Good morning privacy!

Viviamo nella società dei dati, la nostra vita, in tutte le sue dimensioni è sempre più influenzata dai nostri dati personali, da chi li utilizza, da cosa ci fa, da dove e quanto li conserva.<br />Senza dire che anche gli algoritmi ne sono straordinamente golosi, direi voraci.<br />Ecco perché dedicare tre minuti al giorno alla privacy potrebbe essere una buona idea, il tempo di un caffè veloce, un buongiorno e niente di più, per ascoltare una notizia, un'idea, un'opinione o, magari, per sentirti cheiedere cosa ne pensi di qualcosa che sta accadendo a proposito di privacy e dintorni.<br />Non una rubrica per addetti ai lavori, ma per tutti, un esercizio per provare a rendere un diritto popolare, di tutti e per tutti, centrale come merita nella nostra esistenza.

Auto connesse e app che parlano con le assicurazioni

Auto connesse e app che parlano con le assicurazioniLo Stato del Texas ha appena trascinato in giudizio una compagnia assicurativa americana, la Allstate, contestandole di aver comprato a peso d’oro dai gestori di una serie di applicazioni per smartphone e da alcuni produttori di automobili connesse una quantità industriale di dati personali di decine di milioni di americani allo scopo di saperne di più sul loro stile di guida e poter adeguare le tariffe delle polizze in maniera coerente con i profili di rischio elaborati.Toyota, Lexus, Mazda, Chrysler, Dodge, Fiat, Jeep, Maserati e Ram: i nove marchi di automobili coinvolti nella vicenda.Tante, anzi, tantissime le tipologie di dati raccolti: tempo alla guida e chilometri percorsi, velocità media, accelerazioni repentine e brusche frenate, ma anche uso del telefonino alla guida e cinture di sicurezza allacciate o meno.Un patrimonio informativo capace di abbattere l’alea assicurativa quasi a zero, rendendo straordinariamente facile prevedere il rischio di incidenti e, quindi, controbilanciarlo con tariffe adeguate e ritagliate su diversi specifici cluster di assicurati secondo una regola elementare: più alto il rischio, maggiore è il premio richiesto.Ma il cuore della questione portata in Tribunale è un altro: la compagnia assicurativa, infatti, secondo l’accusa, semplicemente non avrebbe dovuto sottoporre decine di milioni di persone a un tracciamento tanto pervasivo, specie senza informarle adeguatamente.E questo è quanto accaduto.La compagnia, naturalmente, respinge, almeno per ora, al mittente le accuse e sostiene di aver semplicemente creato un sistema capace di garantire a chiunque l’accesso alle migliori condizioni assicurative possibili in relazione al proprio profilo.Una difesa che, in effetti, in attesa di vederla sviluppata e meglio argomentata davanti ai Giudici, sembra almeno claudicante.Difficile, a leggere i nomi delle aziende automobilistiche coinvolte e quelle delle app scese a patti con la compagnia assicurativa, non chiedersi se qualcosa di analogo stia accadendo anche da questa parte dell’oceano.Perché certo le esigenze e i desideri delle compagnie assicurative sono gli stessi e le possibilità tecnologiche e commerciali di fare altrettanto non mancano.Insomma, c’è il rischio che anche la nostra assicurazione sia seduta accanto a noi nella nostra automobile e ci osservi più da vicino di quanto non immaginiamo.Occhi aperti, quindi.Sulla strada ovviamente, ma anche a quello che c’è scritto nell’informativa sulla privacy della compagnia assicurativa di fiducia e in quelle delle applicazioni installate sullo smartphone e sulla nostra automobile.Se qualcosa non torna, segnalatelo!Frattanto, e sperando che non sia vero che a pensar male non si fa peccato e spesso si vede giusto, buona giornata e, ovviamente, good morning privacy!

01-15
02:54

L’insostenibile leggerezza dei contenuti che affidiamo ai social

L’insostenibile leggerezza dei contenuti che affidiamo ai socialLa prossima settimana TikTok potrebbe scomparire dagli smartphone dei suoi 180 milioni di utenti americani a seguito della legge che impone alla società cinese che lo controlla di scegliere tra vendere l’app, limitatamente alle attività in America, a una società americana o, appunto, chiudere i battenti.Difficile fare previsioni su cosa accadrà per davvero.Quel che si sa è che, sin qui, la proprietaria di TikTok ha rifiutato ogni proposta di acquisto e che la Corte Suprema, davanti alla quale ha contestato la legittimità della legge che le impone di scegliere tra vendere e chiudere, verosimilmente respingerà il suo ricorso.Questione enorme quella sui banchi dei giudici della Corte, tra sicurezza nazionale e libertà di informazione, in un Paese nel quale l’una e l’altra sono percepite come due tra i valori fondanti dello Stato.Ma questione impossibile da affrontare nei nostri tre minuti con il caffè sul tavolo.L’occasione è però preziosa per una riflessione più semplice ma non meno importante.Che ne sarà dei contenuti che milioni di utenti hanno caricato sui loro profili TikTok se la società chiuderà negli USA, rendendo progressivamente inutilizzabile l’app?In America, in queste ore, se lo stanno chiedendo in tanti e si moltiplicano online i suggerimenti su come procedere al download di quanto sin qui pubblicato per metterlo al sicuro sui propri smartphone e al riparo dalla tabula rasa che potrebbe abbattersi sui server della società cinese.Anni di contenuti prodotti e condivisi con il mondo intero, informazioni e opinioni assieme a più o meno straordinarie prestazioni artistiche che, in un modo o nell’altro, rappresentano porzioni importanti della vita di milioni di persone potrebbero andare in fumo da qui a qualche giorno.Un po’ come se gli album delle nostre fotografie e i ricordi più cari che conserviamo da anni, all’improvviso, si dematerializzassero tutti insieme, tutti allo stesso momento, per sempre.Ma appunto la questione non riguarda solo TikTok e i suoi utenti, ma è enormemente più ampia, perché riguarda o, almeno, potrebbe riguardare domani l’intero patrimonio di contenuti, ricordi, video, fotografie, idee e opinioni generato e pubblicato online sul nostro social preferito, qualunque esso sia.Perché, ovviamente, vicende analoghe a quella di TikTok, con connotati più o meno diversi, potrebbero verificarsi domani ovunque nel mondo e riguardare qualunque servizio digitale.Ecco, guardando da lontano alla storia di TikTok negli USA e in attesa di capire come andrà a finire, forse vale la pena di chiederci se e quanto è sostenibile la volatilità e leggerezza di quanto quotidianamente affidiamo alle piattaforme digitali per raccontarci al mondo, raccontare come la pensiamo e ingaggiare ogni genere di battaglia per difendere e promuovere le nostre idee.Tutto, un giorno, potrebbe semplicemente scomparire in una manciata di ore.Forse vale la pena pensarci.Forse vale la pena riflettere sull’opportunità che le piattaforme digitali non diventino, neppure semplicemente per pigrizia, i nostri album dei ricordi e gli archivi dei nostri pensieri più importanti perché, come suggerisce la vicenda di TikTok, nonostante l’apparenza, in realtà non sono affatto nostri, e può sempre accadere che, per ragioni più o meno nobili o anche semplicemente per distrazione, incidente o incuria di qualcuno, vadano in fumo.Niente panico, naturalmente, specie mentre prendiamo il caffè della mattina, ma neppure incoscienza o superficialità.Meglio pensarci oggi che domani.Buongiorno e, ovviamente, goodmorning privacy!

01-14
03:46

Signori e signore, si scende!

Signore e Signori, si scende!Una compagnia ferroviaria non può pretendere che i viaggiatori, per fare un biglietto o creare un account, scelgano se essere identificati come Signore o Signora, non trattandosi di informazioni effettivamente necessarie per dare esecuzione al contratto di viaggio.È la sintesi della decisione con cui la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha appena risolto la questione pregiudiziale rimessale dal Consiglio di Stato francese, dopo che la CNIL, l’omologa del Garante per la privacy italiano in Francia, aveva respinto la segnalazione di Mousse, un’associazione che contestava la circostanza per cui le ferrovie francesi esigessero questo genere di dati dai viaggiatori, al non dichiarato fine di inviare loro comunicazioni personalizzate al femminile o al maschile.Quando accade, il principio di minimizzazione dei dati risulta violato. Questa è la convinzione dei giudici della Corte di Giustizia dell’Unione europea.La decisione, prima di toccare i principi, sembra destinata a innescare un piccolo terremoto nei moduli utilizzati online e offline in tutta Europa per milioni di finalità diverse, poiché la prassi seguita dalla compagnia ferroviaria francese è straordinariamente diffusa.Ora, chiunque abbia finora reso obbligatoria la compilazione del campo Signore o Signora dovrà rivedere la propria modulistica, rischiando altrimenti di essere richiamato o sanzionato per aver violato le regole europee sulla privacy.“La solita privacy rompiscatole” dirà qualcuno, o forse molti lo hanno già detto. Eppure, dietro questa specifica questione – su cui, come sempre, c’è spazio per opinioni diverse, tanto che la Corte di Giustizia dell’Unione europea si è espressa in termini più severi rispetto a quelli del Garante francese – si cela una questione più generale e straordinariamente importante.Non c’è dubbio che, soprattutto online, da tempo si chieda alle persone una quantità di dati personali ben superiore a quella necessaria per accedere a determinati servizi, dove il fornitore potrebbe – e forse dovrebbe – accontentarsi del pagamento.Gli alibi per queste richieste di dati non strettamente necessari sono vari: dalla cortesia commerciale alla volontà di offrire agli utenti la possibilità di recuperare l’account in caso di smarrimento della password. Tuttavia, la verità è che il valore dei dati personali sul mercato supera spesso il corrispettivo economico del servizio, e pochi sono disposti a rinunciarvi: perché accontentarsi di essere pagati una volta quando si può essere pagati due volte, in denaro e in dati personali?Così capita di dover fornire l’indirizzo di residenza per attivare un servizio digitale che non avrà mai una dimensione fisica, o la data di nascita per servizi dove è del tutto irrilevante.Questo permette l’accumulo e la stratificazione di enormi quantità di dati che potremmo tranquillamente tenere per noi, senza rinunciare all’accesso al servizio desiderato.È così da molto, moltissimo tempo. Ora, però, i giudici della Corte mettono nero su bianco che “necessario” non significa “utile” o “opportuno”, ma “indispensabile per l’esecuzione di un contratto”. Rivolgersi a chi ha appena comprato un biglietto ferroviario con “Gentile Signora” o “Egregio Signore” può essere cortese, ma non è davvero necessario per permettere al viaggiatore di salire sul treno.Forse il modo giusto di leggere la decisione dei giudici di Lussemburgo è questo: un invito a riflettere sul principio di minimizzazione dei dati personali. In un’epoca in cui è evidente – o dovrebbe esserlo – che meno privacy significa meno libertà, non c’è motivo di continuare a sprecare dati quando non è davvero necessario.Buongiorno, buona settimana e, naturalmente, good morning privacy!

01-13
04:13

La Commissione Europea è finita sul banco degli imputati per violazione delle regole sulla protezione dei dati personali

A Bruxelles piove, anzi nevica e non sto parlando del meteo, ma della seconda decisione in una manciata di settimane con la quale la Commissione Europea è finita sul banco degli imputati per violazione proprio di quelle regole sulla protezione dei dati personali della quale da anni indiscussa ambasciatrice in tutto il mondo. Paradossi episodici ma pur sempre paradossi. Come se un campione dell'anti-doping venisse trovato positivo al doping, non in occasione di una sola competizione ma di due gare di fila. A mettere nero su bianco l'ultimo inciampo è stato il Tribunale dell'Unione Europea con una sentenza dello scorso 8 gennaio con la quale ha accertato che la Commissione Europea nel 2022 ha trasferito negli Stati Uniti d'America i dati personali, in particolare l'indirizzo IP di un cittadino tedesco, consegnandogli a Meta in occasione dell'accesso del cittadino in questione a un proprio sito internet attraverso il cosiddetto Facebook login e il servizio del social network che consente ai suoi utenti di autenticarsi anche.Ma nel 2022 gli Stati Uniti non erano considerati un approdo sicuro per i dati personali, essendo stata annullata nel 2020 la famosa decisione di adeguatezza nota come Privacy Shield e non essendo ancora stata adottata la nuova, quella attualmente in vigore, nota come Privacy Framework. Insomma quei dati non avrebbero dovuto essere trasferiti così tanto a cuor leggero dall'Europa agli Stati Uniti e naturalmente men che meno avrebbe dovuto farlo proprio la Commissione Europea custode e alleggera La fiera delle regole europee sulla privacy, ma non basta, perché secondo i giudici del Tribunale, violando le regole sulla privacy, la Commissione avrebbe anche procurato all'interessato un danno ingiusto che ora dovrà risarcire versando a quest'ultimo 400 euro.Una tormenta di neve più che un acquazzone, insomma. Anche perché la sentenza arriva dopo che il mese scorso il Supervisor Europeo per la Privacy aveva ammonito la stessa Commissione Europea per aver illecitamente profilato attraverso X la piattaforma di Elon Musk, milioni di cittadini di 8 paesi europei, allo scopo di far recapitare i loro messaggi capaci di supportare e difendere una propria iniziativa legislativa in materia di contrasto alla pedopornografia online.Nobile lo scopo perseguito, ma meno nobile e anzi illeciti i mezzi utilizzati, perché appunto, ancora una volta, in violazione della privacy. Due cartellini gialli di fila Sul campo di calcio l'arbitro solleverebbe il cartellino rosso, ma senza arrivare a tanto forse vale la pena avviare almeno una riflessione su episodi che probabilmente si sbaglierebbe allo stesso modo a sopravvalutare e a sottovalutare, perché appunto sono solo episodi, ma al tempo stesso raccontano di un'evidente difficoltà delle stesse istituzioni europee a rispettare le regole sulla privacy, quelle di casa nostra, quelle europee.Tra tanti possibili spunti di riflessione ne propongo uno soltanto Non sarà che le regole in questione pur ispirate a principi senza i quali sarebbe difficile immaginare una tutela efficace della dignità delle persone, e delle nostreDemocrazie non stiano diventando troppo difficili da rispettare in un contesto tecnologico che, che ci piaccia oppure no, non è più quello che avevamo davanti quando queste regole abbiamo pensato e scritto perché se fosse così, varrebbe la pena correre ai ripari prima di vederle abrogare per desuetudine. Parliamone e frattanto. Buona giornata o meglio, good morning privacy!

01-10
03:27

Ma artificiale non significa falso

Rimbalza dal CES di Las Vegas, la più grande fiera dell’elettronica al mondo la notizia che la Sony, in compagnia di una serie di altri colossi del digitale, inizierà marcare digitalmente i contenuti generati con i propri dispositivi così da rendere riconoscibili eventuali manipolazioni successive a colpi di intelligenza artificiale.

01-11
02:37

Federal Trade Commission algoritmi e intelligenza artificiale

La Federal Trade Commission con un post pubblicato nei giorni scorsi sul proprio sito istituzionale ha strigliato le fabbriche – si fa per dire – di algoritmi e servizi di intelligenza artificiale, ricordando loro che proprio perché dati personali sono particolarmente importanti nell’industria dell’AI è essenziale che siano trattati in maniera corretta e trasparente.Un richiamo importante e prezioso quello che arriva dalla FTC perché proviene dall’Autorità che negli Stati Uniti d’America, il Paese nel quale è stabilita la parte che pesa di più dell’industria dell’intelligenza artificiale, è, tra l’altro, chiamata a vigilare su privacy e mercati.

01-10
02:55

Intelligenza Artificiale e sistemi giudiziari

Anche le corti ed i tribunali di Inghilterra e del Galles hanno dovuto prendere atto del rapido diffondersi della AI e "correre ai ripari" dettando le indicazioni sull'uso degli algoritmi. Le linee guida però riservano qualche sorpresa.

01-09
03:28

Intelligenza artificiale e influencer sintetiche

Ripartiamo con i nostri caffè del mattino a base di privacy e dintorni con un argomento solo apparentemente leggero.Le influencer sintetiche – ma non dubito che da qualche parte ci siano anche gli influencer sintetici – che iniziano a spopolare online, a macinare denaro – o, meglio, a farne macinare ai loro creatori – e, purtroppo, anche a mietere vittime, sfortunatamente non sintetiche ma in carne ed ossa. È una delle ultime frontiere dell’intelligenza artificiale generativa che consegna più o meno a chiunque la possibilità di dar vita con uno sforzo contenuto e un investimento modestissimo, autentici burattini digitali che sembrano, in tutto e per tutto, persone in carne ed ossa e che proprio come le vere influencer accumulano centinaia di migliaia di follower e sfruttano poi la popolarità acquisita per promuovere ogni genere di prodotti e servizi.

01-08
02:44

Latin artificial lovers

Oggi parliamo di dating online, anime gemelle e algoritmi.Pare, infatti, che l’intelligenza artificiale si avvii a conquistare anche gli affari del cuore, dell’attrazione e della passione. Il 20% degli uomini che usano app di dating usa soluzioni di intelligenza artificiale integrate o meno nell’app – ChatGPT Love sarebbe una delle più gettonate – e che il 40% di loro sarebbe pronto a giurare che grazie agli algoritmi il proprio sex appeal e le proprie conquiste sono saliti alle stelle.

12-18
02:24

Le truffe del cuore

La storia, l’ultima di una serie infinita questa volta rimbalza dal Piemonte ed è tanto eguale a tante altre del passato che ci ho pensato su due volte prima di decidere di farne oggetto del nostro caffè. Poi proprio la sua semplicità e il fatto che rientri in un cliché ormai quasi banale mi ha convinto che se episodi del genere continuano a essere così frequenti forse è anche perché se ne parla ancora troppo poco. E quindi eccola la storia che campeggia oggi sulla cronaca locale piemontese. Una donna di Rivoli incontra online un uomo o qualcuno che le si presenta come un uomo. I due iniziano a conversare online, battute, domande, risposte, ammiccamenti. Lei a un certo punto si convince di aver incontrato una persona sulla quale vale la pena scommettere e con la quale vale la pena sbilanciarsi.

12-15
03:17

Se l’intelligenza artificiale entra in assicurazione

Oggi prendiamo il nostro caffè andando negli Negli Stati Uniti e, più precisamente, in Kentucky dove è appena stata proposta la seconda class action contro un’assicurazione medica. Questa volta si tratta della Humana, rea, secondo i ricorrenti di utilizzare algoritmi di intelligenza artificiale che negherebbero agli assicurati la liquidazione di quanto loro spettante. Il problema è tutt’altro che nuovo. Tra le tante possibili applicazioni dell’AI, alcune delle più promettenti, sono, senza alcuna sorpresa, in ambito assicurativo.

12-14
03:40

Occhio agli astrologi artificiali

Questa mattina il caffè lo prendiamo come in tanti, in effetti, lo prendono spesso: in compagnia degli astri. Ma non è il vostro oroscopo che voglio leggervi anche se, probabilmente, facendolo, gli ascolti di questo podcast salirebbero, è proprio il caso di dirlo, alle stelle. Un bell’articolo su The Atlantic di qualche giorno fa ha acceso la mia curiosità su una serie di app di astrologia, teleguidate da sistemi diversamente evoluti di intelligenza artificiale che sembrano aver conquistato la fiducia di milioni di persone in giro per il mondo. Lungi da me l’idea di invitare chicchessia a non credere agli astri. E, però, forse, un invito alla prudenza rispetto all’uso di questo genere di app vale la pena lanciarlo.

12-13
02:36

L’intelligenza ibrida

Oggi vi propongo, nei nostri soliti due minuti, una riflessione per me appena iniziata ma, magari, per molti di voi già matura. Ci stiamo preoccupando tutti e tanto della vita con l’intelligenza artificiale e, credo, facciamo bene. A Bruxelles, nell’accordo politico appena raggiunto su quello che sarà l’AI Act, sembrerebbe essersi fissato il principio che i contenuti prodotti ricorrendo all’intelligenza artificiale devono essere riconoscibili come tali. E, magari, è anche giusto così.

12-12
02:53

AI Act, le regole non sono nemiche dei mercati

Forse siamo alle battute finali del trilogo dal quale dovrebbe uscire – il condizionale è d’obbligo – l’AI Act. E, come spesso accade, le ultime, sono le ore più importanti, quelle in cui i nodi vengono al pettine, le distanze tra le diverse posizioni si presentano come incolmabili pur senza esserlo davvero, i dettagli, nei quali si nasconde il famoso diavolo, minacciano di far saltare il banco.Ed è proprio per questo che le ultime sono anche le ore nelle quali servono più nervi saldi, più buon senso, più capacità di anteporre l’interesse comune a quelli di parte e egoistici.

12-05
03:01

La nostra voce nel congelatore

Oggi parliamo di una funzione "nascosta", snob segreta dei nostri IPhone. Si chiama Voce personale e consente di realizzare qualcosa le cui implicazioni anche in termini di privacy sono intellettualmente almeno stimolanti. Nella sostanza possiamo addestrare il nostro iPhone a parlare con la nostra voce e a tradurre sempre con la nostra voce qualsiasi cosa scriviamo sul dispositivo nell’ambito delle app che già integrano questa funzionalità. Attivarla è di una semplicità disarmante almeno in relazione alle potenzialità dello strumento.

12-04
03:10

IL CASO DI SPORT ILLUSTRATED E I VOLTI SINTETICI

Oggi parliamo di SPORT ILLUSTRATED - una delle più importanti riviste di settore - e di come la rivista FUTURISME sfogliando la versione on line del blasonato magazine abbia fatto una scoperta a dir poco sensazionale. Il giornalista scorrendo gli articoli si è reso conto che le foto associate ai pezzi erano state acquistate in una famosa banca dati di immagini. Da qui parte il nostro caffè di oggi...

12-01
03:30

Elezioni in Europa e negli USA. Giusto lasciare scendere in campo l’AI?

Nel 2024 si voterà in Europa e negli USA. Saranno le prime elezioni della storia dell’umanità nelle quali l’intelligenza artificiale - in particolare quella generativa - sarà "in campo". E lo sarà senza che ci siano ancora regole certe per governarla o, almeno, senza che le regole in questione siano direttamente applicabili. La preoccupazione che la discesa in campo degli algoritmi possa alterare i risultati elettorali e, quindi, incidere sui processi democratici si sta diffondendo rapidamente e non risparmia nessuno né nel pubblico né nel privato.

11-29
02:08

ATTENTI AL PEDOPORNO ARTIFICIALE IN CLASSE

Il caffè di questa mattina è di quelli senza zucchero. Il safer internet center inglese ha, infatti, appena lanciato un allarme che faremmo bene, tutti, nessuno escluso, a raccogliere senza perder tempo. Nelle scuole i bambini iniziano a giocare con le intelligenze artificiali generative. Questo, naturalmente, in linea di principio, è un bene. C’è però un ma…

11-28
02:42

Algoritmi addestrati in prigione

Oggi vi racconto una storia e vi faccio una domanda. Siamo in Finlandia dove, da sempre, il sistema penitenziario è più aperto del nostro al reinserimento di detenute e detenuti e promuove ogni forma di lavoro durante la detenzione. Certo, normalmente, non si tratta di grandi lavori. Lavanderia, mensa, pulizie, artigianato e poco di più. E certo, normalmente, non si tratta di lavoro pagato quanto viene pagato quello di chi non si trova ristretto nella sua libertà.

11-27
03:31

Galeotta fu la video call

C’è una storia che rimbalza dalla Germania alla quale forse vale la pena dedicare il nostro caffè di oggi perché potrebbe rappresentare un monito prezioso. All’origine una semplicissima video call, un ingegnere che vi partecipa come speaker e che lavora per Nvidia a un certo punto a qualche problema a condividere il suo schermo per presentare le sue slides e finisce con il condividere il desktop del suo PC, tanto quanto basta per mandare in mondo visione alcuni file contenenti il codice sorgente di un applicativo della Valeo.

11-24
02:33

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