovane, il suo legame con la religiosità orientale e anche con certe correnti esoteriche. D'altronde i due giovani, prima dell'incidente, avevano per ben cinque anni vissuto in India alla sequela di un santone del posto.Un dato come questo non è affatto irrilevante e vi spieghiamo il perché.Non ci stancheremo mai di dirlo: solo il Cristianesimo offre un'autentica risposta al mistero della sofferenza. Per un motivo molto semplice: perché solo il Cristianesimo annuncia un Dio che ha voluto liberamente soffrire e che con la sofferenza ha "riparato" tutto.Può sembrare una particolarità quasi insignificante, invece ciò è il tutto ed è la risposta per tutto. Sapere che Dio ha salvato soffrendo, vuol dire non solo convincersi che la sofferenza è la strada maestra, ma anche che chi soffre diventa in un certo qual modo un "privilegiato", perché ancor di più può conformarsi a Colui che è l'alfa e l'omega di tutto, Cristo.IL CRISTIANESIMO CAMBIA LA STORIAÈ per questo che quando il Cristianesimo si è introdotto nella Storia, l'ha anche radicalmente cambiata.Basterebbe pensare quale fosse il giudizio sulla sofferenza nel mondo antico. Con il Cristianesimo, invece, si realizza un cambiamento radicale: c'è l'invito ad andare alla "scuola" della sofferenza. I malati, da reietti e da "materiale di scarto", diventano icone di Cristo Crocifisso. Nascono finalmente gli ospedali, laddove il sofferente viene accolto e curato; laddove vien fatto capire che egli è una "grazia", affinché, accogliendolo e curandolo, i sani possano esercitare delle virtù necessarie per la salvezza.Fin quando la Croce non compare nella storia, la sofferenza è qualcosa da allontanare ed esorcizzare.Ma poi la Storia ha deciso nuovamente di rimuovere la Croce. Sono rimasti gli ospedali, sono rimaste le belle parole per i sofferenti, ma la sofferenza è diventata un macigno terrificante, impossibile da portare.E nel caso della cosiddetta "spiritualità orientale" la questione si aggrava, perché non solo questa non ha un'adeguata risposta alla sofferenza, ma, abituata a vedere nel corpo un limite, odia profondamente la sofferenza. Già il corpo sano è qualcosa di cui liberarsi quanto prima (si pensi alla moksha induista), figuriamoci il corpo attanagliato dalla malattia.Non a caso la fidanzata del DJ Fabo spesso parlava di "libertà": Fabio va in Svizzera per "liberarsi". E dopo la morte: Adesso finalmente Fabio è "libero".LA CAPACITÀ DI AMARSIQuando la Croce non c'è, si perde tutto.Si perde anche la capacità di amarsi. Sì, perché accettare la sofferenza sempre e comunque, vuol dire amarsi. Mentre rifiutare il proprio - anche terribile - destino, vuol dire negarsi, distruggersi, perché ormai il proprio pensiero non coincide con il proprio essere e con il proprio luogo.Il luogo... ma cosa c'entra il luogo? C'entra eccome. Il luogo è il riconoscere dove si è. E, perché questo accada, occorre appassionarsi a ciò che sta avvenendo nella propria vita, sempre e comunque... invocando da Dio l'aiuto ad innamorarsi di ciò che si è e dove si è.San Bernardo di Chiaravalle in una sua importante opera, De diligendo Deo, parla di quattro gradi di amore:1) L'amore che l'uomo ha di se stesso2) L'amore a Dio non ancora per Dio stesso, ma per sé3) L'amore a Dio non più per se stessi, e neppure per il prossimo, ma soltanto per Dio4) L'amore dell'uomo a se stesso ma solo per Dio.Interessante. San Bernardo dice che l'ultimo grado di amore contempla ancora l'amore a se stesso, ma sublimato e soprattutto motivato dalla Presenza e dalla Volontà di Dio.Insomma, se Dio ci vuole, anche noi dobbiamo volerci. Se Dio ci ama anche noi dobbiamo amarci.Anche per questo diventa chiave di tutto la Croce.Si dice giustamente: non c'è posto sulla faccia della terra dove l'uomo possa trovare la pace, se non ai piedi di una Croce.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6570 EUTANASIA RECORD IN OLANDA NEL 2020 di Leone GrottNel 2020 sono morte con l'eutanasia in Olanda 6.938 persone, il numero più alto mai raggiunto. Si tratta di un aumento dei casi del 382% rispetto ai 1.815 del 2003 e del 9% rispetto ai 6.361 del 2019. Un decesso su 25 è ormai causato dall'eutanasia nel paese, che rappresenta il 4,12% di tutte le morti. Il dato salirebbe al 4,52% se non si tenesse conto dei 15 mila decessi dovuti al Covid-19. Se si considera inoltre soltanto la fascia di età tra i 60 e gli 80 anni, il dato sale al 6,2%. Come ogni anno, il rapporto annuale pubblicato dal governo olandese è costellato di dati inquietanti.Innanzitutto, come riporta anche Dutch News, quattro persone hanno optato per l'eutanasia dopo essere risultate positive al Covid-19. «Avevano contratto la polmonite e non volevano andare in terapia intensiva», spiega a Trouw il presidente del Comitato di revisione regionale dell'eutanasia, Jeroen Recourt.Dopo la sentenza della Corte Suprema che ha autorizzato la sedazione surrettizia di persone affette da demenza, per evitare la loro opposizione all'iniezione letale scelta in passato con il testamento biologico ma non confermata dalla volontà attuale, due persone sono state uccise così nel 2020.La disperazione continua a essere ritenuta un motivo valido per ottenere la morte. L'anno scorso hanno ricevuto l'eutanasia per motivi legati alla depressione 88 persone, tra cui una affetta da disabilità intellettiva. Allo stesso modo, 235 persone sono state uccise per «accumulo di problemi legati alla vecchiaia». Anche un ragazzo, di età compresa tra i 12 e i 16 anni, è stato ucciso portando così a 16 il totale dei minori che dal 2002 hanno ottenuto l'eutanasia.Se 4.480 persone hanno richiesto l'eutanasia a causa di un cancro, sono 168 gli individui affetti da demenza uccisi, due con demenza in stato avanzato, 88 come detto per problemi psichiatrici, 458 per problemi legati al sistema nervoso. Su 216 casi di suicidio assistito, infine, 17 non sono andati a buon fine, il paziente cioè non è morto, e il medico ha dovuto praticare l'iniezione letale.Secondo Recourt, questi numeri non sono sorprendenti perché «dimostrano come sempre più persone guardino all'eutanasia come a una soluzione normale per porre fine a una situazione di sofferenza insopportabile».Nota di BastaBugie: Benedetta Frigerio nell'articolo seguente dal titolo "Un'inchiesta pone domande sulla morte cerebrale" dimostra come la morte cerebrale venga smentita dai fatti. Non si può definire defunta una persona con il cuore battente, nonostante abbia l'encefalogramma piatto.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 aprile 2021:Dopo la morte di Charlie Gard e di Alfie Evans la prassi del sistema sanitario inglese non è più indiscussa come un tempo. A provarlo sono fatti simili ormai discussi dalla stampa e, ora, il Daily Mail che in sua recente un'inchiesta ha scritto: "Durante i casi di spicco dei bambini Charlie Gard e Alfie Evans - i cui genitori, rispettivamente nel 2017 e nel 2018, hanno combattuto senza successo contro i medici per cercare di ottenere delle terapie sperimentali - il dibattito sulle cure di fine vita si è evoluto".L'inchiesta del quotidiano è relativa alla morte cerebrale, un criterio introdotto da un comitato ad Harvard nel 1968 per dichiarare il decesso di una persona a partire dalle funzioni cerebrali e non più dall'arresto cardiaco prolungato. Negli anni, come la Nuova Bussola ha già raccontato, tale parametro è stato messo in discussione sia per l'impossibilità scientifica di affermare con assoluta certezza la fine totale delle funzioni cerebrali sia perché l'unità delle funzioni vitali che rendono una persona ancora tale (omeostasi) non è garantita solo dal funzionamento del cervello e del tronco cerebrale ma anche dal cuore.Si racconta, ad esempio, di Lewis Roberts, 18 anni, che solo qualche giorno fa "è stato "dichiarato morto' dai medici del Royal Stoke Hospital... e la famiglia aveva accettato di donare i suoi organi". Così i medici decisero di privarlo dell'ossigeno che supportava il ragazzo. "Ma proprio in quel momento Lewis ha ripreso a respirare da sé". E' interessante leggere nell'inchiesta che questa vicenda "pone la domanda: per ogni diagnosi nefasta, se c'è vita, non dovrebbe esserci ancora speranza?". E' chiaro che la domanda con l'espressione "se c'è ancora vita" quando una persona è dichiarata morta cerebralmente sottintende il fatto che la vita non è garantita dalle funzioni del cervello, sebbene poi ci si rifugi dietro alla parola "miracolo", usata anche da quei medici atei che, davanti alla diagnosi di morte cerebrale smentita dai fatti, accettano improvvisamente il termine. Nel caso di Roberts hanno infatti parlato non di errore diagnostico ma appunto di miracolo.Certo i miracoli accadono, ma come sottolineato sul Daily Mail da Catherine Robinson, portavoce di Right To Life UK, "le nostre vite hanno sempre un valore intrinseco. Per tutte le famiglie che affrontano la stessa situazione con una persona cara che è in supporto vitale, questi fatti inviano un messaggio molto chiaro: non rinunciare alla speranza". In sintesi, anche se la piena ripresa della persona non avvenisse, la sua vita andrebbe supportata fino a morte naturale. Ma è chiaro che solamente quando il criterio di morte è quello oggettivo, dell'arresto cardiaco prolungato, è possibile uscire dalle zone grige e soggettive introdotte anche dalla diagnosi più scrupolosa di assenza di tutte le funzioni cerebrali. Ed è chiaro che solo così le vicende come quella di Charlie e di Alfie potrebbero essere risolte, perché a questo punto la vita andrebbe sostenuta senza possibilità di eccezioni fino alla morte naturale, decretata appunto dallo stop del battito cardiaco, non permettendo alle opinioni di avere la meglio sui fatti (un cuore battente).Lo stesso Mark Pickering di Care not Killing, un'organizzazione che promuove le cure palliative, afferma: "Il processo decisionale di fine vita è spesso complesso e può essere altamente incerto... può essere una vera sfida determinare se la morte del tronco cerebrale si sia effettivamente verificata". In effetti, continua l'inchiesta, "quando i medici chiesero alla famiglia di Carol (71 anni, ndr) il permesso di rimuovere il supporto vitale... le scansioni suggerivano che fosse cerebralmente morta". I medici "'hanno detto che sarebbe stata la cosa più carina da fare', dice Maxine (la figlia, ndr)", ma "non potevamo sopportare di essere lì mentre spegnevano le macchine". Carol era rimasta "45 minuti senza un battito cardiaco", ma rianimata e ventilata aveva continuato a vivere. Il tronco cerebrale, il cervello e il cervelletto, però, non apparivano più funzionanti, il che è sufficiente per privare la persona dei supporti vitali nonostante il cuore riprenda a battere e la persona riesca a respirare con la ventilazione.Il Daily Mail racconta infine il caso di un bambino, Harrison Ellner, dichiarato cerebralmente morto in seguito ad una meningite. Sua madre Samantha, 27 anni, badante di Rotherham, accettò la rimozione della ventilazione, che però, esattamente come accadde ad Alfie Evans (mai dichiarato cerebralmente morto) continuò a respirare. "I medici hanno detto che poteva continuare a respirare per un minuto, un'ora o un giorno", ma quando il bambino ha proseguito più a lungo il personale sanitario lo ha curato, a differenza di quanto fatto con Alfie che pur ventilato da molti più mesi respirò per quattro giorni da solo senza svezzamento né cure.Dopo cinque giorni Harrison "è stato trasferito di nuovo all'ospedale di Rotherham, dove è rimasto per altri dieci giorni. Quando è stato dimesso, i medici non erano sicuri che il suo cervello avrebbe funzionato abbastanza bene da permettergli di condurre una vita normale". Eppure "ha imparato a sorridere a otto settimane e a camminare da bambino". E "sebbene il danno cerebrale fa si che abbia l'età di apprendimento di un bambino di tre anni più piccolo, Samantha afferma: "Se lo vedessi, non ti accorgeresti di quello che ha passato''". Harrison "oggi è un bambino di otto anni appassionato di musica che conduce una vita molto simile a quella di qualsiasi altro bambino della sua età".Ellie Dunkerton, 22 anni, dopo un emorragia cerebrale fu messa in coma. Si scoprì che aveva una malformazione artero-venosa cerebrale (AVM) e fu trasferita al dipartimento di neurologia del Cardiff e del Vale University Hospital, dove parlarono di morte cerebrale alla madre. La ragazza invece si risvegliò prima della rimozione dei sostegni vitali, a cui la madre si sarebbe comunque opposta: "Mesi dopo, ho visto il suo medico che mi aveva detto di essere sicuro che non avrebbe più camminato o parlato. Invece bisogna continuare a sperare. Non si sa mai". È chiaro che ci possono essere errori diagnostici in questi casi, dove la fine delle funzioni cerebrali non era totale, ma anche qualora questa si verifichi realmente, finché il cuore della persona batte affermare che sia morta va contro l'evidenza dei fatti, aprendo appunto a scenari come questi.La stessa scienza definisce lo stop del cuore e della respirazione come "morte clinica" e "morte reale" (quando insomma si è davanti ad un cadavere) che si differenzia dalla mancanza di segnali della funzione cerebrale, definita appunto morte "legale". Ossia decisa per legge.
VIDEO: Aktion T4, l'eutanasia del regime nazista ➜ https://www.youtube.com/watch?v=J9Nwu1P8vGgTESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6548EUTANASIA: L'OLANDA E' COME LA GERMANIA NAZISTA di Leone GrottiAnche le riviste internazionali di medicina iniziano ad accorgersi che il "piano inclinato" è reale quando si parla di eutanasia. Il 7 dicembre la geriatra Diane Meier ha pubblicato sul prestigioso Jama Internal Medicine un articolo per sottolineare i pericoli dell'eutanasia in Olanda. La docente presso la Icahn School of Medicine di New York ha notato infatti quante persone chiedono e ottengono di morire nella terra dei tulipani solo perché affette da comuni malattie legate all'invecchiamento.Il commento nasce da uno studio pubblicato sulla stessa rivista da un team guidato dalla ricercatrice Vera van de Berg. Dopo un'attenta analisi del rapporto periodico dei comitati di revisione dell'eutanasia olandese, hanno infatti scoperto che sintomi quali perdita parziale dell'udito e della vista, stanchezza cronica e generici dolori, sono sufficienti per ottenere l'eutanasia sotto la dicitura «sofferenza insopportabile». Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 2019 ben 6.361 persone sono morte con l'eutanasia, cioè il 4% di tutti i decessi. Se nel 2002 la legge permetteva di essere uccisi solo in pochi casi, oggi persino chi non è più in grado di intendere e di volere viene soppresso.Alla docente americana, hanno risposto due squadre di medici olandesi, spiegando che anche in casi simili di eutanasia si tratta di «richieste volontarie, ben considerate e che rientrano nei limiti di legge», senza che i pazienti abbiano subito pressioni di tipo «finanziario, sociale o familiare».Queste rassicurazioni, secondo Meier, che ha replicato ai medici olandesi, «sono basate su una generica speranza e non sulla ricerca scientifica. Tutti speriamo siano vere, ma ci sono sempre più prove che dimostrano il contrario». Il primo, insiste, è rappresentato dalle maglie sempre più larghe della legge in Olanda:«Sono stati rimossi requisiti di prognosi, eliminata l'esclusione per i casi psichiatrici, la sofferenza insopportabile definita in modo amplissimo e ridotti i requisiti per compilare i rapporti».L'impressione, continua Meier, è che l'eutanasia sia divenuta un modo «rapido, facile ed economico per trattare i bisogni di una popolazione sempre più vecchia. Un accesso sempre più permissivo all'eutanasia in questo contesto sociale assomiglia molto alla ratifica del pensiero da parte della società, sostenuta dalle leggi, secondo il quale alcune vite non valgono la spesa necessaria a preservarle. Il pensiero implicito è che sia l'individuo sia la società starebbero meglio se il paziente fosse morto».E questo, prosegue la geriatra, «è esattamente il modo di pensare che portò i medici tedeschi ad appoggiare e a partecipare alla campagna di sterilizzazioni eugenetiche nei primi anni Trenta e infine alla campagna di eutanasia per coloro che "non sono degni di vivere" - ovvero bambini con disabilità nel 1939, anziani e adulti con disabilità nel 1940».Quello di cui avrebbero bisogno i pazienti più anziani spaventati dalla solitudine e dalla malattia sono «rapporti umani sinceri e significativi, non 2 grammi di secobarbital», conclude Meier.Nota di BastaBugie: oggi in Olanda (e purtroppo non solo lì) le leggi sull'eutanasia sono peggiori dell'Aktion T4, "nome convenzionale con cui viene designato il Programma nazista di eutanasia che sotto responsabilità medica prevedeva la soppressione di persone affette da malattie genetiche inguaribili e da portatori di handicap mentali, [...] cioè delle cosiddette vite indegne di essere vissute. Si stima che l'attuazione del programma T4 abbia portato all'uccisione di un totale di persone compreso tra le 60.000 e le 100.000. A ogni modo l'uccisione di tali individui proseguì anche oltre la fine ufficiale dell'operazione, portando quindi il totale delle vittime a una cifra che si stima intorno ai 200.000 individui" (fonte: Wikipedia).
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6310LA LUCIDA ANALISI DEL CARDINALE OLANDESE EIJK SU COME L'EUTANASIA HA CORROTTO LA SOCIETA'Negli anni Settanta l'eutanasia cominciò a essere accettabile nella fase terminale, poi anche prima della fase terminale, poi anche nei casi di malattie psichiatriche e demenza, infine per i neonati disabilidi Aldo Maria Valli"Una volta accettato che si può mettere fine a una vita a causa di un certo livello di sofferenza, ci si troverà sempre di fronte alla domanda se non si debba permetterla anche per una sofferenza che è solo un po' inferiore".Queste parole del cardinale Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht e già presidente della Conferenza episcopale dei Paesi Bassi, fotografano bene la sua preoccupazione verso il diffondersi della mentalità eutanasica, particolarmente radicata in Olanda, dove quest'anno la Corte suprema ha dato il via libera all' all'eutanasia per i pazienti affetti da demenza avanzata, anche nel caso in cui tali persone non siano in grado di reiterare il loro desiderio di porre fine alla propria vita.In un'intervista alla Catholic News Agency il cardinale Eijk, dopo aver sottolineato che nel suo paese a partire dagli anni Settanta i criteri per l'applicazione dell'eutanasia sono diventati "sempre più estesi", non nasconde di temere che il prossimo governo potrà accettare un disegno di legge che permetta il suicidio assistito per tutti coloro che semplicemente, senza dover presentare particolari ragioni, ritengono che sia arrivato il momento di mettere fine alla propria vita.Il cardinale Eijk (che, lo ricordiamo, oltre ad aver conseguito un dottorato in Filosofia è anche laureato in Medicina e Chirurgia ed ha un dottorato di ricerca in Bioetica medica con una dissertazione sull'eutanasia) nel corso dell'intervista cita le previsioni di un esperto olandese secondo il quale i casi di eutanasia raddoppieranno nei prossimi otto anni. "Se la sua previsione si rivelerà corretta - commenta Eijk - entro il 2028 il numero annuale di casi di eutanasia arriverà a ben oltre dodicimila e 500, più dell'8% del numero attuale di tutti i decessi".Un quadro tragico, che ha avuto origine negli anni Settanta del secolo scorso, quando l'eutanasia, afferma il cardinale, incominciò a essere considerata accettabile nella fase terminale di una malattia somatica incurabile. Poi, nel corso degli anni Ottanta, si cominciò a considerarla eticamente accettabile anche prima della fase terminale. In seguito, a metà degli anni Novanta, l'eutanasia incominciò a essere eseguita anche nei casi di malattie psichiatriche e demenza, e dopo il 2000 è stata applicata per i neonati ritenuti gravemente disabili.LA CESSAZIONE DELLA VITA È OGGI AMPIAMENTE ACCETTATARisale al 2016 l'annuncio, da parte del ministro della Salute e del ministro della Giustizia, del proposito di presentare una legge per consentire il suicidio assistito nei casi di persone che pur non soffrendo di alcuna malattia considerano la loro vita "compiuta". Un progetto che è rimasto fermo ma che secondo Eijk potrebbe essere rilanciato dopo le elezioni dell'anno prossimo.Inoltre, un membro del parlamento, appartenente a un partito di sinistra, ha presentato un progetto di legge che permette il suicidio assistito per persone di età superiore ai 75 anni. Il rischio di questa legge è che possa creare l'impressione che il valore della vita diminuisca dopo che le persone hanno raggiunto questa età. In ogni caso, la cessazione della vita è oggi ampiamente accettata.Parlando de ruolo dei sacerdoti nella cura pastorale di coloro che cercano l'eutanasia, Eijk ha fatto eco al nuovo documento vaticano, Samaritanus bonus, affermando che il clero deve evitare ogni gesto che possa indicare approvazione verso l'eutanasia, compreso il rimanere fino al compimento dell'atto. "Una buona cura pastorale per una persona che vuole essere eutanasizzata richiede che il sacerdote, accompagnandola, le dica chiaramente che con l'eutanasia è violato il valore intrinseco della vita umana"."La richiesta di eutanasia - spiega il cardinale - non raramente è un grido di aiuto. Quando viene offerta un'assistenza adeguata, con attenzione alle loro paure e alle loro lotte interiori, le persone che hanno detto di voler essere eutanasizzate spesso non persistono in questa richiesta".Chi volesse conoscere meglio il cardinale Eijk e la difficile realtà della Chiesa cattolica in Olanda può leggere il libro Dio vive in Olanda (Ares, 136 pagine, 13 euro) nel quale il porporato, rispondendo alle sollecitazioni di Andrea Galli, descrive in tutti gli aspetti la situazione ecclesiale nel suo paese. Un cattolicesimo, quello olandese, dalla storia gloriosa fino al Concilio Vaticano II, ma in caduta libera a partire dagli anni Sessanta, tanto che oggi si chiudono due chiese (cattoliche e protestanti) ogni settimana e meno del cinquanta per cento di coloro che ancora si dicono cattolici fa battezzare i propri figli. Una crisi di fede che non ha eguali, ma che già nel 1947 venne individuata molto bene da un piccolo gruppo di fedeli che, riuniti a Utrecht, profetizzarono "la grande apostasia del prossimo futuro", un processo inarrestabile del quale si occupò anche il sacerdote polacco don Karol Wojtyła, il quale durante gli studi per la sua laurea in Filosofia all'Università Cattolica di Lovanio visitò l'Olanda e notò, accanto a una buona organizzazione ecclesiale, una profonda povertà spirituale e l'assenza di una vita di preghiera, dato che tutta l'attenzione era rivolta al fare, all'agire in campo sociale.CONCLUSIONI IMPORTANTISono diverse le lezioni che il cardinale Eijk trae dall'esperienza olandese. Merita di essere citata la sua riflessione circa il fatto che il numero più alto di veri credenti si mantenne, nonostante tutto, in quelle parrocchie in cui, anche durante la tempesta degli anni Sessanta e Settanta, il modo di celebrare la liturgia rimase veramente cattolico.Nel libro, pieno di racconti vividi riguardanti la sua esperienza personale, il cardinale dice a un certo punto: "Io sono diventato sacerdote per celebrare l'Eucaristia. La celebrazione quotidiana della Messa per me è sempre il culmine del giorno".Fra tante notizie tristi in arrivo dall'Olanda, anche un dato che dà speranza: ogni anno circa cinquecento persone si convertono alla Chiesa cattolica. In alcuni casi si tratta di protestanti, ma più spesso sono non battezzati, conquistati dalla bellezza e dalla Verità.Verso la fine del libro, guardando al futuro e in particolare alle divisioni all'interno della Chiesa, il cardinale olandese dice: "Molti parlano del pericolo di uno scisma, ma io penso di no". Eijk ritiene che ci sarà piuttosto un "risanamento silenzioso tramite il ricambio delle generazioni", man mano che se ne andranno "i preti del '68, ordinati in quegli anni di sbandamento, con idee ultraprogressiste". Un processo lento, che riguarderà sia il clero sia i laici, ma che già è visibile. Infatti, "con le nuove generazioni di credenti si può parlare del Paradiso o dell'Inferno senza suscitare scalpore, si può parlare dei veri contenuti della nostra fede senza che la gente protesti o vada via in polemica, come accadeva prima… E mentre questo processo di rinnovamento si realizza bisogna avere coraggio, bisogna essere disposti a soffrire".Nota di BastaBugie: la stragegia della cultura della morte è fatta di piccoli passi ben sapendo che con una piccola crepa, piano piano la diga viene distrutta. Riproponiamo ancora una volta lo stupendo video di 4 minuti "Crepa, piano piano" che spiega come sia possibile arrivare all'eutanasia imposta dallo Stato.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6184ORMAI SI UCCIDE CON L'EUTANASIA ANCHE CHI NON E' D'ACCORDO di Caterina GioielliSi chiama Marinou Arends, è questo il nome della "dottoressa A." o "Catharina A.", pseudonimo usato in questi anni dai giornali per proteggere l'anonimato del medico che nel 2016 diede l'eutanasia a una anziana affetta da demenza senile e contro il suo volere. Assolta dal tribunale dell'Aia lo scorso settembre, decisione confermata ad aprile dalla Corte Suprema olandese a cui il giudice aveva rinviato il caso «nell'interesse della legge», oggi la dottoressa, geriatra in pensione, ha deciso di rivelare la sua identità. E spiegare perché «lo rifarei ancora».L'intervista, la prima rilasciata dal medico a Nieuwsuur, viene registrata montando immagini delle stanze della casa di cura Florence a L'Aia dove l'anziana trascorse le ultime sette settimane di vita, riprese di letti e poltroncine vuote, bozzetti del processo al medico, prime pagine dei giornali e dei dossier sul caso dell'"eutanasia del caffè", "eutanasia a una demente". Tutto vortica intorno al racconto del medico e della sua ferrea volontà, fin dal primo giorno di ricovero, di "aiutare" la povera anziana. La donna ha 74 anni, oltre 50 trascorsi accanto al marito, quando viene portata dai parenti alla Florence; caso vuole ci sia una stanza libera proprio nel reparto della Arends e che la Arends scopra subito che anni prima l'anziana aveva firmato un testamento biologico specificando che avrebbe voluto ricevere l'eutanasia se fosse stata rinchiusa in una casa di riposo. «Il mio primo pensiero è stato "devi fare qualcosa", "devi prendere sul serio una richiesta di eutanasia». Il medico assicura di averlo già fatto con altri pazienti, avere preso in considerazione ogni domanda di morte assistita. Tanto che a quell'anziano affetto da demenza e che nemmeno ci pensava più – «in realtà qui non ho molti problemi, il caffè è buono, mi piace la vista, mi siedo qui con il mio giornale. Voglio vivere ancora per un po'» -, non l'aveva certo somministrata. SI LAMENTAVA SEMPREMa il caso della settantaquattrenne, quello era diverso: «Quando bevevamo il the, si lamentava sempre della sua condizione terribile, del fatto di non poter più fare nulla, e di essere sempre così stanca. Era sempre triste, triste, ribelle, irrequieta». Della sua "infelicità" l'anziana parla con tutti, Arends è sempre più convinta che darle l'eutanasia sia la soluzione migliore per alleviare le sue sofferenza e il marito, che ha una procura per prendere decisioni su sua moglie, è d'accordo. Ma c'è un problema: nel testamento biologico la donna ha specificato che l'eutanasia avrebbe dovuto esserle erogata solo «su mia richiesta, quando riterrò che sia giunto il momento», e quando «sarò nel pieno delle mie facoltà» per richiederla. Per Arends il fatto che la donna soffra ora di demenza avanzata non è un'obiezione, «la legge afferma che come medico puoi e hai perfino il dovere di interpretare un testamento»: secondo il medico quella carta basta, non è stata scritta da un addetto ai lavori ma da una persona capace di sfruttare al meglio le proprie capacità e chiarire i propri desideri. Per tre volte Arends chiede alla donna «che ne pensi se ti aiutassi a morire?» e per tre volte l'anziana risponde sconcertata di no, aggiungendo «penso ci stiamo spingendo troppo lontano, morta, no». Ed è questo, paradossalmente, a rinsaldare la volontà della Arends, «un medico deve prendere in considerazione anche il modo in cui vengono pronunciate le risposte», afferma candidamente, «tutte le volte sembrava titubante». In pratica, siccome quelle risposte non erano coerenti alle volontà scritte anni prima, la donna dimostrava di non essere in sé, per il medico era mentalmente incompetente e «io non potevo abbandonarla», privarla dell'occasione di smettere di soffrire.L'eutanasia viene apparecchiata la mattina del 22 aprile 2016. Sono presenti anche il marito dell'anziana, sua figlia e suo genero. Arends decide di non chiedere alla donna ancora una volta se vuole morire, «domanda qualcosa a una persona incapace e otterrai solo una risposta dettata dall'emozione del momento. Sapevo che le sarebbe preso il panico. Avevo visto che tipo di sofferenza le avevo procurato rivolgendole quelle domande settimane prima. Un sacco di paura, frustrazione, rabbia». Per evitarle tutto questo il medico versa della droga nel caffè dell'anziana, senza spiegarle che di lì a poco sarebbe stata uccisa, «l'ho fatto col permesso del marito e della figlia, entrambi hanno dato pieno consenso». Inoltre «non potevamo pensare che fosse cosciente e capace di dire addio. Non era più in grado di capire che sarebbe morta».L'ANZIANA SI SVEGLIA E INIZIA A DIMENARSIIl medico non si sofferma su cosa è accaduto dopo, quando l'anziana pare ormai addormentata e le viene praticata la prima delle tre iniezioni necessarie per ucciderla. Perché è qui che avviene l'orrore: l'anziana si sveglia, capisce cosa sta succedendo, inizia a dimenarsi cercando di tirarsi indietro. Ma Arends, imperterrita, con l'aiuto della figlia e del marito dell'anziana che la immobilizzano nel letto, porta a termine la procedura. La donna muore in pochi minuti. In seguito ai fatti la Commissione di controllo dell'eutanasia avrebbe «rimproverato» al medico di essersi «spinta troppo in là», drogando la donna di nascosto e non informandola che sarebbe stata uccisa, nonostante le sue volontà non fossero «chiare», avesse «cercato di reagire» e nel suo testamento biologico avesse scritto che voleva decidere «lei» quando morire. Anche per la procura, a cui la Commissione rinvia il caso, il medico «non ha agito con attenzione e ha oltrepassato una linea invalicabile» nonostante la richiesta scritta di eutanasia fosse «poco chiara e contraddittoria». Tuttavia Arends viene prosciolta in ogni sede, «non mi sarei aspettata mai di andare in causa, mai», conclude la dottoressa ricordando l'incubo di finire in cella quando capì che avrebbero potuto accusarla «persino di omicidio», «ero convinta di avere agito con attenzione e nei limiti della legge». La Corte Suprema le dà ragione. E a maggior ragione la dottoressa afferma che «rifarei tutto. Immagino che ci siano medici che lo troverebbero un passo troppo al limite (sono oltre duecento i medici olandesi che hanno espresso orrore per la condotta di Arends). Ma io ho dovuto farlo senza il consenso della paziente. È stato un passo tremendamente difficile. Ma per il meglio».Quella decisione ha sdoganato in Olanda l'eutanasia per chiunque non sia più in grado di esprimere o rinnovare la propria scelta sul fine vita. Dopo la sentenza della Corte Suprema è caduto anche il paravento dell'autodeterminazione e il mito della morte dignitosa: oggi in Olanda si muore drogati, uccisi a forza, mentre i parenti ti immobilizzano al letto e il medico ti pratica tre iniezioni letali con la convinzione di fare il proprio mestiere: "dovevo aiutarla", "non potevo abbandonarla", "lo rifarei".
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5952DEPREDATI CUORE E FEGATO AL BIMBO SCOSSO DALLA MADRE di Alfredo De MatteoLe cronache di questi ultimi giorni dell'anno hanno riportato il caso del bambino di cinque mesi scosso violentemente dalla madre, una donna di 29 anni originaria del vicentino la quale, nel tentativo di calmare il pianto del piccolo, l'avrebbe cullato troppo forte provocandogli gravissimi danni cerebrali e neurologici. In seguito alla chiamata fatta al 118 dalla madre stessa, il bimbo è stato ricoverato all'ospedale di Padova e le sue condizioni sono sembrate subito molto gravi, anche se un'Angio TAC disposta dai medici della terapia intensiva aveva riscontrato la presenza di flusso sanguigno al cervello. Purtuttavia, in tutta fretta è stata chiamata una commissione medica formata da un neurologo, un'anestetista e un medico legale con il compito di valutare la eventuale morte cerebrale del bambino. Le cronache riferiscono che dopo un secondo e approfondito esame della commissione che aveva dichiarato la morte cerebrale del piccolo, sono state staccate le macchine che lo tenevano in vita e cuore e fegato sono stati espiantati.Come di consueto, quando si tratta di morte cerebrale ed espianto di organi le informazioni veicolate dagli organi di informazione risultano poco chiare, frammentate e contraddittorie. Del resto, la morte cerebrale è un'invenzione medico legale che non solo non ha nulla di scientifico ma che contrasta finanche col buon senso, per cui è facile cadere in veri e propri cortocircuiti logici.Ora, gli organi vitali non possono essere prelevati da un cadavere perché altrimenti risulterebbero inservibili. È dunque necessario che la persona a cui devono essere espiantati i preziosi organi sia ancora in vita e gli stessi risultino perfettamente irrorati e ossigenati. Per cui, non corrisponde a verità che al piccolo siano stati tolti i supporti che lo tenevano in vita (ma non era già morto?) e che solo successivamente sia stato sottoposto all'operazione di espianto, ma semmai il contrario: il bambino è stato tenuto in vita fino all'operazione di espianto, dopodiché, giocoforza, è deceduto.C'è da tenere presente che i test atti a stabilire la presunta morte cerebrale sono molto invasivi e comportano la sospensione delle cure. È pertanto probabile che la commissione si trovi ad accertare la presenza dei parametri clinici indicatori della morte cerebrale a causa della natura invasiva della stessa procedura d'accertamento e della sospensione delle cure necessarie a ridurre il danno cerebrale incorso al paziente. In altre parole, è proprio la procedura d'accertamento della morte cerebrale che può causare ulteriori danni neurologici al soggetto, danni che possono anche diventare irreversibili.Eppure, i primi esami effettuati sul bambino indicavano la presenza di attività cerebrale. Dunque, perché tanta fretta nel chiamare la commissione deputata a dichiarare l'eventuale morte cerebrale del bambino? Non sarebbe stato più sensato insistere con le cure adeguate volte a ridurre il danno cerebrale, anziché sospenderle e sottoporre il piccolo a test diagnostici altamente invasivi e peggiorativi della sua condizione clinica?Il contesto attuale riconosce scarso valore alla vita umana, in specie quella più innocente e indifesa, e al contempo tende ad attribuire alle scienze, in particolare a quelle mediche, la capacità di risolvere tutti i problemi dell'uomo. La pratica dei trapianti d'organi vitali si inserisce perfettamente in tale quadro culturale e finisce per togliere valore sia alla vita umana che alla vera scienza.Ora la madre del piccolo di cinque mesi sarà indagata per omicidio colposo anziché per il reato di lesioni gravissime. Ma non è stata certo lei a porre fine alla vita del suo bambino...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5943IL SACERDOTE NON DEVE ESSERE PRESENTE DURANTE L'EUTANASIAUn sacerdote deve sempre dire in modo chiaro a chi sceglie eutanasia e suicidio assistito che per la Chiesa cattolica sta commettendo un grave peccato. E per questo motivo non deve essere presente accanto a chi sceglie di suicidarsi quando il suicidio assistito o l'eutanasia vengono compiuti. È quanto dichiarato alla Catholic News Agency dal cardinale Wilhelm Eijk, arcivescovo di Utrecht, che contraddice quando dichiarato a proposito una settimana fa da monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita: «Nessuno va mai abbandonato. Accompagnare e tenere per mano chi muore credo sia un grande compito che ogni credente deve promuovere. Come ogni credente deve promuovere un contrasto alla cultura del suicidio assistito».SUICIDIO ASSISTITO ED EUTANASIA SONO UGUALIPrima di entrare in seminario, il prelato olandese si è laureato in medicina e chirurgia, dedicando la sua dissertazione di dottorato alle leggi sull'eutanasia. L'Olanda è uno dei primi paesi al mondo ad aver legalizzato la "buona morte" e per tutti questi motivi Eijk, di cui Tempi ha parlato diverse volte, rappresenta un voce autorevole in materia.Il cardinale ci tiene innanzitutto a precisare che non esiste alcuna differenza dal punto di vista morale tra suicidio assistito ed eutanasia. Nel primo caso è il paziente che si procura la morte assumendo la medicina letale preparata dal medico, nel secondo è il medico che provoca attivamente la morte con una iniezione letale su richiesta del paziente. «In entrambi i casi», spiega Eijk, «la responsabilità del paziente è grave perché è lui che prende l'iniziativa per porre fine alla propria vita. Allo stesso modo è grave la responsabilità del medico che pone fine alla vita del paziente o coopera a un atto intrinsecamente malvagio».LE TRE RAGIONI PER RIFIUTARE I SACRAMENTISgomberato il campo dell'equivoco di chi vede il suicidio assistito, depenalizzato dalla Corte costituzionale anche in Italia, come una forma meno grave di eutanasia, Eijk afferma che «il sacerdote non deve essere presente quando queste pratiche vengono eseguite. Infatti, la presenza del prete potrebbe dare a intendere che il sacerdote appoggia la decisione del paziente o suggerire che eutanasia e suicidio assistito non sono moralmente illeciti in alcune circostanze».Il cardinale non nega la possibilità di accompagnare spiritualmente il paziente che decide di suicidarsi, ma elenca tre motivi per cui «il sacerdote non può amministrare i sacramenti della confessione e dell'estrema unzione ai pazienti che li richiedono».«Innanzitutto una persona può ricevere i sacramenti solo quando si trova in buona disposizione e questo non è il caso di chi vuole opporsi all'ordine della creazione, violando il valore intrinseco della vita. Il secondo motivo è che una persona che riceve i sacramenti mette la propria vita nelle mani misericordiose di Dio. Ma chi vuole porre fine alla propria vita vuole invece prendere la vita nelle proprie mani. Infine, il sacerdote che amministra i sacramenti o prepara il funerale della persona in queste circostanze si rende responsabile di uno scandalo, dal momento che le sue azioni possono suggerire che il suicidio o l'eutanasia sono permessi in certe circostanze».LA SOLITUDINE È LA VERA MALATTIA DELL'OCCIDENTEQuesto non significa, continua l'arcivescovo di Utrecht, che non sia possibile celebrare il funerale di una persona che ha deciso di farsi uccidere con l'eutanasia, ma il sacerdote deve «giudicare in modo prudente se l'eutanasia o il suicidio assistito siano il frutto della depressione o di malattie psichiatriche. In questi casi la libertà della persona è diminuita e anche il porre fine alla propria vita non può essere considerato un peccato mortale».In ogni caso, spiega il cardinale, la Chiesa cattolica deve «annunciare che Dio ha fatto gli esseri umani a sua immagine nella loro totalità, corpo e anima. Come dice la costituzione pastorale del Concilio Vaticano II, Gaudium et Spes, l'essere umano è una "unità di anima e corpo". Questo significa che il corpo è una dimensione essenziale dell'essere umano ed è parte del valore intrinseco dell'essere umano. Per questo, non è lecito sacrificare la vita umana per porre fine al dolore». Dolore che deve essere alleviato in ogni modo con le cure palliative.Da profondo conoscitore della società olandese, Eijk conclude affermando che per contrastare il trend favorevole all'eutanasia che dilaga in Occidente, la Chiesa «deve agire per alleviare la solitudine. Nella società contemporanea iper-individualista, gli esseri umani sono spesso soli. C'è un'enorme solitudine nelle società occidentali e la Chiesa incita a formare comunità per non lasciare le persone da sole. Una persona che vive in solitudine, infatti, senza l'attenzione e la cura degli altri, è meno capace di sopportare il dolore. La fede vissuta e la spiritualità cristiana insegnano che possiamo essere uniti al Cristo sofferente e portare la croce con lui. Così, non siamo mai soli».
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5922RAGAZZA SANA CHIEDE A 23 ANNI L'EUTANASIA di Chiara ChiessiUna ragazza belga di 23 anni di nome Kelly, ha dichiarato al Daily Mail che vuole porre fine alla sua vita con l'eutanasia, a causa di alcuni problemi mentali da cui è affetta. La ragazza infatti, «ha tentato il suicidio, è stata ricoverata in ospedale, ha sofferto di disturbi alimentari ed ha iniziato a praticare l' autolesionismo».Lei stessa ha affermato: «Era più sopportabile il dolore da autolesionismo che il dolore alla testa. Almeno il dolore da autolesionismo scompare, a differenza del dolore all'interno che è sempre presente».Sempre secondo il Daily Mail: «I pazienti con problemi mentali rappresentano circa il tre per cento delle 17.000 persone uccise da quando la legge è stata modificata in questo paese di 11 milioni di cittadini. Ci sono stati 2.357 decessi l'anno scorso - dieci volte in più rispetto al primo anno in cui l'eutanasia era legale in Belgio...».Kelly apprese che era possibile richiedere l'eutanasia da uno psicologo dell'ospedale dove si trovava in cura. Nonostante i suoi piani già definiti, non ha mai raccontato ai genitori con cui vive, alla sorella gemella o ai fratelli più piccoli, di voler porre fine alla sua vita, fino a quando non ha trovato psichiatri che le hanno confermato che il suo dolore mentale è "insopportabile e incurabile".Quando finalmente lo disse alla sua famiglia, racconta: «Mio padre era molto scioccato, piangeva e l'ho stretto a me. Stavo quasi piangendo anch'io. Era molto commovente ma anche doloroso vederlo così».Come hanno sottolineato molti psichiatri, le condizioni delle persone che soffrono di problemi di salute mentale può migliorare nel tempo con le cure. Offrire la morte come "soluzione" alla sofferenza, non allevia l'angoscia mentale del malato, ma semplicemente pone fine alla sua vita.Non c'è da stupirsi sull'impennata di persone che richiedono la "dolce morte": una volta che un Paese (come il Belgio, in cui per di più non si fa distinzione tra dolore mentale e fisico) accetta l'idea che alcune vite non sono degne di essere vissute, ecco che la morte si manifesta come volontà delle persone più fragili, che soffrono molto e lo Stato preferisce "toglierle di mezzo" piuttosto che curarle.Un caso simile era capitato a Noa Pothoven [leggi: NOA, LA 17ENNE OLANDESE CHE HA CHIESTO E OTTENUTO L'EUTANASIA, http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5689 clicca qui, N.d.BB]. [...]Non a caso, Noa Pothoven aveva denunciato il fatto che nel suo Paese non esistevano cliniche specializzate nel curare disturbi mentali nell'età adolescenziale.A queste povere vittime, la morte dunque appare come unica soluzione.Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Eutanasia, la campagna pro life può proseguire" parla dell'udienza del Gran Giurì dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria chiamato a rispondere sulla liceità morale dei manifesti di Pro Vita & Famiglia.Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 5 dicembre 2019:Nel settembre scorso avevano mandato in isteria le anime belle del politicamente corretto. Ma i manifesti di Pro Vita & Famiglia in realtà non violavano nessun codice di regolamentazione pubblicitaria e men che meno, offendevano la morale o il buongusto. Certo, forti erano forti, ma proprio questo era l'intento di Toni Brandi e Jacopo Coghe che avevano concepito la campagna proprio per scuotere le coscienze sul tema eutanasia. «Marta, 24 anni, anoressica, potrà farsi uccidere. E se fosse tua sorella?», «Alessandro, 18 anni, bullizzato. Potrà farsi uccidere». E così via, il tutto accompagnato dall'hastag #noeutanasia per una campagna che invece è stata fin da subito osteggiata.Invece la parola definitiva è arrivata martedì sera al termine dell'udienza del Gran Giurì dell'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria chiamato a rispondere sulla liceità morale di quei manifesti. Qualche tempo prima era successo che all'IAP erano giunte diverse segnalazioni di protesta che avevano costretto il comitato di controllo ad aprire un fascicolo e poi a trascinare la Onlus romana davanti ai giudici.I quali, martedì hanno sostanzialmente dato il via libera ai manifesti che ora potranno essere affissi in tutt'Italia. Pro Vita & Famiglia canta vittoria: «Ha vinto la verità, i nostri manifesti sono legittimi», ha spiegato Coghe dopo l'udienza che si è svolta a Milano. «Contraria al decoro e al buon senso è la dittatura del politicamente corretto invece e di chi vuole violare il diritto inalienabile alla vita. Ora si sappia che le nostre affissioni di manifesti-denuncia a Roma e Milano e poi in altre città italiane erano regolari, si tratta di una comunicazione onesta, veritiera e corretta caro Cappato e cari radicali e non c'è una "esagerazione della problematica sociale" né si tratta di "richiami choccanti», hanno ribadito.Il giorno dopo al Timone, Coghe non ha nascosto la sua soddisfazione: «I testi che abbiamo mostrato sono testi che ricordano un pericolo reale: quello che potrebbe accadere se il nostro Parlamento legiferasse in materia di eutanasia e suicidio assistito. E' una prospettiva che in altri Paesi, purtroppo, ha già preso forma con l'auto-eliminazione dei depressi, dei fragili, dei deboli dalla società".Non restano che le scuse secondo Coghe, da parte di quei parlamentari e i sindaci dei Comuni «che ci hanno fatto una guerra ideologica impedendoci il diritto di opinione e la libertà di pensiero».C'è poi un dettaglio che rende ancora più dolce la vittoria pro life: «È la terza volta che ci chiamano in causa con l'Istituto di Autodisciplina pubblicitaria - ha proseguito Coghe -. La prima è stata con la campagna di CitizenGo sul Bus della libertà nel quale avevamo dato "scandalo" dicendo che "i bambini sono maschi e le bambine sono femmine". La seconda era una campagna di affissioni contro l'utero in affitto in cui dicevamo che "due uomini non fanno una madre" nella quale raffiguravamo dei bambini sul carrello della spesa. Entrambe le vote ci hanno dato ragione». E con questa fanno tre.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5838EUTANASIA PER TUTTI: LA CORTE COSTITUZIONALE DICE SI ALL'AIUTO AL SUICIDIO di Giuliano GuzzoAdesso che la nostra Corte Costituzionale ha pensato bene di «aprire» al suicidio assistito, ancorché ponendo dei paletti (paziente consapevole, sottoposto a trattamenti salvavita e in presenza di patologie irreversibili che causano sofferenze fisiche e psicologiche), è lecito chiedersi: che cosa accadrà in Italia? Quali saranno le conseguenze del riconoscimento ufficiale della «dolce morte», secondo solo a quello indiretto introdotto con il biotestamento eutanasico già nel 2017? Non c'è modo migliore, per rispondere a questa domanda, che una breve panoramica internazionale sui Paesi che la «dolce morte» l'hanno già introdotta e che son caratterizzati - tutti - da una preoccupante escalation mortifera.OLANDAIniziamo con l'Olanda dove, nel 2018, le morti anticipate sono calate rispetto all'anno precedente del 7%. Fatto positivo, certo, ma da esaminare criticamente con delle considerazioni. La prima concerne il fatto che, se da un lato è vero che nel 2018 le morti indotte (6.126) sono calate di oltre 450 casi rispetto ai 6.585 decessi 2017, dall'altro occorrerà aspettare quanto meno l'anno prossimo prima di trarre qualsivoglia conclusione sul fenomeno. Tanto per cominciare perché un calo, anche se più ridotto, della «dolce morte» nei Paesi Bassi si è già verificato ben due volte - nel 2003 rispetto al 2002 e nel 2006 rispetto al 2015 -, senza che questo, nei fatti, abbia poi impedito un aumento esponenziale della stessa.Va poi sottolineato come i dati parziali dei primi mesi del 2019 pare siano peggiori di quelli dell'anno precedente. In terzo luogo, gli esperti segnalano come ogni anno una percentuale di morti indotte che va dal 20 al 23% sfugga, per molteplici ragioni, alle statistiche ufficiali. Per non parlare inoltre della diversificazione della platea di quanti esercitano il cosiddetto "diritto di morire": lo scorso anno, in Olanda, quasi 70 persone hanno ottenuto l'eutanasia non solo pur non essendo malate terminali, ma anche non soffrendo di alcuna patologia che non fosse relativa a condizioni psichiatriche. Sempre nel 2018, si è confermato il radicamento di un fenomeno nuovo quanto inquietante: quello delle coppie che ottengono l'eutanasia. Insieme. Se ne sono contati ben 9 casi anche se solo di uno di questi si hanno informazioni: quello di una coppia nella quale il marito aveva il cancro all'esofago e la moglie la sclerosi multipla, e in cui entrambi hanno chiesto di morire motivando tale desiderio con il disagio ravvisato dalla «prospettiva di dover essere assistito da estranei e nell'incapacità di vivere in modo indipendente».BELGIOSe l'esperienza olandese in fatto di «dolce morte» è e resta quindi molto negativa, quella del Belgio non è certo migliore. Tanto per cominciare perché i numeri evidenziano come i primi 235 casi di «dolce morte» del 2003 siano lievitati ad oltre 1.000 già nel 2011, in meno di dieci anni, per poi salire fino agli oltre 2350 del 2018. Non solo. Uno studio pubblicato nel marzo 2015 su The New England Journal of Medicine, basato sui dati del 2013, ha messo in evidenza come solo quell'anno più di 1.000 persone siano decedute con procedure di morte assistita mai richieste in precedenza. E non mancano fatti singoli molto inquietanti. Basti pensare a Godelieva De Troyer, uccisa nell'aprile 2012, a 65 anni, dal dottor Wim Distelmans solo perché depressa e senza neppure che i figli della donna ne fossero informati.CANADAD'accordo - si potrebbe obiettare - ma forse sono Olanda e Belgio ad essere stati incapaci, come Paesi, nella gestione sanitaria e culturale della «dolce morte». Un'osservazione a cui si può replicare con un terzo esempio: quello del Canada, da dove poche settimane fa è arrivata la notizia della sconvolgente storia di Sean Tagert, un malato di Sla di 41 anni della British Columbia che ha chiesto e ottenuto la «medically-assisted death», formula con cui il sistema sanitario canadese offre sia l'opzione eutanasica sia il suicidio assistito, non perché piegato sofferenza, ma perché abbandonato dallo Stato in condizioni critiche e perché non riusciva a pagarsi l'assistenza domiciliare di cui aveva bisogno. A proposito di quattrini, «dolce morte» e Canada, uno studio apparso nel 2017 sul Canadian Medical Association Journal ha stimato in 138 milioni di dollari annui il risparmio cui, a regime, potrebbe portare l'eutanasia. Segno che il cosiddetto diritto di morire inizia ad essere apertamente considerato come un modo per far quadrare i conti.Morale della favola, che si guardi all'Olanda, al Belgio o al Canada, la musica non cambia: ovunque si sia introdotta la «dolce morte», si sono nel giro di poco spalancate le porte dell'inferno. Ma che ne sa la Consulta.Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo seguente dal titolo "La Consulta fa il legislatore: così sarà eutanasia per tutti" spiega come la Corte Costituzionale ha detto sì all'aiuto al suicidio. Apparentemente solo nel rispetto di alcune condizioni (paziente consapevole, sottoposto a trattamenti salvavita e in presenza di patologie irreversibili che causano sofferenze fisiche e psicologiche), ma nella pratica allarga all'infinito il bacino di utenti che da oggi potrebbero chiedere l'eutanasia, soprattutto tra le persone più vulnerabili.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26 settembre 2019:La Corte costituzionale ha detto "Sì" all'aiuto al suicidio, ma solo nel rispetto di alcune condizioni. Vediamo quali sono.La non punibilità scatta allorquando la scelta di suicidarsi si è formata liberamente e autonomamente, scelta che è stata presa da soggetto "pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli". Altre caratteristiche personali indispensabili per accedere al suicidio assistito sono le seguenti: il paziente deve essere "tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale". In questa espressione possiamo non solo ricomprendere nutrizione, idratazione e ventilazione assistita, ma qualsiasi terapia salvavita. Dunque il malato oncologico che si sta sottoponendo a cicli di chemioterapia e la cui sopravvivenza, perciò, non dipende da alcun macchinario potrà legittimamente chiedere al medico di aiutarlo a morire. Questa interpretazione, oltre a trovare validità nel tenore letterario delle parole usate dalla Consulta, discende anche logicamente dalla lettura della legge 219/2017, la cosiddetta legge sulle Dat che già aveva aperto ad alcune pratiche eutanasiche. Infatti già con questa normativa i pazienti la cui sopravvivenza dipendeva dalla nutrizione, idratazione e ventilazione assistita potevano chiedere di morire esigendo l'interruzione di tali presidi vitali, previa sedazione. Quindi se l'intervento della Consulta avesse riguardato solo questa categoria di pazienti, tale intervento sarebbe stato pressoché superfluo.Altra condizione che fa sempre riferimento ad una caratteristica personale dell'aspirante suicida: la patologia deve essere irreversibile. Quindi porte aperte a tutti i malati cronici affetti da patologie di per sé letali che richiedono cure continue, vedi i pazienti in dialisi. Dunque - ed è la notizia più saliente - se uniamo le due caratteristiche appena indicate (pazienti sottoposti a trattamenti salvavita e presenza di patologie irreversibili) ecco che il bacino di utenti che potrebbero chiedere l'eutanasia da oggi si allarga a dismisura. Aggiungiamo un nota bene: non serve essere ricoverati in ospedale per chiedere di suicidarsi. L'assistenza medica volta al suicidio potrà e dovrà essere effettuata anche a domicilio o dove più si aggrada.Ulteriore condizione di carattere personale: la patologia deve essere "fonte di sofferenze fisiche e psicologiche che egli reputa intollerabili". Va da sé che questa indicazione fa scadere la pratica dell'aiuto al suicidio nell'arbitrarietà. Infatti il criterio qui indicato è meramente soggettivo ed è privo di riscontri oggettivi. In breve qualsiasi sofferenza sarà legittimante la richiesta di morire. Inoltre anche la sofferenza psicologica è criterio valido per chiedere il suicidio assistito. Ad esempio facciamo il caso di Tizio che ha due bypass al cuore e che, anche per motivi diversi dalla sua cardiopatia, è fortemente depresso tanto da voler morire. Il soggetto, in accordo con quanto indicato dalla Consulta, è tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale (bypass) e lo stato patologico depressivo viene descritto dal medico come irreversibile. Tizio ha quindi tutte le carte in regola per ricorrere al suicidio assistito. Infatti, almeno stando al comunicato stampa rilasciato dalla Corte, la patologia irreversibile che provoca sofferenze insopportabili (depressione) potrebbe non essere quella per cui il paziente è sottoposto a trattamenti salvavita (cardiopatia).Occorre inoltre rispettare non solo condizioni soggettive, cioè legate alle condizioni del paziente, bensì anche condizioni oggettive. In questo caso la Consulta da una parte non innova, ma rimanda semplicemente alla disciplina del consenso informato presente nella legge 219/2017. In particolare il futuro sucida dovrà essere edotto sulle alternative percorribili, dovrà rispettare alcune formalità per esprimere la sua volontà di togliersi la vita e potrà avvalersi di pratiche sedative. Su altro fronte la Consulta aggiunge qualcosa di nuovo al quadro normativo vigente: perché si possa legittimamente ricorrere all'aiuto al suicidio, è necessario che la verifica della presenza di tutte queste condizioni e la verifica che la procedura eutanasica avvenga nel rispetto della legge dovranno essere attuate per il tramite "di una struttura pubblica del SSN, sentito il parere del comitato etico territorialmente competente". In breve si scaricano su ospedali, medici e comitati etici l'onere di accertare che tutto sia, dal punto di vista legale, ineccepibile.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5790MUORE A 12 ANNI DOPO 3 GIORNI DI AGONIA (MA I GIORNALI HANNO DIMENTICATO DI DIRE CHE...) di Alfredo De Matteo«Sofia muore a 12 anni dopo tre giorni di agonia», titolano le cronache in relazione al tragico incidente occorso ad una ragazza di Parma rimasta intrappolata sul fondo della piscina di uno stabilimento balneare della Versilia, per cause ancora in via di accertamento. Sofia era stata soccorsa, rianimata e portata in gravissime condizioni all'ospedale Opa di Massa dove i medici hanno fatto tutto il possibile per salvarle la vita. In seguito, si è verificato un peggioramento delle condizioni cliniche della paziente per cui l'equipe medica ha deciso di avviare la procedura per la dichiarazione della morte cerebrale, come prescritto dalla legge. Dopodiché Sofia è stata dichiarata cerebralmente morta e i genitori hanno dato l'assenso per l'espianto degli organi ma la procura ha acconsentito solo al prelievo delle cornee (ilmessaggero.it, 17 luglio 2019).IL FAMIGERATO TEST DI APNEAOra, c'è da tenere in considerazione che la procedura di accertamento della morte cerebrale consiste in una serie di prove, tra cui il famigerato test di apnea. Attraverso tale esame si misura la capacità dell'individuo di regolare volontariamente (ossia in maniera automatica) la frequenza respiratoria in un dato momento. Se ad esempio decidiamo di trattenere il respiro (apnea) possiamo imporre la non attivazione del respiro spontaneo per un certo lasso di tempo (variabile per ciascuno di noi). Tuttavia, c'è un limite oltre il quale il nostro organismo impone la respirazione a prescindere dalla nostra volontà, pena la morte per asfissia. Il test di apnea non fa altro che produrre una situazione di accumulo di anidride carbonica nel sangue (con un valore soglia che corrisponde a 60 millimetri di mercurio) per verificare se si attiva spontaneamente un atto respiratorio. Il test prevede la de-connessione del paziente dal respiratore automatico per almeno 5 minuti e deve essere ripetuto per ben tre volte durante il periodo di osservazione; inoltre, il paziente deve essere libero da farmaci in grado di deprimere la funzione ventilatoria, in particolare oppioidi e curari. Inutile sottolineare che il test di apnea presenta diverse criticità per il semplice fatto che il paziente, a cui vengono di fatto sospese le cure, viene sottoposto a procedimenti invasivi che possono portare ad un peggioramento del suo quadro clinico e financo alla sua morte. Non occorre essere degli scienziati o degli esperti in materia per capire che togliere la possibilità di respirare ad un individuo che versa in condizioni critiche, per ben 5 minuti e per tre volte, non sia propriamente un toccasana per la sua salute. Nello specifico, è un po' come se Sofia fosse stata più volte rimmersa nella piscina da dove era stata tirata fuori per verificare le sue capacità respiratorie...DOMANDE SENZA RISPOSTAColpisce inoltre l'aleatorietà dell'intero processo di accertamento della morte, a partire dalla decisione di avviare le procedure.- Perché dopo tre giorni l'equipe medica ha deciso di verificare la morte cerebrale della paziente e non subito oppure dopo una settimana o un mese?- Cosa è cambiato nel frattempo e quali elementi oggettivi hanno indotto i medici a sottoporre la paziente agli invasivi test di accertamento invece di insistere solamente con le cure del caso?- In più, i test predittivi della morte cerebrale sono affidabili al di là di ogni ragionevole dubbio?- La morte cerebrale è vera morte?In realtà, di una cosa sola siamo certi: la sfortunata ragazza non è morta per cause riconducibili direttamente all'incidente occorsole bensì per la sospensione dei sostegni che la tenevano in vita. La legge prevede infatti che una volta accertata la cosiddetta morte cerebrale il paziente venga trattato alla stregua di un cadavere. Nel caso di un accertato donatore egli viene tenuto in vita solamente allo scopo di preservare i suoi organi. Ma almeno il consenso al trapianto è realmente libero ed informato? In altre parole, la cosiddetta donazione degli organi è veramente tale?Ai genitori di Sofia non è stato chiesto il permesso di avviare la procedura di accertamento della morte né sono stati adeguatamente informati circa i rischi che tale procedura comporta. In realtà, per chi si viene a trovare in circostanze simili l'unica scelta possibile è la morte che si vuole riservare al proprio caro: in seguito all'espianto degli organi oppure all'abbandono delle terapie e al distacco dei sostegni vitali.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5689NOA, LA 17ENNE OLANDESE CHE HA CHIESTO E OTTENUTO L'EUTANASIA di Tommaso ScandroglioA volte arriva l'inverno prima che sia sbocciata la primavera. La diciassettenne olandese Noa Pothoven è morta domenica scorsa nel salotto di casa sua, dopo aver deciso di non mangiare e bere più. Noa era gravemente depressa e aveva sofferto di stress post-traumatico e anoressia dal momento che aveva subito violenze sessuali all'età di 11 e 12 anni e poi a 14 anni: si è tolta la vita perché altri, anni prima, le avevano tolto la vita dell'anima. La ragazza non si era più ripresa da quell'indicibile trauma e aveva pubblicato la sua storia nel 2018 nel libro autobiografico "Vincere o imparare".Aveva iniziato una battaglia legale per vedersi riconosciuto il diritto all'eutanasia, dato che in Olanda anche i minori dai 12 anni in su possono essere uccisi. Ma i suoi sforzi erano risultati vani. Ciò detto, per una depressa grave a cui viene rifiutata l'eutanasia legale, c'è una decina di persone nelle stesse condizioni in Olanda che invece riescono a ottenerla. Nel 2017 il 4,4% di tutti i decessi avvenuti nel Paese dei tulipani è da addebitarsi a pratiche eutanasiche.Noa, in un'intervista al quotidiano Ad, aveva dichiarato: «Volevo morire. Non ne potevo più di vivere. Per anni sono passata da un ospedale all'altro a causa di gravi problemi psichici. Depressione, tentativi di suicidio, anoressia, autolesionismo. Trenta ricoveri in centri specializzati dove indossavo solo un abito di una stoffa che non si poteva strappare. Disperata, mi sono rivolta alla Clinica per la fine della vita chiedendo l'eutanasia. Mi hanno risposto di no perché sono troppo giovane: devo superare il trauma a causa di una violenza subita con un completo tragitto di cura, sino a quando il mio cervello sarà completamente sviluppato, non prima dei 21 anni. Sono devastata perché non posso aspettare così a lungo».UN TRISTE ULTIMO POSTUna settimana fa su Instagram il suo ultimo post: "Un triste ultimo post. Ho esitato a lungo, ma ho deciso di pubblicarlo. Il mio piano era pronto da molto tempo quindi non è impulsivo. Vado dritta al punto: entro un massimo di 10 giorni morirò. Dopo anni di battaglie, il combattimento è finito. Ora ho smesso di mangiare e bere e dopo molte discussioni e conversazioni è stato deciso che sarò lasciata andare perché la mia sofferenza è insopportabile. È finita. Non sono stata davvero viva per così tanto tempo, sopravvivo, e nemmeno quello. Respiro ancora, ma non sono più viva. Sono ben curata, ottengo sollievo dal dolore e sono con la mia famiglia tutto il giorno (sono in un letto d'ospedale nel soggiorno). Sto salutando le persone più importanti della mia vita". E infine: "Va tutto bene. Non cercare di convincermi che questo non è buono, questa è la mia decisione ed è definitiva. L'amore è lasciare andare, in questo caso... Amore da Noa".C'è ancora mistero sulle modalità concrete che hanno permesso a Noa di morire. Forse parallelamente al processo di decadimento prodotto dalla mancanza di idratazione e nutrizione, che poi l'ha portata a morire, c'è stata l'assistenza palliativa dei medici, presenti al momento del decesso. Dunque, dal punto di vista morale si tratterebbe di aiuto al suicidio, perché le pratiche palliative sarebbero state prestate proprio per rendere meno doloroso il trapasso e quindi agevolarlo. Il suicidio assistito è una delle molteplici modalità per praticare l'eutanasia.Ma alla fine sono solo tecnicismi. Gli aspetti dolorosamente importanti di questa vicenda sono altri. Primo: al di là di ciò che prescrive la legge olandese, alla ragazza doveva essere impedito di realizzare il proposito suicidario. Vero è che i parenti e i medici hanno tentato di tutto, cercando di persuaderla, ma, dato che la persuasione non aveva funzionato, sarebbe stato giustificato l'intervento coattivo per mantenere in vita la ragazza. Parimenti, ad esempio, si forzano giustamente le ragazze anoressiche a mangiare. Se una persona depressa vuole lanciarsi nel vuoto da un cornicione è lecito e, nella stragrande maggioranza dei casi, doveroso impedire anche con la forza quel gesto insano. Ovviamente questo è valido anche se il tentato suicida non è depresso, perché ogni gesto suicida è irragionevole.I MEDICI L'HANNO "AIUTATA" A MORIRESecondo aspetto da mettere in luce: i medici non solo non sono intervenuti per evitare la morte di Noa, ma addirittura l'hanno agevolata nel suo proposito. Veniamo al terzo aspetto. Nella percezione collettiva ciò che ha impressionato in questa storia sono alcuni fattori tra loro congiunti: i motivi di carattere psicologico e la non presenza di patologie che riguardavano il corpo, la giovane età della ragazza, il fatto che non avesse i requisiti di legge per morire, le cause della sua depressione, cioè le violenze subite.Riguardo al primo aspetto occorre sottolineare che nella stragrande maggioranza dei casi la richiesta di eutanasia è motivata da sofferenze psicologiche e non da dolori fisici. Infatti questi ultimi con le cure palliative e le terapie antalgiche possono essere debellati o comunque resi assai tollerabili, come ha testimoniato la stessa Noa: "Ottengo sollievo dal dolore", ha scritto prima di morire. Dunque, anche il paziente oncologico terminale chiede l'eutanasia perché prostrato psicologicamente dal suo stato e perché non vuole consumarsi la mente nell'attesa dell'ora fatale. Questo vuol dire che, se proviamo sconcerto per le motivazioni che hanno portato Noa a suicidarsi, dovremmo assumere il medesimo atteggiamento anche nei confronti della maggior parte di coloro che vogliono chiudere gli occhi per sempre.In merito all'età, come accennato, anche i minori possono accedere all'eutanasia, occorre però che siano affetti da sofferenze intollerabili, senza prospettive di miglioramento e senza altre soluzioni per eliminare le sofferenze: requisiti, questi ultimi due, forse ritenuti assenti nel caso di Noa. Dai 16 anni in su non serve nemmeno il consenso dei genitori per poter morire. Perciò il turbamento che ha colto molti nel leggere questa notizia, dovrebbe riguardare non solo il caso di Noa, ma anche altri analoghi legittimati dall'ordinamento olandese e la stessa legge sull'eutanasia lì vigente (a margine: anche la nostrana legge 219 permette l'eutanasia dai zero anni in su). In altri termini, perché inorridire per Noa e non per l'anziano, anch'egli depresso perché malato terminale di cancro, che chiede e ottiene l'eutanasia? Non si tratta sempre di voler morire?Questa diversa risposta emotiva delle persone ci fa comprendere che nella testa di molti alberga l'idea che ci sia un'eutanasia cattiva, quella praticata su belle ragazze sane fisiologicamente ma malate nell'anima, e quella buona, quella praticata su macilenti anziani o deformi disabili. Pare che il giudizio morale sia influenzato non poco dal giudizio estetico sulla vita dei richiedenti la "dolce morte".I PALETTI NELLE LEGGI INGIUSTE SARANNO RIMOSSI PRIMA O POIRelativamente alla mancanza dei requisiti, i paletti nelle leggi ingiuste sono fatti per essere divelti. Infatti, perché negare la morte a una ragazza solo perché potrebbe riprendersi? Se il principio cardine è l'autodeterminazione intesa in senso assoluto, laddove la persona abbia deciso di morire nonostante ci sia la possibilità, come per Noa, di vivere un domani migliore, perché non accogliere questa sua decisione? La prospettiva del giudizio morale dovrebbe in realtà essere diversa: poco importa che il caso di Noa presentasse o non presentasse i requisiti per poter morire, ciò che fa problema è consentire l'eutanasia. Accettato questo principio, anche i casi come quelli di Noa prima o poi avranno le carte in regola per accedere all'eutanasia.In merito alle violenze sessuali, c'è da rammentare che gli abusi su minori ed eutanasia sono fratelli della stessa madre: il concetto di libertà intesa in senso assoluto, cioè senza limiti. Come la mia libertà sessuale non deve conoscere limiti, né in merito all'orientamento, né in merito alle pratiche sessuali, né in merito ai soggetti con cui ho una relazione - semaforo verde dunque anche a pedofilia ed efebofilia - così anche la mia libertà su cosa fare della mia vita biologica non deve conoscere ostacoli. Inoltre, abusi su minori ed eutanasia hanno un altro tratto in comune: come l'abuso segna indelebilmente la persona per tutta la vita, ma nonostante questo un percorso di recupero è sempre possibile, così la decisione di Noa di uccidersi, contro la volontà dei genitori, segnerà per sempre le vite di costoro.Chiudiamo indicando il balsamo necessario per i casi analoghi a quello di Noa, chiudiamo con le parole del Papa che così ha commentato questa triste vicenda: "L'eutanasia e il suicidio assistito sono una sconfitta per tutti. La risposta a cui siamo chiamati è non abbandonare mai chi soffre, non arrendersi, ma prendersi cura e amare per ridare la speranza".
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5466LA MORTE CEREBRALE E' UN TRUCCO DELLA CULTURA DELLA MORTE di Alfredo de Matteo Quest'anno ricorrono i cinquant'anni (1968) della prima definizione del criterio di morte cerebrale, ad opera di una commissione medica creata ad hoc dall'università di Harvard per giustificare eticamente i primi trapianti d'organi vitali. Sull'Avvenire del 4 febbraio è uscita un'interessante intervista, a firma di Lucia Bellaspiga, alla ricercatrice del Centro neurolesi di Messina, Silvia Marino.L'occasione è un meeeting internazionale che si è svolto a Milano il 2 febbraio scorso sui disordini della coscienza, organizzato dalla Fondazione Irccs Istituto Neurologico Carlo Besta.La neurologa Marino si occupa da diversi anni di scandagliare i residui più nascosti della coscienza attraverso le tecniche di neuroimaging e di studiare le reazioni del cervello stimolato da suoni, odori ed immagini. Ai pazienti apparentemente privi di contatto con il mondo esterno e immobili da mesi o anni nel loro letto, spiega nell'intervista la ricercatrice, somministriamo stimoli di ogni genere, soprattutto grazie alla fondamentale collaborazione dei familiari. Mentre ciò avviene, attraverso la risonanza magnetica funzionale possiamo vedere se si attivano le aree del cervello del paziente.Abbiamo così studiato 27 persone con diagnosi di minima coscienza e 23 in stato vegetativo, e tra questi ultimi ben 10 sono passati ad uno stato di minima coscienza. Pertanto, ribadisce la neurologa, la parola irreversibile applicata ai disturbi della coscienza, stato vegetativo compreso, non è più utilizzabile.IL 40% DELLE DIAGNOSI DI STATO VEGETATIVO RISULTANO ERRATEDel resto, pochi mesi fa la rivista Current Biology ha reso noto un importante esperimento scientifico condotto dalla neuroscienziata italiana Angela Sirigu, la quale è riuscita a recuperare la coscienza di un paziente in stato vegetativo attraverso una serie protratta nel tempo di elettrostimolazioni del nervo vago. Secondo la comunità scientifica almeno il 40 per cento delle diagnosi di stato vegetativo risultano errate, ma la particolarità del caso del paziente sottoposto all'esperimento della Sirigu riguarda il fatto che la certezza della diagnosi sembrava fuori discussione, dal momento che egli non aveva più alcun contatto con il mondo esterno da 15 anni e la sua condizione sembrava effettivamente irreversibile.Fino agli anni Sessanta la tradizione giuridica e medica occidentale riteneva che l'accertamento della morte dovesse avvenire tramite il riscontro della definitiva cessazione di tutte le funzioni vitali: respirazione, circolazione, attività del sistema nervoso. Appunto cinquant'anni or sono, nel 1968, un comitato istituito dalla Harvard Medical School propose un nuovo criterio di accertamento della morte fondato sulla definitiva cessazione delle sole funzioni cerebrali, il cosiddetto coma irreversibile. Da allora, la morte cerebrale è il criterio che consente di effettuare legalmente la pratica dei trapianti degli organi vitali nella maggior parte degli Stati del mondo.MORTE CEREBRALE INAFFIDABILEOra, se l'ormai raggiunta consapevolezza dell'inaffidabilità del parametro di morte cerebrale o coma irreversibile ci spinge a denunciare la tendenza in atto tesa a ridurre l'uomo ad un semplice agglomerato di organi, senza coscienza né anima, come avviene ad esempio per l'eutanasia, perché essa non ci dovrebbe spingere a denunciare con eguale determinazione la pratica della cosiddetta donazione di organi?Non si fonda anch'essa, a ben vedere, sui medesimi principi che hanno portato all'assassinio per sentenza di Eluana Englaro o di Terry Schiavo e che hanno portato i giudici inglesi a "staccare la spina" al povero Charlie Gard?In effetti, il criterio ultimo sulla base di cui, oggi, si decide la sorte degli esseri umani è meramente utilitaristico e prevede la distinzione del tutto arbitraria tra vite degne e indegne di essere vissute, tra esistenze utili e inutili (a qualcosa o qualcuno). Anche la donazione degli organi non sfugge al medesimo principio filosofico che sottende le altre condotte contro la vita e in più poggia totalmente sul criterio antiscientifico della morte cerebrale. Si potrebbe obiettare che essa permette però di salvare vite umane altrimenti destinate a morte certa. Ma a quale costo? Quante sono le persone a cui sono stati espiantati gli organi che, se lasciate vivere, avrebbero potuto risvegliarsi o migliorare le loro condizioni di vita? E soprattutto, quanti di questi pazienti erano profondamente coscienti ma impossibilitati a comunicare?Tutte domande a cui non è possibile dare una risposta sicura. Quel che è certo è che la battaglia in difesa della vita e contro la cultura della morte non può essere condotta in maniera parziale, ossia condannando talune pratiche e al contempo elogiandone oppure non condannandone altre, che soggiacciono ai medesimi criteri antiumani ed antiscientifici propagandati dalla modernità.Nota di BastaBugie: sulle inquietanti problematiche connesse con il tema della morte cerebrale consigliamo di vedere il video con l'intervento del prof. Roberto de Mattei al congresso internazionale: "I segni della vita. La morte cerebrale è ancora vita?" organizzato a Roma dall'Associazione Famiglia Domani.1° parte dell'intervento del prof. Roberto De Matteihttp://www.youtube.com/watch?v=TAIoI5cen-A2° parte dell'intervento del prof. Roberto De Matteihttp://www.youtube.com/watch?v=2_ZbVnflADEPer approfondire ulteriormente l'argomento ecco tre articoli pubblicati da BastaBugie (clicca su quello che interessa):1) L'INQUIETANTE STORIA DEL CONCETTO DI ''MORTE CEREBRALE''L'encefalogramma piatto non dimostra la morte di un uomodi Roberto De Matteihttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8722) L'OSSERVATORE ROMANO ROMPE IL TABÙ SULLA MORTE CEREBRALEI segni della morte. A quarant'anni dal rapporto di Harvarddi Lucetta Scaraffiahttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8713) GLI INTERESSI CHE SONO DIETRO LA DEFINIZIONE DI MORTE CEREBRALEIntervista al professor Paul Byrne: morte cerebrale... o eutanasia?di Veronica Rasponihttp://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=1473
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