Dopo la corsa vertiginosa, il crollo. Il fascismo è finito, ma il patriarcato è ancora in gran forma. Ma le donne non si arrendono. E l’esperienza resistenziale continua in tanti modi nei decenni a venire, anche se le delusioni e i bocconi amari sono tanti.
Il corpo è punto di forza ma anche di massima vulnerabilità. Un viaggio nell’inferno delle torture e delle violenze carnali inflitte alle partigiane o presunte tali, un tema sprofondato nel silenzio per decenni, perché la sciagurata tendenza a colpevolizzare le vittime, ieri come oggi, induce spesso le sopravvissute a tacere.
Le donne scoprono subito come tutti i pregiudizi e gli stereotipi in cui le ingabbiano, insieme agli abiti, al trucco, ai loro corpi, freschi o anziani che siano, possono diventare armi per fregare i nazifascisti, prendono così coscienza del potere del proprio corpo e scoprono, insieme, quello dell’altro sesso, tra amori, timori e turbamenti. Ma anche la possibilità di essere potentemente sole.
Dalle azioni spontanee alla nascita dei GDD, all’attività delle staffette fino alla scelta radicale (e spesso osteggiata) di entrare in banda, con un interrogativo sempre presente sottotraccia: prendere o no le armi?
Con la caduta del regime e l’8 settembre, le donne entrano in scena: le tante, diverse radici della scelta resistenziale, tra passioni politiche, esperienze di sfruttamento, reti amicali e storie di famiglia.