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Pillole di teologia
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Pillole di teologia

Author: RBE - Radio & Tv

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Rubrica e podcast di divulgazione teologica a cura di Fulvio Ferrario, decano della Facoltà valdese di teologia
35 Episodes
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Nel quarto ed ultimo appuntamento di questo breve ciclo curato da Fulvio Ferrario dedicato a temi controversi del pensiero cristiano, si parla di predestinazione. Un concetto che alcuni associano, non del tutto correttamente, esclusivamente al pensiero di Calvino e alla tradizione protestante.La riflessione di Ferrario parte dall'apostolo Paolo, il quale nelle sue lettere (epistola ai Romani) parla in modo approfondito dell'idea secondo cui l'essere umano viene liberato dalla propria condizione di colpa esclusivamente dalla grazia di Dio. La parola grazia arriva dal vocabolazio giuridico: chi è condannato riceve grazia. Cristo ci libera quindi per pura grazia: un intervento esterno, gratuito, libero, incondizionato.La decisione di Dio di salvarci però non è improvvisa, bensì eterna: una predestinazione. Prima ancora della nostra nascita, il nostro destino, la nostra destinazione è già determinata.
La puntata di oggi parla del peccato originale con Fulvio Ferrario.La parola "peccato" rimanda ad alcuni un concetto di soggezione, di punizione. Ma come si è iniziato a parlare di peccato originale? L'antico testamento non lo fa, racconta la storia di Adamo ed Eva.Addirittura tra gli studiosi qualcuno mette in discussione il racconto di Genesi 2,3 (del frutto proibito) e viene concepito come un mito di crescita.Il concetto del peccato umano si ritrova nell'apostolo Paolo: "In Adamo tutti abbiamo peccato e in un uomo tutti siamo stati salvati".Sarà poi il teologo Agotino D'Ippona a definire una dottrina del peccato originale, secondo cui gli esseri umani nascono con una colpa ereditaria, che si trasmette di generazione in generazione e che caratterizza la condizione umana.
Per questa seconda puntata di questo piccolo ciclo di trasmissioni dedicato a questioni cruciali del cristianesimo, affrontiamo il tema "Fede e Ragione".La parola torna a Fulvio Ferrario, pastore e professore di teologia sistematica presso la Facoltà valdese di Roma.La Fede viene, spesso, nella cultura e mentalità contemporanea, presentata come il contrario della ragione: "Io credo quello che non so, e lo credo perchè non lo so, se lo sapessi non avrei bisogno di credere".In alcuni casi si pensa che la ragione demolisca la fede.Sarà sempre vero?
La parola in pillole di teologia torna a Fulvio Ferrario, pastore e professore di teologia sistematica presso la Facoltà valdese di Roma.Ci propone un breve ciclo di quattro puntate dedicate a quattro temi del discorso intorno alla fede cristiana, temi su cui sovente si sentono dire cose inesatte e su cui sono diffusi pregiudizi.Nelle quattro puntate siparlerà quindi di: - Idea di rivelazione: cosa significa?- Il rapporto tra fede e ragione- Il tema del peccato originale- La predestinazioneIn questa prima puntata si affronta quindi l’idea di rivelazione. Esistono religioni rivelate, come il cristianesimo, che si fondano cioè su una comunicazione da parte di Dio. Rivelazione, nella nostra società, è però sovente interpretata come una parola antipatica. Spiega Ferrario: "Il cristianesimo fa appello ad una rivelazione, ma questo non esclude affatto il dubbio. Esistono delle frasi che si chiamano "dogma", ma che non sono sinonimo di "affermazione indiscutibile".
Tra tutti i personaggi dell'Antico Testamento spicca Mosè. Più degli altri, un personaggio importante nel racconto biblico, ma anche per il numero di ruoli, di funzioni, che nella sua figura si sommano. E ogni ruolo è svolto in modo eccellente. Mosè è condottiero, guida del popolo, mediatore della legge, intercessore, sacerdote...Ci soffermiamo sul tratto di Mosè come sommo profeta, il "profeta per eccellenza". Nel racconto della sua vocazione, il roveto ardente, Dio lo incarica di guidare l'esodo e questo incarico ha la stessa struttura delle vocazioni che sono rivolte ad altri profeti. La vocazione di Mosè ha però la caratteristica singolare perché Mosè rivolge a Dio ben cinque obiezioni.
L'Antico Testamento parla del destino umano da due estremi. Da un lato c'è l'idea che in quanto umani, creature nate, un giorno moriremo. La mortalità fa parte della condizione umana, non c'è nessun umano che non sia anche morto. Dall'altra parte c'è l'idea che un giorno i morti risorgeranno. L'affermazione forse più importante è quella secondo cui la giustizia di Dio ha l'ultima parola. Cos'è la giustizia di Dio? Non solo la giustizia retributiva in cui i malvagi e i prepotenti vengono puniti e sconfitti, ma anche l'azione con cui riscatta gli ultimi, rende ragione agli innocenti perseguitati.
Il Salmo 8 si apre con lo sguardo rivolto ai cieli opera delle dita di Dio, ma passa subito ad una considerazione sulla piccolezza degli umani sullo sfondo dell'enormità e della meraviglia del cosmo. "Che cos'è l'uomo, perché tu lo ricordi? Che cos'è l'umano perché tu tu occupi di lui?". Questo Salmo si accompagna al racconto della creazione, dove in Genesi (1, 26-28) Dio dice «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». Cos'è quindi questo incarico di dominare la terra, come dobbiamo interpretarlo? L'invito di Dio a dominare il creato nel testo è all'interno di una benedizione, la parola con cui Dio augura e promuove il benessere delle creature.
Nel libro dell'Esodo, al capitolo 3, Mosè ha la celebre visione del roveto ardente. In quell'occasione Dio gli affida l'incarico di far uscire "il mio popolo, i figli d'Israele, dall'Egitto".Si tratta della prima volta che troviamo insieme queste parole, dette da Dio: popolo, mio, figli d'Israele. Israele è anche l'altro nome di Giacobbe, il patriarca che scende in Egitto con la sua numerosa famiglia che diventerà poi un popolo oppresso dal faraone. La voce dal roveto ardente dichiara che la famiglia di Giacobbe è il popolo di Dio. Ecco perché il libro dell'Esodo è una delle più importanti descrizioni dell'identità di Israele.
Riprendiamo l'analisi dell'Antico Testamento, partendo dal libro dell'Esodo. Un libro che racconta della schiavitù del popolo di Israele in Egitto, della sua liberazione operata da Dio tramite Mosè, dell'inizio del suo cammino nel deserto verso la terra promessa e nella sua seconda parte racconta della rivelazione della legge di Dio sul monte Sinai e del patto che Dio stipula con il suo popolo. Il libro dell'Esodo è fondamentale anche per capire chi è Dio nell'Antico Testamento.L'altro grande tema del libro è quello della vocazione.
Tra i vari termini che sono usati nell'Antico Testamento nella Bibbia ebraica per esprimere il rapporto che Dio ha con l'umanità e in particolare con il suo popolo Israele, c'è una parola ebraica che viene normalmente tradotta con alleanza o patto. Nelle nostre lingue moderne, quando parliamo di patto o alleanza, immaginiamo sempre il risultato di una negoziazione tra due parti che si impegnano a garantirsi qualcosa. Possono essere accordi commerciali, trattati di pace, alleanze militari. Nella Bibbia ebraica si sottolinea invece l'impegno che Dio si assume.
La conduzione di Pillole di teologia passa a Daniele Garrone, professore ordinario di Antico Testamento presso la Facoltà valdese di Teologia. Con la puntata di oggi comincia una serie di pillole di teologia dedicate all'antico testamento. Il discorso di Garrone parte da questo concetto: una delle più importanti dichiarazioni fatte da chiese protestanti sul rapporto tra cristiani ed ebrei (Sinodo Renania 1980) parla dell'Antico Testamento come del fondamento comune a ebrei e cristiani, e precisa che questo fondamento vale sia per la fede che per l'azione. Un'acquisizione che supera secoli di polemiche, ma la riflessione di Garrone si sviluppa ulteriormente.
Con Eric Noffke della facoltà valdese di Roma la puntata di Pillole di teologia affronta oggi una domanda che sorge spesso non solo negli ambienti specialistici e che riguarda la figura di Paolo, sovente contrapposta a quella di Gesù.Paolo sarebbe l'inventore del cristianesimo, l'uomo che si è inventato una nuova religione abbandonando il giudaismo. Gesù ebreo e Paolo cristiano. Gesù il predicatore semplice , gentile, di un Dio di amore, Paolo il teologo mette al centro un Cristo risorto, un Gesù messia.
Un'altro tema che viene affrontato da Paolo nelle sue lettere è quello della schiavitù. Il cristianesimo è stato accusato di non aver saputo mettere in discussione lo statuto della schiavitù, così comune e normale al tempo. Anche vero però che il cristianesimo ha dato al tema un contenuto profondamente nuovo. Nella prima lettera ai Corinzi, capitolo 7, leggiamo: "Poiché colui che è stato chiamato nel Signore, da schiavo, è un affrancato del Signore; ugualmente colui che è stato chiamato mentre era libero, è schiavo di Cristo".Così come per la questione del matrimonio e del celibato, per Paolo questo discorso si inserisce nella convinzione che il tempo di quel secolo sta giungendo alla fine: se passo il tempo a preoccuparmi di come liberarmi dalla condizione di schiavo mi distraggo da Cristo.
Abbiamo visto gli elementi fondamentali dell'etica di Paolo: che cos'è l'etica, perchè un cristiano deve vivere in un certo modo anzichè in un altro.L'etica è l'espressione della nostra salvezza, il modo in cui noi viviamo la salvezza ricevuta in Cristo ogni nostro giorno. Per Paolo l'etica si fonda sull'azione dello Spirito di Dio in noi, che ci trasforma e cambia. Facciamo un passo avanti: come si affrontano le questioni pratiche della nostra vita? Come facciamo noi a definire un'etica cristiana partendo dalle lettere di Paolo?
Siamo giunti alla fine del capitolo 13 della lettera ai Romani, dove prosegue ancora il discorso sull'etica del cristiano secondo Paolo.Dice il professor Eric Noffke: "Sul tema dell'etica paolina siamo partiti dalla premessa che la nostra condotta non ci salva, ma è espressione dell'amore salvifico di Dio nelle nostre vite. Dio ci chiama ad appartenere a lui, in quanto figli e figlie. Il credente per Paolo è chiamato a responsabilità e di fronte a tutti i doni che il Signore ci fa il criterio selettivo di ogni nostro comportamento, cioè se stiamo agendo secondo la volontà di Dio, è l'agape, l'amore""Non abbiate debiti con nessuno, se non di amarvi reciprocamente.... L'amore non fa nessun male al prossimo; l'amore quindi è l'adempimento della legge".
Prosegue l'analisi della Lettera di Paolo ai Romani con il professor Eric Noffke, Facoltà Valdese di Teologia. Cosa significa vivere la vita nuova che abbiamo ricevuto in Cristo?Molto interessante la prima esortazione che Paolo fa ai Romani, al versetto 3 del capitolo 12: "Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato".Un'esortazione all'umiltà: non bisogna essere presuntuosi, arroganti.
Apriamo un capitolo nuovo, più ampio, nella riflessione intorno alla Lettera ai Romani, allargando lo sguardo ad altre lettere paoline. Nei capitoli da 12 a 15 Paolo apre l'ampio discorso dell'etica cristiana. "La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda".
Si conclude il ciclo sulla lettera ai Romani, affrontando i capitoli da 1 a 11.Spiega il professore e pastore valdese Eric Noffke: "Molti esegeti hanno pensato che questi capitoli fossero una piccola isola all'interno del fluire del ragionamento dell'apostolo Paolo. Costituiscono in effetti un'unità molto ben conclusa, in cui si parla del rapporto tra Israele e la fede in Cristo, ma riprendono anche, e approfondiscono, alcuni temi precedenti".
Siamo arrivato al capitolo 5 della Lettera di Paolo ai Romani. Un capitolo di passaggio che inizia con una frase riassuntiva:«Giustificati dunque per fede abbiamo pace con Dio per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo»Ma riassumendo introduce anche due concetti fondamentali che saranno sviluppati nei capitoli successivi: l'amore di Dio e lo Spirito Santo, ovvero l'azione di Dio all'interno della vita del credente.Concetti che verranno poi trattati nei successivi capitoli 6, 7 e 8.
Continuiamo a raccontare la Lettera ai Romani di Paolo, i capitoli due e tre.Paolo è un ex fariseo, un uomo in tensione, che dopo aver incontrato Gesù ha messo in discussione tutto. Di fronte a Dio - dice - siamo tutti sottomessi al peccato. Di fronte al Suo giudizio non ci sono differenze tra le persone.Ma come si manifesta la giustizia di Dio? L'unico modo per uscite dall'impasse dell'umanità schiacciata dal peccato è l'azione di Dio. L'idea di Paolo è che siamo giustificati gratuitamente per la Sua grazia attraverso il riscatto in Gesù.
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