Fotogrammi

"Fotogrammi" è più di un semplice programma radiofonico. Siamo un gruppo di amici, di studenti, di giovani, accomunati dalla stessa passione: il Cinema. Abbiamo deciso di dare vita a questo spazio, a questo progetto, per poter raccontarvi con il nostro entusiasmo, con la nostra freschezza il mondo cinematografico, strizzando l'occhio ad una produzione più d'autore e di qualità, ma di facile reperimento e consigliandovi solo i migliori film in circolazione. Se volete rimanere sempre aggiornati o se siete solo indecisi su cosa vedere questa sera, non vi resta che seguirci. Viva il cinema!

"Oppenheimer" - Fotogrammi Short ep.39 - Recensione

"Oppenheimer", l'ultimo film di Christopher Nolan, è superlativo, drammaticamente attuale e assolutamente necessario. Un ritratto preciso e scandagliato della complessità della natura umana, delle sue contraddizioni, delle sue velleità, crudeltà e voluttà.  Una pellicola magnifica, elegante e cesellata in ogni suo singolo dettaglio, capace di restituire al pubblico un film capace di catturare anima e cuore, regalando un'esperienza cinematografica unica e indimenticabile! Dal 23 agosto 2023 in tutte le sale italiane!  Viva il cinema! 

08-23
13:16

"X - A Sexy Horror Story" - Fotogrammi Short ep.38 - Recensione

⚠️Attenzione, questo film è sconsigliato ai deboli di cuore⚠️ La sua visione può causare un improvviso innalzamento della temperatura corporea, pensieri peccaminosi, aumento del ritmo cardiaco e sobbalzi improvvisi. Ti West con il suo "X - A Sexy Horror Story" ci porta alla fine degli anni ’70, un’epoca ricca di suggestioni, perfetta per raccontare una storia tra due generazioni inconciliabili. << Una troupe cinematografica arriva in una fattoria sperduta in Texas per girare un film per adulti. Vengono tutti ospitati da una coppia anziana e solitaria che sembra avere particolare interesse per i giovani ospiti. Ma di notte l'attrazione dei due anziani prende una piega violenta >> Lo sguardo di Ti West è fresco e originale. Ricrea alla perfezione l’atmosfera di quegli anni e riesce ad amalgamare tutto alla perfezione: sesso, massacri, porno e cocaina, costituiscono un continuum narrativo affascinante. Il genere slasher e quello erotico sono sapientemente utilizzati per mettere in scena quella terrificante spirale di orrore, che può solo nascere dalla repressione del desiderio sessuale. “X - A sexy horror story” non è un film che vuole omaggiare né che vuole far riflettere. È un’opera pop intrisa di nostalgia, che si identifica pienamente nello spirito del cinema indipendente di quel tempo. Il film di Ti West arriva in modo onesto e sagace, e ci ricorda l’inesorabile incombenza del tempo, sopratutto nei confronti della bellezza. Piccola curiosità: Mia Goth interpreta due ruoli in questo film, la giovane Maxime e l’anziana Pearl. Durante le riprese di “X - A Sexy Horror Story” sono state girate anche le scene del prequel  “Pearl”, che sarà presentato Fuori Concorso alla 79^ Mostra del Cinema di Venezia. Ti West ha anche dichiarato che sta sviluppando un sequel ambientato alla fine degli anni ’80: il suo obiettivo è quello di creare un universo narrativo che racconti come la vecchia Hollywood, il cinema indipendente e l’home video, abbiano influenzato le vite e l’immaginario delle persone di quegli anni. Viva il cinema!

07-28
11:36

"La mia ombra è tua" - Fotogrammi Short ep.37 - Recensione

"La mia ombra è tua" di Eugenio Cappuccio è l'adattamento cinematografico dell'omonimo libro di Edoardo Nesi. È la storia Emiliano De Vito, giovane laureato con i massimi dei voti in Lettere Antiche, che per emergere dal precariato che soffoca la sua generazione, accetta di fare da assistente al grande scrittore Vittorio Vezzosi, "teoricamente" impegnato nella scrittura del sequel del suo unico libro "I lupi dentro", grande successo letterario di 25 anni fa. Il Vezzosi, fin da subito, appare come una creatura mitologica in grado di fare innamorare tutti i suoi lettori con un solo libro, ma allo stesso tempo capace di scomparire dal mondo, per più di un quarto di secolo, ritirandosi a vita privata in una casa colonica poco fuori da Firenze. L'incontro tra i due non genererà gli effetti sperati, ma un viaggio folle su una Jeep del '79 con destinazione Milano e una Fiera del Vintage, farà fare loro finalmente i conti con il proprio passato, presente e futuro. Il nuovo film di Eugenio Cappuccio è fresco, divertente, frizzante e scoppiettante. Non è la solita commedia all'italiana degli ultimi anni, anzi è una storia che scava nel profondo delle emozioni umane, ricordandoci il potere della passione e della nostalgia. Infatti sono queste due le direttrici attraverso cui si muove tutto il racconto: da una parte vediamo rappresentato un Paese e una società ancorata a un passato nostalgico, e dall'altra invece una generazione di giovani che accusa  spocchiosamente la "cannibalizzazione" del proprio presente e futuro.   Fortunatamente c'è la passione a far da contraltare a questo senso di nostalgia, che spinge l'uomo all'inerzia e all'inettitudine: la passione è quella forza in grado di guidarti verso lo scopo della propria vita, che se anche il più delle volte è una fregatura, ti riserva dei momenti di gloria, per i quali vale la pena vivere, aspettare e lottare.    E così, se da una parte abbiamo uno scontro tra passione e nostalgia, dall'altra abbiamo due uomini fragili, alla ricerca di un senso nel proprio presente. I due hanno quasi 30 anni di incomunicabilità colpevole, eppure questo conflitto generazionale si trasformerà poi in un rapporto che gioverà a entrambi.    Fondamentali sono le figure femminili, fari guida nelle vite di Emiliano e del Vezzosi, capaci di dare nuovo senso ed equilibrio alle esistenze dei due personaggi.    "La mia ombra è tua" rispolvera la necessità, sempre più urgente, di abbandonarsi più spesso ai sentimenti e alle emozioni, dimenticandosi anche per un solo momento di tutte quelle contingenze che la società frenetica e "malata" di oggi vuole imporci.   Perché nulla è più forte, importante e confortante, della volontà di riscoprire l'ebrezza dell'amore e della passione.   Una menzione speciale è da dedicare a Marco Giallini, che con la sua naturale frenesia e un pizzico di sana follia, buca lo schermo regalandoci un personaggio unico, anticonformista, in grado di insegnarci molto anche senza aver scritto il sequel del grande successo "I lupi dentro" .   Viva il cinema!

07-01
09:25

"Generazione Low Cost" - Fotogrammi Short ep.36

Presentato alla Semaine de la Critique a Cannes 2021 e al 39° Torino Film Festival, il film dei registi Julie Lecoustre ed Emmanuel Marre è un perfetto mix tra denuncia sociale e dramma personale. La prima parte di “Generazione Low Cost” richiama lo stile documentaristico dei fratelli Dardenne: la camera a mano segue e insegue pedissequamente la quotidiana routine di una hostess di una compagnia aerea low cost, lasciando zero spazio a intimità e privacy. La seconda parte del film invece cambia registro, diventando più intima, esistenziale, delicata, in virtù delle vicissitudini personali che la protagonista dovrà affrontare. “Generazione Low Cost” racconta i giovani d’oggi, quella "generazione Millennial" che invece di affrontare il presente in maniera propositiva, preferisce galleggiare in un limbo dove non esistono emozioni, affetti e sopratutto responsabilità. Tutto ciò però è il risultato di un mondo che sempre più si è impostato sul valore della performance, della rapidità e dei risultati economici, che ignora deliberatamente l’emotività e l’individualità. E così accade per l’equipaggio di un aereo di una compagnia low cost dove lavora la nostra protagonista Cassandre, che oltre a preoccuparsi del benessere dei passeggeri, deve lasciare a terra tutta la propria vita e, armata di un favoloso sorriso, deve vendere il più possibile dal suo carrello per mantenere alti i propri punteggi e garantirsi il posto di lavoro. Cassandre vive alla giornata, viaggia freneticamente in lungo e in largo per l’Europa, non si preoccupa del domani, non ha legami e rifugge da qualsiasi tipo di responsabilità. È immobile, in attesa che un suo qualche sogno possa avverarsi. Vive una realtà effimera, spogliata, derubata, che apparentemente la soddisfa. Un imprevisto sul lavoro però la porterà a fare i conti con il suo passato, affrontando vecchi dolori e ferite. Meravigliosa ed estremamente brava è Adèle Exarchopoulos, che divora la macchina da presa e cuce sulla propria pelle ogni passo e sfumatura del racconto. Malinconica, raggiante, angosciante, affasciante e sopratutto disincantata, l’attrice francese ci regala una performance magnetica, in grado di farci toccare con mano quel disagio personale e generazionale che i due registi hanno voluto raccontare. “Generazione Low Cost” è un film emozionante, curioso ed estremamente umano, che ritrae una realtà in cui l’individualità e l’emotività vengono schiacciate e bandite, e dove anche un sorriso di circostanza non è più sufficiente a celare tutto quel disagio e quella solitudine dei giovani d’oggi. Viva il cinema!

06-21
10:40

"Sundown" - Fotogrammi Short ep.35

“Sundown” è l’ultima fatica del regista messicano Michel Franco, che dopo aver vinto nel 2020 a Venezia il Leone d’Argento per la Miglior Regia grazie a “Nuevo Orden”, torna al cinema riproponendo sugli schermi un tema a lui caro: la rappresentazione del caos. A differenza di “Nuevo Orden”, dove si assiste a un brutale colpo di stato dove appunto il caos è ben evidente e preponderante, in “Sundown” Franco cambia registro e utilizza uno stile completamente agli antipodi: lavora per sottrazione, trionfa il minimalismo, il caos non è più esteriore ma viene interiorizzato. Per tutto il film aleggia una tranquillità apparente, scandita dal rumore delle onde e da un tempo che vorrebbe cristallizzarsi, ma purtroppo scorre lentamente e inesorabilmente. Quest’atmosfera sospesa, genera tensione, curiosità e apprensione nello spettatore. La sceneggiatura è magistralmente costruita su Tim Roth, che interpreta Neil, membro di una delle famiglie più ricche del Regno Unito, che quando la vacanza con la sorella (Charlotte Gainsbourg) e i suoi due nipoti viene interrotta per la morte della madre, decide di non tornare a casa, fingendo di aver dimenticato il passaporto in hotel. Indolente verso le preoccupazioni della sua famiglia e completamente disinteressato alla sua vita, Neil decide di soggiornare in un hotel da due soldi e di passare le sue giornate abbandonandosi pallido e dolente su una squallida spiaggia di Acapulco, sorseggiando cervezas. In “Sundown” sono molti i temi cari a Michel Franco. Oltre al caos, assistiamo a personaggi che devono prendere decisioni sotto pressione, all’opposizione sociale di stili di vita, all’improvvisa e immotivata esplosione di violenza. Anche in questo film non esistono né ricchi né poveri: sono tutti sullo stesso piano, impotenti e in balia di un caos di cui nessuno è padrone. Michel Franco mette in scena la decadenza di Acapulco, un tempo paradiso turistico, e pone l’attenzione sull’accettazione di atti estremamente violenti di diversa natura. Un uomo freddato su una spiaggia da due malviventi sembra un fatto comune, di cui non preoccuparsi più di tanto. Poi c’è uomo che rompe improvvisamente qualsiasi legame con la sua famiglia, un atto violentissimo… eppure nessuno dei suoi cari prova a comprenderlo. Allo spettatore Franco lascia il compito di decifrare il suo protagonista, in un thriller destabilizzante, che lentamente ci scava dentro, fino a lasciarci senza fiato come i pesci, appena pescati a inizio film, che boccheggiano inermi sotto lo sguardo assente di Tim Roth. Un’immagine forte che pare premonitrice.

04-26
09:54

"Red Rocket" - Fotogrammi Short ep.34

Sean Baker, regista statunitense conosciuto per “Tangerine” e “Un Sogno Chiamato Florida”, torna al cinema con il suo nuovo film e ci regala un piccolo capolavoro, nel pieno spirito del miglior cinema indipendente americano. “Red Rocket”, presentato in Concorso al 74° Festival di Cannes, è un film che all’apparenza potrebbe risultare leggero e disimpegnato per via dei suoi toni scanzonati, irriverenti e tragicomici, ma proprio sotto questo strato pseudo-demenziale si nasconde una pesante critica a un’America trumpiana e provinciale. Sean Baker, da sempre attratto dalle periferie e dal sottoproletariato americano, continua il suo viaggio cinematografico nel raccontarci la caduta del “sogno americano” e del grande vuoto che è rimasto. Lo fa raccontandoci l’avventura di Mikey, un ex porno attore caduto in disgrazia che, malmenato, senza un soldo né una valigia, torna a casa a Texas City dalla ex moglie, nella speranza di avere un letto su cui contare. La prima scena è già memorabile: sulle note scanzonate di “Bye Bye Bye” degli NSYCN, quasi a voler creare un corto circuito tra arrivo e partenza, Mikey viene respinto veementemente dalla ex moglie Lexi, che non ne vuole proprio sapere di rivedere la sua faccia. Ma Mikey è un gran manipolatore, egoista e narcisista, e non ha problemi a convincere Lexi. Nel frattempo, sperando di ricevere la sua seconda chance per tornare glorioso a Los Angeles, cerca di mantenersi quotidianamente con qualche “lavoretto”. La fortuna non si fa attendere e Mikey si imbatte nella diciassettenne “Strawberry”, bella e maliziosa cassiera di un Donut’s Shop, che gli confida di voler scappare dalla deprimente realtà provinciale che la circonda. La seconda occasione è pronta a essere colta e Mikey non si farà attendere! “Red Rocket” è una ventata d’aria fresca, è un grido ribelle e irriverente, che si scaglia contro tutta quella “Cancel Culture”, che si è abbattuta sul cinema americano negli ultimi anni, causandone un appiattimento in termini di rappresentazione e temi trattati. Nemmeno il cinema indipendente, tradizionalmente più progressista e politicamente scorretto, ne è uscito indenne.  Sean Baker fortunatamente è un’artista controcorrente e porta sullo schermo la sua rappresentazione critica di una parte degli Stati Uniti, quella abbandonata, ignorante, povera, violenta e volgare, che è stata la base fondamentale per il successo di Trump alle Presidenziali del 2016. “Red Rocket” è una bellissima, folle, irriverente favola neorealistica americana, intrisa di pop, bandiere a stelle e strisce e pornografia. Viva il Cinema!

03-18
10:40

"Belfast" - Fotogrammi Short ep.33

“Belfast” di Kenneth Branagh, è una piccola perla cinematografica in grado di scaldare il cuore del grande pubblico. E fa specie pensare che se la giochi agli oscar con ben 7 nominations, sfidando per il Miglior Film grandi colossi hollywoodyani: da “West Side Story” di Steven Spielberg, a “Licorice Pizza”, di Paul Thomas Anderson. La forza di “Belfast” è racchiusa invece nella sua estrema semplicità, e nella sua magnifica estetica. Kenneth Branagh ci accompagna in un viaggio semi-autobiografico, nella Belfast della sua infanzia, dove crebbe e giocò fino all’età di 9 anni. Siamo nel 1969 e a farci da narratore è il piccolo Buddy, energico e vivace bambino, che vive in un contesto di scontri sociali, cambiamenti culturali e violenza settaria. Nonostante tutto, Buddy cerca di crescere sereno e spensierato nella strada del suo quartiere, trovando supporto e consolazione nei carismatici genitori e negli arzilli e fiabeschi nonni. Scoprirà l’amore, si interrogherà sul concetto di identità e sul senso di appartenenza, e sarà tormentato dai deliranti sermoni del pastore protestante. Kenneth Branagh adopera il punto di vista del suo giovane alter ego, con una costante ripresa dal basso verso l’alto, prediligendo l’uso dei primi piani, con un’attenzione maniacale ai dettagli e alla messa in scena. L’uso del bianco e nero non fa altro che aumentare il senso di nostalgia e di ricordo, mentre la bellissima fotografia di Haris Zambarloukos esalta la magnifica fotogenicità del cast, scelto alla perfezione. La cifra stilistica risultante è chiaramente di stampo teatrale (grande background professionale del regista), ma che grazie all’uso sapiente e accurato della macchina da presa, riesce a risultare magnetica e affascinante sullo schermo cinematografico. Il regista britannico realizza un grande omaggio alla sua città natale, esaltandone la sua forza d’animo, la sua allegria, il suo arguto umorismo, le sue tensioni e contraddizioni. “Belfast” è un inno alla vita, un elogio ai sentimenti e ai ricordi, ma è anche un’attenta riflessione sul senso d’appartenenza e a cosa sia giusto e sbagliato. Branagh dedica il film alla sua gente, al popolo di Belfast, “a chi è rimasto, a chi se n’è andato e a chi si è perso”, e si interroga anche sul significato d’identità, di cosa ci definisca realmente: forse nel suo caso sono stati fondamentali il teatro e il cinema, unici momenti a colori in “Belfast”, che hanno fatto sognare il piccolo Buddy e che hanno poi formato e consacrato il grande artista Kenneth Branagh! Viva il cinema!

03-05
09:34

"Nightmare Alley - La fiera delle illusioni" - Fotogrammi Short ep.32

Guillermo del Toro torna con un nuovo film, dove per la prima volta non crea nessun mostro, nessuna creatura fantastica: mette in scena "solo" l'oscurità e la bestialità umana. "Nightmare Alley - La fiera delle illusioni" è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo di William Lindsay Gresham, un racconto noir continuamente compenetrato da un senso latente di morte, dove il suo personaggio "faustiano", è artefice e carnefice del suo stesso destino. Con un soggetto così intriso di umanità dark, Guillermo del Toro non poteva che non tirare fuori il meglio di sé, realizzando un grande film d'altri tempi. La messinscena è imponente, gli attori splendono, il ritmo è lento ma congeniale all'atmosfera dark e sognante del racconto. Il film si può dividere in due momenti narrativi: il primo è ambientato in un circo itinerante degli anni '40, e rappresenta tutto l'amore che il regista messicano nutre per i freaks e per la dimensione magica e surreale; il secondo invece, abbandona l'atmosfera favolistica e sprigiona tutta quell'oscurità e brutalità di cui il protagonista si farà rappresentante nel corso degli eventi. "Nightmare Alley - La fiera delle illusioni" è un viaggio introspettivo nell'orrore umano, costellato di avidità, odio, manipolazione, ego e bramosia, in cui non viene mai dimenticato quel candore e quella goccia di fantastica magia che rende, forse, un po' più accettabile la nostra realtà. In questo ultimo film di Guillermo del Toro, non ci saranno i mostri a fungere da specchi alle nostre anime, ma saremo soli e indifesi ad affrontare gli abissi più infimi della natura umana, continuando a domandarci: "chi è la vera bestia"? Viva il cinema!

02-06
12:15

"America Latina" - Fotogrammi Short ep.31

"America Latina", il terzo lungometraggio dei Fratelli D'Innocenzo, è un viaggio perturbante, inquietante, antropologico, intrigante, provocante, disturbante, malizioso e affascinante, nelle ombre e nei bisogni più intimi dell'uomo.   Ti penetra sotto la pelle fino a colpirti le ossa. Ma è una sensazione piacevole.   Si è di fronte a un’opera intima, esteticamente impeccabile, affascinante, abbagliante!   La fotografia è grezza, d’impatto, armonica e allo stesso tempo disarmonica. È un vortice che ti risucchia in un mondo contorto e dannatamente incantato.   "America Latina" è amore… indaga sul dannato bisogno di provare amore!   Ma si tratta di un amore inquieto, non convenzionale, inusuale, socialmente inconcepibile, socialmente inaccettabile… è un amore incompreso e incomparabile, che forse non potrà mai essere scoperto.    I Fratelli D'innocenzo si confermano per la terza volta autori di grande calibro, portatori di un immaginario artistico che parla allo spettatore di tutto il mondo. Il loro è un cinema che oltrepassa ogni confine culturale, è un cinema unico e inedito, che vive della propria essenza, della propria luce e della propria visione.   Il cinema dei Fratelli D'innocenzo è amore allo stato puro.    Viva il cinema!

01-29
12:07

"Illusioni Perdute" - Fotogrammi Short ep.30

“Illusioni Perdute” di Xavier Giannoli, è la trasposizione cinematografia dell’omonima opera di Balzac. La prima cosa che salta all’occhio durante la visione, è come la scrittura critica di Balzac nei confronti del suo secolo, il XIX, sia estremamente attuale. È come sedersi davanti a uno specchio e godersi lo spettacolo della decadenza morale dei nostri giorni: carenza di valori, tutto è in vendita, la verità è sopraffatta dal denaro e dalle fake news, l’arte perde di significato… e a noi cosa rimane? Questo è lo scenario che vediamo raccontato sullo schermo, dove come protagonista c’è un giovane poeta di campagna, Lucien, che con occhi innocenti e ingenui si appresta a compiere il suo grande balzo nella capitale parigina, per vivere una storia d’amore e consacrarsi grande poeta. Purtroppo nella società francese della Restaurazione, schiava del capitale, non c’è spazio per sani valori e non c’è tempo per coltivare sciocche illusioni. Il mondo è duro, vorace e non risparmia nessuno. Lucien dovrà farne i conti e a suo malgrado pagarne il prezzo. Ci sarà un tempo per la gloria, e un tempo per la sconfitta… ma ciò che è sicuro, suggerisce Balzac, è che la disgrazia del Capitalismo sarà sempre presente. Ciò che ha sicuramente ispirato Xavier Giannoli a intraprendere questa trasposizione cinematografica, è stata l’estrema lucidità con cui lo scrittore francese aveva descritto il mutamento dei meccanismi della sua società, ormai compromessa con il nascente Capitalismo. L’unica differenza è che a distanza di 200 anni nulla è cambiato, per certi versi possiamo affermare che è peggiorato. Non siamo più a contatto con una nuova realtà, come lo erano i protagonisti di Balzac, ma ne siamo completamente sommersi: il Capitalismo detta quotidianamente le nostre azioni senza che ce ne possiamo accorgere. Giannoli è stato bravo nell’attualizzare delicatamente l’opera di Balzac, rendendola di fatto un’opera senza tempo. Il regista francese è riuscito a raccontare criticamente la nostra società attuale, servendosi di un romanzo di due secoli fa, e ha riportato in sala tutto lo splendore del grande cinema in costume. Due sono gli aspetti da lodare: il lavoro fatto sulla colonna sonora e la valorizzazione del suo cast. L’intento era quello di trasformare il film in una partitura musicale, dove ogni elemento, ogni gesto, ogni personaggio, fosse in armonia con l’insieme del racconto. Risultato completamente raggiunto. Non si perde mai il punto, l’occhio dello spettatore è continuamente stimolato e invitato a godere dell’intera messinscena. Il ritmo è sostenuto ma sinuoso, quasi a voler rappresentare i tumulti d’animo del protagonista Lucien. Tutto ciò non poteva che non essere sostenuto da un cast eccezionale, dal quale Xavier Giannoli è riuscito a tirar fuori le singole peculiarità, con le quali ha costruito e stratificato i personaggi, cucendoli poi alla perfezione sull’essenza dei suoi attori. Il risultato finale è stupefacente, affascinante e meraviglioso. Si assiste più a un “dramma umano” che a una “commedia umana”, per citare il nostro Balzac. Una maestosa invettiva a un mondo svuotato dei suoi stessi valori, dove l’uomo sembra impotente, ridicola pedina, o per meglio dire ignaro attore di una grande tragicommedia che è la vita. Forse ciò che Balzac voleva dirci 200 anni fa, e che ora vuole dirci anche Xavier Giannoli, è che non è mai tardi per raddrizzare il tiro, per invertire la rotta e per ricostruire la nostra identità sociale e umana. C’è sempre tempo per tornare a vivere “come si deve”. Lasciamo che questo film possa essere una finestra sul passato per poter comprendere e migliorare il nostro presente e futuro. Viva il cinema! 

01-15
19:42

"Il capo perfetto" - Fotogrammi Short ep.29

Lui non ha figli, ma lo sono tutti gli operai della sua azienda di bilance.   Ogni problema che affligge i suoi lavoratori, affligge lui stesso.  Lavorare alla "Basculas Blanco" è meraviglioso e tutti sono una grande famiglia unita.  Ma allora... può esistere il "Capo Perfetto"?   Fernando León de Aranoa ci regala la sua visione e ci risponde componendo una sceneggiatura che è un capolavoro di ironia, umorismo e satira.  Il regista spagnolo costruisce una commedia drammatica dai toni surreali sul mondo del lavoro. Questa volta però non si dedica ai lavoratori e al proletariato (soggetti prediletti di alcuni dei suoi precedenti film),  ma rivolge la sua lente in direzione dei padroni, di tutti coloro che muovono i fili delle vite di centinaia di migliaia di operai e impiegati.   Molti di questi imprenditori amano definirsi e comportarsi come "illuminati", ci abbindolano con potenti e convincenti discorsi, e amano esporre la loro filosofia riformista nei confronti dei lavoratori. Ma è davvero tutt'oro quel che luccica?    Ed ecco entrare in scena il grande Fernando León de Aranoa che con estrema lucidità e precisione, ci fa entrare nelle dinamiche del mondo imprenditoriale, delle piccole e delle grande aziende e mette in piedi una farsa della società, di cui si ride molto ma da cui nessuno ne esce pulito.  Ciò a cui assistiamo è una realtà fatta di bugie a cui gli stessi personaggi credono, perseguendo i propri obiettivi e i propri interessi. Un mondo capitalista distorto in cui domina l'assenza di giustizia, dove ala fine sono sempre i poveri a pagare sulla propria pelle.    E in questa attualità farsesca, a dominare in ogni fotogramma c'è un mostro del cinema: Javier Bardem, che veste i panni del Signor Blanco, illuminato capitalista, che declama ogni giorno le propria buona volontà, ma sarà pronto a tutto pur di ottenere l'ambito premio regionale all'eccellenza imprenditoriale.   Una retorica abbagliante e affascinante, ma priva di buone intenzioni, viene messa in ridicolo grazie alla travolgente interpretazione di Javier Bardem, circondato da un cast perfetto, composto da grandi e nuovi volti del cinema spagnolo: Sonia Almarcha, Manolo Solo, Almudena Amor, Óscar de la Fuente, Fernando Albizu e Celso Bugallo. Da tutto ciò è scaturito "Il capo perfetto", un film che non va mai per il sottile e che corre sempre su un filo tragicomico, sospeso tra farsa e dramma, dove a dominare sono tre parole: "Esfuerzo, Equilibrio, Fidelidad".    Non è un caso che questo film sia stato ricoperto di premi e nomination in Spagna e che rappresenti il cinema spagnolo alla corsa agli Oscar 2022!  Noi gli facciamo i migliori auguri, perché è un ritratto estremamente lucido e intelligente dell'uomo e del mondo di oggi.    Viva il cinema!    *************************** TRAMA "Una compagnia che produce bilance industriali in una piccola città di provincia spagnola attende l'imminente visita di un comitato che deve decidere se è degna di un premio per l'eccellenza: le cose devono dunque essere perfette quando sarà il momento. Tutto però sembra cospirare contro l'azienda. Lottando contro il tempo, Blanco cerca di ripristinare l'equilibrio all'interno della sua azienda. Nel tentativo di appianare i problemi dei suoi dipendenti, finirà per superare ogni limite immaginabile."   REGIA: Fernando León de Aranoa CAST: Javier Bardem, Manolo Solo, María de Nati, Almudena Amor, Sonia Almarcha, Óscar de la Fuente, Fernando Albizu, Yaël Belicha, Celso Bugallo.

12-25
12:09

"Scompartimento n.6" - Fotogrammi Short ep.28

Il nuovo film di Juho Kuosmanen fa del "viaggio" la sua metafora esistenzale.   Ma il regista finlandese, vincitore con questa pellicola del Gran Premio Speciale della Giuria a Cannes 2021, non banalizza affatto questo elemento, anzi lo utilizza riempiendolo di malinconia e nostalgia per omaggiare una generazione, quella dei protagonisti a fine anni '90, che forse era più spensierata di quelle di oggi.    Ed è così che tutto inizia in una scompartimento letto, dove Laura, studentessa finlandese abbandonata dalla sua ragazza moscovita, a suo malgrado si trova a dover condividere gli spazi con LJoha, giovane minatore rozzo e spigoloso.   Il regista costringe due esistenze diametralmente opposte in un luogo claustrofobico: entrambi sono diffidenti, entrambi respingono il diverso, ma questo viaggio darà loro l'occasione di ascoltarsi, di comprendere meglio la propria voce interiore.    La camera di Kuosmanen non è mai invadente ed esalta la presenza e l'emotività dei suoi due protagonisti. Li segue con assoluto riserbo e rispetto negli spazi angusti del vagone e nella desolazione degli esterni. Guardare questo film è come guardare costantemente attraverso il finestrino di un treno, ed è merito della meravigliosa fotografia.    Con questo film si rivivono (anche se solo per un paio d'ore) ritmi a noi ormai sconosciuti: si riassapora l'ebrezza di un viaggio lungo, con le sue pause e attese.  Si riassapora la possibilità di apripri all'estraneo, alla scoperta dell'umanità e anche di sè stessi.    "Scompartimento n.6" è un viaggio che non è nè road movie nè love story. È pura poetica dell'imperfetto costellata dagli indelebili sorrisi di Laura e dai sagaci sguardi di Ljoha.    Oggi sarebbe impossibile poter vivere un'esperienza come quella dei protagonisti ed è proprio per non dimenticare quella poesia dell'incontro, che bisogna vedere questo bellissimo film.    Tratto dall'omonimo romanzo di Rosa Liksom, "Scompartimento n.6" è ancora al cinema, pronto ad aspettarvi. Il film di Juho Kuosmanen è proprio una di quelle perle che amiamo consigliare!    Viva il cinema!

12-19
14:31

"L'Événement" - Fotogrammi Short ep.27

"L'Évenement" di Audrey Diwan è stata la grande sorpresa della 78^ Mostra del Cinema di Venezia, aggiudicandosi il Leone d'Oro.   È stata premiata una regista giovane e poco conosciuta, che ha avuto il merito di portare una storia semplice ma di grande impatto.   "L'Événement" è la trasposizione del romanzo autobiografico di Annie Ernaux che racconta le 12 settimane in cui l'autrice, appena ventenne, si ritrova ad essere incinta nella Francia dei primi anni '60, dove l'aborto è illegale e punito con il carcere. Un "evento" che porta ad una scelta obbligata: rinunciare agli studi, all'università e al proprio futuro, divenendo una casalinga madre, o rischiare la propria vita e il carcere per continuare a perseguire i propri sogni e ad affermare la propria libertà?    Il grande merito della Diwan sta nell'essere riuscita a portare una storia senza costruire un melodramma, senza lanciare prediche e comizi ideologici. "L'Événement" è un dramma personale, amaro, limpido, secco, che turba e conquista lo spettatore. La regista indaga sul microcosmo della sua protagonista che subisce l'abbandono relazionale, il perbenismo, la paura, il dolore, l'indifferenza e la vergogna.   È un film fisico, carnale, che si basa sulla meravigliosa interpretazione di Anamaria Vartolomei, forte e silenziosa, che procede imperterrita nell'eseguire la sua volontà a qualsiasi costo. É il suo corpo a diventare il linguaggio del film: ogni suo sguardo, ogni sua smorfia, ogni suo gesto, celano un dramma, una fragilità interiore, un'incredibile voglia di vivere.    Non si può uscire indenni dalla visione de "L'Événement", non perché sia un film dalla grande empatia, anzi è tutt'altro: la sua forza sta appunto nel bloccare qualsiasi processo empatico e di immedesimazione da parte dello spettatore, perché il vero obiettivo è quello di raccontare una storia nuda e cruda, che si può solo accettare così com'è, senza risvolti etici o ideologici.   Una pura e semplice storia di disperazione e riscatto umano, di cui la nostra società è l'unica responsabile.    Viva il cinema!    ***************************** TRAMA "Francia, 1963. Anne è una giovane e brillante studentessa con un promettente futuro davanti a sé. Quando però rimane incinta, teme di non poter finire gli studi e di non riuscire a scappare dai vincoli imposti dal suo background d'origine. Con gli esami finali che si avvicinano e la pancia che cresce, Anne decide di tentare un aborto illegale, anche se ciò significa dover affrontare vergogna, dolore e forse anche prigione".   REGIA: Audrey Diwan CAST: Anamaria Vartolomei, Luàna Bajrami, Louise Orry-Diquéro, Kacey Mottet Klein, Louise Chevillotte, Pio Marmaï, Sandrine Bonnaire

12-04
16:39

"La scuola cattolica" - Fotogrammi Short ep.26

Edoardo è uno studente dell'istituto San Luigi, la scuola cattolica delle famiglie benestanti di Roma.   Nella sua classe ci sono persone con diverse aspirazioni ed ideali, ma è dai ragazzi più grandi che ci si deve guardare: il gruppetto di bulli è sempre in azione. Tra di loro ci sono anche Gianni e Angelo, due degli assassini del più cruento caso di cronaca nera italiana: il Massacro dei Circeo.   Stefano Mordimi firma una pellicola che ha suscitato molte polemiche, ultima quella relativa al divieto della visione ai minori di 18 anni, basandosi sul romanzo di Edoardo Albinati (premio Strega 2016) e arruolando molti giovani attori che si sono dovuti confrontare con dei ruoli molto impegnativi, riuscendo ad essere all'altezza in ogni scena anche accanto a grandi attori del panorama italiano come Riccardo Scamarcio e Jasmine Trinca.   Presentato a Venezia nel 2021, il film vi aspetta nelle sale...almeno quell* di voi che ci potranno entrare!    Viva il cinema   ------------------------------------------------ TRAMA "In un quartiere residenziale di Roma sorge una nota scuola cattolica maschile dove vengono educati i ragazzi della migliore borghesia. Le famiglie sentono che in quel contesto i loro figli possono crescere protetti dai tumulti che stanno attraversando la società e che quella rigida educazione potrà spalancare loro le porte di un futuro luminoso. Nella notte tra il 29 e il 30 settembre del 1975 qualcosa però si rompe e quella fortezza di valori inattaccabili crolla sotto il peso di uno dei più efferati crimini dell'epoca: il delitto del Circeo. I responsabili sono infatti ex studenti di quella scuola frequentata anche da Edoardo, che prova a raccontare cosa abbia scatenato tanta cieca violenza in quelle menti esaltate da idee politiche distorte e da un'irrefrenabile smania di supremazia".   REGIA: Stefano Mordini CAST: Benedetta Porcaroli, Giulio Pranno, Emanuele Maria Di Stefano, Giulio Fochetti, Leonardo Ragazzini, Fabrizio Gifuni, Valeria Golino, Riccardo Scamarcio, Jasmine Trinca.

11-28
16:54

"Petite Maman" e intervista con Céline Sciamma - Fotogrammi Short ep.25

In “Petite Maman” c’è qualcosa di davvero magico: nella storia, nelle atmosfere, nelle sue due incredibili e giovanissime protagoniste.   Eppure il racconto è così semplice e reale, che quasi ci si dimentica di quell’espediente magico che dà il via a tutta la narrazione.   Si rimane semplicemente a bocca aperta, impazienti di vedere cosa accadrà.  Incontrare Céline Sciamma , regista di “Petite Maman”, ti porta le stesse emozioni. Tutto ciò che hai provato e vissuto vedendo ogni suo film, è riassunto nel suo sguardo curioso e attento, nella sua mente brillante e affascinante.  Céline Sciamma è un concentrato di entusiasmo, quello tipico dei bambini per intenderci, e non mi stupisce affatto che si percepisca una connessione così forte tra la sua personalità e il suo nuovo film.    In “Petite Maman” è riuscita a dare ancora una volta il meglio di sé, raccontandoci con maestria, delicatezza e poeticità, una delle fasi più importanti della vita dell’essere umano: l’infanzia.   È un film che offre una seconda chance, alla protagonista e allo spettatore, concedendogli grazie al potere del cinema e dell'immaginazione, il privilegio di guardare la realtà e la vita da un nuovo punto di vista.   Ed è così che ci ritroviamo di fronte a un film che affronta quesiti esistenziali, in cui spesso ci imbattiamo con scarsi risultati.   In “Petite Maman” si respira l’infanzia in ogni secondo, ma è un film che va oltre, che scava in profondità: è la chiave per cercare di comprendere al meglio il mondo degli adulti.   𝑷𝒆𝒓 𝒍𝒂 𝒕𝒓𝒂𝒅𝒖𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍'𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂, 𝒄𝒍𝒊𝒄𝒄𝒂𝒕𝒆 𝒊𝒍 𝒔𝒆𝒈𝒖𝒆𝒏𝒕𝒆 𝒍𝒊𝒏𝒌 https://fotogrammiradio.wixsite.com/website/post/intervista-céline-sciamma-petite-maman-2021 ----------------------------------------------------------------------- TRAMA   "Nelly, una bambina di otto anni, ha appena perso l'amata nonna. Con i genitori, sta rimettendo in ordine le cose della casa tra i boschi in cui sua mamma Marion è cresciuta. Ha così modo di vedere la casa sull'albero in cui la madre era solita giocare. Un giorno, però, la madre scompare e Nella si ritrova davanti una bambina sua coetanea che asserisce di chiamarsi Marion..."   REGIA: Céline Sciamma CAST: Gabrielle Sanz, Joséphine Sanz, Nina Meurisse, Margot Abascal, Stéphane Varupenne

11-28
30:13

"Lovely Boy" - Fotogrammi a Venezia 78 - Giornate degli Autori (Concorso)

Dall'inferno del mondo "Ultras" all'inferno della droga e dello show business musicale.   Francesco Lettieri, alla sua seconda regia, torna alle origini, a quell'universo che lo ha fatto conoscere al grande pubblico, i videoclip musicali, ma non abbandona i temi che gli stanno più a cuore: storie di redenzione contrassegnate da insostenibile solitudine, dove ragazzi tormentati e persi, sospesi in un limbo tra rinascita e catastrofe, cercano di trovare un senso al proprio "io".   "Lovely Boy" non vuole essere un film di denuncia, di sensibilizzazione o di analisi di un contesto sociale, ma come ha affermato lo stesso autore, questo vuole essere un film che racconti l'essere umano e la ricerca del senso della vita.   Andrea Carpenzano, che interpreta il protagonista Nic (aka "Lovely Boy"), regala a Francesco Lettieri la perfetta interpretazione per raccontare un personaggio insoddisfatto, incapace di controllare il proprio corpo, fragile, vulnerabile, alla continua ricerca di un piacere e di un divertimento immediato e provvisorio.  E a fare da sfondo c'è la scena Trap underground romana, che con la sua assenza di contenuti, ideali e valori, risucchia Nic - Lovely Boy in un vortice incontrollato diretto all'autodistruzione.   In questo film si riesce ad ammirare tutta l'abilità di Francesco Lettieri che con grande maestria riesce a coniugare il realismo cinematografica con l'estetica pop dei videoclip musicali.   "Lovely Boy" ha due anime: una dannata fatta di luci accecanti e coloratissime, musica trap, movimenti di macchina convulsi, ritmo serrato, il tutto funzionale a entrare in sintonia con l'ambiente trap romano; e un'altra  totalmente opposta, più riflessiva, più spirituale, fatta di silenzi, di colori meno saturi, con un montaggio lento e disteso, volto a dare sostanza all'atmosfera solitaria del centro di riabilitazioni presso le Dolomiti, dove le anime perse cercano di ritrovare e capire sé stessi.   A Francesco Lettieri va il merito di aver realizzato un film vero, realistico e onesto, che permette allo spettatore di immedesimarsi, anche per un solo secondo, negli occhi tristi e sconsolati del suo protagonista, provando lo stesso suo sentimento di smarrimento.    Viva il cinema!   ************************************************************ TRAMA "Nic, in arte Lovely Boy, è l'astro nascente della scena musicale romana. Tatuaggi e talento puro, Nic forma insieme all’amico Borneo la XXG, un duo lanciato verso il successo. Risucchiato in una spirale di autodistruzione, Nic è perso e trascinato dagli eventi, che lo porteranno fino a un punto di rottura: potrà fare i conti con se stesso solo lontano da tutto quel rumore. In una comunità di recupero sulle Dolomiti che ora accoglie persone che come lui sono cadute nel baratro della droga, tenterà faticosamente di ritrovarsi condividendo quella grande solitudine che si porta dentro."   REGIA: Francesco Lettieri   CAST: Andrea Carpenzano, Daniele Del Plavignano, Ludovica Martino, Enrico Borello, Riccardo De Filippis, Pierluigi Pasino, Martino Perdisa

11-28
11:08

"Dune" - Fotogrammi a Venezia 78 - Fuori Concorso

Presentato fuori concorso alla 78esima mostra d'arte cinematografica di Venezia, "Dune" si prospetta come uno dei film più attesi del 2021.   Un budget ingente e un cast stellare fanno da cornice a un superbo lavoro di Denis Villeneuve, che propone un nuovo adattamento dell'omonimo romanzo di Frank Herbert, dopo la pellicola firmata da David Lynch nel 1984.   Il ruolo del protagonista, Paul Atreides, è affidato alla rivelazione Timothée Chalamet, mentre a Zendaya quello di Chani, la ragazza Fremen, ed entrambi incantano lo spettatore grazie alla loro eleganza.  Da segnalare anche Oscar Isaac (Duca Leto) e Rebecca Ferguson (Lady Jessica) che danno prova di ottima complicità sullo schermo.  Se siete curiosi di vedere come Denis ha realizzato questo (fedele adattamento), correte al cinema per dare uno sguardo ad Arrakis.   P.s. vi ricordiamo che questa è solo la prima parte e l'hype per la seconda è già alle stelle!   Viva il cinema!   *********************************************** TRAMA "Paul Atreides, giovane brillante e di talento nato con un grande destino che va oltre la sua comprensione, dovrà viaggiare verso il pianeta più pericoloso dell'universo per assicurare un futuro alla sua famiglia e alla sua gente. Mentre forze maligne si fronteggiano in un conflitto per assicurarsi il controllo esclusivo della più preziosa risorsa esistente sul pianeta (una materia prima capace di sbloccare il più grande potenziale dell’umanità), solo coloro che vinceranno le proprie paure riusciranno a sopravvivere."   REGIA: Denis Villeneuve CAST: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgård, Dave Bautista, Stephen McKinley Henderson, Zendaya, Chang Chen, Sharon Duncan-Brewster, Charlotte Rampling, Jason Momoa e Javier Bardem.

11-28
12:18

"Il Silenzio Grande" - Fotogrammi a Venezia 78 - Giornate degli Autori (Evento Speciale)

Quando il Teatro incontra il Cinema, non è scontato che siano sempre fuochi d'artificio.   Alessandro Gassmann, riesce a portare sullo schermo cinematografico l'omonima opera firmata da Maurizio De Giovanni, della quale aveva già curato, un paio di anni fa, l'adattamento teatrale.  Gassmann, alla sua terza regia, compie un lavoro davvero eccezionale: fonde in un'unica opera artistiche due mondi, due realtà, due visioni che rispondo a regole e ritmi diversi.   Ne "Il Grande Silenzio" assistiamo al grande trionfo del Teatro in senso stretto: la recitazione degli attori è maestosa, l'impianto narrativo è suddiviso in scene che sono a tutti gli effetti atti, la messa in scena è quasi totalmente teatrale... ma ecco sopraggiungere la magia del Cinema che permette a Gassmann di andare oltre i limiti fisici del palco teatrale e di spaziare per l'intera Villa Primic, oggetto del contenzioso tra i membri della famiglia, che da personaggio silente, prende vita e si pone come imperante presenza per tutto il film. Senza contare che l'uso della cinepresa permette a Gassmann di dare libero sfogo alle sue visioni immaginarie più suggestive, imprimendo un ritmo cadenzato ma tenace.   Alessandro Gassman non solo riesce a fare un "film d'altri tempi", come lui stesso aveva dichiarato in un'intervista, ma riesce a fare grande cinema, riuscendo a portare al cospetto dello spettatore diversi interrogativi esistenziali, forse i più importanti, che troppo spesso siamo soliti a non affrontare, abbandonandoli in un angolo, senza preoccuparci che forse bisognerebbe risolverli una volta per tutte.   Ed è così che ogni volta che non si affronta un problema, anche fosse il più piccolo del mondo, accumuliamo tutti questi piccoli silenzi e ci troviamo imprigionati in un Silenzio Grande.   Viva il cinema!

11-27
11:43

"The Card Counter" - Fotogrammi a Venezia 78 - Concorso

Dieci anni di carcere hanno dato a William Tillich l'opportunità di imparare come contare le carte e, una volta uscito, sceglie questo sistema per ricominciare a vivere. Il passato e il presente, tuttavia, non hanno ancora terminato la loro partita: un ragazzo ha bisogno del suo aiuto e una donna lo vuole al suo fianco nei Casinò. William dovrà scegliere e questa volta contare le carte non potrà aiutarlo. Paul Schrader firma un thriller avvincente, che porta lo spettatore in un viaggio nella mente di uno straordinario Oscar Isaac (acclamato dalla critica per la sua interpretazione), affiancato da due attori magistrali: Tiffany Haddish e Tye Sheridan. La pellicola presentata alla 78esima mostra di Venezia vi aspetta al cinema, cosa sceglierete di fare? Vi ritirerete o giocherete il vostro all-in?     Viva il cinema!

09-15
12:04

"Mondocane" - Fotogrammi a Venezia 78 - Settimana Internazionale della Critica (Concorso)

In un futuro prossimo, non molto lontano e non così irrealistico, Taranto è stata tagliata fuori dal resto del paese a causa del disastro ambientale provocato dall'acciaieria. Un nuovo ordine si è ristabilito nella "Taranto Nuova" popolata da famiglie benestanti e dalla severa Polizia, mentre il caos continua a regnare nella "Vecchia Taranto", dove chi non ha avuto la fortuna di essere stato evacuato, si ritrova a schierarsi in diverse bande, per ottenere il potere su ciò che resta della città. In uno scenario così apocalittico ed estraniante (serve solo aggiungere che Roma non è più la Capitale e che se si vuole emigrare si fugge in Africa), Alessandro Celli, alla sua prima regia, riesce a muoversi agilmente sul terreno "scivoloso" di una storia che potrebbe essere accusata di essere troppo banale e scontata. Ma non c'è nulla di tutto ciò. Un grande merito va dato al regista italo-canadese che è stato in grado di attingere a grandi capolavori come "Il Signore delle Mosche" e "Waterworld", fino ai B Movie degli anni '80, per la costruzione di un mondo fallimentare e degradante, che facesse da sfondo alla storia di emancipazione di due giovani orfani. Ma il merito più grande è da attribuire ai due giovani protagonisti, Dennis Protopapa (Mondocane) e Giuliano Soprano (Pisciasotto), che sotto la guida del leader delle "Formiche" Testacalda (interpretato da uno schizzato e sociopatico Alessandro Borghi), reggono sulle loro spalle l'intero ritmo della storia, regalando un ulteriore senso di veridicità alla vicenda. "Mondocane" è un film dove non è presente alcun divario generazionale: nessuno è adulto e nessuno è bambino. Tutti sono accomunati nello stesso stato di fallimento sociale. "Mondocane" non è un film semplice: può essere un normale film d'azione, una provocazione, oppure un racconto di formazione o una storia esistenziale. Questa è la bellezza del primo film di Alessandro Celli, che può cambiare pelle in base agli occhi del singolo spettatore. Viva il cinema!

09-09
10:15

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