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Author: BastaBugie

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Per chi non crede che la politica sia l'arte del compromesso, ma uno strumento utile per raggiungere il bene comune secondo quello che prevede la Legge Naturale scritta nel cuore di ogni uomo
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8289SGOMBERATO IL CENTRO SOCIALE LEONCAVALLO di Manuela Antonacci «Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità» con queste parole lapidarie il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi ha commentato la fine dello storico centro sociale milanese, un po' l'archetipo di tutti centri sociali italiani, avvenuto ieri mattina. Ma ricostruiamone brevemente la storia: il Leoncavallo è chiamato così dal nome della strada di Milano dove acquistò la sua "fama" occupando abusivamente un'area privata. La prima occupazione, il 18 ottobre 1975, fu di un piccolo stabile di via Mancinelli, nella periferia nord-est della città, ad opera dei collettivi antifascisti della zona e Avanguardia Operaia, e di qualche esponente dei movimenti Lotta Continua e Movimento Lavoratori per il Socialismo.Una volta entrati nello stabile, in stato di abbandono da anni, gli occupanti si resero conto dell'enorme magazzino abbandonato adiacente, di oltre 3.600 m², che si affacciava su via Ruggero Leoncavallo e ne fecero la sede del centro sociale fino al 1994, per trasferirsi, poi, nel quartiere Greco. Diciamo che questa realtà, negli anni, non ha mai goduto esattamente delle simpatie dei vicini, a causa dei continui rumori molesti provenienti dall'edificio e soprattutto dello spaccio di eroina che, per un periodo, portò all'organizzazione delle "ronde anti-spaccio", tanto che, in passato, si è tentato più volte lo sgombero dell'edificio, ma i tentativi non sono mai andati a buon fine a causa delle violente proteste degli occupanti.LA FINE DI UNA LUNGA STAGIONE DI ILLEGALITÀMolto più che un luogo di ritrovo, dunque, nuovamente salito agli onori delle cronache, ultimamente, a causa, appunto, del recente sgombero che ha suscitato reazioni opposte da parte degli esponenti dei vari schieramenti politici: «Lo sgombero del centro sociale Leoncavallo segna la fine di una lunga stagione di illegalità. Per trent'anni quell'immobile è stato occupato abusivamente. E al danno si è aggiunta la beffa: lo Stato costretto persino a risarcire i danni dell'occupazione», ha tuonato Piantedosi, riferendosi ad un singolare precedente che riguarda lo stabile, per la cui occupazione abusiva, il ministero dell'Interno è stato condannato al risarcimento di 3 milioni di euro alla società dell'Orologio, proprietaria dell'immobile. Multa che il Viminale ha girato alla presidente dell'associazione "Mamme Antifasciste" del Leoncavallo.Riguardo lo sgombro che doveva essere eseguito il 9 settembre, ma che per ragioni di sicurezza è stato anticipato, ha mostrato soddisfazione anche la premier Giorgia Meloni: «In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole. Il governo continuerà a far sì che la legge venga rispettata, sempre e ovunque: è la condizione essenziale per difendere i diritti di tutti». L'opposizione non sembra della stessa idea e denuncia, invece la "propaganda securitaria" del governo. Bonelli: «L'immobile occupato dai fascisti di Casapound nel cuore di Roma resta però intoccabile». Si lamenta anche il sindaco di Milano, per essere stato lasciato all'oscuro di tutto e definisce il centro sociale «un valore storico e sociale nella nostra città».UN LUOGO SIMBOLOPolemiche non sono mancate anche contro Salvini, che avrebbe esultato di fronte alla notizia della fine del centro sociale; ma la sinistra gli ricorda di essere stato un assiduo frequentatore, nei suoi anni giovanili, del Centro, al punto che il Corsera ha avuto l'ardire di ripubblicare un articolo del 13 settembre del 1994, in cui si esprime meraviglia per un intervento dell'allora appena ventenne Salvini, già leghista, in consiglio comunale, in seguito ad uno dei tanti tentativi di sgombro del capannone, avvenuto in quei giorni. Il giovane Salvini avrebbe, a quei tempi, inaspettatamente difeso le attività del centro parlando di «bravi ragazzi che non prenderebbero mai in mano una spranga».Insomma si riesumano anche "vecchie glorie" pur di dare sostanza alla polemica. Non ha tardato a strapparsi i capelli neanche Ilaria Salis, parlamentare di Alleanza Verdi e Sinistra. «Nessun rispetto per la storia», ha dichiarato, difendendo il centro sociale che per anni ha occupato spazi di proprietà privata. Le fa da eco Bobo Craxi che si lagna su X: «Festeggiano lo sgombro del Leoncavallo come fosse la riconquista dell'Amba Alagi [...] Mi auguro si trovi una soluzione così la piantano di festeggiare». Ma un utente gli risponde senza peli sulla lingua: «Che costa alla collettività 8.000 euro al mese da 31 anni».E basta scorrere i commenti degli internauti sui vari social e sotto i post degli esponenti di certa politica, per accorgersi che, nonostante la solita propaganda, i cittadini, alle prese con la concretezza della vita, quella vera, non possono non accorgersi che, anche stavolta, "Il re è nudo" e di fronte al rammaricarsi dei rappresentanti della sinistra, molti di loro, per tutta risposta, invitano i progressisti ad abbandonare le loro vesti da "radical chic" e a mettere a disposizione le loro proprietà, in primis o ad offrirsi di pagare l'affitto del Centro, se davvero il lutto per un luogo simbolo di un così alto scambio culturale, è autentico.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8223L'UNIONE EUROPEA SI VERGOGNA DELLE DODICI STELLE DELLA MADONNAGrazie al cattolico Arsène Heitz, la bandiera dell'Unione Europea nasce sotto il segno dell'Immacolata... ma Ursula von der Leyen finge di non saperlodi Giuliano Guzzo Tu chiamale, se vuoi, figuracce. Una politica che alle gaffe risulta saldamente abbonata - è ormai ai livelli dell'indimenticabile Jean-Claude Juncker e in scia a Joe Biden - è Ursula von der Leyen la quale, essendo presidente della Commissione dell'Unione europea, ha pensato bene di segnalare a tutti che, udite udite, ignora perfino la più recente storia europea. La spettacolare performance si è consumata sui profili social ufficiali della von der Leyen, che due giorni fa ha scritto: «Il 29 giugno 1985, i leader europei scelsero un simbolo che avrebbe resistito alla prova del tempo. Dodici stelle dorate in un cerchio. Un simbolo potente di ciò che siamo e di ciò che rappresentiamo: unità e pace, democrazia e solidarietà. Oggi celebriamo i 40 anni della nostra bandiera comune».Ora, già accostare allegramente all'Unione europea a parole impegnative quali «unità e pace, democrazia e solidarietà», se non un azzardo, appare comunque un esercizio temerario. Ma, non già da passante bensì da presidente della Commissione europea, pure dimostrare al mondo di non sapere - o censurare volutamente, scegliete cosa sia peggio - il significato delle «dodici stelle dorate in un cerchio» che rappresentano la bandiera europea, ecco, è inqualificabile. Urge pertanto ricordare alla signora von der Leyen, come le «dodici stelle dorate in un cerchio» non siano un omaggio ad «unità e pace, democrazia e solidarietà» - tutte cose importanti, sia chiaro, soprattutto quanto vere e non citate tanto per -, bensì una scelta precisa.Quale scelta? Quella compiuta da chi la bandiera europea l'ha realizzata, vale a dire il cattolico Arsène Heitz (1908-1989), il quale, da devoto alla Madonna, pensò alle dodici stelle sul blu mariano che tutti conosciamo. Per la precisione, Heitz ammise di essersi ispirato ad un passaggio dell'Apocalisse che per i cattolici anticipa la figura della Madre di Dio: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e, sul capo, una corona di dodici stelle». Rimane vero che tale interpretazione non è mai stata convalidata dalle istituzioni europee, ma è anche vero che - se era il 29 giugno 1985 quando la Comunità economica maturò la scelta definitiva d'adottare quella che sappiamo come bandiera dell'Europa unita - la bandiera fu per la prima volta adottata dal Consiglio d'Europa proprio l'8 dicembre 1955: la Festa dell'Immacolata. C'è di più.Sappiamo che Heitz fu molto esplicito nel dichiarare la genesi della sua opera, raccontando a padre Pierre Caillon nel 1987 quanto segue: «Mi sentii ispirato da Dio nel concepire un vessillo tutto azzurro su cui si stagliava un cerchio di stelle, come quello della medaglia miracolosa. Cosicché la bandiera europea è quella di Nostra Signora». Chiaro? Con tutto il rispetto per «unità e pace, democrazia e solidarietà», il senso originale di quella bandiera è questo. Ma, a ben vedere, la gaffe - o la censura - di Ursula von der Leyen non sorprendono. L'Unione europea che la bionda signora tedesca presiede, infatti, è pur sempre la stessa che chiuse le porte in faccia a Papa San Giovanni Paolo II, allorquando chiese il riconoscimento delle radici cristiane del Continente. Un riconoscimento che chiunque di intellettualmente onesto avrebbe dovuto fare all'istante, ma i cervelloni di Bruxelles la pensavano diversamente. Ed oggi Ursula von der Leyen si colloca perfettamente in questa tradizione cristianofobia che pure si presenta come tollerante ed inclusiva. A parole.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8168PUTIN RESTAURA IL CULTO STALINIANOdi Stefano Magni La parata del 9 maggio a Mosca ha avuto due significati precisi: uno politico e l'altro storico.Il significato politico è sempre stato nella scelta polemica della data del 9 maggio, per celebrare la vittoria della guerra in Europa, da parte dell'Unione Sovietica prima e della Russia post-sovietica poi. Gli Alleati che batterono i nazisti festeggiano l'8 maggio. I sovietici no: il 9 maggio, perché per motivi di fuso orario, a Mosca era già il 9 quando la Germania si arrese. Dal 1965 (ventennale della vittoria) il 9 maggio era diventata festa nazionale in Unione Sovietica e di conseguenza anche in tutti i regimi comunisti satelliti.Cosa significa celebrare un giorno dopo rispetto agli Alleati? Marcare la differenza. E sottolineare la superiorità della causa sovietica. Per la storiografia ufficiale comunista, infatti, la guerra contro il nazismo è stata vinta soprattutto dall'Urss, con l'appoggio solo secondario degli Alleati. Questi ultimi, i nuovi nemici, erano dipinti come partner infidi che si preparavano, già allora, a combattere la guerra contro la patria socialista al fianco dei nuovi "nazisti" tedeschi.Tutta la retorica sovietica, fino alla metà degli anni'80, non faceva che ripetere e replicare all'infinito la paura di una nuova invasione da Occidente. O peggio ancora: un attacco nucleare a sorpresa, una "Barbarossa atomica" a cui Mosca preparava continuamente la popolazione, anche con sistemi di bunker ed esercitazioni di difesa civile che non avevano eguali nei Paesi occidentali. Quindi c'era la paura costante di un nuovo attacco e il momento catartico in cui celebrare la vittoria, senza alleati, solo alla presenza dei comunisti.Il 9 maggio è stato mantenuto come tradizione anche nella Russia post-sovietica, ma caricandolo meno di significati retorici e senza troppa ideologia di mezzo. Con Putin è pian piano tornato alla sua simbologia originaria. Una vittoria ottenuta in solitaria e con grande sofferenza contro il nemico nazista invasore, un nemico "che c'è ancora" anche se prende altre forme. E che, per il Cremlino, risiede sempre in Occidente. Questa è la piega che la grande parata sta prendendo almeno dal 2014, il primo anno di guerra in Ucraina, il primo di netta cesura della Russia con l'Occidente.IL NUOVO BLOCCO ORIENTALEGli ospiti di ieri erano i rappresentanti del nuovo blocco orientale: Xi Jinping, il dittatore cinese, aveva l'onore di sedere al fianco di Putin e di un veterano 99enne della Seconda Guerra Mondiale, Jevgenij Znamenskij. Erano rappresentate nazioni dell'ex Unione Sovietica che, negli anni della Guerra Patriottica, combattevano nell'Armata Rossa ed oggi restano fedeli alleati o almeno partner di Putin: Azerbaigian, Bielorussia, Kazakistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan.E poi altre dittature afro-asiatiche, quali Egitto, Laos, Mongolia, Myanmar e Vietnam. Oltre, ovviamente, alla Cina che è attualmente l'alleato della Russia più importante. Fra i leader ospiti c'erano anche gli europei Vucic (Serbia) e Fico (Slovacchia), una specie di mini-Patto di Varsavia in embrione (benché la Slovacchia faccia ancora parte della Nato).Cambia di poco la geografia delle alleanze rispetto agli anni di Breznev, ma a sfilare il 9 maggio è sempre il blocco orientale che si contrappone a quello occidentale. Da quando Putin ha invaso l'Ucraina, la retorica sul nazismo è stata rispolverata e tirata a lucido. E così gli ucraini sono tutti "nazisti". L'Europa è "nazista" e Ursula von der Leyen viene rappresentata nelle vignette di regime a forma di svastica, come ai tempi dell'Urss era rappresentata la Germania.L'America viene risparmiata da questa retorica solo da quando c'è Trump, che promette la distensione con la Russia. Ma la distensione non viene vista da Mosca come una premessa per una pace duratura, bensì come uno strumento per vincere la guerra. La retorica di Putin, il 9 maggio, più che di pace (in Ucraina) parla di vittoria: "L'intero Paese, la società, il popolo sostengono i partecipanti all'operazione militare speciale. Siamo orgogliosi del loro coraggio e della loro determinazione, della forza d'animo che ci ha sempre portato solo la vittoria".LA RIVALUTAZIONE DI STALINDa un punto di vista storico, l'enfasi della Grande Guerra Patriottica contro il nazismo, porta ovviamente anche alla rivalutazione di Stalin. Nemesi storica: da Chrushev in poi, dalla destalinizzazione fino alla caduta dell'Urss, il dittatore sovietico era stato relegato nell'oblio, una parentesi imbarazzante e sanguinosa.La glasnost di Gorbaciov aveva fatto il resto, rimuovendo i segreti di Stato sugli immensi crimini di Stalin e soprattutto riscoprendo quello che, nella storia ufficiale sovietica, era un "buco nero" vero e proprio: cosa era successo dal 1939 (anno di inizio della Seconda Guerra Mondiale) al 1941 (anno dell'invasione tedesca dell'Urss). I libri di testo, pur non potendo tacerlo del tutto, sorvolavano sul fatto che in quei due anni Hitler e Stalin erano alleati. Fu Hitler a tradire e dare inizio alla guerra fra i due totalitarismi, ma ancora il 1 maggio 1941 i soldati della Germania nazista partecipavano alla grande parata di Mosca, per la Festa dei Lavoratori.La caduta dell'Urss aveva permesso agli storici, così come ai comuni cittadini degli ex regimi comunisti, di studiare liberamente i crimini di Stalin, le sue ambiguità e il suo cinismo, la sua incapacità di combattere la guerra senza perdere masse immense di uomini, il cinismo con cui aveva usato le alleanze (prima con Hitler, poi con Churchill e Roosevelt) per espandere il territorio sovietico.Almeno da vent'anni a questa parte, questa finestra di opportunità di studio e revisione storica si è serrata. Non è un caso che appena due mesi prima dell'invasione dell'Ucraina, il regime russo abbia chiuso Memorial, l'organizzazione che studiava i crimini del comunismo. Putin ha restaurato il culto staliniano: sono tornate le statue, sono tornate addirittura le sue icone e i libri di storia sono stati riscritti di nuovo.Contrariamente all'Urss di Chrushev, Breznev e Gorbaciov, che avevano il culto di Lenin ma cercavano di far dimenticare Stalin, Putin cerca di dimenticare Lenin (uomo di rivoluzione e sconfitta) e riabilitare il culto di Stalin perché è il leader del Cremlino che (pur non essendo russo, ma georgiano) ha portato l'imperialismo di Mosca alla sua massima espansione.Il 9 maggio, a Mosca, è il trionfo del nuovo stalinismo di Stato, non più comunista ma puramente imperiale. Ed è questo il nuovo nemico totalitario che ci troviamo di fronte, impossibile da sottovalutare.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8140IL GOVERNO MELONI CHIUDE LA PORTA ALLA DROGA CAMUFFATA DA LIBERTA' Il decreto Sicurezza approvato dal governo Meloni lo scorso 4 aprile 2025 - e firmato e reso esecutivo dal presidente della Repubblica Mattarella l'11 aprile - ha introdotto una significativa restrizione riguardante la cannabis light. In particolare, il provvedimento vieta espressamente l'importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l'invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze di canapa coltivata, comunemente note come cannabis light. Una misura che mira a colmare un vuoto normativo che aveva permesso la proliferazione di punti vendita di cannabis light, spesso pubblicizzati come "legali" nonostante l'ambiguità della normativa precedente e che rappresenta un passo importante - seppur ci sia ancora tanto da fare - nella direzione della protezione della salute e della sicurezza degli italiani, in particolare dei giovani.PROTESTE STRUMENTALI CONTRO UNA NORMA DI CIVILTÀIl contrasto ad ogni tipo di droga e, in questo caso, alla cannabis light incontra - lo sappiamo - le barricate di sinistra, progressisti e radicali che vorrebbero invece andare nella direzione opposta, quella di una legalizzazione (chi parziale, chi addirittura totale) per la diffusione e l'uso di certe sostanze, in barba alle devastanti conseguenze sulla salute che hanno. Proteste, dichiarazioni al vetriolo, levata di scudi e addirittura chi si è messo in pubblica piazza, con aria di sfida, a fumare apertamente degli spinelli proprio per protestare contro questa norma dell'attuale Governo. Proteste e critiche in realtà strumentali, che evidenziano come anche la legalizzazione della cannabis light - come in generale delle droghe cosiddette "leggere" - sia diventata una bandiera ideologica per alcuni esponenti politici, che utilizzano proteste, contestazioni e gesti provocatori. Tali azioni, però, sembrano avere poco a che vedere con la normale e legittima contestazione politica e con la dovuta libertà di opposizione delle minoranze e sembra piuttosto banalizzare proprio il dibattito pubblico, rischiando di promuovere modelli culturali che minimizzano i rischi associati all'uso di sostanze psicoattive, anche se - come in questo caso - a basso contenuto di Thc. Al di là delle fazioni politiche, vi spieghiamo perché la legalizzazione della cannabis light - e in generale di quelle che vengono, tra l'altro imprudentemente, chiamate "droghe leggere" - sia pericolosa e assolutamente da evitare.PERCHÉ LEGALIZZARE LA CANNABIS SAREBBE UN GRAVE ERROREIl primo motivo è che legalizzare queste sostanze significherebbe, dal punto di vista sociale, normalizza l'uso della droga e abbassa le difese culturali. Anche se contiene una bassa percentuale di THC, infatti, la cannabis light abitua culturalmente all'uso della droga e veicola un messaggio pericoloso: che fumare cannabis sia "normale" o "innocuo". Ma la droga non è mai innocua. È una porta d'ingresso verso forme più pesanti e più dannose.Indebolisce la vigilanza educativa. La diffusione legale e tollerata della cannabis light mina il ruolo educativo di genitori e insegnanti. Se lo Stato permette o promuove l'uso della cannabis, anche "light", i giovani penseranno che sia giusto farlo. E questo riduce la credibilità degli adulti che cercano di prevenire le dipendenze.Espone i più fragili a gravi rischi per la salute. Anche a dosaggi bassi, la cannabis ha effetti sul sistema nervoso, sul controllo dell'attenzione, sulla memoria e sull'umore. Gli adolescenti e i soggetti vulnerabili rischiano danni cerebrali irreversibili, con gravi conseguenze sul rendimento scolastico, lavorativo e relazionale.Apre la strada a una legalizzazione totale. La cannabis "light" è spesso usata come cavallo di Troia per ottenere l'approvazione sociale della legalizzazione della cannabis tout court. Dove è stata introdotta la cannabis light, le lobby hanno poi spinto per legalizzare anche le droghe pesanti. È un primo passo verso un baratro.È un business, mascherato da libertà, sulla pelle dei giovani. Dietro la cannabis light c'è un mercato che lucra su una sostanza che può generare dipendenza e danni psicofisici. È inaccettabile che lo Stato o le aziende promuovano un commercio che mette a rischio la salute pubblica, specialmente quella delle nuove generazioni.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/8109SE LA RUSSIA ENTRASSE NELLA UE E NELLA NATO SAREBBE BELLO, MA PURTROPPO E' IMPOSSIBILE di Franco Battaglia Tutti, Volodymyr Zelensky per primo, chiedono garanzie di sicurezza alla Russia. Ora, non è che io voglia sposare la causa della Russia, come qualcuno può a buon diritto supporre dopo aver letto i miei articoli degli ultimi tre anni; però la cosa rimane una supposizione perché, solo a sforzarsi di restare obiettivi, non si può non concludere che chi ha bisogno di garanzie di sicurezza è proprio la Russia.Abbiamo più volte ascoltato, e non solo da Zelensky, che la Russia vorrebbe prendersi l'intera Ucraina e, dopo averlo fatto, procederà con l'invadere l'Europa occidentale, a cominciare dalla Polonia. E la stessa Ursula von der Leyen ci sta terrorizzando con una nuova minaccia esistenziale: messa in soffitta quella climatica, ha estratto dal cilindro quella della Russia.Da quel poco di Storia che abbiamo studiato, non risulta che i Russi abbiano mai avuto velleità di espansione ad ovest. In particolare, noi in Italia abbiamo subito quelle di normanni, spagnoli, francesi, arabi (naturalmente, prima ancora Roma si era costruita il proprio impero); ma, quanto alla Russia, essa subì, nel tempo, gli attacchi dei turchi ottomani, di Napoleone e di Hitler. E perfino durante la Guerra Fredda l'influenza della Russia sovietica nei Paesi dell'Europa Occidentale fu limitata alla sovvenzione dei partiti politici ad essa amici (da noi quello che poi diventerà il Pd).È vero che tutto può accadere, se esercitiamo sufficiente fantasia. Ma ce ne vuole proprio tanta ad immaginare una Russia che - cosa mai vista prima - si proponga di invadere l'Europa. E questo anche se la Nato dovesse sciogliersi - cosa che, personalmente, auspicherei. Questa, sorta come Alleanza di mutuo soccorso contro il pericolo comunista sovietico, non avrebbe motivo di esistere visto che quel pericolo non esiste più.LA NATO È CONTROPRODUCENTEPer certi versi, anzi, la Nato è controproducente non solo alla sicurezza di tutti ma anche alla convivenza pacifica. Si pensi se l'Ucraina fosse stata nella Nato: l'Operazione militare speciale di Mosca sarebbe stata più problematica, il che farebbe concludere il contrario di quel che ho detto nella frase appena precedente. Eppure no: in quella Operazione la Russia ha potuto rendere inoffensive diverse basi militari presenti in Ucraina, una presenza minacciosa per la Russia, alla luce della Storia passata che ho ricordato all'inizio. Il rapporto di forze Nato/Russia è smodatamente svantaggioso per quest'ultima e, in caso di conflitto, questa soccomberebbe. E con essa il pianeta, perché Vladimir Putin è stato chiaro in proposito: alla Russia non interessa un pianeta senza la Russia. Ma, in caso - più probabile - di non conflitto, vi sarebbero stati anni di atmosfera irrespirabile, peggiori degli anni della Guerra Fredda. Se solo Zelensky, già nel febbraio 2022, avesse accettato di mantenere la solenne promessa del 16 luglio 1990 ove Ucraina prometteva di restar fuori dalla Nato, questi tre anni li avremmo raccontati diversamente.Se è la pace quel che si vuole, se è la pace quel che veramente si vuole, è necessario che da nessuna delle parti si mettano in atto azioni minacciose. Il rafforzamento delle nostre presunte difese è una di quelle azioni, perché ha tutta l'aria di essere un rafforzamento delle nostre capacità di offesa. Il piano di von der Leyen andava respinto al mittente, tanto più che la donna ha già dimostrato ampie incapacità in ogni altro settore da ella toccato.INCLUDERE LA RUSSIA NELLA UEAvrei una proposta. Anziché armarsi contro la Russia (contro chi, sennò, lo farebbe la Ue), si è pensato alla possibilità di includere la Russia nella Ue? Dopotutto, Russia e Ue hanno interessi comuni e complementari: la Ue ha bisogno delle materie prime ed energetiche della Russia, e a questa fan comodo i prodotti industriali della Ue. La convivenza pacifica converrebbe a tutti, e la Russia (e l'Ucraina, naturalmente) nella Ue potrebbe essere un buon passo. Almeno finché si è convinti che la Ue sia una buona idea di suo, cosa di cui io, personalmente, per molte altre ragioni, dubito fortemente. Ma almeno, finché la Ue rimane una fissazione, forse conviene averci dentro anche la Russia. Lo stesso potrebbe valere per la Nato.Smantellarla potrebbe non essere una cattiva idea, ma finché si decide di tenerla in vita, forse converrebbe rimodulare il pericolo comune - potrebbe essere il terrorismo, di qualunque natura - ed estendere la Nato anche alla Russia. Insomma, la Russia condivide col resto del mondo occidentale le radici cristiane e ha anche messo in soffitta quel sistema economico che ha fatto crollare l'Unione sovietica. Inoltre, sarebbe una ventata d'aria fresca in una Ue che, al momento, è in mani tutt'altro che rassicuranti.A chi pensasse la proposta provocatoria, rammento, per esempio, che nel 1940 la Germania invadeva la Francia e che nel 1955 Francia e Germania stavano nella Nato e all'inizio degli anni '90 nella Unione Europea.Nota di BastaBugie: Rino Cammilleri nell'articolo seguente dal titolo "Putin nella Ue? Ciao core" spiega perché purtroppo non è possibile per la Russia entrare a far parte dell'Unione Europea e della Nato.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 marzo 2025:Il fraterno amico e sodale e conterraneo professor Franco Battaglia ha scritto una cosa buona&giusta che condivido toto corde: sarebbe bello se la Federazione Russa entrasse nella Ue e, perché no, anche nella Nato. Ebbene, ciò è impossibile, e vado a spiegare il motivo.La crisi attuale, è noto, è stata a suo tempo innescata dai presidenti dem americani proprio per impedire quel che il nostro Berlusconi, a Pratica di Mare, stava cercando di fare con un Putin sorridente e propenso. Cioè, esattamente quanto Battaglia propone. No, i dem americani sono legati a filo doppio col loro c.d. complesso militar-industriale, cui hanno sempre garantito lautissimi guadagni. E il "sogno americano", lo si rammenti, non è altro che questo: fare soldi, fortissimamente soldi, soldi a ogni costo.I socialisti che comandano nella Ue, e che continuano a comandare alla faccia dei popoli che vanamente votano loro contro, sono parenti stretti dei dem americani, non dimentichiamolo. Ebbene, ricordiamoci anche che l'Europa è letteralmente trapunta di basi militari americane, Italia e Germania in primis. E come fai a mantenere una simile rete se non la supporti con un'intelligence altrettanto ramificata ed efficiente? Fuor dai denti, quanti sono stati, e sono, i capi europei che hanno un dossier loro dedicato negli archivi della Cia?Trump, lo si tenga presente, è anche lui americano, e deve render conto prima di tutto a quelli che lo hanno votato. A questi ha promesso benessere, posti di lavoro e quant'altro. Dunque, deve cavare soldi da dove possibile. Da qui i dazi, per esempio. Ma anche il calcolo: gli arsenali bellici europei sono stati svuotati per darli a Zelensky. Su input americano, ovvio. E l'Europa non ha potuto dire di no, come sappiamo.Perciò, per convincere gli scettici cittadini europei, ha dovuto por mano alla propaganda e mostrarsi più realista del re. Così, il gas lo compriamo in America, ma anche le armi dovremo comprarle là, nel produttore mondiale numero uno. Volete che Trump rinunci ai soldi degli europei? Non ci pensa nemmeno. Gli inglesi? Continuano a essere i peggiori nemici del Continente, anche se in casa loro il woke e l'islam li stanno facendo marcire.Putin, dovendo far risorgere il suo Paese dalle macerie dell'Urss, non aveva i mezzi per fare quel che, invece, fanno da decenni i ricchissimi arabi: finanziare le università americane (una ha addirittura una cattedra di studio della sharìa). In tal caso la narrativa sarebbe stata diversa. E pure la politica internazionale. Sarà un caso che l'incontro Trump-Putin sia stato organizzato a Riyadh? No, se continua così, spiace dirlo, ma le cose si metteranno male per gli europei. Tanto, l'Inghilterra è un'isola e l'unica guerra che gli americani hanno visto in casa loro è quella di Secessione. L'eventuale, ennesima, guerra europea la vedranno in televisione.
VIDEO: Vance alla Conferenza di Monaco ➜ https://www.youtube.com/watch?v=zd1IN99OZR0TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8084L'ATTACCO DI VANCE METTE A NUDO UN'EUROPA CHE TRADISCE SE STESSA di Eugenio Capozzi Le ultime settimane sono state un autentico incubo per le classi dirigenti dell'Unione Europea. A partire dal discorso di insediamento di Donald Trump dall'America sono arrivate bordate devastanti, una dietro l'altra, che hanno fatto a pezzi tutte le convenzioni e le argomentazioni retoriche sulle quali il loro potere tentava di legittimarsi agli occhi dei cittadini delle loro nazioni e del mondo.Prima il ripudio radicale del globalismo ideologizzato, con la nuova uscita degli Stati Uniti dal Trattato di Parigi sul clima e quella annunciata dall'Oms. Poi la minaccia concreta dei dazi "reciproci", che smaschera il protezionismo sedimentato praticato dal vecchio continente verso il nuovo, e obbligherà i leader dei paesi Ue a scomodi negoziati bilaterali. Poi le proposte spiazzanti di risoluzione del conflitto a Gaza, che mettono a nudo la totale impraticabilità della formula retorica dei "due popoli due Stati" con cui le classi politiche europee a lungo hanno comodamente tenuto il piede in molte scarpe sui temi del Medio Oriente, e certificano l'irrilevanza di queste ultime nei giochi di potenza in evoluzione in quell'area. Infine, l'annuncio choc dell'avvio di un negoziato di pace diretto tra Stati Uniti e Russia sul conflitto russo-ucraino, che lascia da parte senza complimenti l'Ue e il governo ucraino di Zelensky da essa sostenuto "senza se e senza ma" dall'inizio del conflitto.Ma i colpi più ferali ai "mandarini" continentali sono arrivati negli ultimi giorni da un componente della nuova amministrazione statunitense la cui rilevanza essi avevano forse sottovalutato: il vicepresidente J.D. Vance (nella foto LaPresse). Quest'ultimo è "calato" in Europa per pronunciare due discorsi pubblici, evidentemente pensati e preparati con cura, in cui ha rivolto alle classi politiche europee critiche severissime su temi che toccano nervi particolarmente sensibili e dolorosi per le élites del vecchio continente, e anche dell'intero Occidente, negli ultimi decenni, e ha aperto di fatto un vero e proprio dibattito "sui massimi sistemi" dei fondamenti della civiltà euro-occidentale.Prima, nell'"Action Summit" sull'intelligenza artificiale convocato a Parigi da Emmanuel Macron nella speranza di controbilanciare l'accelerazione impressa da Washington sul tema, Vance ha avvisato con molta chiarezza che gli Stati Uniti non accetteranno che lo sviluppo della ricerca sull'AI venga soffocato dalle iper-regolamentazioni e dalle tendenze alla censura e al controllo, le quali invece sembrano rappresentare ancora le principali preoccupazioni dei vertici dell'Ue in materia.Poi, dopo qualche giorno (14 febbraio), nella Conferenza internazionale di Monaco sulla sicurezza dedicata all'Ucraina il vicepresidente americano ha preso di petto, spiazzandoli, i leader dei Paesi Ue con un intervento che è stato un pesantissimo atto d'accusa nei loro confronti sul tema, appunto, dei princìpi ispiratori dell'Occidente.Vance ha sostenuto, come ormai è noto, che la peggiore minaccia alla sicurezza dell'Europa non viene da nemici esterni, come la Russia o la Cina, ma dall'interno, ed è una minaccia di natura culturale, etica, spirituale. In sintesi, il braccio destro di Trump ha denunciato il fatto che il modello politico costruito dall'Unione europea e da gran parte dei governi del continente appare oggi, visto dall'esterno, inclinare decisamente verso l'autoritarismo, e configurare un vero e proprio tradimento dei valori di libertà e democrazia che, pure, a parole quei governi sostengono con tanta enfasi. E ha fatto, a tale riguardo, esempi molto precisi, che sono certamente suonati per molti degli ascoltatori presenti come un vero e proprio schiaffo in pieno viso: l'irregimentazione soffocante dei social media; la censura e la repressione sempre più ferree della libertà di opinione e di espressione (con un particolare affondo sulla libertà religiosa e il diritto a pregare vicino alle cliniche per aborti); l'esplicita tendenza a manipolare i risultati elettorali quando non sono conformi a determinati dettami ideologici (in particolare, il caso incredibile della Romania); il tentativo di ghettizzare ed escludere dal dibattito pubblico forze politiche dal consenso anche rilevante, additandole unilateralmente come "impresentabili"; la promozione dell'immigrazione di massa incontrollata che mina la vita, la sicurezza, le libertà dei propri cittadini. Per di più, lo ha fatto da un punto di vista politico-culturale che per le élite euro-globaliste ha lo stesso effetto dell'aglio per i vampiri: quello di un conservatore assolutamente pro-vita e antiabortista.Le reazioni piccate (come innanzitutto quelle dei vertici tedeschi e francesi), sdegnate, o sprezzantemente sarcastiche di alcuni "mandarini" al discorso di Vance, o addirittura il silenzio in cui alcuni altri hanno tentato di farlo cadere, sono la più chiara dimostrazione di come quell'attacco abbia colpito al cuore le residue sicurezze e i radicati pregiudizi di gran parte delle élites europee.Non sono stati soltanto i contenuti delle accuse a fare male. È stato, forse, ancor più il tono autorevole, sicuro, senza la minima concessione al "politicamente corretto", con cui Vance le ha pronunciate, anzi scandite. Il tono di un emissario che mette pesantemente sul piatto il giudizio, severissimo, di chi tiene in questo momento le redini dell'Occidente e non ha intenzione di fare sconti a nessuno, nemmeno agli amici. «È arrivato un nuovo sceriffo in città», come ha chiosato sorridendo lo stesso vicepresidente. E il nuovo sceriffo - questa è stata forse la frustata più dolorosa - non ha come bussola ispiratrice soltanto il principio dell'"America first", dell'interesse nazionale, ma ha anche un'idea molto precisa della direzione in cui le democrazie alleate dovrebbero muoversi, e non ha nessun ritegno nel comunicarlo.Quella direzione - lascia intendere Vance - sarà d'ora in poi criterio dirimente nei rapporti tra gli Stati Uniti e ciascuna di esse: abbandonare ogni velleità da Stato, o Superstato, etico che pretenda di "educare" i propri cittadini; abbandonare l'ideologia soffocante dell'ambientalismo antiumano e antieconomico; fare marcia indietro sull'indottrinamento woke; tornare a consentire un dibattito politico aperto, a 360 gradi, in cui vengano pienamente ammesse anche le forze populiste e sovraniste, in modo da muovere il continente verso politiche più realiste, orientate alla crescita e alla tenuta di un solido tessuto comunitario.Insomma, Vance ha lasciato inequivocabilmente intendere come l'amministrazione Trump 2 sia tutt'altro che isolazionista o disinteressata ai rapporti con l'Europa, come molti pensavano. Al contrario, essa è estremamente preoccupata per la deriva autolesionista di un continente chiuso in una "bolla" ideologica, votato alla decrescita e alla decadenza, sempre più fragile ed esposto a influenze di poteri estranei alle sue radici. E lancia alle sue classi dirigenti un avvertimento deciso: o state con noi, con la linea di conservatorismo realista, de-regolatore e identitario di Trump, o prima o poi non ci sarà più tra noi una vera alleanza, con tutte le conseguenze negative che per voi potranno derivarne.Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Romania, Trump toglie la copertura al golpe UE" racconta che la Commissione Europea ha annullato le elezioni presidenziali in Romania perché i vincitori non gli erano graditi. In questo modo la democrazia diventa la parodia di sé stessa.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 17 febbraio 2025:L'intervento promosso dalla Commissione Europea che ha portato all'annullamento delle elezioni presidenziali in Romania è stato uno degli esempi eclatanti che il vicepresidente americano JD Vance ha portato nel suo storico discorso del 14 febbraio scorso alla Conferenza Internazionale sulla sicurezza svoltasi a Monaco.Quello di Vance non è stato l'unico intervento della nuova amministrazione USA sul caso Romania. Sempre la scorsa settimana il presidente Donald Trump ha inviato a Bucarest l'incaricato speciale della Casa Banca Richard Grenell (nella foto LaPresse, con il presidente Trump). Da lui è arrivata la denuncia di come l'amministrazione Biden abbia cercato di boicottare i conservatori ed i loro candidati con la complicità dell'Unione Europea, questione che riguardava anche il caso romeno contro il vincitore del primo turno elettorale dello scorso inverno Călin Georgescu.Secondo il New York Sun della scorsa settimana, l'accusa è stata formulata nel corso di una revisione delle azioni diplomatiche estere della Casa Bianca sotto il governo di Joe Biden. Sarebbero emersi dati, seppur aggiornati alla sola primavera 2024, che proverebbero l'influenza USA sul sistema giudiziario della Romania, non per irrobustirne l'indipendenza, piuttosto per farne strumento di azioni contro i partiti conservatori e, molto probabilmente anche contro il candidato indipendente Călin Georgescu, vincitore del primo turno il 24 novembre scorso.Abbiamo denunciato a suo tempo, su queste pagine e per primi, lo scandalo di un vero e proprio colpo di Stato attuato a Bucarest, sotto l'egida della UE e rivendicato dall'ex commissario europeo Thierry Breton con la complicità della Amministrazione Biden. Ad oggi, i sospetti che portarono all'annullamento del voto espresso da milioni di cittadini e le preoccupazioni euro
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8034IL RAPPORTO DELLA VERGOGNA SCREDITA AMNESTY PIU' CHE ISRAELE di Stefano Magni "Amnesty International è giunta alla conclusione che Israele stia commettendo un genocidio a Gaza". E il lettore fa un balzo sulla sedia. Se Amnesty International, dunque la più autorevole ong internazionale per la difesa dei diritti umani, è giunta anch'essa a questa conclusione, dopo il mandato di cattura per Netanyahu e Gallant spiccato dalla Corte penale internazionale, dopo il processo per genocidio indetto dalla Corte internazionale di giustizia, dopo che Papa Francesco ha pubblicamente scritto che Israele sta probabilmente compiendo un genocidio... beh, verrebbe da pensare proprio che ci sia un serio sospetto di genocidio a Gaza, commesso da Israele? O no? I pochi filo-sionisti rimasti devono arrendersi a questa "evidenza"? Neanche per idea.Prima di tutto, bisogna leggere il rapporto di Amnesty International prima di capire di cosa stiamo parlando. E bisogna anche, prima ancora di leggerlo, ricordare bene cosa significhi la parola "genocidio" così come è stata formulata da Raphael Lemkin, giurista ebreo polacco, nel 1944, alla vigilia della sconfitta della più grande potenza genocida europea, la Germania nazista.Ebbene, il genocidio è: "piano coordinato di differenti azioni mirante alla distruzione dei fondamenti essenziali della vita di gruppi nazionali, con l'intento di annientarli". Per Amnesty International, Israele sta agendo con l'intento dichiarato di eliminare il popolo palestinese a Gaza. Poi però nel suo stesso rapporto si contraddice più e più volte.Prima di tutto, il documento parla di una "distruzione senza precedenti", ma per le stime su morti e feriti e quanti di essi siano non combattenti si basa solo sulle cifre fornite dai palestinesi. Cioè da Hamas, che è l'unica organizzazione terrorista internazionale che ha il controllo di Gaza e che diffonde informazioni per fare propaganda.I NUMERIStando all'Onu i morti accertati sono 8119, come abbiamo già avuto modo di scrivere su queste colonne. Poco più di 8 mila morti sono una tragedia, ma su una popolazione di oltre 2 milioni di palestinesi sono un genocidio ben strano. Un "genocidio a bassa intensità" si potrebbe dire. Lo sarebbe anche se prendessimo per buone le statistiche di Hamas, che per altro sono del tutto implausibili, se non altro perché progrediscono con una regolarità disarmante, nei periodi di tregua come in quelli di escalation.Ma anche 42 mila morti, su 2 milioni di abitanti di Gaza non sono troppo rivelatori di un intento genocida. Il ritmo con cui una popolazione viene eliminata è una caratteristica indicativa di un genocidio in corso. Gli armeni subirono un milione di morti in poco più di un anno, lo stesso lasso di tempo in cui gli israeliani avrebbero ucciso (stando a Hamas, ripetiamolo) nemmeno 50 mila palestinesi.I nazisti eliminarono fisicamente 6 milioni di ebrei in Europa dal 1939 al 1945, circa 1 milione all'anno facendo la media, ma considerando soprattutto che il grosso venne eliminato solo dal giugno 1941 (occupazione dell'Urss occidentale) al gennaio del 1945 (liberazione dei primi campi di sterminio). In Ruanda, gli hutu sterminarono l'etnia tutsi al ritmo di 200 mila morti a settimana, arrivando a 1 milione di vittime in poco più di un mese. La conta dei morti è macabra, d'accordo, non ci sono sicuramente vittime di serie A o di serie B, ma serve a capire, per lo meno, le dimensioni del problema e di cosa stiamo parlando.Prevenendo la critica sui numeri, Amnesty afferma che comunque Israele sta negando alla popolazione di Gaza tutti i mezzi che le permettono di vivere (cibo, acqua, energia, ospedali) e tutti i suoi siti culturali e religiosi (scuole, moschee, centri culturali). Però poi non spiega cosa ci facciano quelle file di camion che portano aiuti alimentari ai palestinesi (anche e soprattutto dal territorio israeliano) e come mai, dopo un anno e due mesi di guerra, non sia ancora scoppiata una carestia.Anche i rapporti più allarmanti parlano di "rischio carestia", ma non è documentata alcuna mortalità di massa per fame e stenti, come avverrebbe in una carestia. Per una carestia indotta artificialmente, come quella in Ucraina nel 1932-33, morirono dai 4 ai 7 milioni di contadini, più del 10-15 per cento della popolazione di allora. Non si vede nulla di simile a Gaza, nemmeno stando ai rapporti più allarmanti.Quanto alla distruzione dei simboli e siti della cultura palestinese, Amnesty dimentica di dirci come vengano usate le moschee e le scuole che vengono colpite dagli israeliani. D'altronde, forte della sua imparzialità, sicuramente non crede alle "fonti di parte", cioè ai video con cui l'esercito israeliano mostra le armi catturate al loro interno, o i terroristi uccisi nei raid contro di esse. Hamas, se usa scudi umani e utilizza ospedali, scuole e moschee per lanciare i suoi attacchi o mettere al riparo i suoi comandanti, non è da considerarsi colpevole di crimini di guerra?NESSUN INTENTO GENOCIDA: TRE ERRORI IN UNA FRASEInfine, ma non da ultimo, un genocidio è un'azione deliberata. Gli israeliani vogliono deliberatamente eliminare (del tutto o in parte) la popolazione di Gaza? Non c'è traccia di alcun ordine di questo tipo. Non ci sono neppure i sintomi tipici di un genocidio o di una pulizia etnica, come tante volte abbiamo visto, ad esempio, nei Balcani: campi di filtraggio, deportazioni, rastrellamenti e uccisioni deliberate di tutti coloro che hanno il passaporto sbagliato, il cognome sbagliato, o frequentano la parrocchia sbagliata. Ecco, non si vede nulla di tutto questo, né i campi, né le colonne di deportati, né le fosse comuni piene di civili.Israele afferma di combattere una guerra contro i terroristi e di fare tutto il possibile per evacuare i civili nelle zone in cui l'esercito colpisce. Ebbene, Amnesty accusa Israele anche di queste evacuazioni, denunciandole come "deportazioni". Come "prova" dell'intento genocida, cita qualche scatenato di destra, minoritario nel governo Netanyahu, con ragionamenti del tipo "non fornire aiuti umanitari a Gaza finché Hamas non libera tutti gli ostaggi".Ragionamento che non indica alcun intento genocida, per altro. E che è una politica neppure seguita dal governo, visto che gli aiuti umanitari continuano ad arrivare a Gaza, ma un centinaio di ostaggi ancora vivi sono nelle mani di Hamas fino ad oggi.Il rapporto di Amnesty International, insomma, giunge alla conclusione che è in corso un genocidio, perché quel che sta avvenendo a Gaza è inserito in un "contesto" (parola magica) genocidario. E quale sarebbe questo "contesto"? Citiamo testualmente: "Nel contesto del sistema di apartheid di Israele, del blocco disumano di Gaza e dell'occupazione militare illegale del territorio palestinese che dura da 57 anni". Già il numero di aggettivi (disumano, militare, illegale) dovrebbe far suonare un campanello di allarme sulla serietà di questa analisi.Ma in una frase troviamo tre errori da matita blu. Sistema di apartheid: un paese multi-etnico in cui un arabo è membro della Corte Suprema e può anche condannare il premier ebreo? Occupazione militare illegale del territorio palestinese: quale territorio palestinese, considerando che nessuno Stato di Palestina è mai stato riconosciuto? I territori contesi fino al 1967 erano a loro volta occupati da Egitto (Gaza) e Giordania (Cisgiordania) e anche la loro presenza militare su quegli stessi luoghi era illegale, per il diritto internazionale. Quindi chi è l'occupante e chi il liberatore? Il blocco inumano di Gaza: Israele dovrebbe aprire le frontiere di una regione da cui partono razzi e attacchi terroristici tutti gli anni, dove un'organizzazione terrorista internazionale regna sovrana?Insomma, il rapporto di Amnesty serve a un solo scopo: delegittimare Israele con frasi e dati ad effetto. Ma l'unico scopo che otterrà, almeno per i governi che ancora ragionano, sarà quello di screditare se stessa. Da autorevole organizzazione per i diritti umani, è diventata un'organizzazione militante di estrema sinistra.
VIDEO: VIDEO: Le atrocità islamiche del 7 ottobre ➜ https://www.informazionecorretta.com/video/urlaepoiilsilenzio.mp4TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7943VOGLIAMO APRIRE GLI OCCHI SU QUELLO CHE I MUSULMANI STANNO FACENDO A ISRAELE? di Stefano MagniQuante dimostrazioni e prove servono prima di "aprire gli occhi" sul Medio Oriente? Il 7 ottobre di un anno fa è uno di quegli eventi che gli inglesi definiscono con un'espressione che in italiano non può essere tradotta mantenendo la stessa sintetica efficacia: eye opener (che permette di aprire gli occhi). Nonostante tutto, siamo ancora qui ad assistere ad un mondo di opinionisti e di influencer che pretenderebbero di farci aprire gli occhi su un "genocidio" che non c'è: quello dei palestinesi a Gaza. La moda-tormentone del "All eyes on Rafah" (tutti gli occhi siano puntati su Rafah) ne è l'esempio più lampante.Su cosa avremmo dovuto aprire gli occhi il 7 ottobre? Sugli obiettivi dichiarati e in parte anche realizzati di Hamas e sul ruolo di complice sia dell'Iran che dell'Autorità Palestinese. Il 7 ottobre, Hamas ha dimostrato che il suo reale obiettivo è solo quello di assassinare ebrei. Lo sfondamento della barriera di confine e la temporanea sconfitta delle guarnigioni di confine erano solo strumentali, un mezzo per raggiungere il fine. Il fine è stata l'uccisione indiscriminata di civili ebrei.Una volta che è stata colta di sorpresa l'IDF, la forza di difesa israeliana, Hamas non ha sfruttato il suo temporaneo successo per conseguire obiettivi militari o politici. Non sono state attaccate basi militari, né obiettivi economici. Non sono stati assassinati politici, né comandanti militari. L'unica cosa a cui i terroristi di Hamas miravano erano i civili. E li hanno uccisi in gran numero, almeno 1.200 secondo le stime più aggiornate. Li hanno assassinati ovunque si trovassero: in auto lungo le strade, nelle loro case, nei loro letti, o quando erano intenti a ballare in un rave party, il luogo in cui, essendo più concentrati, sono stati uccisi più in gran numero in una sola volta.Hamas non si è limitato ad uccidere. Ha voluto far soffrire le sue vittime nel peggiore dei modi. Vedere i video delle torture e delle uccisioni dei civili israeliani può causare un disturbo post traumatico allo spettatore non preparato alla violenza estrema. Quegli israeliani che sono stati uccisi con un colpo di fucile sono stati i più fortunati. Gli altri hanno subito dei supplizi che parevano seppelliti nella memoria delle invasioni degli unni o dei tartari, nelle guerre di religione di quattro secoli fa o nelle peggiori barbarie commesse durante la Seconda Guerra Mondiale. Non stiamo a descriverle, ma chi volesse approfondire l'argomento può leggere o (se ha il coraggio) guardare molto materiale che è stato raccolto il 7 ottobre. Nulla è mai stato nascosto.L'OSTENTAZIONE DELL'ORRORE E LA PARTECIPAZIONE DEI CIVILIE questa è, appunto, la terza lezione che avremmo dovuto apprendere dal 7 ottobre: il pogrom scatenato da Hamas è stato ampiamente documentato dai terroristi stessi che lo hanno commesso. Ognuno di loro aveva la sua body cam con cui riprendeva in tempo reale quel che stava facendo. Anche le torture più crudeli e fantasiose sono state filmate in tempo reale.Poi tutti questi "snuff movies" sono stati mandati subito sul web, affinché la gente sapesse subito tutto quel che era stato fatto. Da questo punto di vista, Hamas si è dimostrato molto diverso dai precedenti persecutori degli ebrei, soprattutto dai nazisti, che facevano di tutto per nascondere i loro crimini.L'altra scena che avrebbe dovuto aprirci gli occhi è stata la parata dei "vincitori" di ritorno a Gaza. Portavano con sé i prigionieri, ridotti in schiavitù, come da tradizione di tutti gli eserciti antichi. Gli ostaggi catturati erano ben 251, un bottino incredibilmente ricco per un gruppo terrorista che ha visto quanto sia disposta a pagare Israele per ogni singolo cittadino o soldato catturato. Il solo caporale Gilad Shalit era stato scambiato con mille prigionieri palestinesi, fra cui lo stesso Yahya Sinwar, capo di Hamas a Gaza, mente del 7 ottobre.Gli ostaggi liberati narrano di altre scene da film dell'orrore, sevizie, torture fisiche e psicologiche, isolamento, fame, peggio che in un lager. Basta vedere dove erano tenuti i sei sfortunati ostaggi che sono stati assassinati in settembre, poco prime che l'IDF arrivasse a liberarli: un tunnel scavato in profondità, basso tanto da non poter neppure rimanere in piedi, buio, senza alcun tipo di igiene (feci nel secchio, urina in bottiglia). Per undici lunghi mesi, fino a un'esecuzione capitale finale: questa è stata la vita dei sei ostaggi assassinati.Non vengono risparmiate sofferenze neppure ai prigionieri musulmani. Kaid Farhan Elkadi, beduino, liberato in un raid dell'esercito israeliano, è stato ferito, operato senza anestesia, nutrito a pane e acqua. Ed ha dovuto assistere all'omicidio di un altro prigioniero.In tutto questo, che ruolo ha avuto la popolazione di Gaza? Dovrebbero esserci rimaste impresse le immagini, appunto, del ritorno dei "vincitori" del 7 ottobre. Un trionfo. La gente festeggiava per strada, mentre i pick up dei terroristi tornavano trasportando gli ostaggi, o i cadaveri orrendamente mutilati degli israeliani che avevano appena ucciso. "Papà, ne ho uccisi con le mie mani!" urlava al telefono un terrorista al padre. E quello: "Che Dio ti protegga! Allah Akhbar!".Questo è l'atteggiamento medio: piena partecipazione, oltre la normale complicità. In giugno, un sondaggio ha rilevato che i due terzi dei palestinesi approvano il pogrom. E le teste mozzate degli israeliani sono state vendute all'asta. Ai confini del cannibalismo.Significativa anche la reazione dell'Autorità Palestinese: nessuna. Quella che viene ormai riconosciuta come la prima pietra del futuro Stato palestinese non ha neppure lamentato il comportamento dei terroristi di Hamas, neppure ha avuto l'ipocrisia di definirli "compagni che sbagliano". Dalle massime cariche palestinesi è giunta solo una tacita approvazione, quando non un'approvazione esplicita. Al massimo Abu Mazen, presidente (ormai eterno) dell'Ap, è giunto a dire che Hamas, così facendo "ha fornito un pretesto" a Israele per attaccare Gaza.IL SOSTEGNO IRANIANO E LA VERA NATURA DEL CONFLITTOIl 7 ottobre dovrebbe anche aprire definitivamente gli occhi anche sull'Iran, che dal giorno uno, ha fornito pieno sostegno politico, propagandistico e militare alla causa di Hamas. L'8 ottobre, a cadaveri ancora caldi, Hezbollah (emanazione del regime di Teheran in Libano) iniziava il suo lancio di razzi contro il nord di Israele. Una settimana dopo, gli Houthi (emanazione del regime di Teheran nello Yemen) davano inizio ad una guerra di pirateria contro le navi che attraversavano il Mar Rosso, per implementare un rudimentale blocco navale contro Israele.L'Iran è direttamente coinvolto nel 7 ottobre, informato dei fatti quasi in tempo reale, come dimostrano le riunioni (per la prima volta documentate anche con foto) a Beirut fra i vertici di Hamas, Hezbollah e della Guardia Rivoluzionaria iraniana. Per non parlare di Ismail Haniyeh, capo politico di Hamas, che in Iran era letteralmente di casa. I servizi israeliani lo hanno ucciso... a Teheran.Il 7 ottobre avrebbe dovuto aprirci gli occhi sulla natura del conflitto mediorientale: una guerra combattuta da Israele per la sua sopravvivenza, contro un nemico che vuole gli israeliani morti. Nonostante tutto, a giudicare dai discorsi dei governi occidentali e da quel che leggiamo ogni giorno nelle pagine dei commenti delle maggiori testate europee e nord americane, si parla ancora del vecchio progetto (datato 1947) dei "due popoli in due Stati", spacciato come soluzione magica della guerra.Quale convivenza può essere possibile e quale confine si può tracciare se c'è un popolo che ne vuole annientare un altro? Si parla della questione mediorientale, come se fosse solo mediorientale. Ma l'Iran è coinvolto sin dall'inizio. Soprattutto, si fa pressione su Israele (e solo su Israele) perché accetti una pace di compromesso, pur sapendo ormai che combatte contro nemici che non accetterebbero mai compromessi fino all'annientamento fisico totale del popolo ebraico in Israele.Pur avendo visto di che pasta sono fatti i terroristi di Hamas (dai loro stessi video) diamo ancora per buona la loro versione dei fatti. Sentiamo descrivere la guerra a Gaza come un "genocidio israeliano", abbiamo rilanciato la notizia di carestie che non c'erano, di assedio per fame quando i camion portavano aiuti alimentari, di decine di migliaia di bambini morti che nessuno (se non Hamas e i suoi complici) ha mai potuto contare.Le parole hanno conseguenze e il loro effetto è un progressivo isolamento di Israele, della parte aggredita, della nazione che lotta per la sopravvivenza. Come se il 7 ottobre non fosse mai esistito.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7930IL MANIFESTO DI VENTOTENE: L'OLIGARCHIA TECNOCRATICA AL POTERE di Riccardo PedrizziFin dalla campagna elettorale per le europee tutti i candidati di Italia Viva, Più Europa e della sinistra in genere avevano ripetuto la litania: "Ventotene da sogno di pochi diventerà una necessità per tutti", dimenticando tutti gli altri fondatori. Per realizzare questo sogno si è subito ricostituito il "Gruppo Spinelli" in questa legislatura del Parlamento europeo. Con l'obiettivo ambizioso di costituire un'Unione federale, sovrana e democratica. Per ultimo, nei giorni scorsi, Josep Borrell, alto rappresentante della Politica estera dell'Ue, ha detto che: "Il Manifesto di Ventotene è la base dell'Unione europea e rappresenta tutti i valori in cui crediamo, lo manderei a Putin". Ed è naturale che la pensi cosi lui che è del Partito Socialista Operaio spagnolo, inaugurando domenica 1° settembre sull'isola pontina il murales che riproduce il testo dello scritto di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, considerato dalla sinistra internazionale il documento fondativo dell'Unione europea.Ora, che siano esponenti della sinistra più o meno estrema a sognare "Ventotene" è anche comprensibile, quello che non si capisce, invece, è il giudizio positivo espresso su quel manifesto da qualche rappresentante della gerarchia cattolica, che alla vigilia del voto sul laicista giornale Repubblica dichiarava: "Mi auguro che l'Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene che prevalgano i principi della solidarietà, della condivisione e della fraternità". Non so, a questo punto, se si possa parlare di ignoranza o di mala fede di questi vescovi italiani.Come molti sanno, il manifesto di Ventotene sull'Europa unita era stato redatto nell'omonima isola da un gruppo di confinati dal regime fascista, di ideologia socialista, marxista e atea. Pochi però sanno, perché non l'hanno mai neppure letto che quel manifesto voleva attuare una rivoluzione socialista, abolire la proprietà privata; rifiutava il metodo democratico; il popolo doveva essere guidato da pochi esperti e soprattutto doveva essere "educato".UN'EUROPA AUTORITARIA, ATEA E ANTICRISTIANAIn estrema sintesi quello di Ventotene è il manifesto di un'Europa autoritaria, atea e anticristiana, guidata da una categoria di esperti illuminati. Ciononostante qualche ecclesiastico si augurava che l'Europa ritornasse ancora di più a quello spirito. L'offensiva su e con Ventotene era iniziata qualche anno fa con la venuta nell'isola di personaggi delle istituzioni europee come Ursula von del Layen, presidente della Commissione e come lo scomparso David Sassoli, presidente del Parlamento europeo.Il decollo dell'attenzione - come si ricorderà - era proseguito, con il vertice promosso da Matteo Renzi il 22/8 del 2016 e con la partecipazione di Francois Holland e di Angela Merkel sulla portaerei Garibaldi, perché - disse l'allora il presidente del Consiglio italiano - "l'Isola di Ventotene rappresenta i valori e gli ideali che hanno fondato l'Unione europea". Poi arrivò il 20 agosto del 2021 il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si recò in occasione dell'ottantesimo anniversario del "Manifesto di Ventotene" e del 40° "Seminario per la formazione federalista europea" sull'isola pontina, rendendo omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sulla quale depose una corona di fiori. In pratica anche lui, ex democristiano e, quindi, presumibilmente cattolico, contribuì ad alimentare la tesi secondo la quale il "Manifesto di Ventotene" sarebbe il fondamento della Unione europea.Da allora il leit-motive di tutte le manifestazioni è stato quello, appunto, di far passare sempre più l'idea che quel "manifesto" fosse la base, l'atto di battesimo della causa europeista. [...]In realtà le istituzioni europee erano nate con tutt'altra ispirazione molto diversa di quella del Manifesto per principale impulso dei tre statisti, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell'Europa ed avevano assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (attualmente il massimo riconoscimento europeo è proprio e non a caso un premio intitolato a Carlo Magno) e pochi sanno che le stelle che circondano il vessillo europeo sono le stelle che ornano il capo della Vergine Maria.Il filone "laico" era già allora presente, ma aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei.Ora ci si dovrebbe chiedere perché si sta insistendo tanto su tale manifesto e perché si rende omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Ciò è evidente. Perché la cultura, e quindi il progetto politico attuale dell'Europa, sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui provenivano gli autori del Manifesto di Ventotene.C'è dunque un obbiettivo ideologico e ci sono poi gli aspetti simbolici per celebrare col massimo risalto possibile il "Manifesto di Ventotene". Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colosini e altri, infatti è molto celebrato dalla cultura di sinistra italiana, ma in effetti largamente ignoto altrove. In pratica si sta facendo passare quel Manifesto come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee e si parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell'Europa.IMAGINE THERE'S NO COUNTRIESLa verità è che, redatto da intellettuali di sinistra, futuri co-fondatori del Partito d'Azione, il documento è un vessillo di quell'idea d'Europa molto "laica", se non laicista, e molto statalista, che in effetti all'inizio del processo di unificazione ebbe ben poco peso e che prevalse più tardi, solo dagli anni '80 del secolo scorso, fino a condurre l'attuale Unione europea nella situazione in cui si trova adesso.In effetti l'Europa di Spinelli e compagni è oligarchica e mondialista, vuole superare le differenze nazionali e non è pensata come il coronamento di un'unità di popoli europei, basata sui loro caratteri comuni (etnici, culturali, religiosi), ma come l'embrione di una futura aggregazione di livello mondiale, che elimini definitivamente dalla faccia della Terra ogni confine, ogni differenza culturale e che riunisca tutti i popoli del Mondo. Insomma l'Europa del Manifesto è solo un primo passo di una struttura che dovrebbe preludere ad un internazionalismo indifferenziato ed uniforme con un governo globale mondialista.È la visione, per essere ancora più chiaro, di un insieme di tutti i popoli che costituiscono l'umanità, di cui la federazione europea dovrebbe essere la garanzia perché i rapporti con i popoli asiatici e americani possano svolgersi su una base di pacifica cooperazione, in attesa di un avvenire, in cui diventi possibile l'unità politica dell'intero globo. Risulta chiaro pertanto l'impostazione antinazionale di tutto il progetto.Basta leggere bene tutto il documento.Nella prima parte del Manifesto si sostiene che gli Stati nazionali sono stati uno strumento utile a ridurre il potere reazionario del Vaticano, ma poi sono diventati gli artefici di nazionalismi e totalitarismi; sono stati una tappa, che è da superare in vista di una sempre più grande aggregazione statale, prima europea e poi mondiale.Nessun riferimento alla comune identità europea, alla cultura, alle tradizioni, alla religione che hanno costituito la storia del continente europeo è rilevabile all'interno del freddo e burocratico manifesto spinelliano, che vuole l'unità europea perché "è la tendenza storica della Modernità a volerlo".LA RELIGIONE COME FATTORE DI OSCURANTISMOAncora, considerata la religione come fattore di oscurantismo, [...] si propone di sostituirla con la fratellanza universale che ignora le differenze tra i popoli. Il Manifesto di Ventotene ha, inoltre, un sapore elitario: Spinelli critica il processo democratico e la sovranità popolare e chiarisce che deve essere una minoranza "veramente rivoluzionaria" a guidare il processo di integrazione europea.Di fronte a questa vera e propria ideologia antidemocratica, oligarchica, tecnocratica e persino dittatoriale [...] non viene riconosciuto spazio alcuno all'autonomia della persona, alla società civile, insomma al principio di sussidiarietà.Come tutte le leggende, dunque, anche quella dell'Ue ha i suoi miti. Uno dei più significativi e falsi è il Manifesto di Ventotene; ma la semplice lettura di quel documento dovrebbe indurre i suoi apologeti ad avere un po' di pudore nell'esaltarlo, visto che in quel Manifesto vi è la radice ideologica di istituzioni lontane dai popoli ed oggi arroccate in burocrazie, che guardano alla democrazia come a un pericolo, che ritengono l'unificazione europea non l'esito di un percorso di federazione fra popoli e nazioni, nel rispetto delle specificità di ciascuna, ma l'imposizione dall'alto di regole comuni.Ora questa leggenda, con i suoi falsi miti, mostra i suoi limiti nel confronto con la realtà.L'alternativa vera oggi non è fra europeismo e nazionalismo (o sovranismo), ma fra Ventotene e Magistero della Chiesa quanto al rispetto delle identità e della volontà dei popoli, alla consapevolezza di una storia e di un destino comune.In pratica Altiero Spinelli avrebbe voluto alla guida della futura Unione europea un organismo indipendente, senza legittimità democratica, non eletto, competente (i migliori di oggi) e non soggetto a scrupoli di carattere morale o sentimentale; in una
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7898SINISTRA E' ORMAI SINONIMO DI REPRESSIONE DEL DISSENSO: E' LA PROPAGANDA DI REGIME 2.0 di Eugenio CapozziLa tendenza alla negazione del pluralismo democratico, alla criminalizzazione del dissenso e alla censura, già emersa da tempo nelle società occidentali che ancora si definiscono liberaldemocratiche, appare ulteriormente consolidarsi, e anzi subire una decisa accelerazione. Più specificamente, essa si manifesta ormai come la caratteristica principale di tutto il mondo politico, intellettuale e mediatico accomunato in qualche modo sotto l'etichetta di "progressismo" e "sinistra".Molti episodi delle ultime settimane confermano tale crescente torsione repressiva: dalla massiccia persecuzione poliziesca e giudiziaria di opinioni dissenzienti – comprese quelle espresse sui social media - lanciata dal governo britannico laburista di Keir Starmer contro i manifestanti anti-immigrazione, alla grottesca lettera minatoria inviata dal commissario Ue Thierry Breton a Elon Musk per minacciare ritorsioni per lo spazio mediatico da lui concesso a Donald Trump, fino alle esplicite minacce del deputato europeo macroniano Sandro Gozi di sopprimere tout court il social medium X, di proprietà dello stesso Musk, sul territorio dell'Unione. Ma se si volessero citare tutte le continue richieste di cancellazione delle voci avversarie, su ogni questione in discussione, provenienti dalle sinistre occidentali l'elenco sarebbe infinito.Non si tratta, ovviamente, di una tendenza nata ieri. L'"album di famiglia" storico di ideologie e partiti di sinistra in tal senso è molto cospicuo, dal giacobinismo fino alle dittature comuniste del XX secolo.Nel secondo Novecento l'inclinazione repressiva, a dispetto delle invocazioni sessantottine al free speech e al "vietato vietare", ha preso un corso meno apparentemente evidente, ma altrettanto pericoloso con il progressivo abbandono del paradigma della lotta di classe in favore di quello dei "diritti civili" intesi come "risarcimento" a gruppi minoritari per le più varie discriminazioni, secondo la traccia della identity politics. In merito a tali temi, l'argomentazione del liberal occidentale, esplicita o implicita, diventava più o meno la seguente: chiunque critichi nel merito qualsiasi misura invocata in nome della non discriminazione compie un atto di violenza contro i gruppi minoritari già discriminati. Su quelle misure la political correctness autorizza soltanto una posizione favorevole "a prescindere": il pluralismo diventa automaticamente "discorso di odio", e va quindi impedito, bollando come "razzista" "suprematista", o "fobico" ogni oppositore delle deriva "dirittista" promossa in nome del nuovo mito "tribale" del progresso.LA LOTTA CONTRO LE EMERGENZEMa il salto di qualità decisivo nel senso della mutazione genetica della democrazia in regime "a partito unico", nella mente e nelle azioni dei "progressisti" occidentali, è avvenuto, tra gli anni Dieci e Venti del XXI secolo, con l'avvento di un paradigma ideologico che vede nella politica in primo luogo una lotta contro "emergenze". Una lotta che rappresenta una questione di vita o di morte per le collettività, e che dunque in quanto tale non può essere esercitata efficacemente attraverso la democrazia pluralista (le cui procedure ritarderebbero o pregiudicherebbero fatalmente azioni inevitabili e necessarie) ma deve essere affidata a "comitati di salute pubblica" organizzati con una logica tecnocratica e/o giustificati in nome della "scienza".Tale paradigma si è imposto innanzitutto attraverso la predicazione martellante dell'ideologia millenaristica del catastrofismo climatico, in cui l'esigenza di ridurre a tutti i costi le "emissioni" di anidride carbonica per "salvare il pianeta" è stata affermata come punto assoluto e imprescindibile, senza alcuna possibilità di discussione. Poi è stato riproposto in forma altrettanto radicale con l'epidemia di Covid 19, additata come minaccia talmente apocalittica da giustificare restrizioni inaudite delle libertà individuali sancite dagli ordinamenti liberaldemocratici. Infine, con toni ultimativi è stato invocato in occasione della guerra russo-ucraina per tacitare ogni critica alla linea di contrapposizione totale nei confronti di Mosca adottata da Nato e Ue.Chi si oppone all'immigrazione indiscriminata, all'aborto assolutizzato come "diritto fondamentale", all'utero in affitto, alla "transizione di genere" illimitata sui minori, all'indottrinamento gender nelle istituzioni formative viene etichettato dai "progressisti" contemporanei come un odiatore, un razzista, un omofobo/transofobo di "estrema destra" violento e pericoloso. Ma chi contesta il millenarismo climatista viene automaticamente considerato colpevole dell'estinzione dell'umanità, del collasso dell'ecosistema, delle sette piaghe d'Egitto, e deve essere sistematicamente messo a tacere per la salvezza di tutti.LA PROPAGANDA DI REGIMENella stessa logica chi critica come irrazionali, inutili e illegittimi i lockdown, i coprifuoco, i ricatti e gli obblighi vaccinali viene additato come untore, responsabile morale di ogni contagio, sofferenza o morte dei "fragili". E chi critica la corsa all'escalation militare, l'abbandono di ogni via diplomatica, la riduzione dell'economia a economia di guerra viene accusato con disprezzo - da sinistre improvvisamente convertitesi dal pacifismo dogmatico al bellicismo moralista - di essere ipso facto al soldo di un tiranno, e di favorire il massacro degli aggrediti da parte degli aggressori.Dalla identity politics all'emergenzialismo coatto la cultura politica dei progressisti occidentali completa la sua torsione verso un ripudio strutturale del pluralismo, verso la riduzione della democrazia a regime in cui è possibile e necessaria una sola scelta, imposta dalle "magnifiche sorti e progressive" della civiltà unica, o dalla salvezza contro catastrofi globali. Il tutto, attraverso la versione aggiornata di quella che era stata la propaganda di regime a senso unico nelle dittature novecentesche: lo storytelling o "narrazione", trasformazione della dialettica politica in ricostruzione edificante ed emotiva di qualsiasi questione in ballo, proposta allo stesso modo da un coro di media – tradizionali/generalisti, digitali, social – e di agenzie istituzionali tutti coordinati secondo una regia comune, dall'informazione alla cultura fino all'intrattenimento. Se qualche mezzo di informazione, qualche centro di elaborazione scientifica e culturale, qualche intellettuale indipendente, qualche artista "stona", e si pone in contrapposizione al coro, scatta immediatamente la richiesta indignata e rabbiosa di censurarlo, zittirlo e cancellarlo. [...]Il progressismo del XXI secolo appare regredito solo all'invocazione a tappare la bocca agli altri in nome di parole d'ordine dogmatiche, primordiali, fondate sul puro dominio della paura.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "La censura, quando è lecita e quando non lo è" spiega che è lecito e perfino doveroso limitare la libertà di espressione quando questa non rispetta i principi della morale naturale, mentre non lo è più quando essa semplicemente contraddice la versione politicamente corretta, del potere di turno. Ma nelle democrazie liberali accade oggi esattamente il contrario.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 13 agosto 2024:Facebook ha oscurato il profilo del filosofo Richard Dawkins, il quale su X era intervenuto sulla questione del gender alle Olimpiadi di Parigi, sostenendo che le identità sessuate sono solo due. Questo tipo di censura è inaccettabile, ma lo è solo perché toglie la libertà di parola ad una persona? Questi casi di censura nelle piattaforme digitali pongono la questione più generale della censura in quanto tale: quando e a quali condizioni qualcuno può impedire ad un altro di esprimere la propria opinione? Ora, sulla base del solo principio della moderna libertà di opinione fatta propria dalla democrazia liberale il problema non è risolvibile.I social sono realtà private che si danno il proprio codice di comportamento e la propria "etica" interna. Stabiliscono quali sono le parole che non possono essere postate e quali sono i temi vietati e quelli permessi. La loro "etica aziendale" è una loro costruzione artificiale e anzi spesso vietano proprio di dire la verità, come nel caso di Dawkins riportato sopra. Il fatto di essere entità private non impedisce loro di fare politica, di creare costume e di plasmare mentalità. Se giuridicamente sono private, la loro attività è comunque senz’altro pubblica, anche se non statale. La critica che si dovrebbe muovere loro, allora, consiste nel denunciare la mancanza di un fondamento oggettivo e universale della loro "etica comunicativa", e di sostituirlo con un codice artificiale variabile a loro uso e consumo. Spesso ciò significa ad uso e consumo dei centri di potere, di cui essi stessi fanno parte. È lecito e perfino doveroso limitare la libertà di espressione quando questa non rispetta i principi della morale naturale, non lo è più quando essa contraddice la versione politicamente corretta, o quella del potere di turno, o quella più conveniente per motivi estrinseci. Senza riferimento ad un criterio naturale, il potere di censura diventa arbitrario. Per questo la democrazia liberale non riesce a incarnarlo.Troviamo la conferma anche spostandoci al piano politico. Anche qui riscontriamo due cambiamenti: si è cessato di esercitare
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7891IL GOVERNO GARANTISCE I PRIVILEGI DI POSTE ITALIANE (NON CERTO PER MIGLIORARE IL SERVIZIO)Poste Italiane è l'azienda partecipata dallo Stato che, come suggerisce il suo nome, dedica una piccola parte delle sue risorse a sbrigare il servizio postale, e gran parte dei suoi dipendenti e mezzi a vendere altri prodotti (bancari, assicurativi, telefonici e ora anche energetici) in concorrenza con gli operatori tradizionali. Il suo modello di business si basa sulla capillare rete di circa 12 mila sportelli. Tale infrastruttura, ceduta a titolo gratuito dallo Stato, è stata realizzata nel tempo a spese dei contribuenti. Non solo: ogni anno il governo paga a Poste una quota dei costi per il mantenimento in esercizio degli uffici postali. Nessun operatore privato potrebbe avere una rete tanto ampia, sia per ragioni economiche, sia soprattutto perché non lo consentirebbe il Garante della concorrenza, che infatti quando valuta le fusioni tra istituti bancari e soggetti analoghi spesso e volentieri impone la cessione di una parte degli sportelli.Questa situazione è in tutta evidenza anti-concorrenziale: Poste gode di un privilegio unicamente in funzione del suo ruolo nell'erogazione del servizio universale e in tal modo fa concorrenza sleale in altri mercati contigui. La legge antitrust prevede, al comma 2-quater dell'articolo 8 (ricordatevi bene questo riferimento), che - se il titolare di un servizio di interesse economico generale si trova in questa condizione - deve concedere l'accesso ai suoi asset anche ai concorrenti "a condizioni equivalenti". Alcuni operatori del mercato dell'energia hanno dunque chiesto a Poste di poter vendere o almeno reclamizzare i propri prodotti attraverso la rete postale. Poste ha negato l'accesso. Così questi operatori, assieme ad alcune associazioni di categoria, hanno segnalato la vicenda all'Antitrust. Il Garante ha aperto un procedimento a febbraio 2024 e lo ha concluso a luglio, rilevando l'abuso di Poste e imponendo all'azienda di adottare una serie di misure correttive.Poste farà ovviamente ricorso. La storia dovrebbe concludersi così: saranno il Tar e il Consiglio di Stato a stabilire chi ha ragione. Invece no. La storia si conclude diversamente.Il Decreto omnibus, approvato dal consiglio dei ministri pochi giorni fa, a un mese tondo dalla conclusione del procedimento Antitrust, interviene su "Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico". Tra queste "misure urgenti", esso prevede che "all'articolo 8 della legge 10 ottobre 1990, n.287... il comma 2-quater è abrogato". Sì, proprio quel comma 2-quater che impedisce ai monopolisti legali (come Poste) di trarre indebito vantaggio dai beni che possiedono proprio in forza della loro funzione come erogatori di un servizio pubblico.Il messaggio è chiaro: se hai il ministero dell'Economia tra i tuoi azionisti, per te le regole non si applicano: si cambiano.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7811ASTENSIONISMO ALLE URNE, QUALCHE RAGIONE PER CAPIRE di Roberto MarchesiniL'affluenza alle elezioni, in Italia, è crollata da oltre il 90% a sotto il 50 (in alcuni casi anche meno); e tutto fa pensare che sarà molto bassa anche alle prossime elezioni europee. Cerchiamo di capire quali potrebbero essere le cause di questo astensionismo sempre più diffuso.Una prima causa potrebbe essere spiegata dal cosiddetto «paradosso dei gelatai». Su una spiaggia lunga un chilometro, due gelatai dividono la spiaggia in due e piazzano il proprio chiosco a metà della loro metà spiaggia, a cinquecento metri di distanza. Lentamente, per sottrarre all'altro dei possibili clienti, ciascuno dei due gelatai si avvicina al centro della spiaggia; alla fine i due gelatai si trovano entrambi al centro della spiaggia. Si tratta, ovviamente, di una metafora secondo la quale «destra» e «sinistra», per accaparrarsi i voti dei «centro» e degli indecisi, rinunciano alle posizioni più estreme e convergono tra loro verso un ipotetico «centro». Insomma: c'è differenza tra FdI, Lega e PD? O, in fondo, dicono tutti le stesse cose? Quindi perché votare l'uno o l'altro se, chiunque vinca, sarà comunque la stessa cosa?Una seconda causa potrebbe essere la progressiva sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti di riferimento. La Lega, ad esempio, nel 2019 inserì nel simbolo elettorale per le elezioni europee la scritta «No Euro»: ottenne oltre 9 milioni di voti e il 34,26% dei suffragi, il miglior risultato elettorale di sempre e divenne il partito più votato in Italia. Dopodiché, le posizioni «No Euro» furono completamente abbandonate e la Lega finì sotto il 10%. Questo è forse il caso più eclatante; ma sono molti i delusi del Movimento 5 Stelle e, più recentemente, di FdI. Contrariamente a quanto si dice, gli elettori si ricordano di chi fa promesse solo per ottenere voti; e si fanno fregare una volta solo. Chi si fiderebbe di un politico o di un partito, dopo essere stato platealmente tradito e preso in giro?Una terza possibile causa potrebbe essere il fenomeno della «impotenza appresa». Si tratta di un costrutto elaborato dallo psicologo Martin Seligman negli anni Sessanta del secolo scorso: quando i cani utilizzati per l'esperimento si rendevano conto che non avrebbero in nessun modo potuto influire sullo stimolo negativo (scosse elettriche), semplicemente smettevano di fare qualunque cosa. Il costrutto è poi stato trasferito sui comportamenti umani: una volta constatata la propria impotenza, le persone accettano passivamente gli eventi senza fare più alcun tentativo di cambiare le cose. Tornando alle elezioni: sono ormai così tante e tali i vincoli esterni e le cessioni di sovranità, che i cittadini hanno la netta sensazione che il loro voto sia perfettamente inutile. Quindi: per quale motivo partecipare alla farsa elettorale? Tanto il voto è completamente ininfluente, i cittadini non hanno più alcuna sovranità e l'Occidente non è più democratico.Qualcuno potrebbe osservare che, se anche i cittadini rinunciassero al diritto di voto, resterebbe comunque il dovere di esprimere il proprio suffragio elettorale. Beh, ho l'impressione che molti cittadini abbiano smesso di riconoscere qualsivoglia dovere nei confronti dello Stato italiano nel momento in cui il Presidente del Consiglio Mario Draghi, nel 2021, li ha dichiarati «fuori dalla società».Poi, per carità: magari l'affluenza tornerà sopra al 90% e tutte queste ipotesi si riveleranno sbagliate...
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7730SACERDOTE SPAGNOLO CRITICA L'ISLAM: RISCHIA IL CARCERE PER CRIMINI D'ODIO di Paola BellettiCustodio Ballester è un sacerdote dell'arcidiocesi di Barcellona da 25 anni, attualmente vicario nella parrocchia di San Sebastian di Badalona. In questo periodo si trova coinvolto in un processo per il quale rischia tre anni di carcere: la procuratrice di Malaga ha infatti richiesto per lui il massimo della pena, per aver commesso un cosiddetto crimine d'odio. María Teresa Verdugo accusa il sacerdote per alcune dichiarazioni fatte in una trasmissione dell'emittente Alerta Digital e risalenti al 2017. Vittime di questo presunto crimine tutti i fedeli mussulmani, stando alla definizione confusa e assai rischiosa di questo tipo di crimine che di fatto mette a processo le intenzioni.Le dichiarazioni in questione, leggiamo nell'intervista rilasciata a Zenit Francia, si riferivano al rischio insito nell'ideologia islamista radicalizzata. Il sacerdote aveva detto che «l'Islam radicale intende distruggere la civiltà cristiana e radere al suolo l'Occidente». Sette anni fa, dunque, durante la trasmissione "la ratonera" - ovvero "trappola per topi"- padre Custodio esponendo il proprio pensiero ha «fatto il presupposto che in effetti l'Islam radicale abbia l'intenzione di distruggere l'Europa e quindi di annientare l'Occidente». Ha inoltre specificato come fosse da supporre che, «in questo ambiente islamista, non tutti siano in grado di commettere atti violenti, ma che purtroppo coloro che si immolano e portano con sé coloro che considerano "infedeli" sono considerati santi».Tali dichiarazioni hanno suscitato la reazione dell'associazione "Musulmani contro l'islamofobia" i cui membri si contano sulle dita di una mano, ma che è finanziata dai fondi pubblici del governo catalano. Ciò che il sacerdote fa notare, nel ripercorrere la vicenda, è che la sua condizione di prete cattolico lo ha reso passibile della massima pena perché particolarmente pericoloso: secondo la procuratrice Verdugo, infatti, il suo ministero gli consentirebbe di indottrinare le folle e, quindi, diciamo noi, di diffondere lo stesso odio che avrebbe prodotto le dichiarazioni per le quali è incriminato. Insieme a padre Ballestrer sono perseguiti il redattore della trasmissione e un altro sacerdote, padre Jesús Calvo. Nessuno di loro è mai stato interrogato dalla procuratrice. Ciò potrebbe farci supporre che sia una vera esperta di processi alle intenzioni, anche a distanza.Ciò che sta capitando a questo sacerdote dimostra che ricordare che l'espressione ideologizzata e radicalizzata dell'islam costituisca un rischio per i cristiani e l'Occidente in genere (ovvero riportare gli obiettivi dichiarati dagli stessi esponenti di tale estremismo), ed essere sacerdote cattolico, sarebbero due pessime cose, soprattutto se correlate tra loro, e perseguibili legalmente. Per questo, considera con amarezza padre Custodio, il principio di uguaglianza davanti alla legge, nel suo caso, sarebbe stato impunemente derogato.Da prete cattolico, però, le parole che ritiene sommamente vincolanti e fonte di consolazione sono quelle con le quali Gesù Cristo avverte tutti i suoi fedeli riguardo ai tribunali umani ai quali saranno consegnati, non trascurando la precisa strategia difensiva da tenere in quei casi: «Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Matteo 10, 17-20).«Sono pronto», conclude padre Custodio. [...]La cosa più grave di processi come questo consiste nel fatto che il reato contestato non ha oggettivi riscontri in un atto esterno, ma si riferisce alle intenzioni, ovvero a qualcosa che pertiene all'inviolabile foro interno della coscienza. Senza scomodare scenari futuri e dispotici questa modalità è a tutti gli effetti tipica delle dittature che hanno già dato terribili prove di sé nella storia contemporanea: «[...[ l'odio non è un fatto materiale esterno, giudicano le intenzioni perché non sono andato in una moschea per provocare, ho parlato solo di intenzioni, niente di più e se giudicano le mie intenzioni allora possiamo dire che siamo in un regime stalinista o in una dittatura cubana come ai tempi di Fidel Castro», conclude il sacerdote che con la stessa lucidità e mite fermezza immaginiamo affronterà il processo.Nota di BastaBugie: Luca Volontè nell'articolo seguente dal titolo "Discorsi d'odio, così Trudeau attacca la libertà religiosa" parla del governo canadese che sostiene due diverse proposte di legge che, se approvate, violerebbe gravemente le libertà fondamentali di tutti, in primis dei cristiani, in quanto la vita delle persone sarebbe totalmente in mano allo Stato. Che diventa uno stato totalitario. Ecco a voi la democrazia totalitaria.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 marzo 2024:Con due proposte di legge sostenute dal governo Trudeau, il Canada segna il primato dell'assolutismo totalitario e orwelliano di uno Stato contemporaneo, dando al governo il potere assoluto di riconoscimento, concessione, controllo e limitazione dei diritti umani inalienabili e delle libertà fondamentali di tutti i cittadini. Innanzitutto l'idea di eliminare, con la proposta di legge C-367, il cui iter è iniziato lo scorso novembre, la clausola di eccezione che protegge, dalle denunce penali, sacerdoti, pastori, chiese, organizzazioni cristiane e semplici credenti che affermano la verità con amore nella pubblica piazza.Finora le accuse, verso i cristiani, dei cosiddetti "crimini d'odio" sono state molto difficili da provare a causa dell'«esenzione religiosa» contenuta nella Sezione 319 del Codice penale che afferma: «Nessuna persona può essere condannata per un reato [di crimine d'odio]... se, in buona fede, la persona ha espresso o tentato di stabilire con un argomento un'opinione su un argomento religioso o un'opinione basata su una credenza in un testo religioso».L'eliminazione di tale clausola corrisponderà al divieto di condividere in pubblico il messaggio cristiano; e i cristiani potrebbero essere accusati di discriminare le altre religioni affermando, come da Vangelo, che Gesù è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). La scusa, usata dai promotori delle modifiche, è quella di proteggere le comunità ebraiche alla luce del recente aumento delle manifestazioni antisemite in Canada... ma in realtà, così viene attaccata la libertà religiosa di tutti.A ciò si aggiunge un'altra proposta di legge, presentata dal governo canadese il 26 febbraio scorso, per contrastare l'odio online: la proposta consentirebbe ai giudici di mettere gli adulti in prigione a vita se sostengono il genocidio attraverso dichiarazioni online. La proposta di legge del governo, l'Online Harms Act (Bill C-63), vorrebbe «difendere il pubblico infantile e adolescenziale» dai contenuti online, come ha dichiarato il ministro della Giustizia Arif Virani nei giorni scorsi, ma invece di colpire gli odiatori seriali per i loro crimini, censura la libertà di parola, pensiero e religione.Le nuove norme, si legge nel sito del governo, «creeranno protezioni più forti per i bambini quando useranno piattaforme online e salvaguarderanno meglio tutti in Canada dall'odio online. Il disegno di legge definisce una nuova visione più sicura e inclusiva». Il Justice Centre for Constitutional Freedoms (JCCF), uno dei principali istituti di difesa dei diritti costituzionali del Paese, ha definito l'Online Harms Act un pericoloso «assalto» alla libertà di parola, «l'assalto più aggressivo contro la libertà di parola nella storia moderna canadese», che potrebbe essere utilizzato per togliere «diritti fondamentali».L'ambiguità del testo e la genericità delle definizioni aprono il campo alla possibilità per ciascun cittadino di essere perseguito dalla Commissione canadese per i diritti umani; chiunque potrebbe essere obbligato a pagare al governo federale 50.000 dollari e fino a 20.000 dollari a una presunta "vittima" che si sia sentita offesa da ciò che sia stato scritto, invertendo il principio dell'onere della prova. Il governo Trudeau istituirà tre nuove burocrazie nazionali: una Commissione per la sicurezza digitale, un Difensore civico per la sicurezza digitale e un Ufficio per la sicurezza digitale, che richiederanno milioni di dollari di nuove spese. La Bibbia, inclusi il Vangelo e le lettere di san Paolo, il Catechismo della Chiesa Cattolica, encicliche, documenti ufficiali vaticani, omelie di Sommi Pontefici: tutto potrà essere considerato censurabile, "odioso" e punibile. Non basta, in perfetto stile orwelliano, il ministro Virani ha difeso il nuovo potere (Sezione 810.012) previsto dall'Online Harms Act di «imporre gli arresti domiciliari a qualcuno che si teme possa commettere un crimine d'odio in futuro, anche se non l'ha ancora fatto». In altre parole, siamo alla presunzione di colpevolezza, allo Stato totalitario, al soviet comunista del popolo che impiccava il popolo...Con le "buone intenzioni" di molti governi liberali, che credono di combattere l'antisemitismo e l'odio facendo la guerra al cristianesimo e alle virtù che esso incarna, si pavimenta l'inferno. Il Canada di Trudeau, ancora una volta, si pone all'avanguardia di una trasformazione illiberale dello Stato e consolida un nuovo totalitarismo che, purtroppo, contagia tutto l'Occidente e somiglia sempre più all'autoritarismo comunista.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7726FRANCIA, L'ABORTO IN COSTITUZIONE E' LA NEGAZIONE DEI DIRITTI UMANI di Eugenio CapozziL'approvazione a larghissima maggioranza, da parte dei due rami del parlamento francese riuniti in seduta comune, della norma che inserisce nella Costituzione la garanzia del diritto ad abortire è un fatto storico di enorme importanza e gravità. Lo è perché per la prima volta in una democrazia liberale occidentale non solo l'interruzione volontaria di gravidanza viene depenalizzata e consentita, come avviene ormai da tempo in gran parte di esse, ma viene addirittura elevata a diritto fondamentale, che dunque da ora in poi nessuna legge ordinaria potrà revocare.Lo è perché la formulazione scelta, quella per cui l'aborto è una "libertà" della donna che dev'essere comunque garantita dalla legge, implica l'improponibilità sostanziale di qualsiasi sua limitazione, e dunque prefigura da un lato ulteriori suoi ampliamenti, dall'altra la crescente difficoltà a difendere, sul piano costituzionale, il diritto all'obiezione di coscienza.Lo è perché la modifica costituzionale è stata fortemente voluta e promossa dal presidente della Repubblica francese Emmanuel Macron, e assume il valore di un provvedimento "bandiera".Lo è per la solennità che si è voluto conseguentemente dare all'approvazione della norma, con la convocazione del parlamento riunito a Versailles, la disposizione dei parlamentari in ordine alfabetico e non per gruppo - a sottolineare l'aspetto di "unità nazionale" della scelta - , persino l'illuminazione della torre Eiffel per festeggiarla.Lo è, infine, per la già citata, amplissima maggioranza, che travalica gli schieramenti politici e la divisione tra destra e sinistra.Con questo passaggio, la Francia macroniana si pone idealmente a capo della sempre più aggressiva tendenza del progressismo occidentale a considerare l'aborto un vero e proprio dogma, un totem, un feticcio intoccabile, inestricabilmente connesso all'emancipazione femminile e quasi sinonimo di essa. Una tendenza che corrispettivamente si traduce, secondo il costume dell'estremismo woke, nella demonizzazione di chiunque metta in discussione il dogma su basi etiche o religiose, additato come sessista, "patriarcale", "bigotto", "medioevale", fautore dell'asservimento delle donne.ARGINI SEMPRE PIÙ CONTESTATILa negazione di qualsiasi possibilità di argomentazione intorno al tema pretende di cancellare e rinnegare d'un colpo non soltanto millenni di storia in cui l'aborto è stato condannato pressoché unanimemente al pari dell'infanticidio, ma anche le tormentate modalità attraverso le quali si è giunti, in molti paesi occidentali, alla sua legalizzazione a partire da poco più di mezzo secolo fa. Nell'accanito dibattito avviato allora sotto la spinta dei movimenti femministi si confrontavano, infatti, posizioni diverse, le quali però almeno convergevano nel ritenere che nell'affrontare la questione fosse inevitabile considerare più punti di vista, e che occorresse in qualche modo bilanciare il diritto delle donne a una maternità "consapevole" con la tutela della vita del nascituro e quella della maternità nell'interesse della società.Conseguentemente le leggi che autorizzavano, entro certi limiti, l'aborto - come proprio la legge francese Simone Veil approvata nel 1975, e la legge 194 approvata in Italia nel 1978 - non consideravano affatto la legalizzazione come un diritto soggettivo, ma semmai come un modo per conseguire la "riduzione del danno" connesso agli aborti clandestini e ai danni provocati in taluni casi da una maternità non voluta alla salute fisica e psichica delle donne: un esito, comunque, non obbligato, rispetto al quale dovevano essere almeno considerate delle alternative, e che comportava almeno un dilemma morale.Tuttavia nei decenni successivi questi argini sono stati sempre più contestati, rifiutati, erosi dalla marea montante di una concezione dei diritti integralmente relativista e soggettivista, secondo cui l'unico soggetto in gioco in materia di gravidanza è la donna, il concepito rappresenta soltanto un potenziale ostacolo alla sua libera volontà, e il potere di "interrompere la gravidanza" (fuori di eufemismi, sopprimere la vita del nascituro) deve essere inteso come pressoché assoluto e automatico, senza filtri né mediazioni, attuabile facilmente in forma sia chirurgica che farmacologica, anche al di sotto della maggiore età, e sempre più esteso rispetto allo stadio della gravidanza stessa.Una concezione la cui progressiva diffusione ed egemonia si è andata saldando alla crescente disgregazione dei legami familiari, al crollo delle nascite, alla trasformazione di comunità fondate sulla stabilità dei nuclei familiari e sulla continuità generazionale in somme aritmetiche di individui isolati concentrati sulle proprie auto-rappresentazioni e gratificazioni personali.DIRITTO NON NEGOZIABILEIn essi la rabbiosa rivendicazione di un potere assoluto dei soggetti "forti" sulla vita nascente (ma anche parallelamente sul "fine vita") si concretizza in una generale pulsione mortifera, una vera e propria implosione, evidente se si confrontano i trend demografici occidentali con quelli di altre società.Che la punta di lancia di tale corto circuito tra diritto, potere e soppressione della vita sia oggi la Francia, e più in generale l'Europa continentale, e che il corto circuito si traduca nella formulazione dell'aborto come "diritto costituzionale", non deve stupire. Infatti l'idea del diritto alla vita come prerogativa assoluta e non negoziabile di ogni essere umano ha preso forma storicamente nella tradizione costituzionale anglosassone, dove è stato introdotto da John Locke (insieme a quello alla libertà e alla proprietà) e dalla Dichiarazione d'Indipendenza americana del 1776 (insieme alla libertà e al libero perseguimento della felicità).Si deve a quella tradizione, imperniata innanzitutto sulla limitazione del potere, la sua riproposizione nella Dichiarazione universale dei diritti umani dell'Onu del 1948. Nel costituzionalismo francese di origine rivoluzionaria, viceversa, il diritto alla vita non viene mai nominato, e ogni libertà individuale viene subordinata alla sovranità della nazione e al monopolio del potere statuale. Le costituzioni continentali, e la cultura politica prevalente in quei paesi, hanno continuato a risentire più dell'esempio francese che di quello anglosassone. Ecco perché oggi in Francia - e, temiamo, ben presto altri paesi seguiranno l'esempio di Parigi - il diritto alla vita del bambino concepito può essere impunemente calpestato assolutizzando quello alla sua eliminazione, spacciando quest'ultima come libertà, mentre si tratta del trionfo di un potere illimitato sulla vita, che è condizione necessaria per la libertà.Nei paesi anglosassoni - come, per altro verso, nel mondo latinoamericano - nonostante le spinte del progressismo "dirittista" in senso abortista la radice cristiana dell'idea di diritti fondamentali, implicante la difesa della vita in ogni stadio, è rimasta complessivamente viva e attiva. Nella cultura politica liberale e conservatice le posizioni antiabortiste hanno continuato a essere presenti, apertamente rivendicate e molto spesso prevalenti. Ed è grazie a questo che la depenalizzazione per via giuridica dell'aborto sancita nel 1973 dalla sentenza Roe v/s Wade ha potuto essere arginata dopo mezzo secolo dalla Corte Suprema statunitense, riaprendo radicalmente il dibattito sul tema.Le destre europee, al contrario, si mostrano in gran parte subordinate, come è avvenuto ora a Parigi, al progressismo nichilista, intimidite dalla sua aggressività, timorose di esserne delegittimate, e incapaci di proporre una visione alternativa.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Francia, la democrazia totalitaria realizzata" spiega perché, con l'inserimento del diritto all'aborto nella Costituzione, la Francia dimostra di aver realizzato la democrazia totalitaria che ha nell'illuminismo la sua filosofia ispiratrice.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 9 marzo 2024:Nel 1950 usciva il famoso libro di Jacob Talmon "La democrazia totalitaria". Egli parlava di Rousseau, Robespierre, Morelly, Mably, Babeuf... ossia dell'illuminismo che, non per accidente ma per sua natura, diventava totalitario. Oggi, la Francia di Macron rimane su quella linea e la conferma. Dopo l'assunzione in Costituzione del diritto all'aborto, la Francia dimostra di aver realizzato proprio quella democrazia totalitaria dei suoi fondatori descritta da Talmon. Le previsioni dei pontefici dell'Ottocento, le allerte di Giovanni Paolo II, gli avvertimenti di Benedetto XVI sulla dittatura del relativismo sono oggi completamente confermate in Francia. L'episcopato francese ha pubblicato un comunicato in vista del voto parlamentare, ha invitato i giovani e le comunità cristiane alla preghiera, dopo il voto ha espresso in una breve nota la propria tristezza ma finora non ha avviato nessuna approfondita riflessione sul concetto di democrazia totalitaria.La costituzionalizzazione del diritto all'aborto comporta che porlo in essere sarà un dovere, come accade per ogni diritto. Ne consegue che l'obiezione di coscienza non potrà più essere ammessa. Il diritto ad abortire viene inteso, per fare un esempio, come il diritto a non essere discriminati per il colore della pelle, davanti a cui nessuno può pretendere di opporre obiezione di coscienza e lo Stato deve impedire che questo avvenga, imponendone il rispetto e l'applicazione.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7694CAMERA DELLE DEPUTATE E DEI DEPUTATI, LA RIDICOLA PROPOSTA DEL PD di Giuliano GuzzoLa cosa simpatica del Pd è che, se si ci pensa, sa sempre stupire. Si chiama democratico eppure silura le proprie esponenti che osano votare secondo coscienza - per maggiori informazioni chiedere alla consigliera del Veneto Anna Maria Bigon, rea d'essersi detta contraria al suicidio assistito -; attacca il centrodestra perché oggi lottizza la Rai, che però i progressisti hanno occupato indisturbato per decenni; vorrebbe rappresentare i precari ma è guidato da una segreteria che si affida ad una armocromista con compensi fino a 400 euro l'ora; si batte per i diritti delle donne e delle minoranze contro ogni violenza, ma fa finta di nulla quando, invece, a subire violenza sono i pro vita e le loro sede viene attaccata con le molotov.Insomma, il Pd è davvero una forza politica curiosa. Difficile quindi stupirsi della nuova trovata partorita da via del Nazareno, vale a dire un disegno di legge che, intervenendo sulla Costituzione, è finalizzato nientemeno che a cambiare il nome della Camera dei deputati - nome storico, scritto per l'appunto in Costituzione - in «Camera delle deputate e dei deputati». La proposta è dei dem Gian Antonio Girelli e Sara Ferrari, con quest'ultima che ha spiegato come essa serva «a rendere visibili le donne in questo Paese, in particolare dentro un'Assemblea che fa le leggi, che è un'assemblea rappresentativa, che rappresenta uomini e donne e che quando è nata aveva al suo interno soltanto uomini».Oggi invece, ha spiegato sempre l'onorevole Ferrari, in quell'assemblea «le donne ci sono e dunque crediamo che anche nella denominazione di questo luogo e di questa assemblea sia giusto riconoscere la loro presenza». Ora, con tutto il rispetto per le idee e le iniziative di ognuno, è davvero difficile cogliere in questo di ddl una dimensione di serietà. Non è un caso che, a quanto pare, la proposta non solo ha raccolto le critiche dai partiti della maggioranza, ma pare che pure perfino all'interno dello stesso Pd vi siano sì alcuni deputati la sostengono (è il minimo sindacale), ma anche altri che neppure vogliono commentarla ed altri ancora che non la ritengono una priorità.Per carità, è vero che il Pd non è nuovo a iniziative legislative bizzarre - basti pensare alla proposta per rendere "Bella Ciao" riconosciuta «canto di valore istituzionale» -, ma con «Camera delle deputate e dei deputati», ecco, forse si è andati oltre. E il bello, quando si parla di donne e politica, è che a sinistra si son quasi sempre fatti soffiare i primati dal centrodestra. La prima donna presidente del Consiglio? Giorgia Meloni, come noto. La più giovane presidente della Camera? Fu Irene Pivetti, allora leghista. La prima sindaco donna di colore? È stata Sandy Cane, anch'essa proveniente dalla lega.La stessa elezione alla segreteria del Pd di Elly Schlein è stata letta da più d'un osservatore come una sorta di risposta - o rincorsa - all'ascesa a Palazzo Chigi della Meloni. Senza dimenticare, infine, che è curioso che il Pd si dica ancora un partito per i diritti delle donne dal momento che diversi suoi esponenti - a partire dalla stessa segretaria Schlein - appoggiano una pratica barbara come l'utero in affitto (che preferiscono chiamare G.p.a., acronimo che riduce l'inciviltà della surrogata a "innocua" sigletta). Però, scusate, volete mettere ritrovarsi un domani a parlare di «Camera delle deputate e dei deputati»? Eh, quello sì sarebbe un gran passo avanti. Verso il ridicolo, però.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7645AUMENTA L'ODIO CONTRO I CRISTIANI, MA L'EUROPA PROTEGGE I MUSULMANI di Thibault van den BosscheIn Europa il numero dei crimini d'odio contro i cristiani aumenta anno dopo anno, così come le discriminazioni legali legate alla loro libertà di espressione e di coscienza.Nonostante ciò, da un lato l'Unione Europea tace sull'odio anticristiano, dall'altro, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) incoraggia la blasfemia anticristiana sotto la maschera della libertà di espressione.Il 6 dicembre 2023, la Commissione europea e l'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza hanno pubblicato "Non c'è posto per l'odio: un'Europa unita contro l'odio", un «appello all'azione rivolto a tutti gli europei affinché si oppongano all'odio e si schierino a favore della tolleranza e del rispetto». «L'Europa sta vivendo un aumento allarmante dei discorsi di odio e dei crimini generati dall'odio e le prove dimostrano che le comunità ebraiche e musulmane sono particolarmente colpite».E che dire dei cristiani?Secondo l'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa (OIDAC Europe), che li segnala all'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), ci sono stati 748 crimini d'odio contro i Cristiani nel 2022, rispetto ai 519 del 2021, con un incremento del 44%. L'OSCE ne ha censiti 792 in 34 paesi europei nel 2022, "rendendo i cristiani il gruppo religioso più preso di mira dopo gli Ebrei".L'OIDAC ha preso in considerazione incendi dolosi, imbrattamenti, profanazioni di luoghi sacri, furti, aggressioni fisiche, insulti e minacce, e osserva che "l'aumento dei casi di vandalismo spesso porta a un aumento dei casi di aggressioni fisiche". La ONG rileva un aumento degli attacchi in prossimità delle festività cristiane come Pasqua e Natale.CRIMINI ANTICRISTIANISecondo l'Osservatorio, la maggioranza dei crimini anticristiani commessi nel 2022 sono stati atti di vandalismo compiuti da autori non identificati (70%). Tuttavia, quelli commessi da gruppi organizzati stanno diventando sempre più visibili, in particolare i crimini commessi da gruppi politici di estrema sinistra, come l'Antifa, le femministe radicali o i gruppi LGBT. Ma non mancano violenze commesse da gruppi di estrema destra, satanisti e islamici.La Germania registra il maggior numero di crimini anticristiani (231), seguita da Italia (146) e Francia (106) . Da notare che in Francia gli atti contro i Cristiani costituiscono il 60% degli atti antireligiosi, ma le autorità sminuiscono la questione.E ci sono ottimi motivi, secondo l'OIDAC, di ritenere che gli atti anti-cristiani siano fortemente sottostimati.Inoltre, l'OIDAC evidenzia il violento rifiuto dei valori cristiani, in particolare «delle opinioni che dissentono dalle opinioni libertarie - progressiste su questioni morali legate alla protezione della vita, sulla morale sessuale, sul matrimonio o sulla famiglia.Quindi molti Cristiani hanno dovuto sostenere accuse e persino procedimenti penali per aver espresso opinioni in linea con gli insegnamenti morali cui aderiscono.Ad esempio, in Galles, a un insegnante è stato chiesto di condividere le sue convinzioni durante una discussione parte della formazione obbligatoria sulla diversità e sull'uguaglianza di genere. L'insegnante ha affermato di ritenere che il matrimonio dovrebbe essere tra un uomo e una donna, che la vita inizia con il concepimento e che era contrario ad alcuni aspetti della legge della Sharia, come la lapidazione a morte degli omosessuali. È stato licenziato il giorno successivo per "incitamento all'odio".Allo stesso modo, città come Manchester hanno creato zone cuscinetto attorno alle cliniche abortive per impedire alle donne di essere avvicinate da attivisti pro-vita. Ciò ha portato ad arresti assurdi, come quello di Isabel Vaughan-Spruce, per aver pregato in silenzio all'interno di una zona cuscinetto a Birmingham senza parlare con nessuno né portare alcun cartello.CRISTIANI SILENZIATIMinacce incombono anche sul rispetto del diritto all'obiezione di coscienza del personale medico cristiano. La Germania, per esempio, intende rendere l'aborto obbligatorio negli studi medici.Nella risoluzione 2036 (2015), "Lottare contro l'intolleranza e la discriminazione in Europa con particolare attenzione ai cristiani", l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa invita esplicitamente gli Stati membri a "sostenere la libertà di coscienza sul posto di lavoro" e " il diritto fondamentale alla libertà di espressione garantendo che la legislazione nazionale non limiti indebitamente i discorsi di matrice religiosa".Invece ai cristiani viene chiesto di non solo di non esprimere, ma nemmeno di pensare il proprio credo religioso.La libertà di espressione appartiene solo ad altri, come la Femen Éloise Bouton, che ha simulato, in topless, l'aborto di Cristo da parte della Vergine Maria sull'altare della chiesa della Madeleine a Parigi nel 2013. La Francia l'aveva condannata a un mese di prigione con sospensione della pena e a una pena 2.000 di multa.Tuttavia, la Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU), nella sentenza del 13 ottobre 2022, si è schierata dalla parte delle Femen, la cui "performance" mirava solo a "trasmettere un messaggio relativo a un dibattito pubblico e sociale in un luogo di culto simbolico" .Nel marzo 2022 la Commissione europea ha rifiutato esplicitamente di nominare un coordinatore responsabile della lotta contro agli atti anticristiani, sostenendo che "la Commissione è impegnata a proteggere i cristiani e i membri di altri gruppi religiosi dalle persecuzioni all'interno dell'UE senza alcuna distinzione tra gruppi religiosi".Che dire allora della nomina, nel 2015, da parte della stessa Commissione, di un "Coordinatore per la lotta all'antisemitismo e la promozione della vita ebraica" e di un "Coordinatore per la lotta all'odio anti-musulmano"?È ovvio che, se l'Unione Europea e il Consiglio d'Europa non riconoscono la realtà della "cristianofobia" e l'aumento tangibile degli atti anticristiani in Europa, mai agirà per affrontarli.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7610TEST EUROPEO PER SRADICARE LA CULTURA PATRIARCALE di Paola BellettiCi sono diverse notizie che possono dare i brividi, alcune perché ci mostrano in modo manifesto il male di cui le persone sono capaci, altre perché ci fanno presentire un pericolo simile ad altri già occorsi nella storia, ma che in ottusi ricorsi tendono a riproporsi. Cambiano un po' le forme, le parole, le circostanze, resta la sostanza.TERRIBILI UTOPIE EDUCATIVEÈ il caso dei progetti educativi che hanno come destinatari - ma temiamo invece come vittime - i bambini. Lo scopo, sradicare il male che certa cultura patriarcale, certo maschilismo, certa oppressione della donna in quanto tale seminano furtivamente nel cuore dei (pochi, ahinoi) nuovi nati, nella sadica certezza o nella idiota inconsapevolezza che presto o tardi tutto questo darà i suoi amari frutti.Oltre al fatto di non rilevare alcuna traccia statisticamente significativa di modelli patriarcali e a notare invece con dolore sincero una ingiusta e sistematica mortificazione dei tratti maschili più benefici e necessari, ciò che forse non stiamo sufficientemente denunciando è il pericolo legato a interventi educativi preventivi sui bambini., proposti ora con sospetta frenesia. Come fossero la sola strada percorribile, come se l'analisi necessaria a capire dove risieda e in cosa consista la vera emergenza educativa fossero assodate e condivise (emergenza che a questo punto dovremmo dichiarare una quasi disfatta, ma siamo cristiani e la speranza per noi non è l'ultimo dei mali ma la più forte delle virtù di chi è ancora pellegrino in terra).No, gli esperimenti di educazione di massa sui bambini, al di fuori e in aperto contrasto con la primaria responsabilità dei genitori, nella cellula fondamentale della famiglia naturale, non sono affatto una buona idea. Ne abbiamo una prova finora piuttosto sconosciuta in un test europeo relativamente recente realizzato nella Germania occidentale dei primi anni Settanta.I NEGOZI PER BAMBINII Kinderläden devono il loro nome semplicemente ai locali commerciali rimasti vuoti nei quali vennero avviati i centri di assistenza all'infanzia, «organizzati e gestiti collettivamente da genitori e attivisti radicali», racconta Rhyd Wildemurth su Unherd.com. Anziché occuparsi semplicemente di prendersi cura dei bambini mentre i genitori erano a lavorare, il movimento che aveva fondato i Kinderläden, dichiarò la propria ambiziosa e nefasta missione: smantellare l'educazione tradizionale, foriera di ogni male soprattutto portatrice dei germi di ogni fascismo, e offrendo «un modo più sano ed egualitario di prendersi cura dei bambini piccoli».In soli due anni i Kinderläden erano presenti in almeno 30 città; più che la piena adesione ideologica alla proposta poté il digiuno di alternative per rispondere a una necessità pratica: Il Kinderläden ha soddisfatto un chiaro bisogno materiale. Sfortunatamente, alcuni dei radicali di sinistra dietro il progetto credevano che potesse fare di più che fornire semplicemente assistenza all'infanzia a prezzi accessibili; credevano che potesse effettivamente eliminare le cause psicologiche del fascismo. E chi peggio dei genitori può dare questo imprinting? si chiedevano gli arditi pionieri.Occorreva allora intervenire alla fonte, modificandola o sostituendosi ad essa. Queste teorie sembrano quantomeno assonanti con gli slogan che rimbalzano in questi giorni da ogni schermo e che invocano la necessità di non meglio definiti corsi sull'affettività di cui la scuola deve farsi carico per sradicare queste inevitabili manifestazioni sane di un sistema malato (leggi Filippo Turetta figlio sano del patriarcato).Anche nel caso dei "negozi per bambini" all'origine della loro istituzione ci sono idee e teorie. La visione della famiglia come pozzo avvelenato da cui attingerebbe ogni fascismo veniva direttamente dalla Scuola di Francoforte, influenzata dal marxismo e da Freud che era popolare nella Germania tra le due guerre. Una di queste teorie era che la famiglia era il "luogo più importante di riproduzione" per lo stato autoritario - un'idea che persiste ancora oggi negli appelli di sinistra per l'abolizione della famiglia; la famiglia, in questo quadro, è vista come un luogo di "cura privatizzata", dove ai bambini vengono insegnate le norme della società capitalista e come obbedire all'autorità. Il legame da spezzare era dunque quello tra genitori e figli. I bambini non sono dei genitori, che se li sono intestati fin troppo a lungo, ma dello Stato. Agghiacciante, non trovate?LA FOLLIA DELLA LIBERAZIONE SESSUALE INFANTILEEsiste un altro aspetto, più indigesto ancora ma purtroppo logicamente connesso a questa istanza: la disgustosa premura per la liberazione sessuale dei bambini e delle relazioni erotiche tra bambini e adulti. Un'idea che nessuna onesta osservazione medica, psichica, biologica e umana potrebbe sposare: il bambino non è semplicemente un adulto in formato ridotto, ha altre esigenze, altri passi da fare, altri bisogni, preludio semmai a ciò di cui godrà o patirà in età adulta. «A noi interessava arrampicarci sugli alberi e scolpire il legno», osserva una donna che da bambina aveva frequentato uno dei centri. Molti dei Kinderläden furono influenzati dal lavoro di Wilhem Reich, che credeva che la repressione sessuale infantile portasse a tendenze autoritarie e persino fasciste.Così, nel Kinderläden, i bambini non venivano corretti quando toccavano i propri genitali o quelli degli altri; infatti, tale comportamento veniva attivamente incoraggiato. In modo inquietante, alcuni dei tratti educativi prodotti da questo movimento sostenevano esplicitamente il sesso tra bambini e adulti. Per liberare l'immaginazione dei bambini e incoraggiare il loro «sano e primario erotismo» naturalmente era disponibile materiale pornografico e, come in ogni materia che si rispetti, oltre alla teoria e ai manuali illustrati, i bambini erano incoraggiati da esercitazioni pratiche fatte di sesso (solo?) simulato. Ma le mamme e i papà di questi bambini, che ne pensavano? Erano tutti d'accordo e allineati con i sistemi e gli scopi di queste strutture per l'infanzia? No, affatto.Purtroppo però l'ideologia alla base di questo esperimento aveva ottenuto un altro successo: fare sentire i genitori stessi in colpa per il proprio imbarazzo rispetto alla sessualità. Si sentivano in difetto perché non erano abbastanza emancipati. Anche questo assomiglia a quel senso di colpa di massa e all'autodenuncia del maschio in quanto maschio che spontaneamente molti uomini stanno mettendo in pratica (sempre a favore di telecamera o post o al traino di qualche contenuto particolarmente virale).Non tutti i genitori i cui figli partecipavano al Kinderläden erano convinti che le interazioni sessuali tra bambini e adulti fossero benefiche, ma alcuni temevano che le proprie inibizioni sessuali potessero essere il problema. Persino gli stessi fondatori erano a disagio con gli esiti più estremi e perversi del loro esperimento e qualcosa, in quella natura così indebitamente ritenuta riprogrammabile o avvelenata dal fascismo e dall'autoritarismo del sistema capitale, ha gridato anche in uno di loro:Alexander Schuller, uno dei co-fondatori di un Kinderläden a Berlino: «Ho trovato incredibilmente difficile prendere posizione. Sentivo che quello che stavamo cercando di fare era fondamentalmente corretto, ma quando si è trattato di questo problema, ho pensato: questo è pazzesco, semplicemente non è giusto. Ma poi mi vergognavo di pensare così. Penso che molti fossero nella stessa posizione». Dalla storia dovremmo imparare non solo a non ripetere gli stessi errori, ma prima di tutto a ricordarci che la possibilità del male è dentro ogni essere umano e non basterà nessun corso a sradicarla; ancora meno potranno farlo quegli interventi che hanno come obiettivo la colpevolizzazione di ogni forma di mascolinità e la vittimizzazione di ogni donna in quanto tale. E soprattutto, lasciamo in pace i bambini.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7599LE TRE ILLUSIONI DELL'OCCIDENTE (PIU' UNA) di Roberto De MatteiIl Wall Street Journal del 1° novembre ha pubblicato un interessante articolo del prof. Jakub Grygiel,docente di Studi politici all'Università Cattolica d'America. L'articolo, che ha come titolo Three Foreign-Policy Illusions, mostra come alla base degli errori commessi dall'Occidente di fronte alla guerra russa in Ucraina, all'aggressione di Hamas e dell'Iran contro Israele e alle minacce della Cina nell'area del Pacifico, ci siano tre illusioni, profondamente radicate nella mentalità americana ed europea.PRIMA ILLUSIONE: I RESPONSABILI DELLE GUERRE SONO I CATTIVI LEADERLa prima illusione è che i leader siano responsabili delle guerre e che questi Paesi siano nostri rivali solo a causa dei loro cattivi leader. Grygiel fa l'esempio del Segretario di Stato Antony Blinken, che parlando dell'invasione dell'Ucraina al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite nel settembre 2022, ha detto: «Un uomo ha scelto questa guerra. E un solo uomo può porvi fine». «Ma la guerra non è solo di Vladimir Putin; è la guerra della Russia. In un sondaggio del giugno 2022, il 75% dei russi ha appoggiato decisamente o per lo più le azioni delle forze militari russe. (...) La Chiesa ortodossa russa è un istigatore della guerra e ha formato una profonda cultura del nazionalismo russo e del diritto imperiale che si estende oltre il Cremlino. (...) L'ostilità di Russia, Iran, Cina e persino di Hamas può avere radici culturali profonde e un sostegno popolare che consente a questi attori di impegnarsi in conflitti lunghi e devastanti. Rimuovere un cattivo leader o un regime non trasforma necessariamente un nemico in un attore responsabile».SECONDA ILLUSIONE: LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI POSSONO SUPERARE LE CONTROVERSIE POLITICHE NAZIONALILa seconda illusione coltivata dall'Occidente è che le organizzazioni internazionali e la governance globale possano superare le controversie politiche nazionali e regionali. «Poiché queste istituzioni sono le fonti dell'ordine internazionale - afferma Grygiel - per molti politici occidentali, l'obiettivo primario della loro diplomazia è quello di portare più Stati, democratici o meno, sotto il loro ombrello pacificatore. Il presidente Franklin D. Roosevelt sperava che l'Unione Sovietica si sarebbe comportata meglio una volta entrata a far parte delle Nazioni Unite ed era disposto a rimandare i duri negoziati con Mosca per farla partecipare alla fondazione dell'ONU. I leader occidentali speravano che la Cina, una volta membro di istituzioni come l'Organizzazione Mondiale del Commercio, sarebbe diventata un attore responsabile dell'ordine globale. Ma come la Russia, membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, la Cina non è diventata un attore geopolitico benigno dopo aver partecipato per più di due decenni all'OMC. Il potere formativo delle istituzioni internazionali è stato enormemente esagerato e la grande strategia basata su di esse ha lasciato l'Occidente impreparato alla dura competizione, compresa la guerra, che abbiamo di fronte».TERZA ILLUSIONE: MAGGIORI SCAMBI E RICCHEZZA PRODUCONO LA PACELa terza illusione dell'Occidente è che maggiori scambi e ricchezza producano pace. «Per decenni la politica estera tedesca ha seguito il principio del "cambiamento attraverso il commercio". Berlino pensava che il commercio con la Russia, la Cina e altri cattivi attori avrebbe attenuato la loro ostilità e li avrebbe trasformati in partner affidabili. Gli Stati Uniti pensavano che il commercio con la Cina avrebbe gradualmente modificato le priorità di Pechino, creando una classe media amante della pace e legami diplomatici più profondi. La scommessa occidentale che l'espansione del commercio avrebbe superato le differenze ideologiche e le rivalità politiche era sbagliata. Gli Stati si impegnano nel commercio per diventare ricchi e competitivi, non per la pace. Spesso vogliono essere ricchi per poter attaccare i loro nemici e dominare gli altri. (...) La potenza militare, non l'interdipendenza, dà agli Stati la capacità di agire nel loro migliore interesse senza vincoli imposti da altre potenze. I nostri rivali si sono armati mentre l'Occidente, soprattutto l'Europa, sperava che il commercio avrebbe reso inutili le capacità militari. Le inimicizie profonde non possono essere superate attraverso cambiamenti di leadership, organizzazioni internazionali o scambi commerciali. Possono essere controllate, e quando necessario sconfitte, solo attraverso il potere militare».ULTIMA ILLUSIONE: IL RIFIUTO DI OGNI IDEA DI SCONTRO DI CIVILTÀ, NONOSTANTE LO SCONTRO GIÀ IN ATTOAlla acuta analisi del prof. Grygiel aggiungiamo una quarta illusione dell'Occidente: il rifiuto da parte di molti intellettuali e leader politici di ogni idea di "scontro di civiltà". Samuel P. Huntington (1927-2008) che lanciò questa tesi nel suo Clash of Civilizations, pubblicato nel 1993, non è mai stato un "suprematista", ma potrebbe anzi essere definito un relativista storico. Non si può negare però che la sua teoria, a distanza di trent'anni, sia stata confermata dai fatti. La "guerra di civiltà" contro l'Occidente viene infatti proclamata da Putin, da Xi Jinping e da molti esponenti del mondo islamico, diviso al suo interno, ma unito nella lotta al comune nemico.Il sofisma di cui l'Occidente è vittima è l'idea che ammettere l'esistenza di uno scontro di civiltà equivalga a desiderarlo o a provocarlo. La tesi secondo cui non si deve parlare di guerra di civiltà, perché parlare di guerra di civiltà significa evocare la possibilità di guerra globale e una guerra globale ha la sua logica conclusione nella guerra nucleare, è lo strumento propagandistico di cui si serve chi ci vuole disarmare. Quando chi è aggredito rinuncia a difendersi di fronte alle minacce di chi lo assale, ha già perduto la guerra. Chi rifiuta il suicidio politico e morale dell'Occidente, si rende complice di questo suicidio se pensa che, tacendo, possa evitare lo scontro che il nemico proclama. Chi nega l'esistenza di una guerra di civiltà, nega non solo l'esistenza di un nemico, ma l'identità stessa della comunità di destino a cui appartiene. Quei conservatori e tradizionalisti che simpatizzano per la Russia o per i Fratelli Musulmani e sono pronti a giustificare l'invasione di Taiwan per evitare una "guerra globale", sono i "fratelli-nemici" di quella stessa "cancel culture" che costituisce l'espressione più radicale della sinistra post-moderna.LA CULTURA DELLA CANCELLAZIONE DELLA SINISTRA POST-MODERNALa cancel culture è penetrata purtroppo all'interno della Chiesa cattolica, in cui i massimi rappresentanti, a cominciare da papa Francesco, si limitano a deplorare la guerra, senza rendersi conto che la pace alla quale essi aspirano non è l'agostiniana tranquillità dell'ordine, ma la cronica instabilità nel disordine. Eppure tutto si gioca a carte scoperte. Yunis Al-Astal, predicatore e deputato di Hamas nel Consiglio legislativo palestinese in un sermone del venerdì, si è rivolto così ai fedeli musulmani: «Molto presto, per volontà di Allah, Roma sarà conquistata, proprio come lo è stata Costantinopoli e come è stato profetizzato dal nostro Profeta Maometto». «Oggi - ha aggiunto - Roma è la capitale dei cattolici, o la capitale dei crociati che ha dichiarato la propria ostilità all'islam, questa loro capitale sarà un avamposto delle conquiste islamiche che si diffonderanno per tutta l'Europa e poi si sposteranno nelle due Americhe, e anche l'Europa dell'est».Un obiettivo impossibile? Ma cosa accadrebbe se la Russia prevalesse in Ucraina, se Hamas, appoggiata dall'Islam, distruggesse Israele, e se la Cina invadesse Taiwan? Sarebbe una disfatta che confermerebbe la tesi di chi ritiene che l'Occidente stia vivendo non il suo tramonto, come annunciava Oswald Spengler cento anni fa, ma la sua agonia, immerso in un buio profondo.La storia però non è mai irreversibile, soprattutto quando Dio decide di intervenire. Il 5 novembre un'inaspettata aurora boreale ha illuminato i cieli di Europa e dell'Italia, dove è stata vista dalle Alpi alla Puglia. Gli astronomi hanno offerto le spiegazioni scientifiche del fenomeno ottico, ma chi ha spirito soprannaturale rivolge uno sguardo pensieroso al Cielo e si chiede se questo evento non possa essere collegato con le aurore boreali del 1938 e del 1939, che secondo suor Lucia di Fatima annunziarono la Seconda guerra mondiale. Segno apocalittico? Un'aurora boreale può essere anche un segno luminoso di speranza, che ci invita a giudicare le cose della terra con gli occhi del Cielo e ci ricorda che tutte le cause e tutti gli effetti di ciò che accade nel mondo hanno il loro primo principio e il loro ultimo fine in Dio, l'unico che può donare la pace in terra agli uomini di buona volontà che cercano la sua gloria.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7608GLI ULTIMI DELIRI DI GRILLO E L'ECLISSI DEI CINQUESTELLE di Ruben RazzanteLa definizione più pungente ma anche più calzante di Beppe Grillo l'ha data nelle ultime ore Luca Bottura, in un intervento pubblicato ieri in prima pagina sulla Stampa di Torino: "Grillo, un Berlusconi che non ce l'ha fatta". Di continuare a parlare del comico avremmo fatto volentieri a meno, se non fosse che lui ci ha messo del suo intervenendo come ospite, domenica scorsa, alla trasmissione di Fabio Fazio "Che tempo che fa" sul Nove.Molti dimenticano che Beppe Grillo, che voleva moralizzare l'Italia e «aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno» insieme al suo Movimento 5 Stelle, è un pregiudicato, condannato in Cassazione molti anni fa per omicidio di tre amici in auto. Lo hanno dimenticato anche quelli che per anni si sono fidati di lui, votando per i pentastellati.Domenica sera nel salotto di Fazio ha candidamente ammesso di essere un fallito e ha di fatto intonato il de profundis al Movimento 5 Stelle, riconoscendo i suoi limiti. «Io sono qui per sapere chi sono e cosa pensate di me e chi siete voi - ha esordito -. Io sono il peggiore, sì sono il peggiore. Io ho peggiorato questo Paese, non c'è battuta. Dopo l'ultima intervista con Vespa abbiamo perso elezioni, quelli che ho mandato affanculo sono al governo quindi sono il peggiore».CONTRO TUTTI GLI EX AMICIHa attaccato i suoi ex compagni di avventura, da Giuseppe Conte a Luigi Di Maio, fino ad arrivare a Davide Casaleggio. Si è meritato, insomma, un bel "vaffa" dal pubblico, quello stesso "vaffa" che lui e il suo esercito di mediocri hanno per diversi lustri rivolto a tutti i cittadini onesti che si vedevano ingiustamente additati al pubblico ludibrio in nome di un qualunquismo becero. Ci riferiamo al cosiddetto ceto medio, che porta avanti il Paese da sempre, che paga le tasse, si sveglia presto per andare a lavorare e rispetta il prossimo senza offenderlo. Invece i compagni di merende del comico autoproclamatosi "fallito" erano i parassiti della società, quelli che non ce l'hanno fatta perché proprio non potevano farcela, perché non avevano nulla per potercela fare. Oggi si direbbe i "rosiconi", che alimentano l'odio sociale e incarnano il nichilismo assoluto, il vuoto pneumatico, la mancanza assoluta di idee e principi.Hanno approfittato della mediocrità del resto della classe politica per illudere l'opinione pubblica e per circa dieci anni ci sono riusciti. Hanno conquistato il potere e un minuto dopo hanno dimenticato ogni vincolo di correttezza con i cittadini, ogni promessa elettorale per tuffarsi voracemente nella gestione del potere, dimostrando la loro palese inadeguatezza e contribuendo a peggiorare il livello delle istituzioni e della gestione della cosa pubblica. I più lesti come Luigi Di Maio, che erano probabilmente anche i più consapevoli di essere stati sopravvalutati, si sono barcamenati e ora sopravvivono. Degli altri come Danilo Toninelli, solo per fare un nome tra i più emblematici e imbarazzanti, non è rimasta alcuna traccia. E nessuno se ne rattrista.UNA DELLE PAGINE PIÙ BUIEIl cielo "stellato" della politica italiana è stato una delle pagine più buie della storia del nostro Paese, per fortuna archiviata o in via di definitiva archiviazione. Se perfino Casaleggio, figlio del fondatore (insieme con Grillo) del Movimento 5 Stelle dichiara che bisognerebbe far scorrere i titoli di coda e mettere fine all'esperienza politica inaugurata dal padre, significa che il fallimento del grillismo può dirsi compiuto.Quello che in molti credevano poter essere il rimedio alla partitocrazia si è rivelato la manifestazione più acuta della patologia partitocratica. La lottizzazione, anche delle briciole, è stata la cifra dominante dei grillini, mediocri senza né arte né parte che hanno occupato le istituzioni senza sapere neppure perché, trovandosi a guidare in un mare in tempesta senza neppure averne alcuna capacità.L'Italia del post-grillismo è decisamente peggiore della precedente e l'ultima apparizione del comico pregiudicato Beppe Grillo ne è la più nitida e inequivocabile conferma. L'aver ammesso di essere un perdente non toglie nulla alle sue responsabilità, al male fatto da lui e dai suoi sodali all'Italia che produce. Da Fazio è riuscito anche a pronunciare concetti di stampo sovietico come il dovere di punire chi consuma troppo, tassandolo doppiamente, o quello di distribuire il reddito di cittadinanza universale, per premiare chi non lavora. Frasi inverosimili e offensive nei confronti del popolo italiano, che forse ora ha finalmente capito la vera natura di Beppe Grillo, un comico pregiudicato, e del grillismo, l'antitesi della meritocrazia.
VIDEO: Vi hanno presi in giro ➜ https://www.youtube.com/watch?v=L-kP8Zhf8C8&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1UxpTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7595MATTARELLA L'ALCHIMISTA, RESTA DA SOLO A SANTIFICARE IL VACCINO di Andrea ZambranoIntervenendo al Quirinale all'evento I Giorni della ricerca, promosso dall'Airc, l'Associazione Italiana per la ricerca sul cancro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha parlato anche di vaccini covid. E lo ha fatto, come al suo solito, mostrando una visione univoca della campagna vaccinale che si è svolta in Italia tra il 2021 e il 2022.Mattarella ha detto che «la ricerca è garanzia di futuro. Eppure, dopo tanta evidenza, dopo che è stato dimostrato nella drammatica esperienza della pandemia che i costi umani sarebbero stati di gran lunga maggiori senza la scoperta dei vaccini in tempi rapidi, continuano a circolare teorie irragionevoli e antiscientifiche. Non soltanto offuscano la visione del bene comune, ma sovente minacciano la salute stessa dei cittadini, contravvenendo alla prescrizione dell'articolo 32 della Costituzione, secondo il quale la salute è, insieme, fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività».Si tratta di parole alle quali il presidente della Repubblica ci ha già abituato da tempo, ma che nel corso del tempo, mostrano tutta la loro insufficiente evidenza.Quali sarebbero le teorie irragionevoli e antiscientifiche che ancora continuano a circolare? Forse quelle secondo le quali i vaccini anti covid hanno mostrato alla prova dei fatti tutta la loro fallibilità sul versante dell'efficacia e della sicurezza, gli unici due pilastri che una ricerca scientifica degna di tal nome, deve perseguire?FATTI RICONOSCIUTI ANCHE DALLE CASE PRODUTTRICI DEI VACCINI ANTI COVIDMa queste non sono teorie, bensì fatti accertati e accettati ormai non solo dalle case produttrici dei vaccini anti covid, ma anche dagli enti regolatori come l'Ema. Nel corso della campagna vaccinale si poteva affermare con relativa sicurezza che tutti i dubbi sull'efficacia dei vaccini nel prevenire il contagio e nel non dare effetti indesiderati gravi fossero teorie complottiste: lo consentiva il pensiero unico e un'informazione mainstream mai così asservita a logiche di potere e di interesse. Ma oggi no, non si può più affermare che queste siano teorie senza incorrere nello scoglio di essere smentiti dalla realtà.Il fatto è che, ormai, a sostenere che i vaccini a mRna siano stati una panacea, lo sostiene solo una parte - minoritaria - della politica. Il mondo scientifico, invece, volente o nolente, si sta orientando verso un giudizio molto più disincantato, quando non proprio apertamente ostile verso gli inoculi.Giova ricordare al presidente che negli ultimi mesi, la ricerca scientifica, visto che è quello il sostrato che ha fatto da sfondo alle sue parole del 30 ottobre scorso, ha emesso un giudizio impietoso, fatto di dati e osservazioni, sui vaccini covid, tanto che la campagna vaccinale in corso stenta ancora a decollare e non per colpa dell'autunno, che non è ancora entrato nel vivo.Spulciando qua e là dalle cronache, si potrebbe ricordare al Presidente che non più tardi di un mese fa, Pfizer e Moderna hanno dovuto aggiornare le avvertenze sui vaccini inserendo numerosi casi di effetti avversi mortali tra i ragazzi, specie tra i 12 e i 17 anni, in ordine al fenomeno delle miocarditi. Si tratta di evidenze scientifiche che Ema ha dovuto inserire nelle schede di valutazione dei sieri e che non possono essere smentite facilmente.Inoltre, sul versante della ricerca scientifica, abbondano ormai gli studi che evidenziano la fallibilità dei sacri inoculi. Si è scoperto, ad esempio, come hanno fatto 13 analisti indipendenti, che nel trial del primo vaccino di Pfizer, riportava una mortalità di 3,7 volte maggiore tra i vaccinati rispetto al gruppo placebo in ordine a morti per disturbi al cuore.L'AFFOSSAMENTO DELLA COMMISSIONE BICAMERALE COVIDSi tratta di una rapidissima carrellata, ma che può essere integrata a piacere con una ricognizione su quanto c'è di esistente. Così come è esistente il fatto che in Italia ci sia un comitato di oltre 4200 italiani, che si sono vaccinati e che ora stanno male per le reazioni avverse. Chiedono da tempo ascolto, ma il loro grido è ancora strozzato proprio da quelle istituzioni che Mattarella rappresenta. Parlare a loro di teorie antiscientifiche è l'ennesimo schiaffo che lo Stato continua a infliggere loro dai tempi in cui vennero costretti, pena la minaccia della perdita del lavoro, a farsi iniettare il vaccino. Questa sì una violazione dell'articolo 32 della Costituzione, di cui Mattarella cita solo la prima parte. "Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana". Eppure il presidente ha firmato i decreti che toglievano la libertà ai cittadini per imporre loro la vaccinazione.Chi, dunque, e che cosa offusca la visione del bene comune? E che cos'è il bene comune per il presidente Mattarella? Migliaia di danneggiati che chiedono di essere curati non sono sufficientemente un bene comune nella visione ultra-scientista del primo inquilino del Quirinale? Sono forse loro che minacciano la salute dei cittadini? Loro che del vaccino hanno conosciuto solo i drammatici effetti avversi e non le magnifiche sorti di progresso e panacea universale?Che quella di Mattarella sia una visione della scienza asservita a logiche politiche, però, è evidente non solo dalle sue parole dell'altro giorno, ma dal fatto che recentemente ha concesso un provvedimento di "grazia" per quei medici sanzionati per aver lavorato troppo durante la pandemia, ma non ha fatto lo stesso per quelli che non essendosi vaccinati, ci hanno rimesso il posto di lavoro. In premessa, l'affossamento della commissione bicamerale covid, che anche per il mese di ottobre non ha potuto vedere la luce, nonostante le promesse e chissà se mai la vedrà, visti i paletti stringenti di indagine, che il Colle le ha imposto.La pandemia passa, l'emergenza pure e la narrazione sul covid si sta sgretolando. A tenere viva la sirena dello spauracchio e del Sacro Graal vaccinale sembra essere rimasto soltanto il presidente della Repubblica, il quale, come un alchimista che cerca di trasformare in oro un semplice metallo, trasmette un'idea quasi esoterica della scienza, come di panacea universale di tutti i mali. Ben controllata dal sapere politico. Tutto il contrario della scienza vera.
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