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Il cielo sopra Pechino
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Il cielo sopra Pechino

Author: RBE - Radio & Tv

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Il cielo sopra Pechino. Storie dall'Asia di frontiera.

Ogni settimana Gabriele Battaglia, corrispondente da Pechino per Radio Popolare e collaboratore di Internazionale, dialoga con Marco Magnano per raccontare un territorio sconfinato e in continua trasformazione.

In onda su Radio Beckwith il sabato alle 10:30 e in replica la domenica alle 18.
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S06E29 - Sinistra Cina

S06E29 - Sinistra Cina

2023-06-1730:31

Per la penultima puntata della sesta stagione, Il cielo sopra Pechino lascia il Libano e torna, appunto, a Pechino, dove temperature record rendono la vita nient'affatto piacevole. A noi poco importa, perché invece di cuocere sotto il sole del presente abbiamo deciso di contemplare le stelle (rosse) del passato. Con Ralf Ruckus, autore di "The Left in China: A Political Cartography" (https://www.plutobooks.com/9780745342955/the-left-in-china/) cercheremo dunque di ripercorrere il filo più che mai rosso di una nobile storia e di indagare cosa è rimasto oggi di "sinistro" in Cina.
Ultima puntata da #Beirut, dedicata ancora una volta a una città che esclude sempre più gli ultimi, e che è simbolo di un Paese in cui convivono un sistema settario e un modello liberista senza freni.Come si è trasformata la città? Dov'è finito il settore pubblico? In questa puntata corale, Marco e Gabriele discutono con Aya Rafeh, (artista murale e attivista), Alaa Sayegh (attivista e specialista di economia solidale) e Albert Kostanian (docente presso la American University di Beirut e fondatore di Kulluna Irada).
Giovani che se possono se ne vanno, rifugiati che arrivano nell'ordine delle centinaia di migliaia, una popolazione che vive di rimesse della diaspora; a governare il tutto un sistema settario a compartimenti stagni, che di fatto non governa un bel niente, ma redistribuisce favori e prebende.Una puntata che si spinge fino ai limiti occidentali dell'Asia (di frontiera, appunto), dove i due conduttori si sono trovati spalla a spalla per qualche tempo a indagare le tante anomalie e complessità del Libano. Con noi ci sarà Aya Rafeh, attivista e artista di strada che rappresenta bene la generazione della Thawra - la protesta del 2019 che chiedeva giustizia, diritti e servizi - nonché le diverse anime culturali del Libano.
Si parte dall'Afghanistan ma non di solo Afghanistan si parla. Ha indicato la Cina come nemico, fa pressione sui talebani, rischia di essere una spina nel fianco e il terzo incomodo nei tentativi di collaborazione tra Pechino e Kabul. È lo Stato Islamico-Provincia del Khorasan, che prende il nome da una regione storica dell'Asia Centrale ed è stato protagonista di alcuni dei più spettacolari attentati del recente passato.Conosciamo meglio questa "succursale" di Daesh insieme a Giuliano Battiston, direttore dell’associazione di giornalisti indipendenti Lettera22 e profondo conoscitore del mondo jihadista.
Facciamo il punto sul conflitto globale presente e futuro.A partire dalla guerra dei chip, per proseguire con l'Ucraina, Taiwan e le visioni dissimili dell'ordine globale, proviamo a tastare il polso al confronto tra Usa e Cina. Siamo in piena trappola di Tucidide? Con noi, il giornalista e saggista Marco D'Eramo, punta di diamante della "New Left Review", con cui cercheremo di capire se ci troviamo di fronte all'edizione aggiornata della Guerra Fredda.
Il recente accordo tra Iran e Arabia Saudita siglato a Pechino pone ancora una volta il problema del rapporto tra Cina e Islam. Dal settimo secolo, la religione di Maometto è presente oltre Muraglia, dove è molto più visibile, anche architettonicamente, che da noi. E nonostante la repressione in Xinjiang, Pechino sembra parecchio interessata, di recente, a rafforzare i rapporti con i paesi islamici, nel segno dell'economia e del pragmatismo.
Si parla di “sviluppismo” per definire modelli politici diversi che però hanno in comune l'obiettivo di accelerare l'ingresso di economie cosiddette tradizionali, perlopiù agricole, in una presunta modernità. Abbiamo abbastanza dimestichezza con lo sviluppismo dell'Asia Orientale - Giappone, Corea, Cina e Taiwan - ma quasi nulla si sa e si dice di un'altra zona sempre più importante del mondo: l'Asia Centrale.Che modelli stanno adottando gli "Stan" ex sovietici?Ce lo racconta Franco Galdini, ricercatore presso l’Università di Manchester con lunghi trascorsi in Asia centrale.
In questa stagione abbiamo parlato molto di “Sud globale”, ovvero di quella parte di mondo che si contrappone al cosiddetto “Nord” o “Occidente”. Ecco, l’abbiamo spesso fatto mettendo al centro la Cina, motore economico fondamentale e sempre più anche motore politico. Però c’è un altro Paese che incarna la natura di “Sud globale” forse più di ogni altro: il Brasile.Con il ritorno alla presidenza di Luiz Inácio "Lula" Da Silva, Brasilia sembra proprio volersi rimettere al centro della scena. E infatti Lula è volato a Pechino per incontrare Xi Jinping, per poi andare a Shanghai per l’insediamento della nuova direttrice della Nuova Banca di Sviluppo dei BRICS, ovvero l’ex Presidente Dilma Rousseff. Qui, Lula ha usato parole importanti contro l’egemonia del dollaro.«Ogni sera – ha detto – mi chiedo perché tutti i paesi debbano basare il loro commercio sul dollaro. Perché non possiamo commerciare in base alle nostre valute? Chi è stato a decidere che il dollaro fosse la valuta dopo la scomparsa dello standard aureo?».Parole che sono sicuramente suonate molto dolci alle orecchie di Xi Jinping, unite a tutte le altre che ha speso durante questo viaggio. Infatti Lula ha detto che gli interessi del Brasile nei rapporti con la Cina non sono solo commerciali, ma anche politici – in questo marcando un netto distanziamento da Washington – e che bisogna riformare il governo mondiale dando più rappresentanza alle Nazioni Unite; ha fatto appello alla creazione di una valuta alternativa al dollaro nelle transazioni commerciali tra le nazioni che fanno parte dei BRICS; ha fatto una visita molto simbolica a Huawei, cioè la più famosa impresa tecnologica colpita dalle sanzioni unilaterali di Washington. Di tutto questo parliamo oggi insieme ad Alfredo Luis Somoza, una voce che molti conoscono e riconoscono, ma soprattutto giornalista, saggista e attivista, molto attento a tutto ciò che si muove nell’America del Sud.
Le ultime settimane sono state caratterizzate da un gran numero di viaggi diplomatici, al punto da essere diventato davvero difficile tenere traccia di tutti gli spostamenti interessanti.Giovedì 6 aprile è stato il momento di Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen a Pechino, dove hanno incontrato Xi Jinping per parlare di economia, certamente, ma anche della guerra in Ucraina, un tema inevitabile a qualsiasi livello diplomatico.Sempre giovedì, la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, ha incontrato a Los Angeles lo speaker della Camera statunitense, Kevin McCarthy. È la figura più in alto degli Stati Uniti a incontrare un leader taiwanese sul suolo americano dal 1979.Ma c’è una visita che ha fatto poco rumore e che ci riporta indietro di un paio di settimane, quando Kishida Fumio, il primo ministro giapponese, ha visitato l'Ucraina. Questa visita è avvenuta con una singolare simmetria: nelle stesse ore il leader cinese Xi Jinping volava a Mosca per incontrare Vladimir Putin e ribadire la reciproca vicinanza. Un incrocio affascinante per lo schema a cui ci ha abituato il Ventesimo secolo, con Pechino e Tokyo decisamente ai ferri corti.Però il Giappone, a differenza della Cina, negli ultimi anni ha fatto poco parlare di sé sul piano internazionale. Per cercare di capire cosa si stia muovendo in questo senso, oggi torna con noi Marco Zappa, ricercatore in studi sul Giappone presso l'Università Ca' Foscari di Venezia.
Oggi il nostro discorso riparte proprio dal punto in cui si è fermato la scorsa settimana.Insieme all’economista Christian Marazzi ci eravamo addentrati nella relazione tra valuta e politica globale, toccando il delicato tema della de-dollarizzazione e di quanto la Cina stia lavorando per costruire, diciamo così, un sistema multipolare anche nel campo della moneta. Oggi riprendiamo facendo il punto sulle nuove crisi bancarie cominciate nel cuore del mondo economico-finanziario occidentale: la Silicon Valley e la Svizzera. Secondo Christian Marazzi c’è un nesso tra le politiche della Federal Reserve e un tentativo politico di repressione delle lotte operaie e dei tentativi della Cina e di tutti quelli che sperimentano forme di de-dollarizzazione. Ce lo spiega meglio, ancora una volta, proprio Christian Marazzi.A proposito di finanza, ve lo ricordate Jack Ma, il fondatore di Alibaba, il gigante dell’e-commerce? Dopo due anni e mezzo lontano dai riflettori è ricomparso nella natia Hangzhou, annunciando l'avvento di “un'era digitale guidata da intelligenza, creatività, responsabilità e pensiero indipendente”. Jack Ma fa da testimonial al governo cinese che intende tranquillizzare la comunità imprenditoriale e attirare gli investitori internazionali dopo i chiari di luna degli anni segnati dal Covid? Annuncia l'avvento di un nuovo “balzo tecnologico”, per cui tutta la Cina è chiamata a mobilitarsi?
È stata la settimana del viaggio di Xi Jinping in Russia dove, a detta di molti e soprattutto degli stessi protagonisti, è nato un nuovo ordine multipolare. Quale che sia questo ordine multipolare già esistente o futuribile, noi oggi vogliamo farvi accenno partendo da uno dei pilastri fondamentali di qualsiasi ordine globale che si rispetti: la finanza e, in particolare, la moneta.Tra le altre cose, sembra proprio che Cina e Russia intendano sganciarsi dal sistema del dollaro come valuta di scambio e di riserva, un processo che in realtà è in corso, almeno a parole, da anni, ma che non è mai comprensibilissimo. Ed è proprio per fare un po’ chiarezza che oggi incontriamo Christian Marazzi, economista, docente e responsabile della ricerca sociale alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.Da anni, Marazzi studia e racconta gli effetti della valuta e più in generale della finanziarizzazione dell’economia come strumento-chiave del capitalismo post-fordista sia a livello micro - all’interno della vita quotidiana e delle relazioni - sia a livello macro, con un occhio ai grandi dossier della politica internazionale.
La proiezione internazionale della Cina si fa sempre più evidente e passa attraverso alcuni momenti chiave. La prossima settimana Xi Jinping visiterà Putin a Mosca per parlare del conflitto in Ucraina e delle possibili soluzioni a una guerra che non sembra avere una via d'uscita militare.Venerdì 10 marzo, invece, proprio a Pechino è stato firmato un accordo tra Iran e Arabia Saudita per ristabilire relazioni diplomatiche e per riaprire le loro ambasciate nelle rispettive capitali, un accordo annunciato in maniera congiunta dalle agenzie di stampa ufficiali dei due Paesi e che impone diverse riflessioni.Prima di tutto, Iran e Arabia Saudita sono due tra le più influenti potenze regionali mediorientali e sono considerate rivali su praticamente ogni aspetto, dalle alleanze all’idea di Stato.In seconda battuta, questo accordo arriva in anni di grande tensione regionale, segnata dalla guerra in Siria, quella in Yemen, la crisi nerissima del Libano, il ritorno dei Talebani in Afghanistan e senza dimenticare il tunnel politico in cui sembra essersi infilato Israele.Ma a essere centrale è anche il mediatore, ovvero la Cina, che ha buoni rapporti con entrambi i Paesi e ha potuto giocare un ruolo importantissimo.Insomma, ci sono tantissimi piani per cui questo accordo merita di essere approfondito, e ad accompagnarci in questa puntata ritroviamo Marco Carnelos, già ambasciatore in Iraq, inviato speciale per la Siria e per il processo di pace in Medio Oriente, attualmente alla guida di MC Geopolicy, società di analisi e consulenza strategica.
Celebriamo a modo nostro la settimana dell'8 marzo con una puntata dedicata al contributo femminile nella lotta anticoloniale dei popoli oppressi. Si scopre così che appena due mesi dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese, si tenne a #Pechino una “Conferenza Antimperialista delle Donne Asiatiche” che ebbe molte, moltissime conseguenze. E non solo in Asia.A discuterne con noi, Elisabeth B. Armstrong, docente di studi femministi e di genere allo Smith College, Massachusetts. Il suo ultimo libro, “Bury the Corpse of Colonialism: The Revolutionary Feminist Conference of 1949”, sta uscendo in questi giorni per University of California Press.
Il Ventesimo secolo non è stato il trionfo del binomio “economia di mercato-democrazia”, ma il secolo della rivolta contro l'Occidente e il suo imperialismo.Partendo da questa lettura che scompagina i nostri cliché, affrontiamo il caos di oggi e il caos di domani sull'asse Est-Ovest (o Nord-Sud) con Maurizio Lazzarato, sociologo e filosofo, autore di "Guerra o rivoluzione" (Derive Approdi, 2022).
In questa puntata proviamo a rileggere i fatti chiave di una settimana davvero intensa, cominciata con il viaggio in Europa di Wang Yi, il numero uno della diplomazia cinese, culminato poi a Mosca, e terminata con il primo triste anniversario della guerra in Ucraina. Proprio in questi giorni sono anche stati pubblicati due documenti firmati da Pechino, uno dedicato alla visione cinese sulla conclusione del conflitto in Ucraina e uno dal titolo molto ambizioso: "Documento concettuale sulla Iniziativa di Sicurezza Globale".Ci sono poche certeze, tra cui la distanza ormai irriducibile tra Pechino e Washington e la vicinanza con Mosca, più per interesse che per convinzione, ma soprattutto ci sono molti dubbi e molte letture possibili. Proprio per orientarci nella visione che ha la Cina del mondo (multipolare) che verrà, oggi ci facciamo accompagnare da Alberto Bradanini, già console generale d’Italia a Hong Kong, ambasciatore d’Italia in Iran e ambasciatore d’Italia in Cina, oggi presidente del Centro Studi sulla Cina contemporanea.
Oggi si vola alto, parlando di sistemi socio-economici e di disuguaglianze strutturali. Ad accompagnarci in questa puntata, Branko Milanovic, autore di Capitalism, Alone: The Future of the System that Rules the World (pubblicato in Italia da Laterza con il titolo Capitalismo contro Capitalismo), economista della diseguaglianza e docente in diverse università e istituti, tra cui la City University di New York.Con lui, abbiamo cercato di mettere un po' di paletti per definire il percorso recente e la fase che sta attraversando la Cina. Con una certezza, almeno da parte sua: Xi Jinping non è il leader disfunzionale di un paese disfunzionale.
Nella puntata che segna i cinque anni del Cielo sopra Pechino, ci occupiamo di un anniversario molto più doloroso.Due anni fa, infatti, l'esercito birmano guidato dal generale Min Aung Hlaing rovesciò il governo della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD) di Aung San Suu Kyi e diede inizio a quella che i militari definiscono una "transizione" e che noi possiamo definire un regime militare.In questa puntata torniamo proprio in Myanmar insieme a Carlos Sardiña Galache, giornalista e autore de “Il labirinto birmano”, profondo conoscitore di un paese da sempre complesso e oggi più che mai diviso.Tra accuse costruite ad arte, governi di unità nazionale che non lo sono e milizie che sono più numerose delle correnti della sinistra italiana dal dopoguerra a oggi, l'unica certezza è che fare previsioni sia molto rischioso.
Il segretario di Stato Usa, Antony Blinken, avrebbe dovuto visitare la Cina domenica e lunedì per incontrare i vertici della diplomazia cinese e forse perfino Xi Jinping.Tuttavia, un pallone aerostatico si è messo in mezzo, sorvolando i cieli del Montana e portando a nuove tensioni tra Washington e Pechino, oltre all'immediato rinvio a data da destinarsi del viaggio di Blinken.In realtà, tutto l'avvicinamento a questa visita era stato quantomeno accidentato: gli statunitensi avevano attuato una serie di mosse anticinesi su tutti i fronti, mentre la propaganda impazza. E la Cina che fa?Poche ore prima dell'annullamento del viaggio di Blinken, avevamo parlato con un ospite di assoluto livello, residente a Washington, con un lungo passato in Cina e un presente da fine analista delle vicende di Pechino e dintorni: Bill Bishop, autore della newsletter Sinocism (https://sinocism.com/), protagonista, nonostante tutto, della puntata di oggi.
S06E10 - Vecchia Cina

S06E10 - Vecchia Cina

2023-01-2830:07

È dunque arrivato il giorno: la popolazione cinese decresce per la prima volta dal 1961: 1 miliardo, 411 milioni e spiccioli nel 2022, 850mila meno del 2021. Da anni, la natalità era in calo, ma adesso per la prima volta le morti hanno superato le nascite.La leadership cinese cerca inutilmente da tempo di invertire il trend, ma noi ci chiediamo: è davvero così tragico? Che conseguenze dobbiamo attenderci?A discuterne con noi, il gradito ritorno di Gianpiero Dalla Zuanna, professore di demografia all’Università di Padova.
Si può morire di sfinimento per troppo lavoro? Sì, esiste addirittura una parola giapponese per definire il fenomeno: Karoshi. E proprio in Asia il fenomeno sembra piuttosto diffuso.Andiamo quindi in Cambogia con un documentario, "Boramey: i fantasmi nelle fabbriche", di Ivan Franceschini e Tommaso Facchin, uscito nel 2021 e presentato al Workers Unite Film Festival di New York.Ce ne parla proprio Tommaso Facchin, regista e filmmaker, cofondatore e art director di Made in China Journal e The Peoples Map of Global China, che ci racconterà la realtà del lavoro manifatturiero nel paese, con un tocco di spiritismo.
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