Negli ultimi anni il concetto di cura del paziente oncologico ha subìto un'importante evoluzione passando da un modello di cura cosiddetto a due step, ossia caratterizzato all'inizio dalle terapie oncologiche specifiche come la chemioterapia e successivamente dalle cure palliative, a un modello multidimensionale in cui diverse figure professionali svolgono la loro attività parallelamente, intorno al paziente per tutto il periodo di trattamento.Si è inoltre assistito all'introduzione di un gran numero di farmaci antitumorali orali che hanno affiancato e a volte sostituito le classiche terapie parenterali. La via di somministrazione orale assicura certamente importanti vantaggi rispetto a quella parenterale ma presenta alcuni problemi peculiari.Il principale di questi è rappresentato dallo scarso controllo che l'oncologo può esercitare sulla corretta gestione della terapia, dal momento che i medicinali vengono affidati al paziente al qualepoi viene delegato il delicato compito di rispettare scrupolosamente dosaggi e modalità di assunzione.L'approfondimento di Giovanna Fazzina, Responsabile Area Farmacia Clinica, Farmacia Ospedaliera dell’AO Ordine Mauriziano di Torino.
La complessa gestione della campagna vaccinale correlata alla pandemia da COVID-19 sta avendo un forte impatto anche sul farmacista ospedaliero che si trova a portare avanti alcune attività, che in realtà sono abituali e insite nella sua professione, ma che, tuttavia, assumono un’evidenza diversa in funzione di alcuni elementi peculiari che stanno caratterizzando questa campagna. Ne abbiamo parlato con Paolo Abrate, farmacista ospedaliero presso l’Ospedale di Ivrea.