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Storia della civiltà cristiana | RRL
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Storia della civiltà cristiana | RRL

Author: radioromalibera.org

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I personaggi e le vicende del passato ci aiutano a comprendere il nostro presente. Ascolta il podcast di radioromalibera.org. Ogni venerdì alle ore 17 una nuova puntata.

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Luisa Maria, vedova a soli 34 anni, assume la reggenza per il figlio Roberto, di appena 6. Sarà sovrana accorta, prudente, intelligente. I suoi primi provvedimenti, tra cui una riduzione dell’esercito, risanano rapidamente le casse dello Stato, incontrando «il genio di tutti» e facendo «rivivere la pubblica fiducia». Fiducia, che tuttavia non potrà salvarla dall’incalzare dell’esercito franco-piemontese nella cosiddetta seconda guerra d’indipendenza. Il 9 giugno 1859 Luisa Maria si trasferisce nel castello di Wartegg, presso Sankt Gallen in Svizzera.
Ferdinando Carlo sale sul trono di Parma come Carlo III il 14 marzo 1849. Insieme a Luisa Maria regalerà al Ducato anni di benessere e importanti innovazioni. Verranno ad esempio introdotti il servizio telegrafico, la strada ferrata, la prima mutua d’assicurazione, l’illuminazione a gas e la lega doganale. I difetti del padre, però, Carlo li ha ereditati tutti e presto emergono, offuscandone i pregi. Passerà dunque alla storia come un sovrano stravagante e inaffidabile. Su di lui gravano giudizi severi, ma forse non s’allontana dal vero il parmigiano Italo Pizzi quando nelle sue Memorie annota che «più che cattivo fu un mentecatto».
Scorre sangue reale francese nelle vene dell’ultima duchessa di Parma, Luisa Maria di Borbone. Suo padre è infatti quel duca di Berry assassinato da un mazziniano, che sperava così di estinguere la dinastia dei Borbone, mentre sua madre è quella coraggiosissima Maria Carolina, che, portando invece in grembo l’erede al trono, organizzò la rivolta legittimista in Vandea per tutelarne i diritti dalle pretese del Re borghese Luigi Filippo d’Orléans.
Beatrice d’Este nasce nel 1226 nel Castello di Calaone. Cresce fra le lodi dei poeti, insensibile agli splendori della corte, attratta dal chiostro, benché la sua bellezza attiri molti pretendenti alle nozze.
238 - Don Paolo Albera

238 - Don Paolo Albera

2021-12-0304:58

Don Paolo Albera, del quale quest’anno ricorrono cent’anni dalla morte, è stato il secondo successore di san Giovanni Bosco alla guida della congregazione salesiana. Figura poco nota, a differenza del primo e del terzo successore di don Bosco.
Nel 1748, con la pace di Westfalia, tornano i Borbone nella persona di don Filippo, fratello minore di Carlo I. Il nuovo duca è sposato con la figlia maggiore di Luigi XV, Elisabetta, la quale scrive lettere di fuoco al padre, lamentando la povertà e la desolazione dello staterello in cui è finita. Reazione: Luigi inizia a spedirle personale di ogni tipo (dal cuoco al pasticciere allo stalliere), arredi, vettovaglie e finanziamenti. Risultato: Parma diventa una città colta, progredita e di cultura illuministica francese. Viene anche rimodellata sul modello di Versailles la reggia di Colorno. Su 40 mila abitanti, 4 mila sono francesi. Ne restano tracce evidenti nel dialetto.
Il 1521 è la prima data significativa nella storia di Parma, che, assieme a Piacenza, dopo numerosi mutamenti successivi alla caduta degli Sforza di Milano (1499), passa stabilmente sotto il controllo del Papato. E proprio in quel giro d’anni le chiese si rivestono dei meravigliosi affreschi ancora visibili. Nel 1527 Alessandro Farnese, il futuro papa Paolo III, s’insedia a Parma come vescovo.
«Il cavaliere Agnolo Biffi si trovò a grandissimo pericolo colla galea, ch’egli guidava, e combatté valorosamente sino a che il grido della vittoria lo liberò, ma vi morirono in essa almeno circa sessanta uomini di valore: tra i quali furono Simone Tornabuoni, Cavaliere di Santo Stefano, e Luigi Ciacchi: i feriti ascesero alla somma di circa cento cinquanta e il detto capitano restò ancora egli ferito da due archibusate alla gola»: è, questa, una pagina del Diario Fiorentino di Francesco Settimanni, in cui dopo una sintetica ma efficace descrizione dello scontro, il cronista fa il punto sulle perdite toscane.
La battaglia della flotta dispersa. Così gli Ottomani chiamarono la sconfitta subita a Lepanto. Problemi economici, del resto, li costrinsero a puntare sull’esercito di terra, il che rese la loro forza navale meno minacciosa d’un tempo. L’Occidente, a Lepanto, non avrebbe dovuto vincere, analizzando semplicemente le forze in campo. Il trionfo giunse perché allo scontro partecipò gente ancora capace di affidarsi a Dio.
La Repubblica di San Marco, che, sia per i suoi territori lungo l’Adriatico e le isole dell’Egeo, sia per i commerci lungo tutto il Mediterraneo, si trovava ad essere fra le più esposte alle scorrerie turche, aderì subito all’appello. Pertanto mise a disposizione della flotta crociata ben 215 unità navali di varie dimensioni e utilizzo. Sappiamo che, in quanto considerata di vitale importanza per la Repubblica, da sempre la marina veneta era di stretta competenza del Senato. Infatti, come evidenziato da Mario Nani Mocenigo, risulta che tutte le decisioni relative alla flotta, al suo armamento, alle artiglierie, all’arsenale, al personale venivano sempre prese dal Senato.
Fortunatamente già da alcuni anni gli storici più obiettivi del Risorgimento in Italia hanno cominciato ad inquadrare nelle loro giuste coordinate il fenomeno del cosiddetto “brigantaggio” meridionale, che viene ora visto come una vera e propria insurrezione politica fondata sulla volontà di riportare il Regno di Napoli al suo legittimo sovrano.
La beata Margherita di Savoia è fra i sei beati di Casa Savoia e fra i 29 dell’Ordine Domenicano. Figlia del conte Amedeo di Savoia-Acaja e di Caterina di Ginevra, sorella dell’antipapa Clemente VII. Margherita si meritò l’appellativo di “Grande”: fu infatti testimone d’evangelica grandezza nei differenti stati in cui Dio la mise alla prova, come figlia, sposa, sovrana, monaca e mistica.
La battaglia di Waterloo (18 giugno1815) chiuse la serie delle guerre iniziate nel 1792 contro la Francia rivoluzionaria e napoleonica. Toccò proprio a un generale britannico, il Duca di Wellington, infliggere a Napoleone la sconfitta definitiva. Nel 1813, dopo la decisiva battaglia di Lipsia, i vincitori di Napoleone avevano esitato sulla sorte da riservare alla Francia, arrivando poi alla restaurazione del Re legittimo Luigi XVIII e alla firma della prima pace di Parigi (30 maggio 1814).
«La libertà discende dalla morale cristiana, essa vive di generosità e di perdono»: in questa frase c’è l’anima di Giovanna di Savoia (1907-2000). Nella Regina di Bulgaria, scomparsa 15 anni fa, dolcezza e rigore non furono mai disgiunti; il dovere non era che la base di partenza del suo modo di agire, sul quale edificare l’amore di Cristo.
Nata nella «città più reazionaria d’Italia», educata alla corte degli Austria-Este, figlia di quel Francesco IV odiatissimo dai liberali e vestito dei panni del tiranno perfetto da Stendhal nella Certosa di Parma, Maria Teresa ereditò tutti i valori dell’Ancien Régime, una fede profonda e il coraggio di combattere per difenderla.
Considerato uno dei maggiori capolavori del Rinascimento, l’edificio presenta archetipi dell’architettura rinascimentale: le campate del portico basate sul modulo equivalente a dieci braccia fiorentine, l’uso dell’arco a tutto sesto, la sottolineature del disegno dei piani con le modanature in pietra serena sull’intonaco chiaro e tutti i riferimenti all’architettura classica.
Lo Spedale degli Innocenti di Firenze fu realizzato grazie a un lascito testamentario di 1.000 fiorini del mercante pratese Francesco Datini ed agli introiti successivi di singoli benefattori (altri mercanti e principalmente dall’Arte della Seta), su progetto iniziale di Filippo Brunelleschi.
San Lorenzo Ruiz è il protomartire del Paese più cattolico dell’Estremo Oriente, le Filippine. Versò il proprio sangue insieme a 15 compagni, tutti negli anni compresi fra il 1633 e il 1637, per la fede nella Verità e per amore di Cristo, presso la città di Nagasaki, in Giappone.
Prima dell’8 settembre 1943 morirono 422 preti e cappellani militari sotto i bombardamenti alleati. Nelle file della Resistenza i religiosi morti furono 191: 158 trucidati dai tedeschi e 33 dai repubblichini. Ben 108 sono stati vittime dei partigiani comunisti, specie nell’Emilia rossa: 53 durante la Resistenza, 14 prima della Liberazione, 41 dopo. Stare al fronte era meno pericoloso che rimanere all’ombra del campanile. Dei 408 preti morti violentemente, 238 furono parroci, 41 viceparroci, 129 seminaristi, novizi e religiosi laici.
Nel 1660, dopo la morte di Oliver Cromwell, il generale George Monck ebbe un ruolo fondamentale nel chiudere il periodo repubblicano e restaurare la monarchia in Gran Bretagna nella persona di re Carlo II. Napoleone Bonaparte avrebbe potuto svolgere lo stesso ruolo in Francia, ma preferì conseguire il potere per sé, fondando una sua effimera dinastia.
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