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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7788CINA INAFFIDABILE, MA PER IL VATICANO L'ACCORDO VA RINNOVATO di Riccardo CascioliLa Santa Sede è intenzionata a rinnovare l’accordo segreto stipulato con la Cina nel 2018 e poi rinnovato ogni due anni. Lo ha detto il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, rispondendo per iscritto a una domanda del corrispondente a Roma di LifeSiteNews, Michael Haynes.L’accordo scade in ottobre, e - ha detto il cardinale Parolin - «noi speriamo di rinnovarlo». E al proposito, ha aggiunto, «su questo punto stiamo dialogando con i nostri interlocutori».Sulla volontà della Santa Sede di andare avanti malgrado il regime comunista cinese si sia dimostrato inaffidabile non c’era da dubitare, visto come è andata in questi sei anni; ma la dichiarazione del Segretario di Stato vaticano è comunque importante. È vero, mancano ancora diversi mesi prima di una decisione ufficiale, ma dopo due rinnovi biennali, quest’anno è attesa l’ultima parola sull’accordo: o diventa definitivo o si lascia cadere.E tutto lascia supporre che, a meno di clamorosi colpi di scena, si vada verso la definitività: la Santa Sede ha già accettato di tutto - compreso l’inaccettabile - pur di arrivarci; il governo cinese a queste condizioni ha solo da guadagnarci, perché può procedere con l’annientamento della Chiesa cattolica con l’avallo vaticano.La questione non riguarda solo la nomina dei vescovi che - ha sempre detto la Santa Sede - è il tema centrale dell’accordo segreto, ma il processo di sinicizzazione della Chiesa cattolica che il regime persegue almeno dal 2015 e che diventa sempre più soffocante oltre che ormai esteso anche alla Chiesa di Hong Kong.IL REGIME COMUNISTA DECIDE E IL PAPA DÀ L’ASSENSOAnche se all’inizio di quest’anno sono stati nominati tre vescovi - Thaddeus Wang Yuesheng per Zhengzhou, Anthony Sun Weniun per la nuova diocesi di Weifang, Peter Wu Yishun per la prefettura apostolica di Shaowu - con l’approvazione del Papa e quindi formalmente secondo gli accordi Cina-Vaticano, nella sostanza appare chiaro che il meccanismo funziona così: il regime comunista decide e il Papa dà l’assenso.Inoltre, pur volendo considerare un fatto positivo la nomina dei tre vescovi con il consenso vaticano, l’applicazione di questa parte dell’accordo non ferma affatto la persecuzione di sacerdoti e vescovi che non accettano la subordinazione al Partito Comunista: ad esempio all’inizio di gennaio, quasi in contemporanea con le tre nomine episcopali succitate, è stato arrestato per l’ennesima volta monsignor Peter Shao Zhumin, vescovo di Wenzhou, non riconosciuto dal governo, reo di non volere aderire all’Associazione Patriottica dei cattolici cinesi (APCC), lo strumento usato dal regime per "guidare" la Chiesa cattolica. Ma episodi del genere così non si contano, così come ostacoli vari frapposti alla partecipazione alle celebrazioni eucaristiche.Ma l’aspetto più rilevante è il fatto che il regime cinese, per qualsiasi atto riguardante la Chiesa cattolica, mai menziona la Santa Sede e il Papa, tantomeno gli accordi. Un aspetto messo bene in rilievo da un recente e illuminante articolo del missionario del Pime padre Gianni Criveller, direttore editoriale di Asia News. È quello che accade in occasione dell’annuncio delle nomine dei vescovi, ma «il silenzio sul ruolo di Roma» è ancora più evidente nel "Piano quinquennale per la sinicizzazione del cattolicesimo in Cina (2023-2027)", approvato il 14 dicembre scorso dalla Conferenza dei vescovi cattolici e dall’Associazione Patriottica (organismi entrambi sotto il controllo del Partito Comunista).Composto dall’equivalente di 3mila parole, diviso in quattro parti e 33 paragrafi, il Piano, dice padre Criveller, «non nomina mai il Papa e la Santa Sede; né l’accordo intervenuto tra il Vaticano e la Cina. Il leader Xi Jinping è invece nominato quattro volte. Cinque volte viene ribadito che il cattolicesimo deve assumere "caratteristiche cinesi". La parola "sinicizzazione" la fa da padrona: ricorre ben 53 volte». Con sinicizzazione si intende ovviamente la totale subordinazione della Chiesa alle direttive del Partito Comunista.L’ABBRACCIO CON IL REGIME COMUNISTANon è solo una questione di frequenza delle parole, ad essere significativa è «la fermezza e la perentorietà del linguaggio». «Come se non ci fosse stato - scrive padre Criveller - nessun dialogo e nessun riavvicinamento con la Santa Sede; come se il riconoscimento dato dal Papa a tutti i vescovi cinesi non contasse niente; come se non ci fosse un accordo tra la Santa Sede e la Cina che offre al mondo l’impressione che il cattolicesimo romano abbia trovato ospitalità e cittadinanza in Cina».A fronte di questo atteggiamento del regime cinese che evidentemente va dritto per la sua strada, che prevede il totale asservimento della Chiesa alle direttive e alle esigenze del Partito Comunista, la posizione della Segreteria di Stato vaticana appare incomprensibile.Un conto è l’arte della diplomazia, che deve procedere anche per piccoli passi, altra cosa è sacrificare la verità e anche i fedeli cattolici a logiche che sono essenzialmente politiche. È sotto gli occhi di tutti il fatto che per mantenere viva la possibilità di un accordo con il regime cinese, la Santa Sede e il Papa tacciono ormai da anni sull’inasprimento della persecuzione anti-cattolica in Cina, né una parola viene spesa per i cattolici di Hong Kong, sempre più nel mirino anche grazie alla nuova famigerata legge sulla sicurezza nazionale. E ricordiamo che a Hong Kong è stato arrestato e ora è ancora sotto processo il vescovo emerito cardinale Joseph Zen; mentre da tre anni sta scontando il carcere duro l’imprenditore cattolico (convertito) Jimmy Lai, editore di un quotidiano critico con Pechino (e ora chiuso), che in un altro processo in corso rischia addirittura l’ergastolo.La ragion di stato non può giustificare questo silenzio scandaloso che condanna alla persecuzione vescovi, preti e laici fedeli alla Chiesa. Vescovi, preti e laici che già hanno pagato cara la loro fedeltà alla Chiesa e oggi si vedono abbandonati anche da Roma. La determinazione con cui il cardinale Parolin - che su questo ha tutto il sostegno del Papa - sta guidando la Santa Sede all’abbraccio con il regime comunista è preoccupante. E le conseguenze non riguardano soltanto la Chiesa cinese.
VIDEO: Le parole della Boccia sull'aborto ➜ https://www.youtube.com/watch?v=oSHuvgYjE40&list=PLolpIV2TSebVzYmc5B11R08Qd2ib0ZEgLTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7776CASO BOCCIA, DA DIRITTO L'ABORTO E' DIVENTATO UN DOVERE di Riccardo CascioliLe polemiche più infuocate di questi giorni hanno il loro epicentro nella trasmissione serale di Rai 3 Che sarà, condotta da Serena Bortone. Ma mentre sul caso Antonio Scurati - lo scrittore a cui è stato bloccato il monologo sul 25 aprile - la conduttrice si ribella e rivendica il diritto di leggere in diretta il pensiero (se così si può definire) di Scurati, sul caso Incoronata Boccia ha fatto calare un imbarazzato silenzio.Cosa ha fatto Incoronata - detta Cora - Boccia, che tra l'altro è vice-direttrice del Tg1? Semplicemente nel corso di uno scambio tra diverse ospiti, ha detto che l'aborto è un delitto e non un diritto: «Lungi da me giudicare persone e storie - ha detto -, si giudica il principio: stiamo scambiando un delitto per un diritto».Apriti cielo, piovono critiche feroci da tutte le parti, giudizi di indegnità a ricoprire un incarico importante nella tv di Stato, dal Pd si arriva fino alla richiesta di dimissioni. Ovviamente sono gli stessi che con la stessa violenza denunciano la censura per il monologo di Scurati.Tutto ampiamente prevedibile, anche Cora Boccia lo aveva previsto, come ha detto in una successiva intervista in cui ha comunque confermato quello che ha detto in tv «parola per parola».Quindi un doppio applauso a Cora Boccia, che ha avuto il coraggio di affermare la verità e di non rimangiarsela dopo gli attacchi personali. E merito ulteriore perché sapeva già in partenza che non sarebbe stata difesa neanche dai politici di centro destra: «Anche la politica ha paura di dire che l'aborto è un omicidio», aveva infatti detto in tv. E così infatti è: ci si è fermati al massimo a difendere il diritto a esprimere le proprie opinioni, ma senza entrare nel merito, anzi preoccupandosi di dire che la Legge 194 non si tocca.Eppure ciò che ha detto la vice-direttrice del Tg1 è esattamente il punto vero della questione: l'aborto è un omicidio. È un dato evidente, una realtà che si impone se si guarda al fatto in sé: oggi, con la tecnologia e le conoscenze che abbiamo a disposizione, nessuno può dire seriamente che non si tratta di una vita, che è soltanto un grumo di sangue.LA FORZA E LA VIOLENZA DELL'IDEOLOGIAE allora come accade che sia un argomento tabù, che chi afferma questa evidenza è trattato come un marziano, ridicolizzato ed espulso dal consesso delle persone civili?È la forza e la violenza dell'ideologia, che occulta la realtà spostando l'attenzione altrove, in questo caso sulla donna: il dramma della donna, la libertà della donna, il diritto della donna. Già, cose in teoria anche legittime, ma non è la donna la principale protagonista della vicenda. È il bambino, cioè la vittima sacrificale. In tutti i discorsi sull'aborto e sulla 194 è il grande assente, si parla solo della donna. E della donna in astratto, si potrebbe dire; perché ad esempio non si parla mai delle donne che hanno avuto l'aborto e si portano dietro il dramma - questo sì - di aver fatto fuori il proprio figlio. Non si parla mai del grande peso che le donne si trascinano tutta la vita per aver rifiutato quel figlio. Ogni tanto qualche caso personale affiora, come recentemente è capitato con Simona Ventura, ma resta confinato a qualche programma di confessioni personali, ma nei grandi dibattiti non è mai un tema di discussione.E si capisce, l'ideologia non può ammettere sconfinamenti nella realtà. Ed è per questo che è violenta; è necessariamente violenta. Se chi comanda decide che il cielo è verde, per forza dovrà tagliare la testa a chiunque alza il capo: potrebbe esclamare innocentemente "ma io lo vedo azzurro!" e tutto il castello di menzogne crollare. È quello che accade anche con il gender o con i cambiamenti climatici: il Potere stabilisce una verità e tutti devono convincersi che sia così, anche se la realtà quotidiana dimostra esattamente il contrario.Così è per l'aborto. Per il Potere non c'è minaccia più grande che affermare con innocenza, osservando la realtà, che si tratta di un omicidio. Per questo reagisce con tanta violenza e impone la sua legge assoluta.L'ABORTO IN ITALIA È UN DIRITTOFino a stravolgere il senso stesso delle leggi. È vero, l'aborto in Italia è un diritto, checché ne dicano tanti cattolici. Anche se nella Legge 194 non si afferma espressamente questo diritto, è chiaro che se lo Stato - attraverso l'azienda ospedaliera - ha il dovere, a certe condizioni, di garantire l'aborto a chi lo richiede, vuol dire che dall'altra parte c'è un diritto soggettivo.Ma oggi si sta andando oltre, dal diritto si sta passando al dovere: la donna in difficoltà "deve" scegliere l'aborto. Altrimenti non si spiega questa insurrezione contro l'emendamento che prevede l'ingresso di personale pro-life nei consultori, peraltro previsto dalla 194. Se fossero davvero per la scelta della donna, si dovrebbero rallegrare per il fatto che nel consultorio la donna avrebbe la possibilità di valutare tutte le opzioni. Che scelta è se c'è solo una opzione? Così non dovrebbero avere nulla da obiettare a che la donna possa ascoltare il battito del cuore del bambino che ha in grembo, per esprimere un vero consenso informato. Ma non è la libertà e il diritto quello che si vuole. L'aborto sta diventando un dovere: per le donne in difficoltà e per coloro che scoprono di avere un bambino con malformazioni.La semplice realtà è che la nostra società sta scivolando nel totalitarismo, e soltanto il rifiuto della menzogna può invertire la tendenza. L'aborto è un omicidio, la Legge 194 è quella che lo ha introdotto in Italia (purtroppo fin qui non c'è arrivata neanche la Boccia, vedi intervista al Giornale). Perciò chi continua a difendere la 194 - attivamente o non giudicandola per quello che è - vive nella menzogna.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7670LA CRISI GENERA SCISMI: COME QUELLO DI MONSIGNOR VIGANO' di Riccardo CascioliLa voce girava già da qualche mese e ora la notizia è stata rilanciata da alcuni siti tradizionalisti: monsignor Carlo Maria Viganò è stato ri-consacrato vescovo da monsignor Richard Williamson, il vescovo inglese ordinato illecitamente da monsignor Marcel Lefebvre nel 1988 e poi espulso dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X (FSSPX) nel 2012. Da allora Williamson, che è scomunicato, si è dedicato alla fondazione di una rete di gruppi che invitano alla Resistenza contro ogni tentativo di normalizzare i rapporti con la Chiesa cattolica romana.La ri-consacrazione episcopale di monsignor Viganò, "sub condicione", significa che l'ex nunzio apostolico negli Stati Uniti si è convinto della tesi (dapprima sostenuta e poi rifiutata da Lefebvre) che tutti i sacramenti amministrati dopo la riforma liturgica seguita al Concilio Vaticano II siano "dubbi", ovvero non sarebbe certa la loro validità a causa delle deviazioni dottrinali operate dal Concilio stesso.Malgrado ci sia qualche smentita che circola online, diverse fonti ci hanno confermato questo passo "scismatico" di monsignor Viganò. E lui stesso, interpellato dalla Bussola con una mail, non ha voluto smentire la notizia, dichiarandosi solo stupito dal nostro interesse attuale per le sue vicende personali. Se dunque fosse confermata ufficialmente la notizia, in questo modo monsignor Viganò sarebbe scomunicato latae sententiae.Questo passo di monsignor Viganò, per quanto clamoroso, non è certo un fulmine a ciel sereno: diventato improvvisamente famoso nell'agosto 2018 con la denuncia pubblica contro papa Francesco, accusato di aver coperto il cardinale pluri-abusatore Theodore McCarrick pur conoscendo la gravità dei fatti che lo riguardavano, il vescovo Viganò ha via via allargato l'orizzonte delle sue critiche: certamente ecclesiali - all'intero pontificato di Francesco, ai suoi predecessori, fino al sostanziale rifiuto del Concilio Vaticano II -, ma anche politiche ed economiche cercando addirittura di mettersi alla testa di un movimento internazionale anti-globalista. Con toni sempre più accesi e giudizi sempre più duri («Papa Francesco falso pastore e servo di Satana», ha detto venti giorni fa a proposito del via libera alle benedizioni delle unioni gay), Viganò ha accompagnato le parole con l'azione tessendo una rete di rapporti culminata nel maggio scorso nell'annuncio ufficiale della nascita di un'associazione da lui patrocinata, Exsurge Domine. Obiettivo dichiarato: fornire assistenza economica e logistica a sacerdoti e religiosi vittime di provvedimenti vessatori da parte dei propri vescovi o superiori, fenomeno che in questo pontificato è diventato decisamente diffuso.LA VERITÀ DIETRO LA FACCIATAIn realtà dietro questa facciata che sa di "soccorso bianco" ecclesiastico, si celano anche manovre economiche e immobiliari poco trasparenti, che coinvolgono anche una ex Società di vita apostolica, Familia Christi, prima commissariata e poi sciolta dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nel dicembre 2019, e le monache benedettine di Pienza (monastero "Maria Tempio dello Spirito Santo") protagoniste di una vertenza con l'arcivescovo di Siena, il cardinale Augusto Paolo Lojudice.Torneremo con altri articoli su questa vicenda, che merita di essere approfondita, ma qui è importante comprendere come Exsurge Domine si presenti come un tentativo di consolidare e istituzionalizzare quella rete di resistenza anti-Francesco che ha visto Viganò negli ultimi due anni ordinare sacerdoti in modo clandestino e anonimo e creare comunità in giro per l'Europa. Fatti molto gravi di cui si hanno ampie testimonianze: come ad esempio per l'ordinazione nel 2021 di due monaci in Francia nel monastero Saint-Benoit a Brignoles, diocesi di Frejus-Tolon, usurpando illecitamente il diritto-dovere di vagliare le vocazioni al vescovo Dominique Marie Jean Rey, peraltro colpito a sua volta dai fulmini vaticani.Diverse altre sono state le ordinazioni illecite e clandestine di monsignor Viganò, con preti poi lasciati a se stessi, costretti a celebrare da soli in casa, non avendo alcun mandato. Ma un caso clamoroso vale almeno la pena citare: quello della diocesi di Milano, dove un parroco di un paesino periferico viene aiutato dall'ex nunzio apostolico a mettere in piedi una sorta di seminario clandestino parrocchiale che segue il rito straordinario. Dapprima viene ordinato diacono un ventenne sprovvisto di formazione teologica nonché dell'età minima richiesta dal diritto canonico. Ma poi nella primavera del 2023 si rompono i rapporti tra Viganò e il gruppetto ambrosiano: Viganò si rifiuta di ordinare sacerdote il novello diacono, che rimane così in una situazione di limbo.Negli ultimi mesi sono state anche insistenti le voci su una già avvenuta consacrazione episcopale da parte di monsignor Viganò, ma non abbiamo ancora trovato una conferma certa del fatto già avvenuto anche se tale intenzione - sull'esempio di quanto fatto nel 1988 da monsignor Marcel Lefebvre - è stata espressa con chiarezza. Monsignor Viganò compirà la settimana prossima 83 anni ed evidentemente sente l'esigenza di fare presto per consolidare la sua realtà.UNA CHIESA A PROPRIA MISURACosì lo scorso 2 dicembre ha annunciato che nella struttura monastica dell'Eremo della Palanzana a Viterbo, che sta venendo ristrutturata con i soldi raccolti attraverso una campagna di fund-raising inizialmente finalizzata a dare un luogo alle monache di Pienza, si stabilirà una casa di formazione per chierici che prenderà il nome di Collegium Traditionis. In questo Eremo sono attualmente residenti i quattro chierici della ex Familia Christi che condividono con monsignor Viganò il progetto e la succitata operazione commerciale-immobiliare di cui ci occuperemo nei prossimi giorni.Insomma Viterbo, nei disegni di monsignor Viganò, che già ci trascorre molto tempo, dovrebbe diventare la nuova Écône, la cittadina svizzera sede del seminario internazionale della FSSPX. E con la notizia della ri-consacrazione episcopale diventa ancora più chiara la natura scismatica di questo nuovo movimento. Grazie al consenso costruito in questi anni attorno alla figura di monsignor Viganò, fustigatore di questo pontificato, è facilmente prevedibile che anche questa iniziativa porterà molti fedeli fuori dalla Chiesa, oltretutto in conflitto con altre iniziative del genere.È il dramma che sta vivendo la Chiesa: alla crisi provocata da chi vuole ostinatamente capovolgere la dottrina rivelata, si oppongono personalità che a loro volta, pur partendo da analisi giustificabili, si illudono di trovare una soluzione nel costruirsi una Chiesa a propria misura. Una strada già fallita, come ebbe modo di scrivere Benedetto XVI nella lettera-riflessione dedicata agli abusi sessuali e pubblicata nell'aprile 2019: «Cosa dobbiamo fare? Dobbiamo creare un'altra Chiesa affinché le cose possano aggiustarsi? Questo esperimento già è stato fatto ed è già fallito. Solo l'amore e l'obbedienza a nostro Signore Gesù Cristo possono indicarci la via giusta». E questo amore e obbedienza passa dal perseverare nella Verità dentro la Chiesa cattolica.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7662BENEDIZIONE COPPIE GAY, TUTTI GLI INGANNI DI FIDUCIA SUPPLICANS di Riccardo Cascioli e Stefano FontanaIn queste righe La Nuova Bussola Quotidiana e l'Osservatorio Cardinale Van Thuân propongono una valutazione complessiva della Dichiarazione Fiducia supplicans. Abbiamo lasciato passare un certo tempo dalla sua pubblicazione per favorire una riflessione accurata e completa. Infatti, la Dichiarazione pone molte gravi questioni da affrontare distintamente ma anche e soprattutto in un quadro unitario. Essa sembra aver compiuto un passo fatale, un giro di boa nella dottrina e nella prassi della Chiesa, un limite sembra essere stato decisamente superato. Alcuni commentatori hanno parlato di "disastro" e di "scandalo". Per questo serve una analisi responsabile e completa.ALCUNE OSSERVAZIONI FORMALILa Dichiarazione è stata pubblicata il 18 dicembre 2023. È firmata dal Prefetto, il cardinale Victor Manuel Fernández e, con la formula ex audientia, da papa Francesco. Non è stata esaminata dall'assemblea del Dicastero per la dottrina della fede, ma solo, come si legge nel testo, dalla Sezione dottrinale. La formula dell'approvazione pontificia è tra le più deboli: sembra dire solo che il papa è stato informato, il che contrasta con la grande rilevanza magisteriale che ha una Dichiarazione. Una cosa simile era accaduta per il Responsum del 2021 che, come noto, diceva il contrario e verso il quale Francesco non aveva nascosto la sua insofferenza. In quel caso, in calce al testo, si diceva solo che il papa era stato informato.Vanno anche notati due altri aspetti formali della Dichiarazione. Il primo è che la maggior parte dei riferimenti magisteriali fanno capo a interventi di Francesco. Non ci sono mai stati documenti così limitati quanto a riferimenti al magistero precedente. Vi si dice che la Dichiarazione è "basata sulla visione pastorale di Papa Francesco", come se questa fosse un unicum. Il terzo è che l'argomentare del testo è molto debole e il suo livello sfigura se paragonato alla struttura argomentativa, per esempio, della Dominus Jesus (2000), che pure era una Dichiarazione come questa, ossia un documento di alto rango magisteriale.LA TESI CENTRALE DELLA DICHIARAZIONEFiducia supplicans sostiene che la dottrina cattolica sul matrimonio e sulla sessualità rimane immutata e che le nuove indicazioni in essa contenute sono solo pastorali e, come tali, completano, senza negarlo, il Responsum del 2021, che si sarebbe limitato solo al campo dottrinale. La novità pastorale consisterebbe in una revisione del significato delle benedizioni, prevedendo, oltre alle benedizioni già dottrinalmente chiarite che avvengono in contesti liturgici, anche benedizioni in contesti non liturgici che la Dichiarazione chiama "privati" o "spontanei".Questi argomenti non hanno un fondamento plausibile. Se a benedire non è un laico, come per esempio un padre che benedice i figli, ma un sacerdote, quella benedizione è già di per sé liturgica, anche se non segue una formulazione predisposta dall'autorità competente. È liturgica nella sostanza, perché data da un sacerdote e quindi coinvolge la Chiesa. Non si tratta solo di osservare che una tale benedizione solo pastorale e non liturgica non è stata mai prevista dalla Chiesa, ma anche che non esiste e non è stata prevista e normata perché non può esistere. Con la qual cosa cade un altro aspetto di quanto sostenuto dalla Dichiarazione e cioè che la benedizione non sia una approvazione della situazione di vita della coppia che viene benedetta, ma solo l'invocazione dell'aiuto di Dio per dare ai due la forza di sviluppare gli aspetti positivi della loro relazione, come per esempio la cura reciproca e l'aiuto nelle difficoltà della vita. Questa prospettiva cade per due motivi connessi con quanto visto sopra: il primo è che il contesto già di per sé liturgico, data la presenza del sacerdote, non permette di benedire una realtà pubblica in grave contrasto con la legge di Dio, il secondo è che quegli eventuali aspetti positivi sono all'interno di una relazione di coppia di violenta strumentalizzazione reciproca anche se consenziente, che li deturpa: se i due si fanno violenza reciproca come possono aiutarsi?SULLA "COPPIA"La benedizione è un sacramentale e, come tale, richiede da parte di chi la riceve una adeguata disposizione tramite il pentimento e la volontà di uscire da un certo stato di vita. A queste condizioni la benedizione può essere data anche alla singola persona che sia in stato di peccato. In questo senso sì che la benedizione è una apertura alla volontà di Dio e una richiesta del suo aiuto per confermare e fortificare il pentimento e la decisione di cambiare vita. Ma questo non avviene quando la benedizione viene data ad una coppia irregolare, eterosessuale od omosessuale che sia. In questo caso la situazione di vita delle persone coinvolte viene riconosciuta, confermata e giustificata. Se i due vengono benedetti in coppia, si riconosce che quella sia una coppia, anche se non lo è, perché si tratta di due individui che si strumentalizzano a vicenda per vari loro interessi particolari.Ciò vale non solo per la coppia omosessuale ma anche per la convivenza di fatto tra uomo e donna. La complementarità qui, a differenza che nel precedente caso, sembra esserci, ma così non è perché i due non rispondono ad una vocazione, con i rispettivi doveri indisponibili, ma solo ad un loro patto individuale. Benedire una coppia che non è una coppia, vuol dire confermare il falso. Inoltre, se i due ricevono la benedizione in coppia è evidente che non intendono separarsi, perché la chiedono in quanto coppia. Non ci sono pentimento e volontà di cambiare vita e quindi mancano le condizioni per la benedizione. Si può tornare a dire che vengono benedetti non gli aspetti violenti e contro-natura della loro relazione ma solo quelli positivi da cui ripartire, ma si è visto sopra che questi aspetti positivi rimangono deformati dalla qualità negativa della relazione di coppia, possono esserci nelle singole persone ma non nella coppia.LA PASTORALE CHE MODIFICA LA DOTTRINACome si è visto, Fiducia supplicans conferma la dottrina di sempre sulle benedizioni delle coppie irregolari, però poi inventa una nuova benedizione solo pastorale. Questo ambito neutro – ossia la benedizione solo pastorale - non esiste perché, come si è visto, ogni benedizione è pubblica e liturgica per sua natura, in quanto impartita da un sacerdote. Volendo invece sostenere questa indipendenza, si ritiene possibile una benedizione che non tenga conto delle esigenze dottrinali. La presunta pastorale neutra, che non dovrebbe intaccare la dottrina, si trasforma perciò nella richiesta di una nuova dottrina a proposito di se stessa.La pastorale non ha una propria indipendenza o autonomia dalla dottrina, come invece molte correnti teologiche contemporanee sostengono, dato che quando si afferma tale indipendenza lo si fa enunciando una dottrina, appunto la dottrina della indipendenza della pastorale dalla dottrina. La prassi non sta senza teoria, né tantomeno può essere creatrice di teoria: quando esprime questa pretesa lo fa teoreticamente. Quindi la soluzione pastorale non può rimanere solo pastorale ma, dato che nega la dottrina (nonostante le assicurazioni in senso diverso che a questo punto si mostrano strumentali) intende se stessa come non dipendente dalla dottrina, ossia atta a cambiare la dottrina stessa. Si tratta di un esito inevitabile: le nuove benedizioni ritenute solo pastorali sono anche dottrinali, sia perché negano la propria dimensione dottrinale esprimendo una nuova dottrina, sia perché implicitamente ne richiedono la riformulazione. In esse è già implicitamente contenuta una nuova dottrina. Anzi, chi le propone ha già la nuova dottrina in mente che intende però perseguire per via pastorale, ossia per via indirettamente dottrinale piuttosto che per via direttamente dottrinale. Non si tratta di cosa nuova, dato che a cominciare da Amoris laetitia abbiamo avuto già importanti anticipazioni della tendenza a fare delle esigenze pastorali occasioni per trasformare le circostanze in eccezioni e, quindi, spingere per processi di rinnovamento dottrinale, pur non dicendo che li si vuole, anzi sostenendo che le dottrine precedenti rimangono confermate.GLI ASTUTI SOFISMI DEL MAGISTEROCon le osservazioni ora viste abbiamo toccato l'argomento delle astuzie della Dichiarazione Fiducia supplicans, che pretende di dire senza dire e, quindi, è ingannevole. Il discorso andrebbe però allargato all'intero attuale pontificato, ove i giochi di parole e l'utilizzo di un linguaggio non teologico ma da "chiacchiera sociale" si è manifestato in moltissime occasioni. Su questo fronte l'Esortazione Amoris laetitia è il testo più rappresentativo, anche se per niente unico. Le domande senza risposta che veicolano un messaggio non dichiarato, i periodi impostati sul "sì ... ma" che insinuano eccezioni alla norma, l'ambiguità di molte espressioni (ricordiamo per esempio "l'eucare
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7579GRETA THUNBERG SI SCHIERA CON GLI ISLAMICI DI HAMASIl ministro dell'istruzione di Israele annuncia che l'attivista svedese non è più gradita nelle scuole (e non bisogna dimenticare che Hamas è il peggior nemico dei palestinesi)di Riccardo CascioliPiù i giorni passano più il confronto Israele-Palestina si radicalizza anche da noi, sui social e nei talk show televisivi. Sul web le ricostruzioni della storia del conflitto e della nascita dello Stato d'Israele (perlopiù in chiave pro-Palestinesi) si moltiplicano: mai sospettato che l'Italia fosse anche un paese di storici. Non aggiungeremo qui l'ennesima storia del conflitto, anche se nei prossimi giorni sarà opportuno almeno chiarire la ridicolaggine e la pericolosità di certi luoghi comuni che vengono continuamente ripetuti.Qui vorremmo soprattutto riportare l'attenzione a quanto avvenuto il 7 ottobre e che prescinde dall'ormai cronico conflitto israelo-palestinese. Sì, perché la carneficina compiuta dai miliziani di Hamas non può essere considerata solo l'ennesimo capitolo della guerra, è un fatto radicalmente nuovo, sia per le dimensioni sia per la natura. È vero, gli attacchi terroristici sono una costante della cosiddetta resistenza palestinese: sono stati compiuti dall'OLP (Organizzazione per la liberazione della Palestina) di Yasser Arafat e quando questi ha accettato il negoziato politico, sono stati ereditati da Hamas e dalla Jihad islamica. Ma la carneficina del 7 ottobre è molto più di un attentato: non è una bomba lasciata su un autobus e poi fatta esplodere, o un kamikaze che aziona una cintura esplosiva che indossa a un check-point o tra la gente seduta a un bar. Azioni comunque censurabili ma che si consumano in un istante, senza che l'attentatore abbia neanche la possibilità di guardare in faccia le sue vittime.Quanto avvenuto due settimane fa è tutt'altra cosa: migliaia di terroristi che hanno invaso il territorio israeliano e hanno massacrato centinaia e centinaia di civili inermi (1.400 morti è il bilancio ufficiale sin qui) setacciando le singole case per non lasciare indietro nessuno, godendo nel vedere il terrore nei loro occhi, accanendosi sui feriti e anche sui morti in un'orgia di violenza senza pari. Abbiamo potuto vedere diversi filmati, fatti dagli stessi miliziani di Hamas, che per la crudezza delle immagini non possiamo riproporre ma che testimoniano a che profondità può arrivare l'abisso umano, un odio così profondo e radicato che può far disperare della possibilità di un cambiamento. Un odio che non è di un piccolo gruppetto di terroristi invasati ma di un esercito intero e, probabilmente, ben oltre l'esercito.I FESTEGGIAMENTI DAVANTI AI CORPI STRAZIATINon c'è rivendicazione politica o militare che possa giustificare un'azione del genere, non c'è ingiustizia subita che dia un senso a tanta barbarie. A cui va aggiunto il dramma degli ostaggi, circa 200: bambini, ragazze, anziani, di cui abbiamo potuto vedere per alcuni il momento della cattura. E soprattutto i video rilasciati dagli stessi assassini, per creare maggiore terrore. Il fatto nuovo è l'ostentazione della violenza perpetrata, il giubilo davanti al terrore seminato, i festeggiamenti davanti ai corpi straziati. Nelle guerre, chi commette i crimini, pur compiendoli consapevolmente, cerca di nasconderli, sa che comunque sono considerati da tutti un male, sa che sta trasgredendo una norma universalmente riconosciuta e che mostrarli farebbe perdere consenso.Qui invece abbiamo il rovesciamento, le atrocità vengono esibite, proprio perché non è un semplice atto di guerra, per quanto crudele, ma desiderio di annientamento. E con la consapevolezza che tanti altri - in ogni parte del mondo - gioiranno per questa violenza e magari si uniranno a questa barbarie là dove sono.Non rendersi conto di questa radicale diversità e del livello di ingiustificabile barbarie raggiunta significa essere ciechi e preparare altre tragedie simili. Anche perché anche in Europa, come abbiamo già visto, ci sono altre cellule islamiste pronte ad agire.Il conflitto israelo-palestinese è solo il pretesto per scatenare la violenza. Ha ben ragione il cardinale Pierbattista Pizzaballa a dire che se non si trova una soluzione vera alla questione palestinese, non ci sarà mai pace in Terra Santa. Ma oggi la situazione è ancora peggiore perché Hamas non vuole alcuna soluzione che non sia l'annientamento dello Stato israeliano e di ogni ebreo che vive in Terra Santa. Hamas non vuole alcuna soluzione che preveda l'esistenza di Israele e per questo ha scatenato tanta ferocia nel momento in cui anche l'Arabia Saudita, dopo altri Paesi arabi, stava normalizzando le relazioni con lo Stato ebraico.HAMAS CONTA SULLA VENDETTA DI ISRAELEDi fatto per il popolo palestinese Hamas è un nemico ben peggiore di Israele. E lo dimostra anche il fatto che nel concepire la carneficina del 7 ottobre, Hamas contava proprio sulla vendetta di Israele, funzionale al disegno di far saltare tutto il Medio Oriente per poter alla fine affermare la sua legge. La morte di tanti civili palestinesi è musica per le orecchie dei terroristi di Hamas, che hanno sempre usato i civili come scudi umani, perché sanno che tanti morti palestinesi significano maggiore sostegno alla loro causa. Non per niente stanno impedendo che i civili evacuino le aree che Israele ha annunciato di voler bombardare.Sta proprio qui oggi la sfida più grande per Israele, rinunciare alla legge dell'occhio per occhio, dente per dente: sconfiggere Hamas senza sterminare i civili palestinesi, fermare questa spirale infinita di violenza che rischia seriamente un allargamento tragico della guerra. In fondo, la vera vittoria di Hamas sarebbe proprio questa, la guerra generalizzata.Non è un compito facile: Israele dovrebbe certo cambiare il suo approccio politico-militare, che a volte rende difficile la solidarietà internazionale; dovrebbe convincere il mondo che Hamas non è un problema solo per la sicurezza di Israele, visto che i Fratelli Musulmani (di cui Hamas è una branca) sono attivi in altri Paesi arabi e anche in Europa e Occidente in generale; e dovrebbe individuare una soluzione per Gaza che non sia l'occupazione militare, pur prevedendo l'eliminazione della presenza di Hamas.Tutte cose non scontate e che richiedono che altri Paesi diventino protagonisti di un percorso che raffreddi le tensioni e cerchi di risolvere i problemi escludendo l'opzione guerra. E certo sarà impossibile un passo in questa direzione se prima non viene risolta la situazione degli ostaggi israeliani nelle mani di Hamas.Ma si deve sperare contro ogni speranza e la preghiera a cui ci ha chiamati il cardinale Pizzaballa e anche il Papa è una potente arma da sfoderare, per quanto possa sembrare illusorio, perché è anzitutto il nostro cuore che deve cambiare. E basta dare un'occhiata ai commenti che si trovano su Internet o alle manifestazioni viste in questi giorni in tutta Europa, per rendersene conto.Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Israele, Greta Thunberg non è più gradita nelle scuole" si parla della reazione del ministero dell'Istruzione di Tel Aviv, a seguito di quanto postato sui social dall'attivista svedese, che ha condivido un cartello con la scritta «Stand with Gaza».Ecco l'articolo completo pubblicato sul sito del Timone il 23 ottobre 2023:Nelle aule scolastiche israeliane non c'è più posto per Greta Thunberg. Lo ha annunciato il ministero dell'Istruzione di Tel Aviv, a seguito di quanto postato sui social dall'attivista svedese, che ha condivido un cartello con la scritta «Stand with Gaza». «Hamas è un'organizzazione terroristica responsabile dell'omicidio di 1.400 israeliani innocenti, inclusi bambini, donne e anziani, e ha rapito oltre 200 persone a Gaza», ha affermato il ministero, «questa posizione la squalifica dall'essere un modello educativo e morale, e non è più idonea a fungere da ispirazione ed educatrice per gli studenti israeliani».Il ministero israeliano ha altresì fatto presente, nella propria nota, che «Quando Greta affronta un argomento diverso in modo superficiale e sprezzante, ciò indebolisce inevitabilmente la validità delle sue posizioni legate al clima». In realtà, ci permettiamo di notare come anche in qualità di "esperta climatologa" la giovane svedese non pare avere questi grandi titoli per pontificare come, ormai, fa da alcuni anni. Ed è pertanto un vero peccato che ci si accorga della sua scarsa preparazione ed attendibilità solamente in alcune circostanze. Come se su clima e non solo Greta Thunberg fosse una sorta di luminare.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7553SFIDA AL SINODO: UNA NUOVA SERIE DI DUBIA di Riccardo CascioliCari cattolici, in occasione del Sinodo (e non solo) «alti Prelati» fanno dichiarazioni gravemente contrarie alla fede cattolica che non sono mai corrette da chi dovrebbe. Per questo abbiamo posto delle domande precise a papa Francesco, secondo la tradizione della Chiesa, a cui però non risponde. Quindi le rendiamo pubbliche, perché non siate disorientati dalla confusione regnante e non cadiate in errore. È questa la sostanza della Lettera ai fedeli laici sottoscritta da cinque cardinali - Raymond Leo Burke, Walter Brandmüller, Robert Sarah, Joseph Zen Ze-kiun, Juan Sandoval Íñiguez -, resa pubblica oggi, 2 ottobre, in tutto il mondo e accompagnata dalla pubblicazione dei cinque Dubia sottoposti a papa Francesco, che la Nuova Bussola Quotidiana pubblica in esclusiva per l'Italia (insieme a Settimo Cielo, il blog di Sandro Magister).I "Dubia" sono domande formali poste al Papa e alla Congregazione per la Dottrina della Fede per chiedere chiarificazioni circa particolari temi concernenti la dottrina o la pratica. Come si ricorderà a papa Francesco già nel 2016 furono sottoposti cinque Dubia dopo la pubblicazione dell'Esortazione post-sinodale Amoris Laetitia: anche in quell'occasione c'era la firma dei cardinali Burke e Brandmüller, a cui si aggiungevano I cardinali Carlo Caffarra e Joachim Mesner, nel frattempo deceduti. Da allora papa Francesco non ha mai risposto direttamente ai Dubia, solo risposte indirette che si ricavano dai suoi atteggiamenti.IL PAPA FINGE DI RISPONDEREOra il copione sembra ripetersi, però con due importanti novità: anzitutto si allarga il numero dei cardinali che mettono la firma sotto ai Dubia (ora c'è un rappresentante per ogni continente). E da ricordare che i cardinali firmatari avrebbero dovuto essere sei, perché molto attivo nel processo per arrivare alla formulazione dei Dubia è stato il cardinale australiano George Pell, morto improvvisamente l'11 gennaio scorso.In secondo luogo questa volta abbiamo due versioni dei Dubia: la prima porta la data del 10 luglio. A questa papa Francesco ha risposto addirittura il giorno seguente, ma non nella forma canonica, che è quella di risposta a domanda, ma sotto forma di una lettera che però - come è nel suo stile - sfugge al nocciolo della questione.Così i cinque cardinali hanno riformulato i Dubia in modo che il Papa potesse rispondere semplicemente con un "sì" o un "no". In questo modo riformulati sono stati di nuovo inviati a papa Francesco il 21 agosto. Da allora è calato il silenzio.Solo sul contenuto dei quesiti, però. Ora infatti si comprende meglio perché in questi ultimi tempi il cardinale Burke sia stato fatto oggetto di frecciate polemiche sia da parte del Papa - nella conferenza stampa di ritorno dalla Mongolia - sia da parte del neo-prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Victor Manuel Fernández, nell'intervista al National Catholic Register. È forse un segno del nervosismo che questa iniziativa genera e che ora piomba su un Sinodo che sta sollevando molte polemiche sia sui contenuti sia sulle modalità di svolgimento e comunicazione.Infatti i cinque Dubia vanno al cuore degli argomenti che saranno trattati nel Sinodo o sono comunque fondamentali per comprendere cosa c'è in ballo nell'assemblea sinodale (peraltro un contributo importante sarà anche il Convegno "La Babele Sinodale" che la Bussola organizza a Roma il 3 ottobre).Il fatto che siano resi pubblici alla vigilia del Sinodo è significativo della preoccupazione di ampi settori della Chiesa per quanto sta avvenendo e per le dichiarazioni di chi guiderà il Sinodo.I CINQUE DUBIAEcco in sintesi le questioni poste dai cinque cardinali:1. Il primo Dubium riguarda il valore immutabile della Divina rivelazione. Nella prima versione si fa riferimento a quanti sostengono che «la Divina Rivelazione debba essere reinterpretata secondo i cambiamenti culturali del nostro tempo». E quindi si chiede al Papa «se la Divina Rivelazione sia vincolante per sempre, immutabile e quindi da non contraddire». Data la risposta evasiva, nella riformulazione si chiede ancora più precisamente se è possibile che «la Chiesa insegni oggi dottrine contrarie a quelle che in precedenza ha insegnato in materia di fede e di morale».2. Il secondo quesito è in qualche modo una esemplificazione del primo. Cioè: davanti al diffondersi della prassi di benedire le unioni di persone dello stesso sesso, si può dire che questo sia in accordo con la Rivelazione e il Magistero?Nella riformulazione il quesito diventa doppio, perché è chiaro che tale benedizione non riguarda tanto le singole persone quanto l'omosessualità in sé. E infatti la domanda è: «È possibile che in alcune circostanze un pastore possa benedire unioni tra persone omosessuali, lasciando così intendere che il comportamento omosessuale in quanto tale non sarebbe contrario alla legge di Dio e al cammino della persona verso Dio?».E in secondo luogo, come conseguenza, ci si sposta su qualsiasi atto sessuale fuori del matrimonio, omosessuale in particolare: è ancora un peccato oggettivamente e sempre grave?3. Il terzo quesito riguarda la sinodalità, che alcuni ritengono «dimensione costitutiva della Chiesa». Non significherebbe questo un sovvertimento dell'ordine voluto da Gesù stesso per cui «la suprema autorità della Chiesa viene esercitata» dal Papa e dal collegio dei vescovi?Nella riformulazione la domanda si fa ancora più precisa e attuale: sarà dato potere al Sinodo di scavalcare l'autorità del Papa e del collegio dei vescovi sulle materie dottrinali e pastorali di cui si occuperà?4. Il quarto Dubium si concentra sulla possibilità dell'ordinazione sacerdotale delle donne, che mette in discussione sia la definizione di sacerdozio ministeriale, ribadita dal Concilio Vaticano II, sia l'insegnamento di san Giovanni Paolo II che aveva già dato per definito questo argomento.E nella riformulazione si chiede se in futuro non ci sia questa possibilità.5. L'ultimo Dubium riguarda il perdono definito «diritto umano» e l'assoluzione dai peccati sempre e comunque, come più volte ha insistito papa Francesco. Si può essere assolti senza pentimento, contraddicendo tutto ciò che la Chiesa ha sempre insegnato?Nella riformulazione la domanda precisa ancora meglio: può essere assolta sacramentalmente una persona che rifiuta il proposito di non commettere il peccato confessato?Nota di BastaBugie: Luisella Scrosati nell'articolo seguente dal titolo "I Dubia daranno frutto a suo tempo" spiega perché i dubia presentati al Papa sono un atto perfettamente legittimo. Non si tratta di mettere in difficoltà il Papa, ma di ricorrere a quell'ufficio che compete a lui solo.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 2 ottobre 2023:Che cosa pensare della via dei dubia, scelta dai cinque cardinali firmatari di questa nuova serie, che segue di sette anni quella resa nota dopo la pubblicazione dell'esortazione post-sinodale Amoris Lætitia? Possiamo immaginare che, almeno a livello mediatico, verranno considerati un attacco diretto a papa Francesco, un'iniziativa volta a dividere la Chiesa, o ancora un modo per mettere in discussione il Sinodo che sta per iniziare. Tra quanti sono invece piuttosto critici verso questo pontificato, non mancheranno coloro che riterranno questa iniziativa inutile, soprattutto alla luce della risposta mai pervenuta ai dubia del 2016.Per capire che invece la strada scelta dai cinque cardinali firmatari è quella corretta, occorre riflettere sulla natura dell'adesione dei fedeli al magistero, e sulla modalità con cui essi sono chiamati a relazionarsi alla piena e suprema autorità, che appartiene a due soggetti: al «Romano Pontefice, in forza del suo Ufficio, cioè di Vicario di Cristo e Pastore di tutta la Chiesa», e al collegio dei vescovi «insieme col suo capo il romano Pontefice, e mai senza questo capo» (Lumen Gentium, 22).C'è un atteggiamento che potremmo considerare "massimalista", secondo il quale qualsiasi cosa contenuta in documenti ufficiali del Sommo Pontefice e dei Dicasteri richiederebbe un assenso certo; nessun riguardo al tipo di documento, a quale sia il grado di assenso richiesto, all'argomento trattato, alla reiterazione di un certo insegnamento nel magistero. I massimalisti tra i massimalisti esigono lo stesso indiscutibile assenso anche per qualsiasi affermazione del Pontefice pronunciata in un contesto informale, come, per esempio, un'intervista. La posizione massimalista assume normalmente un'attitudine volontarista, che può essere così espressa: non serve che tu comprenda; è sufficiente (e necessario) che tu obbedisca. In questo modo il Magistero viene trasformato in uno strumento di governo assolutista.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5285SE OGGI CAMBIA IL CATECHISMO SULLA PENA DI MORTE, DOMANI POTRA' CAMBIARE QUELLO SULLA OMOSESSUALITA' di Riccardo CascioliBisognerebbe cambiare il catechismo, diceva qualche mese fa padre James Martin, noto difensore della causa Lgbt nella Chiesa, perché la condanna dell'omosessualità spinge al suicidio tanti giovani Lgbt. L'idea che nelle saune frequentate dalla comunità Lgbt si possano trovare copie stropicciate del Catechismo della Chiesa cattolica è indubbiamente suggestiva, ma francamente poco probabile. Però la sortita di padre Martin, nominato dal Papa nell'aprile 2017 consultore della Segreteria per la Comunicazione e chiamato come relatore al prossimo Incontro mondiale delle famiglie a Dublino, non è certo estemporanea. Come abbiamo già avuto modo di documentare le grandi manovre della lobby gay nella Chiesa per l'assalto al Catechismo sono in corso già da tempo, e vale la pena notare che tale assalto è fiancheggiato anche dal quotidiano dei vescovi italiani Avvenire.Basta questo per capire quale conseguenze possa avere la decisione di papa Francesco di cambiare l'articolo del Catechismo sulla pena di morte. L'irreformabilità della dottrina, l'impossibilità di catechismi che si contraddicono sono stati finora il baluardo perché la Chiesa, annunciatrice di ciò che è eterno, non abdicasse all'effimero, alla mentalità mondana. Ora questo baluardo è stato abbattuto. «La dottrina della Chiesa può cambiare», annuncia festoso il New Ways Ministry, sito americano che raccoglie le istanze degli Lgbt nella Chiesa. Ed è la grande notizia per cui la lobby gay nella Chiesa sta lavorando da tempo.Non c'è dubbio che il cambiamento del Catechismo sulla pena di morte darà un grande impulso alla lobby gay nella Chiesa, ed è proprio New Ways Ministry a spiegarne i motivi. Ne riassumo i principali: primo, si tratta di un «chiaro, esplicito esempio contemporaneo di un cambiamento nella dottrina della Chiesa, e anche di come può essere fatto: con un cambiamento del catechismo da parte del Papa». Secondo, per arrivare al cambiamento sono stati necessari decenni di discussioni e dibattiti teologici. Questo vuol dire che gli attuali dibattiti ecclesiali in chiave Lgbt hanno una grande possibilità di arrivare al medesimo risultato. Ovvia l'indicazione: intensificare il dibattito teologico ed ecclesiale. Terzo, la violazione della dignità umana è l'argomento alla base della condanna della pena di morte; è lo stesso argomento fondamentale su cui si basano le rivendicazioni Lgbt. E ancora, questione molto importante: la lettera di spiegazione che accompagnava la decisione del Papa riguardo al cambiamento del Catechismo, «spiega che una delle ragioni per il cambiamento della dottrina è il nuovo contesto sociale che ha una nuova comprensione del senso della punizione». Ma nella società oggi è ancora più forte il cambiamento di atteggiamento rispetto all'omosessualità, e quindi allo stesso modo ci si può aspettare un cambiamento del Catechismo laddove considera gli atti omosessuali intrinsecamente disordinati.Dunque oggi la vera domanda è se papa Francesco sia in totale sintonia con i sostenitori della causa Lgbt così come lo è con la Comunità di sant'Egidio che da tanti anni ha fatto della battaglia contro la pena di morte una sua ragione d'essere. Diversi pronunciamenti molto chiari sul matrimonio e sull'ideologia gender farebbero pensare di no, ma allo stesso tempo certi gesti, certe battute e tante nomine suscitano molti dubbi al proposito.A maggior ragione dunque l'Incontro mondiale delle famiglie di Dublino sarà un test decisivo per capire l'orientamento in materia. Come abbiamo già avuto modo di dire, a un tale incontro non è concepibile la presenza di padre James Martin come relatore né sarebbe accettabile la parata di "tutti i tipi di famiglie" all'incontro con il Papa. Lasciare padre Martin nel programma e procedere nella presentazione dei vari tipi di famiglie sarebbe un segnale chiaro nella direzione omosessualista.Allo stesso modo non è più tollerabile che a presiedere il Dicastero per la famiglia, la vita e i laici resti il cardinale Kevin Farrell, la cui miracolosa carriera ecclesiastica - come giustamente ricostruita da Sandro Magister - è strettamente legata soprattutto a quel cardinale Theodore McCarrick, responsabile di una sfrenata attività omosessuale e di abusi sessuali su adulti e minori, e con cui il cardinale Farrell ha convissuto per diversi anni a Washington. Soltanto per prudenza, senza neanche indagare sulla moralità personale di Farrell, si dovrebbe evitare che a difendere la famiglia ci sia un personaggio come minimo facilmente manipolabile da quel circolo omosessuale che ha assunto un così grande potere nella Chiesa.Le parole non bastano, soltanto i fatti ci diranno quale è l'indirizzo che il Papa intende dare in materia.Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio, nell'articolo seguente dal titolo "Assoluti morali: esce l'adulterio, entra la pena di morte" parla del clamoroso cambio magisteriale di Papa Francesco che fa rientrare la pena di morte nel novero dei mala in se, azioni intrinsecamente malvagie che non tollerano eccezioni. Curiosamente a seguito delle indicazioni dell'Amoris laetitia l'adulterio non è più un assoluto morale, perché in alcune condizioni l'adulterio pare essere lecito e dunque esce dalla categoria dei mala in se. Dunque l'adultero e l'assassino sono sempre vittime dei loro atti liberi, mai colpevoli perché a loro nulla può essere imputato. Ergo l'adultero può accedere alla Comunione e il reo non deve essere punito. Se sparisce la colpa deve sparire anche la giustizia. C'è solo misericordia.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 5 agosto 2018:Torniamo a riflettere sulla decisione di Papa Francesco di cambiare il Catechismo laddove parla di pena di morte. Come spiegato qualche giorno or sono il punto focale dell'intervento del Pontefice riguarda la specie morale della pena di morte: da atto considerato lecito, nel rispetto di alcune condizioni, dal Magistero precedente, ad atto sempre illecito per il presente Magistero.Ogni atto riceve la sua specie morale - il "che cosa è" dal punto di vista etico e dunque se l'atto è buono o malvagio - dal fine prossimo perseguito. L'atto materiale di dare la morte ad una persona rea di colpe gravissime è atto moralmente lecito se persegue il fine di irrogare una giusta pena o se il fine è la tutela della collettività (ordinariamente questi due fini si accompagnano l'uno con l'altro). La pena capitale, al pari di tutte le altre sanzioni, affinchè sia giusta occorre che soddisfi i fini propri, ossia il fine retributivo, quello pedagogico e quello dissuasivo. Come abbiamo avuto già modo di spiegare la pena capitale riesce a soddisfare tutte queste tre finalità. In merito invece alla finalità difensiva, una condizione per la sua liceità (condizione che deve essere soddisfatta per tutte le azioni che perseguono un fine buono) è quella che la difesa deve essere proporzionata all'offesa. E dunque se esistono mezzi diversi di contenimento della violenza del reo devono essere adottati. Mettere a morte una persona quando non è necessario, sarebbe un atto sproporzionato e quindi contro ragione.Ora invece il Magistero dichiara esplicitamente che la pena di morte è sempre e comunque illecita perché contraria alla dignità personale. In merito alla replica a questa motivazione rimandiamo all'articolo di qualche giorno or sono. Ciò che vogliamo qui sottolineare sta nel fatto che affermare che una certa condotta è sempre malvagia, significa farla rientrare nel novero dei mala in se, azioni intrinsecamente malvagie che non tollerano eccezioni, atti che mai dovrebbero essere assunti, quindi in nessuna circostanza e per nessun fine ulteriore buono. Dunque la pena di morte, dopo questo pronunciamento pontificio, non può più essere qualificata come specie morale "pena" e/o "difesa", bensì è stata identificata con la specie morale dell'assassinio, un assassinio di Stato. Il salto è sbalorditivo.Curiosamente a seguito delle indicazioni dell'Amoris laetitia l'adulterio non è più un assoluto morale, perché in alcune condizioni l'adulterio pare essere lecito, e dunque esce dalla categoria dei mala in se. All'opposto fa il suo ingresso in questo insieme concettuale la pena di morte, la quale fino a ieri era un dovere affermativo contingente, ossia un'azione eticamente lecita, ma non sempre obbligatoria. La sua doverosità scattava al verificarsi di alcuni condizioni, tra cui la prima era l'extrema ratio.Quindi nell'adulterio le condizioni hanno avuto il potere di cancellare la condotta dalla categoria dei divieti negativi assoluti, quando invece non possono avere tale potere, e di contro nella pena di morte le condizioni (es. extrema ratio) perdono ogni potere di rendere lecita la scelta e diventano ininfluenti, proprio perché la condotta è sempre i
VIDEO: Descrizione in minuscolo ➜ https://www.youtube.com/watch?v=d8Ddo92-lBg&list=PLolpIV2TSebWJQIsQlXhK6y3-x-aT9dccTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7485ONDATE DI CALORE? SI CHIAMA ESTATE (ED E' NORMALE) di Riccardo Cascioli«...La Sicilia, l'ambiente, il clima, il paesaggio. (...) questo clima che infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; li conti Chevalley, li conti: Maggio, Giugno, Luglio, Agosto, Settembre, Ottobre; sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste. (...) Lei non lo sa ancora, ma da noi si può dire che nevica fuoco, come le città maledette della Bibbia...». Queste parole, tratte da Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa descrivono il clima nella Sicilia del 1860 e tornano in mente davanti alle notizie terroristiche sul tempo che riempiono i giornali in queste due ultime settimane.Dimentichi di un giugno tutto sommato fresco, al primo rialzo di temperature in luglio si è scatenato l'inferno. Non per le temperature elevate ma per il bombardamento di notizie sempre più allarmanti: «il giorno più caldo di sempre», «ondate di calore che si abbattono sull'Italia e su tutta l'Europa meridionale». E poi soprattutto le previsioni: «La settimana prossima temperature record», «Si supereranno i 50 gradi», «arriva Caronte». E giù interviste a professoroni che analizzano questa strana ondata di caldo. Che, fossimo a novembre, si capirebbe pure l'allarme. Ma siamo a luglio e a luglio sarebbe anomalo il fresco. Peraltro le previsioni terrorizzano, ma poi quando arriva il momento si scopre che sì, fa molto caldo, ma non come era stato previsto.LA PAURA DEL CLIMA È UNA VERA FORMA DI TERRORISMONon succede a caso, è proprio una strategia di comunicazione per indurre la paura del clima, una vera forma di terrorismo che si serve di dati fasulli o pompati ad arte. Come spiega il sito di esperti Climate Monitor: «Le temperature "record" vengono prodotte prima dell'evento, e strombazzate a reti unificate come se fossero già state registrate e ufficializzate. Peccato che i modelli meteorologici tendano a sovrastimare regolarmente l'intensità delle ondate di caldo, specialmente a molti giorni di distanza dall'evento, per poi correggere il tiro all'avvicinarsi della previsione». Peraltro, poi, quando arriva il momento e le temperature risultano essere decisamente più basse di quelle previste, nessuno lo comunica perché intanto si sta annunciando le temperature record della prossima settimana, in un crescendo di comunicazioni ansiogene che hanno effetti devastanti sulla psiche delle persone.La verità è che a luglio in genere ha fatto sempre molto caldo e - se provassimo ad attivare la nostra memoria intorpidita dall'eco-catastrofismo imperante - ci accorgeremmo di aver vissuto molte estati più calde e insopportabili di quella attuale. E ci ricorderemmo anche dei puntuali servizi estivi dei tg che mostravano turisti che si gettavano nelle fontane delle città o fuggivano in montagna, al mare e ai laghi per sfuggire alla calura.Questo non esclude che nelle prossime settimane si possano verificare davvero picchi di calore mai conosciuti nella storia (per quanto non ci scommetteremmo), ma finora questo non è avvenuto, a dispetto delle prime pagine di giornali e radio-tv.La differenza con il passato sta solo nella percezione e nel giudizio che diamo. Una volta, vedi il brano citato del Gattopardo, si era consapevoli che così va la natura: l'estate fa caldo, e può essere molto caldo; in inverno fa freddo e può essere molto freddo. Non per niente ci sono anni storici impressi nella memoria collettiva che ricordano questi picchi: l'inverno del 1956 o l'estate del 2003, tanto per fare un esempio.GRAZIE ALL'ARIA CONDIZIONATA IN CASALa natura è così, agli uomini sta il compito di difendersi per quanto possibile da questi eventi. Dovremmo essere grati che oggi, grazie allo sviluppo tecnologico, una grande parte di popolazione abbia la possibilità di godere dell'aria condizionata in casa, che permette di superare senza danni i momenti più pesanti. E invece troviamo gente sempre più impaurita e angosciata pensando a queste ondate di calore che ci stanno per colpire.Già, ondate di calore: potenza delle parole. Se diciamo "estate" pensiamo alla stagione, a un fenomeno naturale; basta sostituire con "ondate di calore" e subito si ha la sensazione di qualcosa di anormale e cattivo, qualcosa che non dovrebbe esserci (sottinteso: se ci comportassimo bene). Succede anche a stagioni invertite: il terrificante termine "bombe d'acqua" ha sostituito il più familiare per quanto temibile "nubifragio".Dicevamo che non sono cambiamenti che accadono a caso: ormai siamo costretti a vivere in una continua emergenza, è una continua e sistematica opera di instillazione della paura nella gente. Diceva Edmund Burke che «nessuna passione priva la mente così completamente delle sue capacità di agire e ragionare quanto la paura». E infatti nella storia tutte le dittature, di qualsiasi colore politico, hanno praticato la forza del dominio attraverso la paura. E anche le democrazie hanno utilizzato i mezzi di comunicazione per suscitare paure al fine di spingere le persone a muoversi nelle direzioni auspicate o ad accettare politiche altrimenti improponibili.È quello che sta accadendo con la presunta crisi climatica, che spinge la popolazione ad accettare l'imposizione di altissimi costi sociali per realizzare la cosiddetta transizione ecologica, ed energetica in particolare.L'unico antidoto è tornare a ragionare. E nel frattempo bevete tanta acqua e mangiate frutta e verdura.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7484ERANO FALSE LE ACCUSE DI FORMIGLI ALLA COMUNITA' SHALOM di Riccardo CascioliNella Comunità Shalom è tutto regolare. Lo ha stabilito l'ATS (Agenzia di Tutela della Salute) al termine di una accurata ispezione in cui tutti i locali e tutte le modalità della vita della comunità sono state «vivisezionale», come ha scritto suor Rosalina Ravasio, che ha fondato questa comunità di recupero dalle dipendenze 36 anni fa e ne è ancora l'anima. È la stessa suor Rosalina ad annunciare l'esito dell'ispezione dell'ATS con la lettera aperta che pubblichiamo come link a questo articolo.In realtà era stata dapprima rilevata qualche irregolarità, legata però alle rigide normative igienico-sanitarie (ad esempio riguardo al luogo dove sono collocati i gabinetti per disabili), prontamente sistemata. In ogni caso niente a che vedere con le orribili accuse lanciate dal sito Fanpage.it e rilanciate da Piazza Pulita, il talk show di La7 condotto da Corrado Formigli, in tre successive puntate a partire dallo scorso 13 aprile. I servizi trasmessi, supportati da testimonianze di ex ospiti, accusavano suor Rosalina e i responsabili della comunità di violenze fisiche, torture e abusi di psicofarmaci. Accuse gravissime, costruite ad arte - come la Bussola ha avuto modo di dimostrare - che avevano «come unico obiettivo la distruzione della Comunità», come scrive suor Rosalina.Si è trattato di una operazione sporca, in cui non ci si è fatti scrupolo di infamare «ragazzi fragili, attraverso la realizzazione e l'utilizzo di filmati falsi, fregandosene spudoratamente di rovinare la vita al prossimo chiamato in causa», scrive ancora suor Rosalina.L'ACCANIMENTO DI PIAZZA PULITALa domanda vera resta su chi e perché ha messo in piedi questa operazione che ha richiesto un notevole investimento di soldi e di risorse umane. Basti pensare che l'infiltrazione all'interno della Comunità Shalom di una "giornalista" di Fanpage spacciatasi per volontaria grazie a un furto d'identità, risale all'estate 2022. Dunque un'operazione che parte da lontano e ha richiesto una lunga gestazione; e che pure - a parte le illazioni e le false informazioni - poteva fondare le sue accuse sostanzialmente su un breve filmato dei carabinieri risalente a una indagine di 10 anni fa, conclusasi con l'assoluzione di tutti gli imputati, e su due brevi filmati spacciati come prova di torture sistematiche da parte dei "vecchi" della comunità quando invece erano stati "costruiti". E il sospetto pesante dei responsabili della Shalom è che possano essere addirittura stati eseguiti su commissione proprio per infangare la Comunità. Cosa che comunque dovrà eventualmente accertare la magistratura.Fa pensare anche l'accanimento con cui Piazza Pulita ha imbastito il processo alla Comunità Shalom, facendo strame della deontologia professionale e riducendo il giornalismo a una sorta di Tribunale del popolo. Oltretutto con un grave conflitto di interessi: ospite fisso e consulente di Corrado Formigli è stato infatti il dottor Leonardo Mendolicchio, psichiatra e psicoanalista che, oltre a essere Direttore del reparto che si occupa di disturbi alimentari all'Istituto Auxologico di Piancavallo, è fondatore e responsabile dei Centri Food for Mind per la cura dei disturbi alimentari, che sono sparsi in tutta Italia. E guarda caso nella Comunità Shalom vengono recuperati anche molti casi - soprattutto fra le ragazze - di disturbi alimentari. Lo stesso Mendolicchio, nella conferenza stampa organizzata da suor Rosalina per ribattere alle accuse infamanti, si è presentato al fianco di Corrado Formigli ponendosi come giudice dei metodi terapeutici della comunità e facendo pubblicità alla sua attività davanti ai genitori presenti e ai professionisti che operano nella Shalom. Se gli ordini professionali servissero a qualcosa, un accertamento sugli interessi del dottor Mendolicchio sarebbe d'obbligo.VOGLIONO LA DISTRUZIONE DELLA SHALOMMa certo ci devono essere interessi più forti che vogliono la distruzione della Shalom: suor Rosalina termina la lettera affermando che «se vuoi trovare il diavolo segui l'odore dei soldi». E certamente fa gola una comunità terapeutica che potrebbe mungere molti soldi dallo Stato - come molte altre fanno - e che invece rivendica la sua libertà: «La nostra comunità - scrive suor Rosalina - è sempre stata contraddistinta dalla gratuità: non sussiste grazie ai fondi pubblici ma per la benevolenza di tanti volontari e benefattori; se ne facciano una ragione tutti, compresi i promotori dell'infamata promossa da La7 & company».Resta il fatto che «la vita della Comunità Shalom è stata spaccata dalla falsità e dall'ingiustizia di una stampa sensazionalistica (che non ha esitato a servirsi di poveri soggetti compiacenti)». Vale a dire che a pagare il prezzo più caro di questa campagna orchestrata sono stati i ragazzi e le ragazze che stanno combattendo con sofferenza per uscire dal tunnel delle dipendenze o da problemi psichiatrici.L'aspetto più disgustoso di questa vicenda è proprio il disprezzo per queste vite, oltretutto presentandosi ipocritamente come loro difensori. Ma la risposta di suor Rosalina va comunque al nocciolo della questione: pur non rinunciando - ovviamente - a ristabilire verità e giustizia nelle aule dei tribunali, invita a «battere la strada del cuore», perché lì sta «la causa fondamentale dell'ingiustizia». È nel «cuore malato», dove alberga il peccato, e che chiede di essere guarito. «Ripartiamo da lì, dal cuore», dice suor Rosalina, dall'impegno «a cercare sempre quella verità che ci rende liberi».
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7396FANPAGE E FORMIGLI GETTANO ANCORA FANGO CONTRO LA COMUNITA' SHALOM E SUOR ROSALINA di Riccardo CascioliSe non fosse tragico ci sarebbe da ridere. La puntata di giovedì scorso di Piazza Pulita (su La7), dedicata in gran parte (e per la terza volta consecutiva) alla Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio ha toccato punte di falsità tali da scadere nel grottesco. Vi risparmiamo la descrizione del solito teatrino con Corrado Formigli a fare da finto giornalista interessato alla verità lanciare servizi e dare la parola in modo che non si sviasse dal binario già scelto: la condanna senza appello per la Comunità Shalom e per suor Rosalina. E con le poche voci a difesa, soprattutto Andrea Muccioli e Carlo Fucci, padre di Luca, ex ospite della comunità, costantemente interrotte quando provavano ad argomentare in modo serio, pur davanti a obiezioni - come quelle di Nunzia De Girolamo - che non avrebbero meritato neanche una parola di risposta. E forse bisognerà anche chiedersi se vale la pena partecipare a trasmissioni dove il copione è già scritto e gli ospiti non allineati al pensiero del conduttore servono soltanto a mantenere viva più a lungo possibile la discussione su un argomento (in questo caso il linciaggio di suor Rosalina).SCENE GIRATE CON L'ACCORDO DI TUTTIAd ogni modo tutto questo era scontato, come il giudizio della "Scienza" - al cui controllo nulla può e deve sfuggire - e l'invocazione dello Stato, che tutto deve vedere e coprire. E scontatissima anche la riproposizione delle scene di presunta violenza pur di fronte all'evidenza di prove - segnalate da un avvocato ma già documentate dalla Bussola - secondo cui i filmati in discussione, se proposti in modo integrale, dimostrano in modo incontrovertibile che non c'entra nulla il metodo terapeutico di suor Rosalina né la punizione fuori controllo imposta da alcuni "vecchi" della Comunità. Erano infatti delle scene girate con l'accordo di tutti coloro che vi erano coinvolti, anche se di pessimo gusto.Ma vista l'operazione di killeraggio che ha guidato questa pseudo-inchiesta fin dall'origine non ci si poteva realisticamente aspettare un sussulto di verità. Ma la volontà di colpire suor Rosalina e farle terra bruciata intorno è così forte che la redazione di Fanpage (che lavora di comune accordo con Formigli) è riuscita a costruire un servizio talmente strampalato e fuori da ogni logica giornalistica da lasciare basiti.Scopo principale era dimostrare oscuri giri di soldi per gettare ancora più ombre sulla gestione della Comunità: e allora ecco voci coperte di testimoni che parlano di "tanti soldi" visti circolare, e fogli pieni di cifre ma di cui non si spiega cosa siano e che cosa dimostrerebbero. Illazioni, accuse non documentate, sospetti, tanto per gettare fango, per creare l'atmosfera che renda ancora più credibile la descrizione della "comunità degli orrori". Cose che se fossero state proposte da altri avrebbero già messo in moto l'apparato sanzionatorio dell'Ordine dei Giornalisti.SUOR ROSALINA È CONSACRATA A TUTTI GLI EFFETTIMa il bello deve ancora venire: per tutta la puntata si era cercato di avvalorare la tesi che suor Rosalina sia una specie di santona che agisce al di fuori di qualsiasi regola scientifica, civile e anche religiosa; ed ecco quindi il servizio finale che ci rivela, udite udite, che suor Rosalina non è neanche una suora. Lo dice esplicitamente il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, rispondendo a precisa domanda di Formigli. Domanda chiamata dopo il servizio-inchiesta in cui si intervistava una superiora delle Orsoline, congregazione da cui suor Rosalina è uscita, e si concludeva con la dichiarazione di un anonimo funzionario della Curia vescovile di Brescia secondo cui suor Rosalina risulta praticamente sconosciuta. Ci sarebbe dal rotolarsi dal ridere, se non fosse inquietante, visto che la stragrande maggioranza degli spettatori non conosce la comunità e quindi è portata a pensare che si tratti di notizie affidabili.Invece il livello del giornalismo di Fanpage e Formigli è talmente basso che non sono neanche in grado di raccogliere informazioni semplici in modo corretto. Pur non facendo parte di una congregazione religiosa, suor Rosalina è consacrata a tutti gli effetti nelle mani del vescovo, così come le altre suore che condividono con lei il lavoro alla Comunità Shalom e la regola di vita comune approvata. Quindi il povero Cancellato e Formigli si mettano l'animo in pace: Rosalina è proprio una suora, pienamente inserita nella Chiesa cattolica. Niente santona, niente setta, suor Rosalina è semplicemente cattolica e la fede è l'origine del suo amore per le persone più fragili.Ma c'è un altro particolare: dagli uffici della Curia veniamo a sapere che la frase estrapolata nel servizio, presentata come la negazione che la Curia abbia neanche la conoscenza di suor Rosalina, in realtà si riferiva ad altro ed è stata isolata da un colloquio più lungo con qualcuno al centralino, alimentato dalle continue domande della giornalista. Tanto per confermare il livello infimo di certi "professionisti" dell'informazione.Nota di BastaBugie: Stefano Fontana nell'articolo seguente dal titolo "Comunità Shalom, esempio vero di sussidiarietà" spiega che l'attacco di Formigli è finalizzato al controllo totale da parte dello Stato perché Suor Rosalina non ha finanziamenti pubblici ed è perciò libera di aiutare davvero i poveretti che bussano alla sua porta senza seguire i protocolli dello Stato. Anche con metodi che la cultura dominante aborre: tipo la preghiera.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il aprile maggio 2023:Durante la vicenda del proditorio attacco alla comunità Shalom è emersa da molte parti l'idea che la soluzione consista in un maggior controllo da parte dello Stato. Molti lo hanno richiesto espressamente: è lo Stato che deve controllare queste realtà; altri, invece, indirettamente, lamentando un vuoto: ma lo Stato era distratto? C'è nell'aria un forte ritorno allo statalismo, sulla spinta delle (presunte) emergenze. C'è perfino chi vuole, come il grillino (si dice ancora così?…) Alessandro Di Battista, che lo Stato abbia una propria industria farmaceutica. Figuriamoci, quindi, se non si pretende dallo Stato di "vegliare" sulle comunità terapeutiche come quella di Palazzolo sull'Oglio.Però c'è un però. Come si sa, la comunità di suor Rosalina Ravasio non dipende economicamente da nessuna istituzione statale. Non prende contributi né da Milano né da Roma. Vive di carità e quindi è libera. Libera da cosa? Libera dall'obbligo di seguire certi protocolli, di fornire certe rendicontazioni, di partecipare a gare di appalti i cui criteri sono stabiliti da altri; libera di contraddire le pretese degli ordini professionali e di altre corporazioni; libera di servirsi di volontari e professionisti non imposti; libera di avere un rapporto diretto con le famiglie degli ospiti; libera soprattutto di avere una propria idea di cosa si debba intendere per "persona umana", di quale sia l'ordine giusto dei suoi bisogni, di cosa significhi "salute", libera di pensare perfino che la fede cattolica c'entri in tutte queste questioni che invece sono "laiche" per il pensiero dell'apparato.Quella statale è una macchina, la comunità Shalom ha deciso di starsene fuori. Ha così incarnato, il principio di sussidiarietà.Questo principio - proposto nella sua versione originaria dalla Dottrina sociale della Chiesa - dice che le società inferiori e più vicine al bisogno, come per esempio una comunità terapeutica, hanno un diritto originario ad agire in proprio e prioritariamente rispetto alle società superiori e più lontane dal problema, come lo Stato. Hanno anche diritto che lo Stato le aiuti quando hanno delle difficoltà, ma senza sostituirsi ad esse. Quando mi sento male, chiedo prima di tutto aiuto ai familiari o ai vicini. Così le famiglie gravate da pesanti problemi nei loro figli si sono rivolte alla Shalom prima che ai servizi sociali statali. Ecco appunto la sussidiarietà.Ora, ci sono, anche nel mondo cattolico, realtà sociali che si dicono sussidiarie ma non lo sono, perché dipendono, come il malato dalla flebo, dalle istituzioni pubbliche. Quante associazioni di impegno e solidarietà sociale - lasciando anche stare la Caritas che senz'altro è la più grande - dipendono dalle convenzioni con l'ente pubblico e quindi non sono libere né amministrativamente, perché l'apparato dell'ente pubblico fornisce i criteri concettuali e operativi, né politicamente, perché i rapporti con l'ente pubblico dipendono dalla maggioranza politica che lo governa?Questo tipo di sussidiarietà fa piacere all'apparato statale e a quanti hanno in mano le sue chiavi.
VIDEO: La comunità Shalom ➜ https://www.youtube.com/watch?v=cFCk6uGQisE&list=PLolpIV2TSebURQLIBppY4bAc0bO7DbkRTTESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7394PIAZZA PULITA DI FORMIGLI E' LA TV DEGLI ORRORI di Riccardo Cascioli«Chissà, magari tutto questo fango che Piazza Pulita e Fanpage ci buttano addosso si rivelerà provvidenziale». In che modo? «Le menzogne sono talmente grosse che questo sistema di potere ne potrebbe rimanere sepolto. Intanto noi quereliamo Formigli e compagnia, questa volta sono andati proprio ogni limite». Il giorno dopo il processo mediatico imbastito dalla troupe di Corrado Formigli giovedì sera 13 aprile su La7, suor Rosalina Ravasio, fondatrice della Comunità Shalom di Palazzolo sull'Oglio (Bs), è più in forma che mai. E non sembra neanche pesarle la notte insonne, passata tutta a preparare la puntigliosa risposta alle accuse mosse da una pseudo-inchiesta di Fanpage condita con altri servizi e commenti in studio, che descrive la Shalom come "la comunità degli orrori". Sei pagine fitte di note che documentano punto per punto menzogne e manipolazioni contenute nel servizio, e che pubblichiamo a parte per chi voglia approfondire i dettagli.Il lungo spazio dedicato alla Comunità Shalom ruota attorno all'inchiesta che - dice il direttore di Fanpage.it, Francesco Cancellato - nasce da una lettera ricevuta in redazione che denunciava i metodi di questa comunità terapeutica. E subito spara una prima menzogna, affermando che «per quattro mesi, la scorsa estate, una nostra giornalista sotto copertura ha lavorato in questa Comunità come volontaria, ha trascorso i giorni e le notti». L'ascoltatore ha così l'idea che «la giornalista sotto copertura» si sia davvero immersa nella vita della comunità e abbia scoperto chissà quali segreti, a parte l'incongruità di una estate che a Fanpage dura quattro mesi.In realtà, risponde suor Rosalina, «è venuta poche settimane soltanto al giovedì pomeriggio e poi l'ho allontanata perché si comportava in modo strano». Cioè? «Si muoveva sempre tenendo le mani incrociate davanti ai genitali e aveva un atteggiamento sospetto». Intuizione giusta, visto quello che ha fatto. Si è presentata come Giorgia, una giovane bresciana che pensava di farsi suora; in realtà si chiama Chiara Daffini e nel 2022 è arrivata a Fanpage potendo vantare nel suo curriculum importanti inchieste come quella su cosa succede «quando slip e reggiseno non sono coordinati» o quella sul profilo psicologico di chi sceglie «panettone o pandoro». In ogni caso una grave scorrettezza deontologica e una violazione della legge sulla privacy e sul rispetto delle persone vulnerabili (vedi l'articolo di Razzante).UNA NARRAZIONE FUORVIANTENel filmato la Comunità Shalom è descritta come un vero e proprio luogo degli orrori, parola non a caso ripetuta più volte, «un luogo infernale» sottolinea Formigli, dove i pestaggi e le aggressioni fisiche e verbali sono all'ordine del giorno e si imbottiscono gli ospiti di psicofarmaci fino a trasformarli in zombie, e da dove è impossibile uscire una volta varcato i cancelli se non rischiando l'osso del collo buttandosi giù dai tetti.Una narrazione che ovviamente genera a sua volta una serie di commenti sdegnati dagli ospiti in studio, Mario Calabresi, direttore di Chora ed ex direttore di Stampa e Repubblica, e lo psichiatra Leonardo Mendolicchio, che dà subito prova della sua professionalità emettendo una sentenza di condanna senza appello per la Comunità Shalom basandosi su un filmato a tesi: nessuna verifica sull'attendibilità delle testimonianze pur sapendo che in molti casi si tratta di soggetti psicologicamente fragili, nulla da ridire su una giornalista che strumentalizza persone con gravi problemi psichici per costruire il suo racconto; neanche un dubbio, solo fango, salvo poi concludere chiedendo pubblicamente di essere invitato alla Comunità Shalom per una sua indagine conoscitiva super partes: neanche il senso del ridicolo.Ma la narrazione di un lager dove le persone vivono segregate e prigioniere contrasta con la realtà di centinaia e migliaia di ragazzi e adulti che in questi 38 anni sono stati salvati e reinseriti normalmente nella società, anzi che proprio grazie alla Comunità e alla rete sociale che la sostiene escono già con un lavoro; e quella di una sorta di bunker dove anche persone dall'esterno subiscono una perquisizione corporale per accedere alla Comunità contrasta con la realtà conosciuta da migliaia e migliaia di persone che frequentano Shalom: non c'è fine settimana che la Comunità non ospiti gruppi parrocchiali, associazioni, feste di matrimonio (e i nostri lettori sanno che da anni qui si svolge anche la Giornata della Bussola); sono stati ospitati recentemente anche decine di profughi ucraini e prima ancora quelli afghani; e non c'è giorno che non arrivino amici o persone desiderose di conoscere la Comunità.PREFERISCO LA LIBERTÀ RISPETTO AD AVERE 500 MILIONIChiunque può testimoniare che non c'è alcuna perquisizione, che i cancelli sono sempre aperti per chi si presenta normalmente. Già, perché in studio la giornalista di Piazza Pulita, Sara Giudice, lamenta di essere stata lasciata fuori da questi cancelli invalicabili e sempre chiusi pur chiedendo di parlare con suor Rosalina come giornalista che voleva verificare alcune notizie. Peccato abbia dimenticato di dire che lei e un suo collega cameraman si sono appostati per due giorni nei campi adiacenti la Comunità e, quando la prima volta un operatore è uscito per chiedere se avessero bisogno di aiuto, ha detto che aveva la macchina in panne e stava aspettando il soccorso stradale. Solo al secondo giorno di appostamento non è stato possibile nascondere la vera identità, visto che stavano facendo riprese dall'esterno, violando ancora una volta la privacy. E pretendeva anche di essere accolta a braccia aperte.Non solo, non paghi i due si sono recati nella vicina Pontoglio, nello studio dell'associazione Virgo Potens, dove i due psichiatri che lavorano all'interno della Comunità (eh già, dottor Mendolicchio, alla Shalom gli psichiatri ci sono e non hanno certo bisogno del suo aiuto) sono a disposizione anche della comunità locale: non sorprendentemente, perché una caratteristica della "comunità degli orrori" è quella di provvedere servizi anche per la popolazione della zona - oltre allo studio medico c'è anche un asilo nido gratuito - e sostegno alle comunità cristiane in Terrasanta e in Siria. Ebbene a Pontoglio i due inviati di Piazza Pulita hanno fatto ripetutamente irruzione nello studio mentre c'erano dei pazienti, al punto che si è dovuto chiamare i carabinieri per allontanarli.Perché tante menzogne e tanta violenza? «La nostra realtà suscita molta gelosia e invidia - ci dice suor Rosalina -. Io qui lavoro duramente, faccio la sguattera ma sono orgogliosa di farlo per il Regno di Dio. E il fatto che da 38 anni il Signore mantiene questa comunità - e lo Stato non ci riuscirebbe - perché la Provvidenza di Dio dà vita alla vita, suscita molta gelosia. Perché non riescono a farci entrare nel circuito del magna magna». Suor Rosalina si riferisce al fatto che la sua comunità si regge soltanto sulla generosità dei suoi benefattori e volontari, non chiede rette e non ha alcuno aiuto da parte dello Stato, quando quello dell'accoglienza e delle comunità terapeutiche è normalmente anche un fiorente business.E si capisce che una comunità come la Shalom, che ospita 250 tra ragazzi e ragazze, faccia gola a molti. «Alcuni anni fa - prosegue suor Rosalina - quando avevo chiesto la possibilità di ampliare la comunità per aprire il ramo femminile, mi fu detto dai politici che era più facile per loro darmi 500 milioni che non lasciarmi l'autonomia. Allora ho detto: preferisco l'autonomia ai 500 milioni; meglio poveri ma liberi che schiavi ma guidati da chi ti paga. A noi ci sostiene Dio». Formigli & co. sono avvisati.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7258LA CRISI ENERGETICA: QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE di Riccardo Cascioli«Tutti intendono mantenere gli obiettivi sul clima, ma quando ti trovi davanti alla scelta se tenere accese le luci o diminuire le emissioni di carbonio, la scelta è di tenere accese le luci». Questa constatazione di Carlos Fernandez Alvarez, responsabile del dipartimento carbone e gas all'Agenzia Internazionale dell'Energia (IEA), citato da Bloomberg, è una implicita ammissione della gravità della crisi energetica in Europa e nei paesi sviluppati. E fa da contorno alla notizia del nuovo ricorso al carbone per tamponare la mancanza del gas ed evitare i blackout elettrici.La Germania ha già lanciato l'allarme e nel terzo quadrimestre del 2022 fa registrare un +13,3% di consumo del carbone rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, malgrado ci sia stato una rilevante diminuzione del consumo energetico totale. Il carbone oggi provvede per oltre un terzo del fabbisogno energetico della Germania. E per quanto il governo, in nome della lotta ai cambiamenti climatici, affermi che non cambia l'obiettivo di azzerare il consumo di carbone entro il 2030 (anticipando il precedente obiettivo che fissava al 2038 la data fatidica) la realtà sembra suggerire altrimenti.Anche perché lo "scontro" con la Russia non è la causa principale del problema, è solo una circostanza che ha peggiorato e reso immediatamente evidente una crisi che è figlia invece della transizione energetica ed ecologica. Come ha giustamente notato Fraser Myers, vice-direttore di Spiked, «i nostri leader hanno passato gli ultimi 15 anni o giù di lì convincendosi che il vero obiettivo della politica energetica sia la mitigazione dei cambiamenti climatici, la riduzione dell'impronta carbonica della nostra produzione energetica. Il risultato è che i politici di tutti i partiti non solo hanno trascurato i nostri rifornimenti energetici e le infrastrutture, le loro deliberate scelte politiche le hanno rese anche più precarie».IL MITO DELLE FONTI RINNOVABILIIl mito delle fonti rinnovabili capaci di sostituire i combustibili fossili si sta rivelando disastroso. Myers si riferisce soprattutto al Regno Unito, che questa estate ha sfiorato un drammatico black out, evitato soltanto con un acquisto urgente di elettricità dall'estero a prezzi astronomici (il 5.000% dei prezzi normali), ma il problema coinvolge tutti i paesi europei: anche in Italia negli ultimi mesi si sono registrati localmente diversi blackout. E anche l'Italia ha registrato a ottobre un record nell'utilizzo di carbone per le centrali elettriche: +56,6% rispetto allo stesso mese del 2021, malgrado i consumi elettrici siano calati del 6,6%.Il revival del carbone comunque è un fenomeno mondiale: un rapporto dell'IEA pubblicato dieci giorni fa prevede per il 2022 un incremento globale del consumo di carbone dell'1,2%, superando per la prima volta la cifra degli 8 miliardi di tonnellate in un anno. E la previsione è che rimanga su questi livelli almeno fino al 2025.La crisi attuale potrebbe anche essere una benedizione se servisse a bloccare questa folle transizione energetica a tappe forzate: allo stato attuale sole e vento sono fonti troppo aleatorie e comunque discontinue per poter garantire un approvvigionamento sufficiente e regolare di energia, senza contare che le giornate sono più corte e grigie proprio in inverno quando la domanda di energia raggiunge il suo picco. Ma la lezione non sembra sia stata ancora sufficiente.È vero, tutti i paesi europei stanno cercando di correre ai ripari per fare fronte all'attuale carenza di energia: i paesi che già ce l'hanno (vedi la Germania) spostano più in là la programmazione della chiusura delle centrali nucleari, si cercano nuovi fornitori di gas, e ripartono esplorazioni e trivellazioni per trovare nuovi giacimenti. Anche l'Italia dà qualche segnale in questo senso: si riparla del gasdotto dall'Algeria all'Italia via Sardegna (che era stato accantonato dieci anni fa) e recentemente il neo-ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha anche aperto al nucleare.LA FOLLE TRANSIZIONE ENERGETICAMa tutto questo non ha ancora la forza di rimettere in discussione la scelta di fondo. Anzi, l'indirizzo politico prevalente in Europa è quello di accelerare ulteriormente la transizione energetica, cosa che non potrà che aggravare la crisi. Visto che tutte le opzioni citate richiedono tempo per poter essere realizzate (e in Italia più che altrove) mentre il bisogno di energia è subito, il carbone per ora è la soluzione più rapida ed economica per tamponare l'emergenza. Il termine fissato per la fine del suo utilizzo nell'Unione Europea resta però il 2030.Né la lezione della Russia sembra avere insegnato alcunché: la dipendenza energetica può essere molto pericolosa se non c'è almeno una diversificazione dei fornitori, addirittura pianificarla è suicida. Per liberarsi del gas russo ci si è rivolti al Qatar, paese ancora più pericoloso per la nostra sicurezza nazionale e continentale, e ai suoi ricatti: abbiamo visto proprio in questi giorni che il Qatar ha minacciato ripercussioni negative sulla trattativa per la fornitura di gas all'Europa in seguito alle polemiche seguite allo scandalo degli europarlamentari che prendevano mazzette dal governo di Doha.E l'alternativa che si profila non è più incoraggiante: proprio ieri la Turchia ha annunciato di avere scoperto un altro importante giacimento di gas naturale nel Mar Nero, 58 miliardi di metri cubi di riserve, che portano la riserva turca nel Mar Nero a 710 miliardi di metri cubi, come ha specificato lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan. Potremmo avere disperato bisogno di quel gas, ma doversi trovare a dipendere anche dalla Turchia non sarebbe una bella prospettiva dal punto di vista politico.Per questo la politica energetica richiede ben altro che misure tampone o di corto respiro. E soprattutto richiede che si torni ad avere come obiettivo la disponibilità massima di energia al più basso costo possibile, smettendola di pensare che si possa vivere meglio con meno energia. Tanto più che non c'è alcuna emergenza climatica.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7219SIAMO 8 MILIARDI, MA C'E' ANCORA MOLTO SPAZIO di Riccardo CascioliGrande enfasi in questi giorni e tanti servizi giornalistici perché il 15 novembre sarebbe nato il cittadino numero 8 miliardi. Diciamo sarebbe perché la data è stata fissata in modo convenzionale dall'ONU, ma è necessariamente approssimativa perché la dimensione della popolazione mondiale può essere solo stimata, visto che vaste aree del mondo non conoscono neanche il censimento.Fissare una data serve soprattutto a creare un evento per far passare un messaggio. E in effetti sulla pagina web dell'ONU dedicata al traguardo degli 8 miliardi, il messaggio è chiaro: la crescita della popolazione nei paesi poveri mette a rischio il raggiungimento nel 2030 degli obiettivi di sviluppo sostenibile, secondo quanto scritto nella famosa Agenda 2030; e le nazioni più ricche presentano livelli di produzione e consumo insostenibili. Quindi l'obiettivo è chiaro: rallentare quanto possibile la crescita della popolazione e impedire l'aumento del reddito pro capite, soprattutto nei paesi ricchi. Cioè siamo ancora alla riproposizione delle vecchie teorie malthusiane già smentite mille volte dalla storia.Come si ricorderà Thomas Robert Malthus è stato un pastore anglicano e un economista che alla fine del ‘700 scrisse un Saggio sulla Popolazione in cui sosteneva che l'aumento delle risorse alimentari non sarebbe stato in grado di tenere dietro all'aumento della popolazione, con la previsione perciò di una rapida e drammatica crisi alimentare globale.Il che non è mai avvenuto, anzi tutt'altro: basti pensare che se nel 1804 si stimava una popolazione mondiale di un miliardo (quindi da allora è cresciuta all'incirca 8 volte), dal 1820 al 2018 il Prodotto Interno Lordo (Pil) medio globale pro capite è cresciuto di circa 15 volte. E per quanto l'aumento della ricchezza sia stato ineguale, la situazione è nettamente migliorata anche per i paesi più poveri, tanto che le grandi carestie, che ancora colpivano alcune zone soprattutto dell'Africa negli anni '60 e '70 del XX secolo, oggi sono un ricordo.LA REALTÀ SMENTISCE LE TESI DELLA SOVRAPPOPOLAZIONECiò non vuol dire che non ci siano più problemi di estrema povertà e denutrizione, ma si tratta di situazioni più circoscritte o provocate da regimi politici (vedi Corea del Nord) e guerre. In ogni caso - sempre riferendoci a dati ufficiali dell'ONU - se nel 1990 c'erano 1,9 miliardi di persone che vivevano in estrema povertà su poco più di 5 miliardi di persone che abitavano la terra (circa il 36%), oggi sono circa 700 milioni (meno del 9% della popolazione mondiale).Peraltro, proprio la storia dei Paesi sviluppati indica che le cose funzionano all'opposto di ciò che pensa l'ONU: i tassi di fecondità tendono a diminuire con lo sviluppo e non viceversa, come vorrebbero invece le politiche di sviluppo sostenibile. Inoltre, con lo sviluppo migliorano anche le condizioni ambientali che, nei paesi industrializzati, sono molto migliori oggi rispetto al periodo pre-rivoluzione industriale. Pensare invece di sconfiggere la povertà eliminando - o non facendo nascere - i poveri è una illusione. Infine, un corollario dell'approccio dell'ONU - che demonizza il ciclo produzione-consumo - è che anche lo sviluppo dei Paesi poveri va rigidamente limitato, o semplicemente impedito.Dicevamo che la realtà si è sempre preoccupata di smentire le tesi malthusiane; eppure, malgrado ciò, non solo non sono passate nel dimenticatoio ma oggi sono diventate la base di tutte le politiche globali. Però con una inquietante differenza rispetto al passato. Per evitare nuove smentite dalla storia sui limiti dello sviluppo e sull'esaurimento delle risorse, oggi le politiche neo-malthusiane si concentrano sul cambiamento della realtà. Cioè: se la realtà dimostra che si può produrre abbondante cibo non solo per 8 miliardi di persone ma anche per dieci e più; se si possono produrre molte più risorse di quelle necessarie; se è possibile avere energia sufficiente per un numero crescente di persone e a costi sempre più bassi; se grazie allo sviluppo è possibile realizzare e rendere disponibili tecnologie sempre meno inquinanti; allora si cambiano le regole della realtà.LA DECRESCITA "FELICE"Così si è cominciato a demonizzare prima l'uso delle biotecnologie in agricoltura, poi anche l'agricoltura tradizionale, spingendo come le sole eticamente accettabili l'agricoltura biologica e biodinamica, ovvero tipologie a bassa resa e a costi più elevati. Si è poi passati ad accusare gli allevamenti di eccessivo inquinamento e di emissioni che alterano il clima, allo scopo di ridurre la produzione di carne, soprattutto quella rossa, spingendo la popolazione a diventare vegetariana o pagare molto di più una carne destinata a diventare sempre più preziosa. Quindi con il pretesto dei cambiamenti climatici si spinge ad eliminare i combustibili fossili (e a impedire l'uso del nucleare) inseguendo l'utopia di ottenere l'energia solo da fonti rinnovabili, con la conseguenza che andiamo verso una situazione in cui l'energia è sempre più rara, meno sicura, e molto più costosa, come del resto stiamo già sperimentando.In questo modo, cioè ponendo vincoli tanto rigidi quanto immotivati e pretestuosi, si finirà per rendere sempre più difficile la vita nel mondo sperando in questo modo di arrivare a dimostrare che siamo effettivamente in troppi. Insomma i neo-malthusiani vogliono la rivincita truccando le carte.Il traguardo degli 8 miliardi dovrebbe dunque farci prendere coscienza di questa impostura, e cominciare a mobilitarci per rovesciare queste politiche che puntano alla povertà globale e alla riduzione della popolazione. Non c'è alcun pericolo di una crescita fuori controllo della popolazione perché già la metà dei paesi nel mondo registra un tasso di fecondità più basso del livello di sostituzione e il tasso di fecondità globale è di 2,3 figli per donna, poco più del livello di sostituzione che è di 2,1. Vale a dire che, se si confermeranno queste tendenze, ben difficilmente il picco della popolazione mondiale supererà i 10 miliardi. Piuttosto invece c'è da preoccuparsi di chi sogna un mondo per un massimo di due miliardi di persone, meglio se ancor meno.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7191IL CONGRESSO DEL PARTITO COMUNISTA CINESE CONSEGNA IL POTERE ASSOLUTO A XI JINPING di Riccardo CascioliIl rafforzamento del potere nelle mani di Xi Jinping è già in sé una notizia poco rassicurante, ma il modo in cui sta avvenendo a conclusione del XX Congresso del Partito Comunista Cinese è molto preoccupante e preconizza tempi molto turbolenti. Con gravi ripercussioni anche per la Chiesa in Cina.Ma andiamo con ordine: sabato 22 ottobre si è concluso il Congresso del Partito Comunista, iniziato il 17 ottobre, con la scontata riconferma di XI Jinping alla segreteria del Partito per un terzo mandato, cosa mai avvenuta nell'era post-Mao. Ma la sua elezione si accompagna a una stretta politica e a un accentramento del potere intorno alla sua persona che va ben oltre le previsioni.Significativo al proposito il fuori programma in cui durante la sessione conclusiva il suo predecessore Hu Jintao, seduto alla sua sinistra, viene invitato e poi accompagnato fuori da due funzionari, mentre Xi non degna la scena neanche di uno sguardo. Sebbene successivamente sia stata diffusa la versione ufficiale di un malore di Hu, il video della scena (non trasmesso dalla tv cinese) dà tutta un'altra impressione. E l'ex presidente riesce anche a dire qualche parola a Xi mentre viene trasportato fuori.Un'umiliazione che fa da aperitivo alle nomine nel Comitato Centrale del Partito e soprattutto della Commissione permanente del Politburo, annunciate ieri. Dei sei membri della Commissione Permanente, oltre a Xi Jinping, che guideranno la Cina per i prossimi 5 anni, solo due restano nella Commissione: gli altri tutti sostituiti da uomini fedelissimi di Xi, a prescindere dalla loro esperienza e competenza. Lo dimostra anche la sostituzione del premier: al posto di Li Keqiang, che non siederà più neanche nel Comitato centrale, arriva il segretario del Partito a Shanghai, Li Qiang, responsabile del lungo, drammatico totale lockdown di Shanghai la scorsa primavera, che ha creato enormi problemi alimentari (e non solo) ai 25 milioni di abitanti. È apparso evidente anche dagli interventi e dalle modifiche alla Costituzione del Partito che l'unica cosa veramente fondamentale per il prossimo futuro sarà la totale obbedienza a Xi Jinping, un ritorno al maoismo ma con una Cina molto più potente e influente nello scacchiere internazionale.TEMPI MOLTO TURBOLENTILo sviluppo economico e le competenze specifiche passano dunque in secondo piano, perché gli ultimi sviluppi internazionali e la questione dello status di Taiwan, al leader cinese fanno presagire tempi molto turbolenti che richiedono unità politica e una capacità militare sempre più efficiente. Lo fa capire anche la lunga relazione di Xi al Congresso che - come nota il New York Times - ha visto sparire due espressioni che negli ultimi decenni ricorrevano sempre nelle relazioni dei leader che si sono succeduti, Xi compreso: la Cina «è in un periodo di opportunità strategiche importanti»; e «pace e sviluppo rimangono i temi di questo tempo».Il significato era chiaro, vale a dire che non si prevedevano rischi di veri conflitti e quindi la Cina poteva concentrarsi sulla crescita economica e sul rafforzamento della sua posizione internazionale. La situazione è chiaramente cambiata negli ultimi mesi, soprattutto con l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e il coinvolgimento dell'Occidente, e Xi Jinping avverte dell'arrivo di «pericolose tempeste» e a questo si prepara. L'inserimento poi nella Costituzione del Partito della «opposizione risoluta per scoraggiare i separatisti che cercano 'l'indipendenza di Taiwan'» fa capire da dove potrebbe originarsi un'altra crisi internazionale.Dunque la nuova dirigenza del Pcc si prepara a una stagione di conflitti, anche militari (la modernizzazione dell'esercito e l'indottrinamento dei suoi quadri sono una priorità), e per questo mette la totale fedeltà e obbedienza a Xi Jinping come il requisito fondamentale per entrare nelle stanze del potere. Ogni forma di dissenso, anche larvata, è proibita. Questo paradossalmente potrebbe rivelarsi anche la debolezza del nuovo Imperatore, perché perdere le competenze in economia, oltretutto limitandone ancora di più la libertà, potrebbe minare quella crescita che in questi anni ha comunque permesso di tenere a bada le tensioni interne.L'ACCORDO TRA CINA E SANTA SEDE PER LA NOMINA DEI VESCOVIAd ogni modo, l'evoluzione sempre più totalitaria della leadership cinese getta una luce ancora più sinistra sull'accordo tra Cina e Santa Sede per la nomina dei vescovi, il cui rinnovo per altri due anni è stato appena annunciato ufficialmente il 22 ottobre. Si può ragionevolmente pensare che il leader Xi Jinping elimini ogni più remota possibilità di dissenso interno al Partito Comunista per poi fare concessioni di qualsiasi genere alla Santa Sede?È molto più probabile, per non dire certo, che sarà ancora più inflessibile e determinato alla sinizzazione della Chiesa cinese dopo che pur avendo intrapreso questa strada, non ha incontrato alcuna resistenza da parte vaticana. Ricordiamo che secondo i regolamenti approvati nel 2020, anche la Chiesa cattolica deve «aderire alla leadership del Partito comunista cinese, aderire al principio di indipendenza e di auto-governo e attuare i valori del socialismo». Peraltro è stato lo stesso Xi Jinping, nel dicembre 2021, intervenendo alla Conferenza nazionale sugli affari religiosi, a chiarire che la "sinizzazione delle religioni" va intesa come controllo del Partito Comunista Cinese su tutte le religioni, e non inserimento di valori e tradizioni cinesi nelle pratiche religiose. Non sono solo parole perché in questi quattro anni in cui l'accordo è stato in vigore, la persecuzione contro i cattolici è aumentata.Se questo è lo scenario, appaiono fuori dalla realtà gli auspici espressi dal segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, nell'intervista a Vatican News per giustificare il rinnovo dell'Accordo. Parolin parla di «concreta speranza di poter assicurare alle comunità cattoliche cinesi, anche in un contesto così complesso, la guida di pastori che siano degni e idonei al compito loro affidato». Visto quanto sta accadendo a Pechino, più che di «concreta speranza» sembra trattarsi di fantareligione: è chiaro che, ancor più di quanto visto finora, criterio fondamentale di qualsiasi candidato all'episcopato sarà l'assoluta e provata fedeltà al Partito Comunista e a Xi Jinping. E solo questo li renderà indegni e inidonei.Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Accordo Cina-Vaticano. Piccoli passi... indietro" parla dell'accordo Cina-Vaticano che è stato rinnovato per la seconda volta. Per ironia della sorte, in questi giorni, si terrà la seconda udienza del processo al cardinal Joseph Zen, a Hong Kong.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 ottobre 2022:I contenuti sono segreti, così come le notizie sui negoziati, ma è certo che l'accordo Cina-Vaticano venga rinnovato oggi per la seconda volta. Se veramente funziona come abbiamo visto finora, negli ultimi quattro anni (la prima firma è del settembre 2018, il primo rinnovo è del 22 ottobre 2020), il testo prevede la nomina di vescovi da parte del Papa fra candidati graditi al Partito Comunista Cinese. Secondo fonti del Vaticano che, necessariamente, parlano in condizioni di anonimato, il testo rinnovato non cambierà di una lettera.Per ironia della sorte, proprio nella settimana entrante, il 26 ottobre si terrà la seconda udienza del processo al cardinal Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong. Si tratta di un processo basato su un'accusa pretestuosa, il presunto finanziamento illecito di un'associazione a protezione dei dissidenti perseguitati nella repressione del 2019, mentre di fatto è un messaggio lanciato alla Chiesa cinese: Hong Kong non è più un'isola di libertà religiosa, come era stato fino a due anni fa. Da quando è entrata in vigore la nuova Legge per la Sicurezza Nazionale, anche a Hong Kong si può essere arrestati se si è parte del clero non riconosciuto dal regime comunista. Ancor più se si è attivi nella difesa dei diritti umani, come lo è il cardinal Zen.Secondo il cardinal Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, il processo al vescovo emerito di Hong Kong non compromette il dialogo con la Repubblica Popolare. Occorre pazienza: "Io rispetto profondamente chi ha opinioni diverse e anche chi critica la politica della Santa Sede nei confronti della Cina: è lecito farlo. Noi abbiamo scelto, e ancor di più sotto impulso da parte di papa Francesco, la politica dei piccoli passi". Una posizione che riflette fedelmente quanto espresso dal pontefice nel suo viaggio di ritorno dal Kazakistan: il dialogo procede lentamente ma "sta andando bene", si deve avere pazienza perché "il ritmo cinese è lento, loro hanno un'eternità per andare avanti: è un popolo di una pazienza infinita".Ma se il processo è comunque lento e si deve procedere per piccoli passi, in che direzione si muove? A favore del rinnovo dell'accordo vi sono alcuni numeri: nessuna ordinazione di vescovi da parte dell'Associazione Patriottica Cattolica Cinese (fedele al partito) e sei ordinazioni di vescovi da parte di papa Francesco. Però si tratta di vescovi approvati anche dal Partito. Che fine fanno, invece, quei prelati che non sono approvati da Pechino, ma restano fedeli al Vaticano e, proprio per questo, fanno obiezione di coscienza e non aderiscono all'Associazione Patriottica? È questo il vero test. E purtroppo i suoi esiti, finora, non sono positivi.Oltre al cardinal Zen, ci sono almeno altri sette casi di persecuzione di vescovi in Cina.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7158LA SCORRETTEZZA DI MATTARELLA CHE BLINDA IL GOVERNO SULLE POLITICHE CLIMATICHE di Riccardo Cascioli«Trasmetterò le vostre sollecitazioni di impegno sistemico sul clima al nuovo governo e seguirò con particolare attenzione quello che verrà fatto». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha dato il proprio sostegno agli scienziati che gli hanno consegnato l'appello-manifesto, che ha raccolto oltre 200mila firme, lanciato dal quotidiano Repubblica e dal solito gruppetto di scienziati che hanno fatto dell'allarmismo climatico la loro vera professione.Si tratta di un manifesto che, in occasione delle elezioni, rilanciava le solite previsioni di catastrofi climatiche provocate dall'uomo che - forse - si potranno evitare solo alle condizioni dettate da loro stessi. Un altro modo per assicurarsi che, pur cambiando il governo, non venga messa in discussione la notevole torta di finanziamenti e di nomine che il mito dell'emergenza climatica ha assicurato finora e promette di riservarne ancora di più in futuro. E Mattarella si ritaglia così il ruolo di garante di questa operazione che intende mettere un'ipoteca sul prossimo governo, magari blindando già il ministero della Transizione ecologica.PETIZIONE SUL CLIMANon si tratta solo di formalità istituzionale. La responsabilità del Presidente della Repubblica è grave perché ha ignorato un altro appello di segno contrario proveniente da scienziati italiani e mondiali che nell'agosto scorso avevano sfidato i promotori del manifesto pubblicato da Repubblica a un pubblico "duello" scientifico sul tema. Mattarella ha risposto picche anche a una loro richiesta di incontro per spiegargli più dettagliatamente la loro posizione scientifica.Convinti che non ci sia alcuna emergenza climatica e che non ci sia alcuna prova della correlazione tra aumento della concentrazione di Co2 e aumento delle temperature, i firmatari della "Petizione italiana sul clima" avevano invitato i loro antagonisti a scegliere una sede istituzionale in cui svolgere questo confronto.Ovviamente la loro sfida non è stata raccolta da chi sa di avere già i politici nella propria tasca e non ha alcuna intenzione di mettere in discussione la propria posizione di rendita; ma è più grave che sia stato il Presidente della Repubblica a non volere ascoltare questa voce di scienziati altamente qualificati a parlare di clima. E ricordiamo che stiamo parlando dello stesso presidente della Repubblica che non ha avuto alcun problema a trovare del tempo per ricevere e incensare Greta Thunberg giusto un anno fa.LA SCIENZA AL VOTOQuesto sta a dimostrare ulteriormente che le politiche climatiche hanno molto a che fare con la politica e ben poco con la scienza. Non per niente tutto lo sforzo dei promotori dell'appello di Repubblica, riuniti nel comitato pomposamente chiamato "La Scienza al voto", è stato per creare una blindatura politica attorno alle loro richieste e per accreditarsi come unico interlocutore del Parlamento e del governo. È così che hanno fatto firmare a tutte le forze politiche, poco prima del voto del 25 settembre, una dichiarazione comune in cui ci si impegna a costituire nella nuova legislatura un Consiglio Scientifico Clima e Ambiente che «dovrà svolgere un compito di supporto tecnico alle decisioni di Governo e Parlamento». In pratica si vuole bissare sul tema del clima l'esperienza del famigerato Comitato tecnico-scientifico sanitario che ha già fatto disastri durante la pandemia. Purtroppo tale impegno è stato sottoscritto anche dai partiti del centrodestra, a ulteriore dimostrazione di una debolezza culturale e di una sudditanza nei confronti della sinistra.L'unica speranza è che, forti della maggioranza assoluta in Parlamento, i partiti del centrodestra - Fratelli d'Italia in testa - abbiano la volontà e la forza di perseguire davvero il bene comune ed evitare di seguire la sinistra sulla strada del suicidio energetico ed economico con il pretesto delle politiche "green". Significa scegliere un ministro dell'Ambiente competente e aperto ad ascoltare davvero le diverse opinioni scientifiche; e rifiutare la creazione di questo nuovo Comitato tecnico-scientifico o, almeno, mantenerlo a un livello puramente consultivo e comunque aperto alla presenza anche dei climatologi che sono critici nei confronti dell'allarmismo climatico.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5154LO STATO CHE VUOLE LA MORTE DI ALFIE CI RICORDA IL NAZISMO di Riccardo CascioliChe vantaggio trae l'umanità dalle migliaia di disgraziati che ogni anno vengono al mondo, dai sordi e dai muti, dagli idioti e dagli affetti da malattie ereditarie incurabili, tenuti in vita artificialmente fino a raggiungere l'età adulta?... Quale immenso grumo di sofferenza e dolore tale squallore comporta per gli stessi sfortunati malati, quale incalcolabile somma di preoccupazione e dolore per le loro famiglie, quale perdita in termini di risorse private e costi per lo Stato a scapito dei sani! Quante sofferenze e quante di queste perdite potrebbero venire evitate se si decidesse finalmente di liberare i totalmente incurabili dalle loro indescrivibili sofferenze con una dose di morfina».Qualcuno potrebbe pensare che queste parole siano state pronunciate da qualche gerarca nazista. E invece no, risalgono a ben prima del nazismo: si trovano nel libro "L'enigma della vita", scritto nel 1904 da Ernst Haeckel. Conosciuto come il fondatore dell'ecologia, Haeckel è soprattutto un entusiasta discepolo di Charles Darwin e delle sue teorie sulla selezione naturale. E quindi di Francis Galton (1822-1911), cugino di Darwin e padre della Eugenetica. Galton porta alle estreme conseguenze la teoria darwiniana sulla selezione naturale: poggiandosi anche sulla recente scoperta dell'ereditarietà dei geni si pone la domanda sul come "guidare" questa selezione in modo da migliorare la razza umana.Nascono così le Società di Eugenetica nei primissimi anni del '900. All'inizio si parlava soprattutto di Eugenetica "positiva", ovvero attraverso matrimoni selettivi privilegiando quelli tra i migliori elementi della società. Ma ben presto si passa a quella "negativa", cioè il divieto ai deboli di riprodursi. Non per niente leggi eugenetiche (con sterilizzazioni forzate dei "non adatti") tra il 1910 e il 1925 vengono approvate e applicate in diversi paesi nord-europei e in gran parte degli stati degli USA.È un quadro che aiuta meglio a inquadrare quanto sta avvenendo all'ospedale Alder Hey Liverpool dove il piccolo Alfie Evans viene trattato come uno "scarto" da eliminare.LA MENTALITÀ EUGENETICA IN GRAN BRETAGNAMolti in questi giorni, leggendo anche le agghiaccianti sentenze dei giudici britannici, hanno rievocato le leggi naziste sulla selezione della razza.Se il regime tedesco ebbe certamente la possibilità di applicare certe idee, è riduttivo e alla fine fuorviante ridurre la mentalità eugenetica al nazismo. Al contrario, è proprio la Gran Bretagna di fine '800-inizio '900 all'origine di quel movimento razzista e di quella "cultura dello scarto" (come direbbe papa Francesco) che ebbe poi massimo fulgore nel Terzo Reich. E la Germania nazista forse non avrebbe avuto la possibilità di implementare certi programmi se non fosse stato per i generosi finanziamenti delle grandi fondazioni americane e britanniche e per il grande consenso che riscuotevano in Europa. Il professore Ernst Rudin, psichiatra nazista e teorico delle leggi razziali, potè aprire il suo Istituto Kaiser Guglielmo per l'Antropologia, l'Eugenetica e la Genetica Umana (Monaco, 1927) grazie ai fondi della famiglia Rockefeller. E del resto Hitler poteva contare sull'amicizia e sulla solidarietà di altri capi di governo, anch'essi appartenenti alle Società Eugenetiche, come ad esempio il premier britannico Arthur Neville Chamberlain e il primo ministro collaborazionista francese Henri-Philippe Pétain.Dunque non è la Germania nazista l'origine del problema ma proprio quella Gran Bretagna liberale che oggi ci fa inorridire.NON È CORRETTO NEANCHE PARLARE DI UN "RITORNO"In realtà il movimento eugenetico non se ne è mai andato; si è solo trasformato perché alla fine della Seconda Guerra Mondiale e a causa di quanto avvenuto in Germania, la parola "eugenetica" non godeva più di buona fama. Così pian piano le Società di Eugenetica si trasformano, anzitutto in società di ricerca genetica o di biologia, ma anche semplicemente cambiano nome per rendersi più presentabili.È il caso della Società di Eugenetica britannica: non ha mai smesso la sua attività, semplicemente oggi si chiama Galton Institute e soprattutto attraverso la sua annuale "Galton Lecture" valorizza gli studi sulla genetica che vanno nella direzione della costruzione dell'uomo "su misura". Tanto per fare un esempio, la Galton Lecture 2018 vedrà protagonista la professoressa Jennyfer Doudna, autrice di una ricerca - eticamente molto controversa - sull'editing del genoma. Scopo di tanti studi del Galton Institute è quello di arrivare alla "costruzione" di individui con le caratteristiche volute, fisiche e morali.Quello che attribuiamo al nazismo, dunque, è in realtà una cultura ben radicata nel Regno Unito (e non solo), tuttora molto seguita. Anzi, come dimostra il caso di Alfie Evans, essa viene ormai apertamente praticata negli ospedali e proclamata nelle aule di tribunale senza che nessun settore della società muova un dito, faccia un sobbalzo o almeno trovi qualcosa di sinistro in tutto ciò.Nota di BastaBugie: Tommaso Scandroglio nell'articolo sottostante dal titolo "Sentenza che annulla il diritto e vuole il male di Alfie" parla dei tanti errori giuridici della sentenza della Corte Suprema inglese: la mancanza di diagnosi approfondite su Alfie non ci può portare a dire che tutte le soluzioni terapeutiche sono state sperimentate e che dunque è inutile il trasferimento in un altro ospedale. Ma soprattutto: in passato ci sono stati casi in cui i medici avevano ragione ad opporsi alle richieste dei genitori, ma sempre per il bene dei bambini. Qui invece si opta per il male, la sua morte.Ecco dunque l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 aprile 2018:La Corte Suprema il 20 aprile scorso ha nuovamente rigettato un ulteriore ricorso presentato dagli Evans per salvare la vita di loro figlio. Dopo la pubblicazione delle motivazioni di questa decisione, la strategia dei tribunali inglesi sul caso Alfie è ormai ben chiara. Come avevamo già appuntato in un articolo precedente tutta la vertenza ruota intorno al best interest del minore. Se il miglior interesse del minore è quello di morire anche i genitori non possono opporsi.La Corte Suprema scrive nelle motivazioni: "Anticamente il modo con cui un padre poteva far valere il diritto di custodire un figlio era tramite un mandato di 'habeas corpus' (richiesta di comparizione di una persona davanti al giudice in caso di arresto o detenzione/Ndr). E questo accadeva perché un uomo sposato poteva vantare, nel diritto comune, la custodia del figlio. Ma nei tempi più moderni questo diritto è stato circoscritto nell'interesse del benessere del bambino". I giudici citano una legge del 1891 ormai abrogata la quale prevedeva che "quando il genitore di un bambino si appella all'Alta Corte o alla Corte di Sessione per un mandato di comparizione del bambino stesso e la Corte è del parere che il genitore abbia abbandonato o trascurato il figlio o che si comporti comunque in modo che la Corte ritenga di rifiutare di far valere il suo diritto di custodia sul bambino, la Corte può discrezionalmente rifiutare o concedere il mandato". I tre giudici della Suprema Corte concludono: "Questo rende chiaro che i diritti dei genitori non sono assoluti". In breve, tramite l'habeas corpus il genitore poteva far valere il diritto di custodia sul figlio, ma se i giudici ritenevano che, per i più diversi motivi, il genitore non avesse dato prova di essere capace di badare al figlio, potevano disattendere la richiesta di mandato dell'habeas corpus. Ergo i diritti dei genitori non sono senza limiti.Questo perché il principio di beneficialità a favore del minore, ricordano sempre i giudici, è il principio fondamentale a cui si devono ispirare i tribunali, così come indicato dalla Sezione I del Children's Act, legge del 1989. "È dunque un chiaro principio di legge – si legge nelle motivazioni - il fatto che i genitori non hanno diritto di invocare un mandato di 'habeas corpus' per chiedere la custodia del figlio, se questo non è nel miglior interesse del bambino". Queste premesse servono alla Suprema Corte per concludere che il miglior interesse di Alfie sia quello di morire, miglior interesse che prevale anche sul diritto di libera circolazione in ambito europeo: "i genitori di Alfie non hanno il diritto di orientare i suoi futuri trattamenti medici, […] non possono portar via Alfie dall'Alder Hey con lo scopo di trasportarlo a certi rischi in altri ospedali che non possono fargli alcun bene. È stato definitivamente stabilito che non è nel miglior interesse di Alfie non solo restare nell'Alder Hey Hospital per continuare ad essere trattato com'è attualmente, ma nemmeno di viaggiare altrove per lo stesso fine. Non è legittimo continuare a trattenerlo per questo scopo, né all'Alder Hey né altrove. L'unica liberazione di cui ha diritto, quindi, è la liberazione dall'imposizione di trattamenti medici che non sono nel suo miglior interesse. […]. Non c'è nemmeno alcuna ragione per ulteriori ritardi. […] L'Ospedale dev'essere libero di fare ciò che è stato determinato essere nel miglior interesse di Alfie".La Suprema Corte si ispira ad un principio giusto – la tutela del miglior interesse del minore anche contro la volontà dei genitori - ma non pertinente al caso specifico. Tentiamo di spiegarci meglio. E' giusto che lo Stato per mano dei giudici si sostituisca nella tutela di un minore allorchè i genitori si siano dimostrati inadatti a tale scopo? Sì. E' ciò che accade ordinariamente con l'affido. Si toglie il bambino da un ambiente non a lui consono e per il suo miglior interesse lo si inserisce in un altro nucleo familiare.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7120L'INVERNO AL BUIO E AL FREDDO NON SARANNO CAUSATI DALL'EMERGENZA DEL GAS, MA DAGLI AMBIENTALISTI di Riccardo CascioliLuci spente sulle strade, temperatura più fredda di due gradi in casa e in ufficio. È il menù che dobbiamo aspettarci per il prossimo autunno e inverno secondo il piano dell'Unione Europea entrato in vigore nei giorni scorsi. Ed è solo l'inizio. L'obiettivo è tagliare del 15% i consumi di gas in Europa (per l'Italia "solo" il 7% grazie all'accantonamento delle scorte, ma non facciamoci illusioni) come conseguenza della guerra in Ucraina e della conseguente riduzione del flusso di gas dalla Russia.L'impegno è su base volontaria ma con il timore che la Russia possa bloccare completamente il flusso di gas verso i Paesi dell'Unione Europea come ritorsione per il sostegno all'Ucraina, alcuni stanno già applicando i piani di riduzione. Ne ha fatto un piccolo inventario il Wall Street Journal nell'edizione dell'11 agosto: in Germania, ad esempio, sono state già spente nelle principali città le luci che illuminano i monumenti, ma ci sono anche tagli netti nell'illuminazione pubblica notturna e nei semafori fuori dalle ore di punta. Il comune di Monaco ha tolto l'acqua calda negli uffici pubblici e le fontane restano asciutte di notte; e per l'Oktoberfest è già annunciato che lo spazio sotto i tendoni che riparano i tavoli dove ci si ritrova a bere non sarà riscaldato. Ma un sacrificio importante sarà richiesto ovviamente ai privati cittadini visto che le abitazioni private assorbono un terzo di tutto il gas consumato in Germania.LE PRESSIONI DEGLI ECOLOGISTIIn Olanda la campagna di sensibilizzazione per la riduzione del consumo di energia è già iniziata da mesi, con l'invito pressante a stare meno di 5 minuti in doccia. E in Spagna c'è già per uffici e negozi l'obbligo di diminuire l'uso dell'aria condizionata, come del resto in Italia, dove il divieto negli uffici pubblici di tenere l'aria condizionata a una temperatura inferiore a 27 gradi è in vigore già da maggio. E del resto tutti ricordiamo con raccapriccio una delle battute per cui è diventato famoso il presidente del Consiglio Mario Draghi, quella in cui invitava a scegliere tra condizionatore e pace in Ucraina.Che ci sia oggi un problema di approvvigionamento del gas è un dato di fatto, anche se è figlio di scelte scellerate fatte nei decenni passati, quando le pressioni degli ecologisti hanno spinto i principali paesi europei - Germania in testa - a rinunciare alle proprie fonti di energia, aumentando così la dipendenza dall'estero, soprattutto dalla Russia. L'ostracismo contro il carbone, il nucleare, le estrazioni del gas sono una causa non secondaria della dipendenza energetica. Basti pensare al caso dell'Italia, dove è stato detto "no" due volte al nucleare, si è ridotto enormemente l'uso del carbone, ma nello stesso tempo sono state impedite le trivellazioni nell'Adriatico per petrolio e gas, e senza dimenticare che ci sono opposizioni ogniqualvolta si parli di costruire un rigassificatore.UN PRETESTO PER RENDERE PERMANENTI LE POLITICHE DI AUSTERITYMa quello che non si dice è che l'emergenza attuale è il pretesto per rendere permanenti politiche di austerity a lungo perseguite. Quella del risparmio energetico attraverso la "rinuncia" all'uso dell'energia elettrica (che passa sotto il nome di "stili di vita sostenibili") è un vecchio pallino del movimento ecologista. Basti pensare che da 14 anni il WWF organizza la Earth Hour (l'ora della Terra), un'iniziativa per cui un giorno all'anno cittadini, imprese e istituzioni di tutto il mondo sono invitati a spegnere la luce per un'ora. In particolare l'iniziativa coinvolge monumenti significativi come la Torre Eiffel, il Colosseo, il Cristo Redentore di Rio de Janeiro, il Ponte sul Bosforo e tanti altri luoghi fortemente simbolici. Da alcuni anni anche la basilica di San Pietro è stata coinvolta in questa "festa del buio", e anche questo dice qualcosa della situazione attuale della Chiesa.L'Italia fa ancora di più, perché da 18 anni un'iniziativa analoga è stata lanciata anche da un programma di Radio Rai, Caterpillar, e si chiama "M'illumino di meno", dal titolo che spiega già tutto, con il coinvolgimento anche qui delle amministrazioni pubbliche. Del resto questa è l'iniziativa perfetta per un'epoca buia come quella attuale.Spegnere la luce non è una necessità data da una emergenza momentanea ma uno stile di vita "sostenibile" da perseguire e poi da imporre permanentemente per poter centrare gli obiettivi di riduzione di emissioni di anidride carbonica stabiliti negli Accordi di Parigi sul clima. Non a caso lo spot della grande campagna di comunicazione e sensibilizzazione che sta per essere lanciata dal governo per invitare al risparmio del gas dice «Salva il pianeta, aiuta il Paese e fa risparmiare...».Appunto, non si tratta solo di sopportare qualche sacrificio temporaneo, giusto il tempo di sostituire il gas russo con altre fonti; no, lo scopo dichiarato è salvare il pianeta, quindi non solo questo sarà «il nuovo normale», ma dobbiamo aspettarci molto di più una volta che anche questa follia sarà digerita. E se il popolo sarà recalcitrante basta lanciare una nuova emergenza e tutto sarà giustificato.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7033STRAGI NELLE SCUOLE USA, IL PROBLEMA VERO NON E' NELLE ARMI di Riccardo CascioliLa nuova strage di bambini in Texas per mano di un 18enne armato di tutto punto penetrato nella scuola elementare Robb di Uvalde, non può lasciare indifferenti e spinge a chiedersi quale sia la causa del ripetersi di queste sparatorie di massa. Purtroppo sembra un rito inutile che si ripete a ogni strage, visto che passati i giorni del lutto e delle polemiche politiche nulla cambia in attesa della prossima sparatoria.Uno dei motivi di questa inutilità sta nel fatto che si reagisce sempre dando per scontata la risposta: la colpa è delle armi che negli Stati Uniti circolano liberamente, e quindi è della lobby delle armi che impedisce al Congresso di intervenire per limitarne o proibirne la possibilità di acquisto. Da ieri tutte le testate giornalistiche sono piene di queste analisi che dicono tutte la stessa cosa. Ma è davvero così? O ci sono altri fattori da tenere in considerazione e che alla lunga sono molto più determinanti delle armi?In effetti, la tesi "è tutta colpa delle armi" è fortemente riduttiva, per una serie di fattori, non ultimo il fatto che «è l'uomo che uccide, non la sua spada», come ricordava Giovanni Paolo II nel Messaggio per la Giornata della pace del 1984. Bisogna perciò più realisticamente guardare all'uomo, al suo cuore e alle sue motivazioni piuttosto che alla sua spada o fucile automatico.LA LIBERTÀ E LA PROPRIETÀ PRIVATA: FONDAMENTO DELL'IDENTITÀ AMERICANALasciamo pure stare il fatto che il possesso personale delle armi negli Stati Uniti affonda le radici nelle origini, che pongono la libertà e la proprietà privata a fondamento dell'identità americana. Ci sono altri dati relativi alla diffusione e all'uso delle armi che fanno dubitare che questa sia la causa vera del problema. Anzitutto gli Stati Uniti non sono l'unico paese dove c'è ampia possibilità di avere armi in casa. Il Canada solo due anni fa ha posto dei limiti vietando l'acquisto di fucili d'assalto, ma fino ad allora sparatorie di massa sono stati eventi molto rari. In molti altri paesi, inoltre, procurarsi armi è molto facile in modo più o meno legale - pensiamo, per non allontanarci troppo, a Messico e Venezuela - ma non c'è questo fenomeno seppure la violenza sia molto diffusa. Peraltro, il fatto che - come dice un rapporto dell'FBI pubblicato nei giorni scorsi e citato dalla BBC - dall'inizio della pandemia da Covid-19 siano raddoppiati gli attacchi armati di privati cittadini smentisce una relazione diretta tra disponibilità di armi e sparatorie di massa (nello stesso periodo le armi non sono raddoppiate). Piuttosto dovrebbe porre qualche domanda sulle conseguenze che hanno avuto certe politiche di gestione della pandemia.Certo, è innegabile che avere armi a disposizione renda più facile e drammaticamente più efficace l'azione di chi in cuor suo ha deciso di rovesciare su degli innocenti la propria rabbia. Ma questo sarebbe un fattore decisivo se tali stragi fossero d'impeto. Ovvero una reazione immediata a un presunto torto subito, come accade ad esempio per le liti stradali (omicidi per un sorpasso subito o per un parcheggio "rubato") o per gli omicidi passionali (un marito che scopre la moglie con l'amante): in questi casi ovviamente un'arma pronto uso fa la differenza.ANCHE SE NON CI FOSSERO LE ARMI LE STRAGI CI SAREBBERO LO STESSOMa le sparatorie di massa di cui parliamo sono stragi attentamente pianificate, preparate accuratamente per giorni e settimane, addirittura annunciate in alcuni casi sui social media. Vuol dire che chi ha queste intenzioni ha anche tutto il tempo di procurarsi le armi necessarie in qualche modo, anche illegale. E di fronte a questa determinazione anche se non ci fossero le armi potrebbe usare un altro mezzo: ad esempio potrebbe lanciarsi con un'auto a tutta velocità contro la folla all'ingresso o all'uscita della scuola.Torniamo allora all'uomo, al suo cuore, alla sua mente. Che cosa spinge ad atti così tremendi? Non pretendiamo di avere una risposta esaustiva, tanto il mistero del male è impossibile da esplorare compiutamente. Però possiamo notare alcuni fattori che tornano in gran parte di queste sparatorie di massa. Il primo elemento è proprio la scuola, certamente il luogo più colpito: in dieci anni, dall'attacco del dicembre 2012 alla scuola elementare Sandy Hook (Connecticut) con 27 morti, sono state ben 9 le sparatorie all'interno delle scuole, praticamente una all'anno. Ex studenti della stessa scuola, in gran parte, che in quell'ambiente sentono di aver subito delle ingiustizie, hanno accumulato frustrazioni, si sono scoperti dei falliti: come Salvador Ramos, il 18enne protagonista dell'attacco di ieri. Il "sogno americano" per costoro è diventato un incubo.Altro fattore, la giovane età: a parte un caso, tutti i protagonisti degli assalti alle scuole dal 2012 a oggi vanno dai 15 ai 25 anni. E tutti avevano situazioni familiari complicate, genitori divisi, assenti, storie di abusi, e ovviamente anche problemi psicologici o psichiatrici. Giovani, soli, infelici, disperati. E suicidi: già, perché ognuno di loro o si è suicidato dopo aver sparato o si è lasciato uccidere dalla polizia. Tutti hanno ucciso volendo morire loro stessi: quasi un ultimo, disperato, tentativo di sperimentare una compagnia, almeno nella morte.Mettere sotto controllo le armi; impedire che possano andare in mano a persone già segnalate per problemi mentali; prevenire manifestazioni estreme non abbandonando a se stesse persone problematiche, può certo aiutare a limitare i danni, forse ad evitare alcune tragedie, ma è pur sempre un intervento sui sintomi.Quello che è necessario è però andare alla radice del male: c'è bisogno di un senso per vivere, anzitutto, un incontro che corrisponda alle esigenze vere del cuore. Ma è un tesoro sempre più raro da trovare in una società che pretende di costruirsi senza o addirittura contro Dio. È su questo anzitutto che si dovrebbe riflettere.
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7018LA MANIFESTAZIONE PER LA VITA E LA DIVISIONE DEL MONDO PROLIFE ITALIANO di Riccardo CascioliCome è noto, sabato 21 maggio si svolgerà a Roma la Manifestazione per la vita, che prevede una marcia con inizio alle ore 14 da piazza della Repubblica e arrivo in piazza San Giovanni, dove ci saranno testimonianze e interventi. Come accade dal 2011, anche quest'anno dunque avremo una marcia intorno al 22 maggio, giorno che nel 1978 segnò l'approvazione in Italia della legge che legalizzava l'aborto.Che anche in Italia si sia creata la possibilità di questa iniziativa - sul modello di tante che si svolgono in varie parti del mondo - non può che essere salutato con soddisfazione, e dunque non c'è che da augurarsi una piena riuscita dell'iniziativa di sabato, per la quale si prevede l'arrivo a Roma di decine di migliaia di persone: non tanto grazie all'adesione quest'anno di una novantina di associazioni, quanto alla mobilitazione del movimento neocatecumenale convinto dalla presenza di un suo esponente, Massimo Gandolfini, quale portavoce della manifestazione.Detto questo però non sarebbe serio cercare di nascondere la polvere delle divisioni e dei distinguo del popolo pro-life sotto il tappeto della bella manifestazione con tante adesioni di associazioni. Anzi, è doveroso capire cosa stia avvenendo nel variegato e complesso popolo della vita italiano per comprendere anche le prospettive future ed eventualmente correggere la rotta.Proviamo a spiegarci: il primo fattore da comprendere è che, malgrado l'apparenza e malgrado i tentativi di ricucire, il mondo pro life italiano è molto diviso. E sabato prossimo mancheranno a Roma componenti importanti di questo popolo, a cominciare da chi ha organizzato le Marce per la vita da 11 anni a questa parte. Non a caso quella di quest'anno si chiama Manifestazione per la vita e non Marcia per la vita, il cui marchio registrato resta in mano a chi ha organizzato l'evento fino al 2021. Bisogna dare atto che si è evitato di creare uno scontro pubblico in nome di un bene più grande, ma la divisione resta e non è un problema di antipatie personali. Il problema sono i contenuti, e non certo da oggi, dato che questa non è neanche la prima grossa trasformazione dell'iniziativa.IN PRINCIPIO FU LA MARCIA PER LA VITADobbiamo perciò risalire all'origine: nel 2011 la prima Marcia nazionale per la Vita si svolse a Desenzano del Garda, organizzata da Movimento Europeo Difesa Vita (MEDV) e associazione Famiglia Domani, con l'adesione di diverse associazioni. In Italia per la prima volta emergeva un popolo della vita fuori dai canali istituzionali, ovvero in alternativa al Movimento per la Vita che, dipendente dalla Conferenza Episcopale Italiana, era molto ingessato e più incline a frequentare i palazzi della politica che non a mobilitare l'opinione pubblica, anche ricorrendo alle piazze.Non per niente diverse delle associazioni aderenti alla prima Marcia per la vita erano schegge uscite dal Movimento per la Vita, in aperto contrasto con la sua dirigenza nazionale. E ovviamente il Movimento per la Vita osteggiava apertamente l'iniziativa. Già nel 2012 la Marcia si trasferisce a Roma, preceduta il giorno prima da un Congresso internazionale sulla vita. Ma già nel 2014, in nome di una maggiore purezza della battaglia contro l'aborto, una parte dei primi organizzatori è costretta a ritirarsi: il problema era la partecipazione di relatori giudicati non completamente allineati su ogni aspetto delle battaglie pro life. Così al nome della Marcia viene affiancato lo slogan "senza compromessi", per evitare qualsiasi ambiguità. Nello stesso tempo però fette consistenti del mondo pro-life non partecipavano alla Marcia che infatti, anche negli anni più brillanti, non ha mai superato qualche migliaio di partecipanti.L'arrivo del Covid, e la diatriba sui vaccini preparati con linee cellulari provenienti da feti abortiti, ha fatto il resto: non è un segreto che chi aveva la massima responsabilità della Marcia ha sostenuto la vaccinazione senza se e senza ma. Si è così creata una frattura insanabile che ha portato il Comitato Marcia per la Vita a sciogliersi l'anno scorso e a rendere impossibile una nuova Marcia con la stessa dirigenza (che però ha mantenuto il marchio).INIZIATIVA ECUMENICASono entrate così in gioco altre associazioni che hanno preso il testimone, cogliendo l'occasione per proporre una iniziativa che solo apparentemente è in continuità con la storia precedente, tanto è vero che sabato mancheranno proprio le componenti che hanno finora sostenuto la Marcia per la Vita: si è passati infatti da una concezione esclusivista, fortemente connotata dal punto di vista cattolico, a una iniziativa "ecumenica" che tende a riunire tutti a costo di ammorbidire i contenuti ed evitare le questioni più spinose. In effetti leggendo il manifesto appare chiaro che, sebbene il giudizio negativo sull'aborto sia netto, si evitano riferimenti alla legislazione italiana puntando invece sulla testimonianza positiva per la vita. E questo anche in un momento in cui quanto sta accadendo negli Stati Uniti, con il possibile rovesciamento della sentenza della Corte Suprema sull'aborto, dovrebbe indurre a maggiore coraggio sulla possibilità di cambiare il corso della legislazione.Ma soprattutto si evita accuratamente il tema che pure ha lacerato il mondo pro life in questi due anni, ovvero il vaccino, e anche una condanna più generica dell'uso di linee cellulari di feti abortiti nell'industria farmaceutica (non solo vaccini anti-Covid dunque) è sparita dal manifesto finale. La domanda è d'obbligo: quanto può essere solida un'unità che evita le questioni più spinose, su cui ci sarebbe davvero bisogno di chiarirsi? In fondo è la stessa Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede sui vaccini anti-Covid a chiedere ad aziende farmaceutiche e governi di produrre e commercializzare farmaci evitando l'uso di quelle linee cellulari.IDENTITA' DILUITA... EPPURE ANCORA NON BASTA AL MOVIMENTO PER LA VITAC'è da aggiungere che quanti dei partecipanti alle vecchie marce per la vita non aderiscono alla Manifestazione di quest'anno obiettano anche sul titolo dato alla manifestazione, "Scegliamo la vita", uno slogan di vago sapore pro-choice. Il tema della scelta, in effetti, appartiene al fronte abortista, tradizionalmente nel fronte pro-life si parla di accoglienza della vita, essendo questa un dono.Ma è chiaro, in questo, tutto lo sforzo degli organizzatori di trasmettere un messaggio positivo, di trovare parole e slogan su cui tutti - o perlomeno il maggior numero possibile - possano ritrovarsi in qualche modo. Per questo c'è anche la massima attenzione a evitare che gruppi o singoli attivisti pro life portino manifesti o immagini che possano creare problemi, sul sito della manifestazione ci sono anche gli slogan da stampare su striscioni e cartelloni, i soli consentiti. È uno sforzo certamente diretto alla Chiesa istituzionale per averne il sostegno, inclusa l'adesione del Movimento per la Vita. Quest'ultimo tentativo è però clamorosamente fallito in modo addirittura grottesco. Il Movimento per la Vita, guidato da Marina Casini, ha infatti partecipato a tutta la fase preparatoria della Manifestazione, influenzando pesantemente il contenuto del manifesto e chiedendo anche garanzie per isolare o silenziare eventuali gruppi e associazioni giudicate estremiste. Dopodiché, l'assemblea del Movimento per la Vita ha comunque bocciato la proposta di adesione e la presidentessa Marina Casini ha dovuto inviare una imbarazzata e patetica lettera di spiegazione ai membri del Movimento.Risultato: l'adesione di tante associazioni e la prevista partecipazione in massa del movimento neocatecumenale, per quanto positive, non possono comunque nascondere la realtà di un movimento pro-life italiano che resta molto frammentato e diviso. Ci si può solo augurare che si abbia più coraggio di un confronto vero e trasparente, e senza reciproche scomuniche, sulle questioni di fondo che riguardano la vita perché cresca una unità su ciò che conta davvero. E che la manifestazione del 21 maggio possa essere un passo in questa direzione.Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Riccardo Cascioli, nell'articolo seguente dal titolo "Avvenire e aborto, il fascino discreto della Legge 194" fa notare che il quotidiano della CEI, pur facendo un resoconto della manifestazione per la vita, in realtà difende la legge 194 del 1978 che in Italia ha introdotto l'aborto.Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 24 maggio 2022:Il segnale politico è chiaro: la Chiesa italiana - ovvero la sua gerarchia - difende la legge 194 che ha introdotto l'aborto nel 1978, ma lo fa in modo discreto, con una breve colonnina pubblicata da Avvenire (il giornale della Conferenza Episcopale Italiana, CEI) a fianco del resoconto della manifestazione per la vita svoltasi a Roma sabato 21 maggio. Il testo non è firmato, ma è chiaramente impensabile che su un tema tanto delicato possa uscire una nota del genere - molto precisa in quel che vuole comunicare - per distrazione o per l'iniziativa di un redattore disinformato o malintenzionato. E non può certo essere casuale il momento scelto, ovvero all'indomani della Manifestazione per la vita, a fianco del resoconto (neutrale) di cronaca, come a voler rassicurare qualcuno che comunque la Chiesa farà di tutto per evitare che venga messa in discussione la legge 194.Cosa dice infatti questa nota che sotto l'etichetta "Da sapere" viene titolata "L'obiettivo della 194"? Vale la pena riportare il testo completo:
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6810CON IL GENERALE FIGLIUOLO LA CAMPAGNA VACCINALE E' DIVENTATA UN'OPERAZIONE MILITARE di Riccardo CascioliDobbiamo dire la verità: quando lo scorso 1 marzo il presidente del Consiglio Mario Draghi ha nominato il generale Francesco Paolo Figliuolo nuovo Commissario straordinario per l'emergenza Covid-19 avevamo sottovalutato la questione. Ci sembrava una operazione tipo Protezione Civile, dove il ricorso a un generale si giustificava con la necessità di una efficienza logistica.Ma con il passare del tempo - e con gli atteggiamenti di Figliuolo sempre più decisionisti e non limitati al semplice aspetto organizzativo - è cresciuta una sensazione molto diversa, ovvero che la presenza di un generale in prima linea nell'operazione vaccino sia funzionale a una militarizzazione della campagna vaccinale, per piegare qualsiasi resistenza alla inoculazione di Stato. In altre parole, la sensazione è che fin da subito si intendesse procedere alla vaccinazione totale e che per questo si sia disposti anche alla repressione violenta di chiunque cerchi di sfuggire.INTOLLERANZA VERSO QUALSIASI FORMA DI DISSENSONe è stata un esempio in questi mesi la crescente intolleranza verso qualsiasi forma di dissenso (dai social fino al divieto di manifestazioni pacifiche), soprattutto se paragonata alla estrema tolleranza mostrata in questi anni verso sigle in odore di terrorismo internazionale o gruppi fondamentalisti, o verso gruppi dichiaratamente violenti come i Black blocs e i Centri sociali. Ma in questi ultimi giorni si è compiuto un altro passo inquietante: la decisione del generale Figliuolo (d'accordo con Draghi) di usare reparti dell'esercito per garantire tamponi a domicilio per studenti di classi dove si registrano singoli casi positivi. Ovviamente la ragione ufficiale è quella di evitare un eccessivo numero di classi obbligate a ricorrere alla Didattica a Distanza, che già oggi riguarda ben 8.500 classi secondo quello che scrive Repubblica.Vuol dire che ben presto decine di migliaia di famiglie in Italia si vedranno arrivare in casa dei soldati in uniforme per ravanare nel naso dei propri figli. Quindi non solo nelle strade, ce li vedremo entrare in casa e sembrerà anche una cosa buona, perché l'alternativa - secondo governo e aziende sanitarie - sarebbe costringere a casa gli studenti con pesanti problemi per loro e per i genitori. Intanto però diventerà normale ritrovarsi in casa uomini in divisa.Nel frattempo con le nuove norme del Super Green Pass (in attesa della versione Turbo) basterà che una regione prenda un po' di colore che ci ritroveremo polizia ed esercito anche nelle strade a controllare i lasciapassare. E sembrerà anche questa una cosa buona, perché ovviamente la gente è convinta che sia per tutelare la nostra salute. Anzi, vedremo delle scene in cui intorno al malcapitato beccato senza Green Pass si agiteranno persone che ne richiederanno la condanna a morte. Insomma, tra poche settimane le città italiane potrebbero presentare uno scenario non diverso da quello che era comune nei Paesi del Patto di Varsavia o in certi Paesi latino-americani.LA COSTITUZIONE NON GARANTISCE NULLAQuanto accaduto negli ultimi mesi purtroppo non esclude affatto questa deriva. Si dirà: ah, ma legge non lo permette! Ah, ma la nostra Costituzione è garanzia che non accadrà. Davvero? Neanche la dichiarazione dello stato d'emergenza per motivi sanitari è prevista dalla Costituzione; men che meno è possibile per la legge italiana governare in emergenza con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, che sono atti amministrativi; non sarebbe neanche lecito imporre la firma di un consenso informato in cui si accetta “liberamente” un'azione che è imposta dallo Stato. Eppure tutto questo è avvenuto e avviene con il consenso dei partiti, della magistratura, dei media e - ovviamente - di gran parte del popolo.E adesso abbiamo un ulteriore passo in avanti in questa creatività da regime: in Veneto vengono chiusi i centri per i tamponi a chi non presenta sintomi da Covid. Vale a dire che si ridurranno al minimo (solo in farmacia) le possibilità di quanti non sono vaccinati di avere il normale Green pass che serve per andare a lavorare o in tutti i luoghi in cui è richiesto e consentito. Una decisione dichiaratamente ostile ai famigerati “no vax” (definizione sbagliata ma che serve a generare il massimo del disprezzo contro questo nemico) per rendere loro la vita impossibile, con la giustificazione ufficiale che, essendoci la priorità della vaccinazione, il maggior numero dei medici deve essere dirottato nei centri vaccinali. La motivazione è ridicola, visto che i dati dicono che in Veneto è stata vaccinata con ciclo completo l'84,1% della popolazione sopra i 12 anni, e neanche nei momenti di punta delle vaccinazioni di prima e seconda dose s'è mai creata questa penuria di sanitari vaccinatori.Anche questo è un sopruso bello e buono, una prevaricazione che in uno Stato di diritto non sarebbe ammissibile. Ma è da tempo ormai che non siamo più in uno Stato di diritto, è l'ideologia e il potere che detta legge giorno per giorno senza neanche più preoccuparsi di avere una copertura giuridica. E la figura inquietante del generale Figliuolo è lì a ricordarcelo.
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