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Dal Vangelo di oggi
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Dal Vangelo di oggi

Author: Veregra UP

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Un commento ad alcuni versetti scelti del vangelo della liturgia del giorno
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Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,20-26In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna. Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono…  La questione della vera giustizia era permanente nell’ambito religioso giudaico. Il modo di capirla era del tutto sbagliato e frainteso dalle autorità religiose. Ciò spiega l’atteggiamento di Gesù dinanzi alla legge, un atteggiamento di rottura e di continuità allo stesso tempo. Infatti, il Maestro rompe con le interpretazioni diffuse del suo tempo e mantiene fermo l'obiettivo secondo cui l’osservanza della legge deve raggiungere una maggiore giustizia, un’amore vero, la riconciliazione e la comunione fraterna. Se per i farisei la persona compie la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le prescrizioni della legge senza trascurare nulla, per Gesù invece la giustizia non viene da ciò che facciamo per Dio osservando la legge, bensì da ciò che Dio fa per noi quando ci lasciamo accogliere da lui come figli e figlie. Per cui saremo giusti davanti a Dio quando cercheremo di accogliere e perdonare le persone come Dio lo fa con noi, perdonandoci malgrado i nostri difetti e i nostri limiti. Aiutaci Signore a sradicare dal di dentro di noi tutto ciò che può condurre all'assassinio, la rabbia, l'odio, il desiderio di vendetta, l'insulto, lo sfruttamento e disponi i nostri cuori alla riconciliazione e alla pace. Con affetto!  Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5,17-19In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento.
In verità io vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà un solo iota o un solo trattino della Legge, senza che tutto sia avvenuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi minimi precetti e insegnerà agli altri a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà, sarà considerato grande nel regno dei cieli».La grandezza del discepolo di Cristo consiste nell’osservanza della legge, quella legge di cui Gesù è il compimento. Se Gesù è il compimento della legge antica e nuova, tutto quello che Egli ha fatto ed insegnato è semplicemente il cammino che Dio ci concede per essere beati. L’esempio dell’adempimento della Legge, visibile nella vita di Gesù, ci da allora la grazia di potere vivere da uomini nuovi. Gli uomini nuovi infatti sanno finalmente osservare la legge dell’amore di Dio e del prossimo, poiché chi ama sinceramente compie tutta la legge. Solo che amare comporta pure delle regole per cui un amore senza canoni è destinato a svanire, come una fede senza osservanza responsabile dei comandamenti può deludere. Chiediamo la grazia di fare tesoro dell’insegnamento di Gesù senza pensare di esserne diventati schiavi. Questo è il vero compimento della legge. Con affetto! Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,7-13

In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli:
«Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non  procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, domandate chi là sia degno e rimanetevi finché non sarete partiti. Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne è degna, la vostra pace scenda su di essa; ma se non ne è degna, la vostra pace ritorni a voi».Il vangelo di oggi presenta la seconda parte dell’invio dei discepoli con una attenzione particolare alle istruzioni concrete per svolgere autenticamente la missione. Si tratta infatti di essere annunciatori del Regno di Dio mediante i segni della presenza di quel Regno. Per concretizzare l’impegno missionario occorrono innanzitutto gesti concreti compiuti gratuitamente: “Guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, scacciare i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. In effetti, mandandoli senza niente, Gesù vuole che gli apostoli siano privi di beni materiali, spesso ingombranti, per testimoniare che si fidano pienamente di Dio. Ecco il senso della loro povertà. Sono poveri perché hanno fiducia in Dio. Sono pronti ad andare e camminare senza garanzie, perché sanno chi li manda. Sono più che certi di poter sempre contare sulla presenza amorevole di Dio. Assumersi l’impegno missionario non è dunque dire belle parole sagge come sappiamo fare, ma vuol dire testimoniare con la propria vita. Chiediamo la grazia di essere annunciatori credibili del Vangelo con la nostra testimonianza quotidiana. Con affetto! Buona settimana.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,1-12aIn quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli…   Le Beatitudini, otto per essere precisi, aprono solennemente il famoso  “Discorso della Montagna”. In effetti, Gesù rivela chi può essere considerato beato ovvero, chi può sperare entrare nel Regno dei cieli. Si tratta di otto categorie di persone, otto modi per varcare le porte della visione beatifica di Dio così come Egli è. Infatti, sembra proprio che il Signore ci dica che non ci sono altre entrate! Non è possibile barare. Chi vuole entrare nel Regno dei cieli deve - senz’alcun altro modo - identificarsi almeno con una di queste otto categorie di salvati. Per i nostri criteri di giudizio tutto si scombussola poiché nella società in cui viviamo, il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice alla pari del povero, perciò la loro vita non può essere altro che pianto. Il beato per i nostri gusti è colui che ha denaro e può avere tutto quello chi gli serve come vuole. Beato è pure colui che ha fama, potere e quindi domina. Il Vangelo odierno invece ci fa andare oltre con quei punti del ritratto fedele della via della santità cristiana. Ci torna facile concludere che la vera beatitudine e la vera felicità consistono nel sapere fin d’ora che Dio è con noi in ogni situazione che sarebbe considerata svantaggiosa agli occhi del mondo. Anche tu, puoi essere felice nella tua condizione attuale. Quello che ti resta da fare è scegliere di stare dalla parte di Dio. Non delude mai. Con affetto! Buona settimana. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni, Gv 19,31-37Era il giorno della Parascève e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all'uno e all'altro che erano stati crocifissi insieme con lui. Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua. Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera; egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Questo infatti avvenne perché si compisse la Scrittura: «Non gli sarà spezzato alcun osso». E un altro passo della Scrittura dice ancora: «Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto»…La festa del Sacro Cuore è un invito ad alzare lo sguardo verso il Crocifisso. Nel Vangelo di oggi infatti, Giovanni motiva la richiesta delle autorità giudaiche di togliere i corpi crocifissi, con il fatto che quel giorno coincideva con il giorno della Parasceve ovvero il venerdì vigilia della Pasqua. Per portare via i corpi dei condannati era necessario che fossero morti. Ecco perché i Giudei chiesero che fosse loro inflitto una pena supplementare - che non era sempre applicata - per velocizzare la loro morte, ma non sarà questo il caso con Gesù. Il corpo del Signore morto è quello prossimo alla resurrezione, quello del Signore vivente che dona lo Spirito e invita l’uomo ad amare. Chi desidera imparare ad amare con il Cuore di Dio, deve far comunione con il Figlio di Dio morto e risorto. Infatti, solo chi rimane a stretto contatto con Dio, a quel Dio che ha fatto della Croce il suo scettro, impara ad amare con il cuore di Dio. Chiediamo la grazia di manifestare e comunicare la tenerezza di Dio. Preghiamo specialmente per coloro che sono a stretto contatto con la sofferenza e per quelli che sono chiamati a curare le piaghe del corpo o quelle dell’anima. Con affetto! Buon fine settimana. Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,28b-34In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?». Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi»…Gli insegnamenti di Gesù e le sue risposte istruttive erano divenuti famosi. Dopo il dialogo con i sadducei che volevano sminuire la fede nella risurrezione, il dottore della Legge invece approfitta per sapere come si può ottimizzare l’adempimento della Legge. Ecco perché chiede qual’è il primo dei comandamenti cioè quello che si dovrebbe osservare di più. A differenza di quel conoscitore della Legge ma rimanendo nello stesso contesto, tanti di noi ci chiediamo a cosa dare più importanza nella vita di fede. Alcuni dicono che basta essere battezzati. Altri pensano che è importante andare a Messa o partecipare alla Messa dominicale. Altri ancora ipotizzano che oltre al battesimo, bisogna amare il prossimo e lottare per un mondo sempre più giusto. Un’altra categoria si preoccupa unicamente delle apparenze e degli incarichi nella Chiesa. Per aiutarci dunque, il Maestro raccomanda l’Amore di Dio e del prossimo. Chi ama Dio lo cerca e ascolta la sua Parola participando alla vita ecclesiale parrocchiale. Chi ama il prossimo agisce bene perché il bene va fatto e il male è da evitare al massimo. Se vogliamo aggiungere un nuovo criterio a quell’amore, direi che ci è stato dato dal Signore stesso in continuità con l’Antico testamento: bisogna amare l’altro come Egli stesso ci ha amati. Da questo sapranno che siamo battezzati e che siamo tutti amici suoi. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,18-27In quel tempo, vennero da Gesù alcuni sadducei – i quali dicono che non c’è risurrezione – e lo interrogavano dicendo: «Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che, se muore il fratello di qualcuno e lascia la moglie senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie, morì e non lasciò discendenza. Allora la prese il secondo e morì senza lasciare discendenza; e il terzo ugualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna. Alla risurrezione, quando risorgeranno, di quale di loro sarà moglie? Poiché tutti e sette l’hanno avuta in moglie».Continua il confronto tra Gesù e le autorità religiose. Dopo gli Erodiani, oggi tocca ai sadducei, i quali fanno una domanda sulla risurrezione. Essi infatti non accettavano la fede nella risurrezione, fede che invece cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Piombano da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione dei morti. Ecco perché raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. Si tratta della cosiddetta legge del levirato, che obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito e così via. Alla loro domanda dunque, Gesù spiega e rivela che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte infatti, non ci sarà più il matrimonio come lo imaginiamo noi, ma tutti saranno diversi proprio come angeli in cielo perché Dio sarà tutto in tutti. La debolezza del ragionamento dei sadducei è che immaginavano la vita dopo la morte come la vita qui sulla terra. E noi, proprio come loro, la pensiamo spesso così sicché uno non la prendre abbastanza sul serio. Quello che ci resta da capire in quel dialogo è che Dio è la vita che non ha fine. Chi nega la resurrezione nega Dio stesso e la vita eterna che Egli dà. Infatti, l’alleanza con Dio non può essere confinata solo nei sentieri di questa vita fugace. Quella alleanza  va al di là del visibile e dell’immaginabile. Vivi pienamente in Dio questa vita. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 12,1-12In quel tempo, Gesù si mise a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti, agli scribi e agli anziani]: «Un uomo piantò una vigna, la circondò con una siepe, scavò una buca per il torchio e costruì una torre. La diede in affitto a dei contadini e se ne andò lontano.
Al momento opportuno mandò un servo dai contadini a ritirare da loro la sua parte del raccolto della vigna. Ma essi lo presero, lo bastonarono e lo mandarono via a mani vuote. Mandò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo insultarono. Ne mandò un altro, e questo lo uccisero; poi molti altri: alcuni li bastonarono, altri li uccisero…La ‘parabola dei vignaioli omicidi' - riportata nel Vangelo odierno di Marco - esprime il culmine di tante altre discussioni precedenti tra Gesù e i capi dei sacerdoti. Infatti, l’insegnamento del Maestro circa il piano della storia della salvezza progettato da Dio è legato in modo inscindibile al suo proprio  destino. A partire dal linguaggio simbolico della parabola raccontata, si può dire che la ‘vigna' è il regno di Dio, i servi sono i profeti, il Padrone-Signore è Dio, i vignaioli sono Israele e i suoi capi e i frutti sono la fedeltà all'Alleanza. Per finire, abbiamo anche l’icona del Figlio-Amato in cui spicca chiaramente il ruolo unico e storico di Gesù, l'ultimo inviato, l'erede oltraggiato e ucciso da coloro che pretendevano di gestire in proprio la ‘vigna'. Proprio in questo contesto, ci è dato di imparare che l’amore di Dio non si misura con la logica umana e non può essere compreso dall’umana ragione. Se tutto questo è per noi un’immagine fin troppo eloquente e sconcertante della misericordia divina, siamo ancora in tempo per chiederci se ce lo meritiamo quotidianamente. Dio che non ti rassegni davanti alla nostra  infedeltà e non ti stanchi di cercarci anche quando ci nascondiamo dietro il muro del nostro orgoglio, dacci lo stesso amore, la stessa misericordia e lo stesso zelo nel servizio dei nostri fratelli e sorelle che sentiamo lontani da Te.Con affetto. Buona settimana!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Luca
Lc 1,39-56
 
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Allora Maria disse: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva…»Beata la credente. È il titolo con il quale Maria viene chiamata da Elisabetta. Tramite il sì della Madre di Dio, possiamo capire cosa significa credere. Vuol semplicemente dire aderire a Dio con tutto il nostro essere e con l’intima certezza che è Lui la vita e la salvezza nostra. Il credente infatti, non si dovrebbe fermare solo alla mera accoglienza di una dottrina spesso accolta con leggerezza. Egli sarà consapevole che senza il Signore non può portare frutto proprio come canta gioiosamente Maria. Per cui chi crede riconosce e annuncia che in Gesù Cristo risplende la verità piena che illumina ogni cosa. Chi crede non custodisce per sé la gioia di avere incontrato Gesù, ma si mette in moto come Maria diventando missionario. Chi crede invoca ed accoglie lo Spirito Santo come il soffio di vita che in ogni tempo genera un mondo nuovo. Chi crede si fida di Dio senza cercare a tutti i costi garanzie e sicurezze per impegnarsi. Signore, sappiamo quant’è difficile fare della nostra poca fede la nostra veste quotidiana. Sulle orme della Beata Vergine Maria però, vogliamo camminare affidandoci alla sua materna intercessione. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,46-52In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gèrico insieme ai suoi discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, che era cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Sentendo che era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo rimproveravano perché tacesse, ma egli gridava ancora più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». Chiamarono il cieco, dicendogli: «Coraggio! Àlzati, ti chiama!». Egli, gettato via il suo mantello, balzò in piedi e venne da Gesù.
Allora Gesù gli disse: «Che cosa vuoi che io faccia per te?». E il cieco gli rispose: «Rabbunì, che io veda di nuovo!». E Gesù gli disse: «Va’, la tua fede ti ha salvato». E subito vide di nuovo e lo seguiva lungo la strada.La fama di Gesù non era più contenibile. Tanti accorrevano a Lui, soprattutto i deboli, i poveri, i lebbrosi, i malati. Tutti volevano avvicinarlo e parlargli. Anche Bartimèo che aveva perso la vista, desiderava la pace, la salute e felicità. Ma senza sperare più di tanto, mendicava alla porta di Gerico. In effetti, è quello che erano ridotti a fare tutti ciechi, oltre alla dipendenza totale dagli altri. Quel giorno però fu diverso per uno che aveva per unico compagno il buio totale. In quella oscurità della sua cecità, il figlio di Timèo, avendo saputo che era Gesù che passava, gridò a squarciagola professando la sua fede nel Figlio dell’uomo. Mentre lo faceva, pregava ed implorava la misericordia del Figlio di Davide. È l’immagine della preghiera dei piccoli, dei poveri che giorno e notte, senza sosta, perché continuo è il loro bisogno, si rivolgono al Signore perché ripongono in Lui la loro speranza. Infatti, Gesù non è sordo al grido di tutti quelli che sperano in Lui. Come Bartimeo che ha riconosciuto la luce pur senza averla vista, vogliamo accorrere da Gesù per ricuperare la fede che piano piano perdiamo. Con la vista riavuto nell’incontro con il Figlio di Davide, potremo di nuovo seguirlo da veri discepoli. Con affetto!Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,32-45
  
In quel tempo, mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti ai discepoli ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti.
Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: «Ecco, noi saliamo e Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà». Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Che cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Il Vangelo di oggi narra il terzo annuncio della passione e, di nuovo, come nelle volte precedenti, ci mostra l'incoerenza dei discepoli. Quei seguaci di Gesù non solo non capiscono quello che vuole dire loro annunciando la sua morte, ma continuano con le loro ambizioni personali. Sono piuttosto preoccupati solo dei propri interessi. In quel contesto caratterizzato dall'esercizio repressivo ed abusivo del potere come il nostro, Gesù ha un'altra proposta. Egli insiste nel servizio e nel dono della propria vita. Insegna contro i privilegi e  le rivalità che ci distruggono nel quotidiano. Ecco allora che il dovere del buon cristiano sarà di dovere rovesciare il sistema dominante e distruttore del nostro tempo ed insistere nel servizio, quale rimedio contro l'ambizione personale al profitto del bene comune. Come discepoli di Cristo, accogliamo dunque questo Vangelo come richiamo alla conversione, per testimoniare con coraggio e generosità una Chiesa che si china ai piedi degli ultimi, per servirli con amore e semplicità. Possa la Vergine Maria, colei che aderì pienamente e umilmente alla volontà di Dio, aiutarci a  seguire con gioia Gesù sulla via del servizio, quale via maestra che porta al Cielo. Con affetto. Buongiorno.D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 10,1-12
In quel tempo, Gesù, partito da Cafàrnao, venne nella regione della Giudea e al di là del fiume Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli insegnava loro, come era solito fare. Alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, gli domandavano se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».La tematica odierna - che possiamo assimilare alla possibile rottura del matrimonio - coinvolge Gesù e i farisei. Alla domanda di sapere se è lecito ripudiare la propria moglie, il Maestro fa prima di tutto ritornare alla volontà del Creatore e allo stesso tempo, Egli offre chiaramente una nuova  interpretazione della parola di Mosè. Se le separazioni e i divorzi si moltiplicano oggigiorno - illudendo le coppie che siano le uniche opzioni - Gesù invece presenta la comunione coniugale come un ideale da preservare. Infatti, sposarsi per un cristiano non è semplicemente un mettersi insieme. È un’alleanza, un patto, un sacramento. Per cui, il matrimonio cristiano non può essere sottomesso alla legge vincitrice degli umori e delle fragilità che sono sempre in agguato.L’insegnamento di Gesù apre degli orizzonti nuovi e assolutamente imprevedibili perché chiama gli sposi a lottare per vincere ogni tentazione di separazione. Infatti, unirsi sacramentalmente significa essere disposti a perdonare, a accettare che l’altro è diverso da me, a vivere nella complementarietà e a mettere Dio al centro di tutto. È la consapevolezza che si può vincere tutto con Lui che rende capaci di crescere nell’unità tra i coniugi e la prole. Oggi preghiamo perché gli sposi sappiano fare del loro amore il segno visibile della fedeltà di Dio verso l’umanità.Con affetto. Buon fine settimana. D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco Mc 9,41-50In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:« Chiunque vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa. Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare. Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile ».  Il vangelo di oggi ha strane affermazioni che, se prese letteralmente, causano perplessità nella gente che le ascolta. Prima di tutto, Gesù ci porta l’esempio di chi offre da bere un bicchiere d’acqua a un altro. Mette avanti la carità che dovrebbe caratterizzare ordinariamente ogni cristiano. Non agire secondo quella logica sarebbe dunque un motivo di scandalo. Letteralmente tradotta come una pietra lungo il cammino o nella scarpa, lo scandalo per noi è ogni azione che allontana una persona dal buon cammino e gli impedisce d’incontrare Cristo. Scandalizzare i piccoli è essere la ragione per cui quei piccoli si allontanano dal buon cammino e perdono la fede in Dio. Ecco allora che ci viene ribadita l’importanza della fermezza nelle scelta. Tagliare e gettare via sono azioni che significano che il fedele di Cristo deve essere radicale nella sua scelta di Dio e del vangelo, confidando sempre nel suo sostegno nei momenti di debolezza. È così che potremo essere il sale che porta pure la pace dove manca. Buongiorno.  D. Arthur.
Dal Vangelo secondo MarcoMc 9,38-40In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi».Nell'episodio dell'esorcista estraneo al gruppo ristretto dei discepoli, il vangelo odierno ci dà un chiarimento importante. In effetti, i discepoli e molti cristiani di allora avevano creduto di avere il monopolio di Gesù come tutt’ora. Per cui nessuno poteva e doveva agire nel nome del Maestro se non avesse ricevuto autorità da lui in quanto suo discepolo. Questa idea era condivisa tra i dodici che, non avendo agito per impedire l’esorcismo nel nome di Gesù, chiedono a quest’ultimo di fare luce sulla questione. Ecco che ci viene dato di capire che il primo dovere di coloro che hanno autorità nella fede è quello di non proibire di fare il bene. Agire con benevolenza non è monopolio di chi ha il potere o dei cristiani rispetto agli altri. Infatti, la rimostranza di Giovanni traduce con chiarezza l'egoismo dei nostri gruppi, la paura della concorrenza che spesso si maschera dello zelo della fede, mentre ne è in realtà una delle più radicali smentite. Oggi, vogliamo uscire dall’egoismo, l’invidia e l’orgoglio personale o collettivo per costruire delle comunità che vivono nella tolleranza e nella magnanimità accogliendo chi agisce nel nome del Signore. Buongiorno. D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Marco
Mc 9,30-37In quel tempo, Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell’uomo viene consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma, una volta ucciso, dopo tre giorni risorgerà». Essi però non capivano queste parole e avevano timore di interrogarlo. Giunsero a Cafàrnao. Quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa stavate discutendo per la strada?». Ed essi tacevano. Per la strada infatti avevano discusso tra loro chi fosse più grande. Sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti».Il vangelo di oggi parla del secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. Infatti, i discepoli sono spaventati ed hanno paura come avvenne nel primo annuncio; per questo non domande. Non capiscono il valore della croce perché non sono capaci di accettare un Messia che si fa servo di tutti i suoi fratelli. continuano invece a sognare un Messia glorioso e mostrano, oltre a ciò, un'enorme incoerenza discutendo su chi è il più grande. Ecco allora che il Maestro aspetta il momento opportuno per insegnare loro che il potere e l’autorità devono essere usati non per salire e dominare sugli altri, ma per scendere abbassandosi ai fini di servire. In effetti, una persona che solo ambisce a dominare, non presterebbe mai tanta attenzione ai deboli, agli emarginati, ai piccoli e ai bambini di cui Gesù raccommoda l’umiltà e la semplicità. Chi accoglie i piccoli in nome di Gesù, accoglie Dio stesso!Signore, la sofferenza del prossimo ci ferisce, l’incapacità di risolvere i nostri problemi ci fa soffrire e la fatica di corrispondere alle necessità dei fratelli ci affligge. Fa che accettiamo queste croci e che ci affidiamo a Te come bambini per servire nell’umiltà. Buona giornata.D. Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 19,25-34

In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito.Siamo ai piedi della croce e l’evangelista non si sofferma più di tanto sulla cronaca del dolore ormai consumato da Gesù. Giovanni riporta le parole dell’amore crocifisso, quelle parole luminose che Gesù consegna a sua Madre e al discepolo amato. Se la croce e la morte appaiono evidentemente come la triste conclusione di un’esperienza affascinante che è quella di Gesù, le stesse parole del Maestro sono invece piene di vita e di speranza. Infatti, la croce dall’albero mortifero che era diventa così l’albero della vita dal quale nasce la Chiesa. Qui viene sigillato un nuovo patto d’amore tra il discepolo amato, Maria e la Chiesa nascente. Quella nuova maternità di Maria scaturita all’ombra della croce, ricorda che ogni maternità è intimamente segnata dalla disponibilità interiore a soffrire per amore dei figli. In effetti, a Maria addolorata, Gesù chiede di allargare la tenda della maternità fino ad abbracciare tutti noi. Al discepolo amato invece, quindi a tutta la Chiesa, chiede di riconoscere ed accogliere Maria come Madre. Ti vogliamo accogliere Maria nelle nostre famiglie in quanto Madre tenerissima. Intercede per le mamme che soffrono per i propri figli e per le donne che stanno per diventare madri proprio come te. Maria Madre della Chiesa, prega per noi. Buona settimana.Don Arth.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 21,15-19
In quel tempo, quando [si fu manifestato ai discepoli ed] essi ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo, per la seconda volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pascola le mie pecore». Gli disse per la terza volta: «Simone, figlio di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli domandasse "Mi vuoi bene?", e gli disse: «Signore, tu conosci tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecore. « Pasci i miei agnelli, pascola le mie pecore, pasci le mie pecore ». In questi tre imperativi, si trova la nuova missione di Pietro che dopo avere negato Gesù durante la sua passione, viene riabilitato come pastore del gregge del Signore. Assistiamo qui ad una strana confessione non del peccato,  ma dell’amore pur imperfetto di Pietro nei confronti di Gesù: Gli vuole bene. In effetti, il Risorto non chiede al discepolo di rievocare la notte del rinnegamento. Gli interessa soltanto riportare Pietro all’alba della sua nuova chiamata a seguirlo. In fondo il pentirsi dai propri peccati non consiste solo nel riconoscere il peccato commesso. Esso dovrebbe manifestare soprattutto l’ardente desiderio di vivere in piena comunione con il Signore amandolo malgrado le debolezze quotidiane. Ecco perché nel dialogo tra Pietro e Gesù si vede come l’uomo non è capace di capire il senso vero e totale dell’amare rivelatoci sulla croce. Signore, riconosciamo di non essere capaci di amare come Te. Fa che impariamo almeno a lasciarci amare da Te aprendoti i nostri cuori. Buon fine settimana.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 17,20-26

In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Non prego solo per questi, ma anche per quelli che crederanno in me mediante la loro parola: perché tutti siano una sola cosa; come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato. E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo conosca che tu mi hai mandato e che li hai amati come hai amato me.La preghiera di Gesù si estende anche su quelli che crederanno ovvero noi e quelli dopo di noi. Siamo chiamati all’unità proprio come il Padre e il Figlio. La troveremo se saremo prima di tutto uniti al Padre per mezzo del Figlio. Ecco allora che ci torna in mente che la vita sacramentale precede ogni impegno morale. Quanto più siamo immersi in Dio tanto più possiamo accogliere e vivere i suoi comandamenti. Ricercando sempre l’unità, il cristiano rende la sua fede sempre più visibile perché il Maestro pregò proprio perché siamo uno. Una comunità in cui emergono continuamente conflitti, non risolti dalla riconciliazione, nasconde il volto di Dio al mondo. Una comunità che tollera la qualsiasi divisione congela la fede. Perché l’unità ecclesiale è dono e segno della presenza divina, ci impegniamo a cercarla prima di tutto nelle nostre famiglie in quanto Chiese domestiche.Buongiorno.Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni, capitolo 17 vv 11b-19In quel tempo, [Gesù, alzàti gli occhi al cielo, pregò dicendo:] «Padre santo, custodiscili nel tuo nome, quello che mi hai dato, perché siano una sola cosa, come noi. Quand'ero con loro, io li custodivo nel tuo nome, quello che mi hai dato, e li ho conservati, e nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si compisse la Scrittura. Ma ora io vengo a te e dico questo mentre sono nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia. Io ho dato loro la tua parola e il mondo li ha odiati, perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. (Gv 17,11b-19)  L’unità è un valore che stava a cuore Gesù, tanto è vero che oggi prega affinché il Padre custodisca i suoi nell’unità. Questa unità tanta desiderata era già minacciata mentre Gesù era ancora tra i suoi discepoli. Infatti, il gruppo degli amici del Maestro non era perfetto proprio come sono le nostre famiglie, le nostre città, i nostri gruppi d’amici, i nostri luoghi di lavoro. Ci viene spontaneo esclamare: quanto ci manca quest’unione dei cuori! Quanto fanno male i malintesi perpetuatisi di generazione in generazione! Quanto soffrono le nostre famiglie e il mondo intero per questa  mancata unità! Il Signore, però, sà che possiamo reggere soltanto se il Padre ci mette la mano e ci sostiene. La sua Parola di vita, se vissuta bene, porta alla gioia che rinsalda i legami d’unione tra gli uomini. Ecco perché Gesù ha insistito tanto sull’unità nel nome del Padre, facendoci intendere che il nostro annuncio e la nostra testimonianza nel mondo saranno tanto più credibili, quanto più saremo noi per primi capaci di vivere in comunione e di volerci bene nell’unità autentica.   Oggi consegniamo tutti e ciascuno alla bontà misericordiosa del Padre, affinché ci costudisca nell’unità nel suo amore. Buona giornata.  Don Arthur.
Dal Vangelo secondo Giovanni
Gv 15,9-17

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l'ho fatto conoscere a voi.Il comandamento dell’amore fonda la vita cristiana. S’inspira della relazione d’amore  che già esiste tra il Padre e il Figlio. In effetti, se vogliamo rimanere nell’amore di Gesù come Egli stesso comanda ai suoi discepoli, dobbiamo tenere conto della via maestra che sono i comandamenti. Essi ci portano ad avere come modello d’amore il sacrificio stesso di Gesù. Non c’è davvero un amore più grande di una vita donata per i propri amici. L’amore all’immagine di Gesù diventa così la regola del nostro amore quotidiano. Amare non significa dunque dare qualcosa a qualcuno, ma essere disposti a dare se stessi a tutti. Potremmo essere tentati di dire che l’insegnamento evangelico odierno presenta un ideale bello e impossibile da raggiungere umanamente. Ma a guadarci da vicino, il Signore ci indica la strada per camminare nell’amore. Per cui se entriamo veramente in comunione con Lui, da Lui riceveremo la capacità di vivere e di amare fino a porter dare la vita consumandoci per il prossimo.Buongiorno.Don Arthur.
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