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Prima, durante, dopo

Author: Corriere della Sera_Produzione

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Otto pazienti raccontano la propria esperienza con un tumore, ogni volta diverso, affiancati da altrettanti oncologi che descriveranno i vari tipi di neoplasia e spiegheranno come prevenirli, come affrontarli e come gestire il processo di cura.
Una serie del Corriere della Sera, in collaborazione con Aiom, l’Associazione italiana di oncologia medica, condotta da Vera Martinella.
Coordinamento editoriale di Tommaso Pellizzari.
Produzione e adattamento di Carlo Annese, per Piano P.
Editing audio di Manuel Iannuzzo.
Montaggio di Federico Caruso.
8 Episodes
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Finora, in questa serie, abbiamo parlato di tumori che si manifestano inizialmente in una parte ben precisa del corpo: seno, prostata, polmone, fegato, cervello, stomaco e colon. Nel tempo, per ciascuna di queste neoplasie (e per tutte le altre note) sono state studiate e individuate delle cure specifiche. Grazie ai progressi della ricerca, negli ultimi anni questa impostazione si è arricchita delle procedure di cui ci parla Michele Milella, docente di Oncologia medica e direttore del dipartimento di Ingegneria per la medicina di innovazione dell’Università di Verona.Oggi, l’accesso a cure personalizzate è sempre più una realtà che cambia in modo radicale l’impostazione delle cure in campo oncologico.  I farmaci cosiddetti agnostici sono la nuova frontiera della terapia oncologica: non colpiscono più un solo tipo di tumore, come fa la gran parte dei medicinali attuali, ma vanno a bersagliare un gruppo di geni mutati, potenzialmente responsabili dello sviluppo della malattia. Si tratta di geni «ubiquitari», che sono cioè comuni a diversi tumori, indipendentemente dall’organo in cui originano. Tutto questo lo ha sperimentato in prima persona Mario, un paziente che ha affrontato tre tumori diversi, sfruttando queste nuove possibilità di cura.
Nella puntata precedente di questa serie abbiamo parlato del tumore allo stomaco: un tipo di cancro i cui sintomi vengono spesso trascurati o normalizzati. Lo stesso si può dire per il tumore al colon-retto: le persone giovani, soprattutto, tendono a sottovalutare i segnali del corpo, attribuendoli per esempio allo stress, come spiega in questo episodio la professoressa Sara Lonardi (direttrice dell'Oncologia 1 presso l'Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova). Il rischio, però, è quello di arrivare tardi.Il tumore del colon-retto, che fa registrare quasi 49 mila nuovi casi ogni anno in Italia, è al secondo posto nell’infelice graduatoria delle neoplasie più letali, oltre che in quella delle più frequenti. Eppure, in nove casi su dieci potrebbe essere prevenuto con un test semplice e indolore, che milioni di italiani, però, scelgono di non fare, e cioè l’esame per la ricerca del sangue occulto nelle feci. Proprio grazie a questo esame, Barbara (che racconta la sua storia di paziente) ha scoperto di avere questo carcinoma.
Claudia Santangelo ha 67 anni ed è di Ferrara. Nel 2008 ha scoperto di avere un tumore allo stomaco e cinque anni più tardi ha contribuito a fondare l’associazione “Vivere Senza Stomaco, si può”.Anche nel caso di questa neoplasia, la diagnosi precoce può salvare la vita. Vale per tutti i tipi di cancro, ma per quelli aggressivi come il carcinoma gastrico scoprire presto la malattia fa davvero la differenza. Sia per le speranze di poter guarire, sia per la possibilità di vivere bene, senza terapie o interventi chirurgici troppo invasivi.Ogni anno oltre 14 mila italiani ricevono una diagnosi di tumore allo stomaco, ma solo in un caso su cinque la neoplasia viene individuata in fase iniziale. Ci sono però dei campanelli d’allarme a cui prestare attenzione, come spiega in questo episodio Nicola Silvestris, direttore del Dipartimento di Area Medica dell'Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari.
Filippo Pennacchioni ha 45 anni, è un ingegnere meccanico di origini marchigiane che vive da molto tempo a Bologna, insieme alla moglie Caterina e alla loro figlia Greta. In questo episodio racconta come ha scoperto di avere un glioma, una neoplasia cerebrale rara che è solo uno dei numerosi tipi di tumore al cervello.Con oltre 6.000 nuovi casi diagnosticati ogni anno in Italia e più di 4.000 decessi, i tumori cerebrali continuano purtroppo ad avere molto spesso una prognosi severa, perché sono ancora difficili da curare e sono sovente aggressivi e resistenti ai farmaci. D'altra parte, come spiega il dottor Enrico Franceschi, direttore dell'Oncologia e del Sistema Nervoso all’Istituto di Scienze Neurologiche di Bologna e coordinatore delle linee guide italiane Aiom sulle neoplasie cerebrali, anche su questo fronte i progressi della ricerca stanno ottenendo risultati importanti. Lo dimostra proprio il caso di Filippo, che grazie a una cura sperimentale ha visto migliorare di molto la qualità della sua vita durante il percorso di cura.
Mirella Ferri ha 57 anni, vive a Poppi, in provincia di Arezzo. Nel 2013, quando le è stato diagnosticato un colangiocarcinoma, ha reagito con una domanda al medico che l'aveva in cura: "Che cacchio è un colangiocarcinoma?".È una domanda che molti di noi, al suo posto, avrebbero fatto: si tratta, infatti, di un tumore raro e difficile da diagnosticare, che interessa fegato e vie biliari. Ogni anno la sua presenza viene accertata in circa 5.000 italiani. È molto aggressivo, cresce rapidamente e ben il 70% dei pazienti arriva alla diagnosi in fase avanzata.Come spiega Lorenza Rimassa, a capo dell’Oncologia Epatobiliopancreatica e professore Associato di Oncologia Medica a Humanitas University e all’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, per individuare precocemente questa malattia non ci sono pratiche preventive specifiche né programmi di screening. Nella maggior parte dei casi – e così è stato anche per Mirella Ferri – il tumore viene prima operato e poi si ricorre alla chemioterapia. Negli ultimi anni, però, lo scenario sta cambiando: la sopravvivenza media, che un tempo difficilmente superava l’anno, oggi può allungarsi in modo significativo e i pazienti affetti da colangiocarcinoma hanno accesso a nuove terapie mirate.
Con 44.831 nuovi casi registrati nel 2024, quello ai polmoni è il terzo carcinoma più frequente nel nostro Paese. Ed è, purtroppo, un tipo di tumore che continua a essere difficile da trattare, dal momento che oltre il 70% dei pazienti arriva alla diagnosi tardi, quando cioè la malattia è già in stadio avanzato, e le possibilità di guarire sono ridotte.Come spiega il professor Massimo di Maio, direttore di Oncologia medica 1 dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza Ospedale Molinette di Torino nonché presidente eletto di Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, il tumore al polmone non dà segni evidenti della sua presenza agli esordi. E quando lo fa, è generalmente già diffuso localmente o progredito in fase metastatica. Le cose, di conseguenza, si complicano: le cure sono più complesse e le possibilità di guarigione diminuiscono, anche se oggi sono disponibili diverse terapie innovative che riescono a prolungare in modo significativo la sopravvivenza dei malati. Come è accaduto, a Marina, sessantenne da poco, che in questo episodio racconta la sua storia.
Immaginate di riempire per sei volte lo stadio Olimpico di Roma: 485mila persone. Tanti sono gli italiani vivi, oggi, dopo aver ricevuto una diagnosi di tumore alla prostata. Più dell’intera popolazione di Bologna, un po’ meno di quella di Genova. Merito, come spiega il dottor Marco Maruzzo (direttore dell’Oncologia 3 all’Istituto Oncologico Veneto di Padova), dei successi ottenuti su più fronti.Il più importante è quello della diagnosi precoce, per cui ora è possibile scoprire la grande maggioranza dei casi in stadio iniziale, quando le probabilità di guarire sono altissime. Il secondo fronte è quello della ricerca scientifica e delle tante nuove terapie per il carcinoma prostatico in stadio avanzato o metastatico, che consentono di vivere anche un decennio o più con la neoplasia.A dimostrarlo è la storia di Marcello Cicalini, un musicista di 69 anni che ha scoperto di avere contratto la malattia (la più frequente tra i maschi di età superiore ai 50 anni, arrivando a interessare un italiano su otto) quando era in uno stato già molto avanzato.
Nel luglio del 2023, grazie all’autopalpazione, Alessandra Minghetti ha scoperto di avere un tumore al seno. Dopo l’operazione, ha iniziato un percorso di cura incentrato (nel suo caso) sulla terapia ormonale, che comporta degli effetti collaterali ma al tempo stesso le permette di continuare a condurre la sua vita. È lei stessa a raccontarlo, mentre Giampaolo Bianchini, professore associato all’Università Vita Salute San Raffaele e responsabile del gruppo Mammella all’ospedale San Raffaele di Milano, spiega quali sono le altre tipologie di cura possibili, quali gli stili di vita più adatti a ridurre i rischi e quali sono stati i principali progressi della ricerca, determinanti nella gestione (non solo clinica) di un tumore al seno.
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