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Author: Emanuele Bottiroli

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Emanuele Bottiroli: giornalista e copywriter. Vivo in una terra straordinaria chiamata Oltrepò Pavese (45° Parallelo), Lombardia, Italia.

Dedico il mio blog www.45parallelo.net e l'omonimo podcast all’Italia della vite, del vino, dell’olio d’oliva, del gusto, della ristorazione e dell’accoglienza: un tesoro da far conoscere e apprezzare al mondo per le identità e le culture che custodisce.

Il 45° Parallelo è una linea immaginaria che marca l’equidistanza dal Polo Nord e dall’Equatore, latitudine ideale per tutti i grandi vini del mondo. Non è una teoria campata in aria, tutt’altro, “è uno spartiacque tra il troppo freddo al Nord ed il troppo caldo al Sud”, spiega Olivier Bernard, che ha scritto con il giornalista Thierry Dussard “La Magie du 45e Parallèle: Latitude Idéale des Grands Vins du Monde”.
35 Episodes
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L’Italia del vino dice addio a Lino Maga, cantore della vite e del vino: 90 anni, 84 vendemmie. Il Signor Barbacarlo ci ha insegnato tanto con il suo esempio e con il suo spirito. L’Oltrepò Pavese e l’Italia del vino non dimentichino il suo pensiero filosofico. Vedovo da diversi anni della moglie Nella, Maga lascia i figli Gabriella e Giuseppe, suo braccio destro e ora titolare dell'azienda, oltre al nipote Paolo. La camera ardente è stata allestita nella storica enoteca del Barbacarlo di via Mazzini 50 a Broni, dove oggi sarà recitato il rosario in forma privata alla presenza solo dei familiari. Il rosario pubblico è in programma, invece, domani alle 15, nella basilica minore di San Pietro; alle 15.30 si terranno i funerali nella stessa chiesa. Al termine la salma sarà tumulata nel cimitero cittadino di Broni. Tutti i più grandi sommelier, opinion leader e giornalisti dell’Italia del vino stanno dedicando commoventi pensieri alla memoria del maestro e del suo indomito spirito contadino. Maga è stato per una vita un giovanotto “anti sistema”. La sua identità sopravviverà al lutto.
Tutti parlano del vino protagonista su web e social, ma davvero le aziende centrano la strategia? E' ora di tornare a contenuti pensati e studiati, a piani editoriali, a un'analisi dei target. La foto bella, quando c'è, non basta più.
Nel mondo del vino italiano torna a brillare la stella dei piccoli produttori, quelli che si distinguono e che seguono la filiera completa. Dopo anni in cui gli opinion leader si dividevano su grandi poli e aziende di famiglia, ora un ritorno alla verità che insegnavano Gino Veronelli e Carlo Boatti: meglio il vino del contadino diventato imprenditore.
Su Italia a Tavola cinque libri su vino e cucina da regalare a Natale… ma senza ricette! Ecco i titoli perfetti da mettere sotto l'albero dei foodies. Si tratta di pubblicazioni strettamente legate al mondo dell’enogastronomia, ma per non essere scontati, non sono i classici libri di ricette.
“Neuroscienze a Tavola” di Vincenzo Russo. Una raccolta di esperienze di studi di #neurogastrofisica e di psicologia della percezione enogastronomica. Una guida per chi si occupa di cibo e di ristorazione. Un compendio delle più interessanti ricerche per non commettere errori nell’offerta gastronomica basato anche su studi e analisi svolte all’interno del BrainLab IULM – Neuromarketing Research Center e agli approfondimenti del Master in Food & Wine Communication – IULM. Intervista all’autore…
Golosaria cresce ancora e diventa un vero e proprio mondo digitale: la piattaforma online www.golosaria.it, bilingue e in 3D, sarà attiva dal 28 ottobre al 2 novembre, poi fino a Natale. Attraverso Golosaria si può interagire con un ricco parterre di espositori food&wine selezionati dal best seller ilGolosario, si accede ad approfondimenti, curiosità, chat live e video, si fa shopping online grazie ad un agile servizio di e-commerce dedicato, in partnership con il portale di Lorenzo Vinci.La fiera Golosaria tradizionale c’è, come sempre, ma è “migrata” su una piattaforma capace di proporre una vera e propria immersione in un mondo virtuale, avvincente e goloso. Dopo essersi registrato il visitatore, direttamente dal suo pc, potrà entrare in un ambiente emozionante e visitare padiglioni e stand, comunicare direttamente con le aziende, partecipare a webinar ed ad eventi on demand. Sono molti gli eventi in calendario: showcooking, wine tasting e talk show rivolti al B2B ma anche a semplici appassionati, da seguire all’interno della rassegna, nell’area Agorà che ricrea il palco di Golosaria con il suo consueto ricco palinsesto.Tema di questa nuova edizione sarà “Il cibo come nuova relazione”, ovvero come il 2020 ha ridefinito le modalità di proporre e raccontare l’agroalimentare, il cibo divenuto protagonista (e veicolo) di nuove relazioni nelle sue diverse declinazioni, off e online.
L'azienda vitivinicola Monsupello di Torricella Verzate, fondata nel 1893, ha vissuto ieri una giornata importante. Tango Wine Agency di Laura Boatti ha portato in scena al Castello di San Gaudenzio di Cervesina, in Oltrepò Pavese, il debutto di una nuova referenza che completerà la piramide spumantistica aziendale: il Metodo Classico Blanc de Blancs. La referenza è dedicata a Carla Dallera Boatti, moglie del compianto vignaiolo-filosofo Carlo Boatti. È lei che ancora oggi custodisce cultura e valori di una famiglia di contadini diventati imprenditori del vino, che danno identità al Metodo Classico italiano con sacrificio, passione e lungimiranza. Donna Carla ha da sempre lavorato per dare all’azienda immagine e distintività, prova ne siano i 18 Tre Bicchieri Gambero Rosso, il premio Bollicine dell’Anno nel 2015 e la medaglia di platino al Merano Wine Festival nel 2016. La nuova referenza al debutto rappresenta l’emblema della vocazionalità dei vigneti Monsupello e della ricchezza dell’Oltrepò Pavese in termini di terroir e microclima. La coltivazione dei vigneti di Chardonnay non è una novità per Monsupello che già con il vino base e con il suo “Senso”, affinato in barrique, ha dimostrato nella storia grande costanza qualitativa ed espressività nel calice. Sebbene l’identità aziendale sia legata da sempre al Pinot nero, a completare la piramide spumantistica Metodo Classico di Monsupello nel 2020 arriva una produzione in serie limitata, che non teme il confronto con le bollicine italiane ed internazionali più blasonate. Monsupello significa 50 ettari di vigneti e oltre 300mila bottiglie stappate ogni anno in ristorazione, enoteche e wine bar di tutta Italia. Al timone ci sono oggi con il loro carisma i fratelli Pierangelo e Laura Boatti con sua figlia Carlotta, insieme a mamma Carla Dallera Boatti. Il direttore dell’azienda è Marco Bertelegni, un punto di riferimento forte e ben saldo per capacità e competenza nell’arte di una spumantistica che è cultura, un mestiere che si fonde con il sempre attuale insegnamento del fondatore.
L’agronomo friulano Giovanni Bigot, professionista di fama nazionale, oggi ospite di Emanuele Bottiroli per presentare Academy 4Grapes: progetto di formazione e monitoraggio. L’intervista sarà anche l’occasione per mettere sotto la lente le ultime novità dal mondo vitivinicolo in tema di scienza e ricerca applicate al valore del prodotto finale.
Una qualità delle uve buona se non ottima e in alcuni casi eccellente, per un’annata che si preannuncia interessante. Una quantità in linea con quella dello scorso anno (-1%, a 47,2 milioni di ettolitri) che mai come quest’anno risente della congiuntura economica e della conseguente misura di riduzione volontaria delle rese messa in campo dal Governo, oltre a quelle operate da molti Consorzi di tutela. Una quantità che tuttavia dovrebbe consentire all’Italia di rimanere il principale produttore mondiale di vino, seguita dalla Francia con 45 milioni di ettolitri e dalla Spagna (42 milioni). È il quadro di sintesi, al netto di eventuali ulteriori eventi climatici avversi, relativo alle stime vendemmiali 2020 elaborato da Assoenologi, Ismea e Unione Italiana Vini e presentato oggi nel corso di una conferenza stampa online a cui ha partecipato anche la ministra delle Politiche agricole, Teresa Bellanova.Secondo il dossier redatto dal gruppo di lavoro congiunto, a una qualità alta e a una quantità leggermente inferiore alla media dell’ultimo quinquennio (-4%) fa da contraltare la particolare situazione economica internazionale, che registra una notevole riduzione degli scambi globali di vino (-11% a valore e -6% a volume nel primo semestre sul pari periodo 2019) e una contrazione, la prima dopo 20 anni di crescita, delle esportazioni del vino made in Italy (-4% nei primi 5 mesi), sebbene inferiore a quella dei principali competitor. Elementi questi che hanno determinato difficoltà tra le imprese e un aumento seppure contenuto delle giacenze dei prodotti a denominazione (+5% per le Do a fine luglio) con conseguente limatura dei listini di Igt, Doc e Docg. In questo contesto economico ancora difficile la vendemmia in corso rappresenta, per caratteristiche quali-quantitative, una eccellente opportunità per la ripartenza del prodotto Italia, a maggior ragione se sostenuto da una adeguata campagna nazionale e internazionale di promozione del vino del Belpaese.
Il rischio crollo dei prezzi preoccupa i viticoltori pavesi in vista della prossima vendemmia.L’allarme è stato lanciato da Davide Calvi, Presidente di Cia-Agricoltori Italiani Pavia nel corso della riunione del Gie (Gruppo di interesse economico) del vino, tenutasi nei giorni scorsi nella sede pavese di Stradella.Partendo dal presupposto di un'annata generosa sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, Calvi nella sua analisi ha evidenziato la drammatica previsione dei prezzi previsti per le uve sul mercato, con quotazioni che secondo gli addetti ai lavori arrivano a toccare la soglia minima mai registrata: da 35 a 45 euro al quintale.“Con un costo di produzione stimato dai consulenti di regione Lombardia a 60 euro al quintale, i viticoltori rischiano di lavorare in perdita, il covid ha solo accelerato una dinamica territoriale non virtuosa”.All’incontro, assieme al Presidente Cia Pavia e al Direttore Elena Vercesi, erano presenti i rappresentanti delle varie categorie produttive, coordinati dal responsabile del Gie Michele Cignoli e in videoconferenza il responsabile nazionale Cia Domenico Mastrogiovanni.Tra i temi trattati nella discussione, la centralità del mondo cooperativo nel proteggere il mercato delle uve dalle speculazioni, la necessità di riportare il territorio su mercati più remunerativi che portino valore aggiunto agli agricoltori, l’inserimento nella governance territoriale delle piccole medie aziende di qualità, motore e traino delle denominazioni oggi ai margini decisionali e l’importanza di una revisione seria e rapida delle rese ad ettaro nei disciplinari.Il referente nazionale ha esposto le misure previste di sostegno al comparto vitivinicolo, come vendemmia verde e distillazione. Il direttore Vercesi ha portato l’attenzione sulle indicazioni relative all’assunzione di manodopera stagionale prevista per la vendemmia, anticipando l’opuscolo esplicativo che verrà distribuito alle aziende e la possibilità di fare effettuare gratuitamente il tampone durante la visita degli operai agricoli in Coprovi, importante tutela aziendale in particolare per il personale proveniente da paesi esteri.Era il 1° luglio 2020 quando in un’intervista rilasciata da Pierangelo Boatti, patron di Monsupello, a Fabrizio Guerrini, firma della Provincia Pavese, l’imprenditore di Torricella Verzate aveva spiegato…«Siamo alla fine di giugno, alla vigilia della vendemmia 2020 che si preannuncia con prezzi in caduta libera, sotto al minimo storico. La situazione è da allarme rosso. si parla di uve Pinot nero, l’oro del territorio, che rischiano di essere pagate poco più di 40 euro al quintale; vini sfusi a 60/70 centesimi al litro nella migliore delle ipotesi; il Pinot grigio a 60 centesimi al litro. E’ già scattata la corsa allo scaricabarile…». Pierangelo Boatti, produttore, patron della pluripremiata azienda Monsupello da sempre voce «fuori dal coro» nel dibattito sul vino lancia l’allarme prezzi delle uve: vigne cariche d’uva (si dice un 30 per cento di prodotto in più), ma brutte previsioni sui prezzi. «Si dà la colpa al Covid – incalza Boatti in quello che sembra uno sfogo, oltre che un ragionamento – prima era colpa di Tizio, di Caio e di Sempronio. Il virus è un altro: non è cambiato niente in Oltrepo, se non in peggio. Nessun nuovo disciplinare in linea con la realtà produttiva, nessun calo delle rese, nessun dispositivo coraggioso a tutela e salvaguardia dei nostri mercati».«Dal 2018 i produttori – aggiunge – hanno solo visto tavoli e tavolini di confronto della Regione, che ha di fatto assecondato chi non vuole cambiare. Il piglio deciso dell’ex assessore all’Agricoltura Gianni Fava è solo un ricordo sbiadito. Pochi gruppetti hanno tratto giovamento da qualche finanziamento .Nell’Oltrepo del vino il potere è polarizzato nelle mani di chi viene votato per ordini di scuderia, con sindacati agricoli che puntano il dito contro Coldiretti ma che in generale hanno perso la parola».Dalla pars destruens a quella costruens, Boatti parte da una premessa: «In questo Oltrepo, purtroppo, le denominazioni sono diventate soprammobili degli imbottigliatori e scendiletto dei grandi imprenditori del vino italiano a caccia di “low cost” per vendere a valore con i loro marchi in Italia e nel mondo. Una terra abbandonata, ecco cos’è l’Oltrepo in cui spuntano mediatori compiacenti e dei professionisti dell’intruglio. Per i vitivinicoltori non c’è niente da mordere: sono stati usati in passato e continuano ad essere usati adesso. Senza i viticoltori veri e i produttori appassionati e orgogliosi non si costruisce niente, si scivola solo più giù lungo il burrone».Che fare? «Sono convinto – risponde Boatti – che all’Oltrepo serva una nuova governance consortile, cooperativa e imprenditoriale: un ente non può nulla senza precise scelte d’impresa. Bisogna produrre meno e immettere sul mercato, contingentandolo, solo il vino a denominazione che il mercato è in grado di assorbire a prezzi decenti. È finito il tempo del produciamo tanto, vendiamo tanto. Con l’aiuto di Camera di Commercio e altri enti occorre creare una borsa del vino, che spetta alle cooperative normare per non scendere sotto la linea rossa di prezzi che rendono insostenibile fare vitivinicoltura».
Giulia Maria Crespi, morta ieri a Milano a 97 anni, è stata fondatrice del Fai nel 1975 e proprietaria alla Zelata di Bereguardo di Cascine Orsine, dal ‘74 in regime biodinamico e poi oasi del biologico vero e dell’agricoltura italiana più etica, su una superficie di 650 ettari. Quella nelle campagne del pavese era l’azienda agricola di famiglia, una famiglia d’industriali lombardi ante litteram, che fecero successo con il business primario dei filati e della seta.Giulia Maria Crespi si dedicò di più alla cultura, all’ambiente e alla valorizzazione di tanti luoghi dimenticati. Sua fu anche la battaglia per modernizzare la linea editoriale del Corriere della Sera a cavallo del 1962,  che portò il quotidiano a occuparsi anche di temi ambientali. Sempre lei alla guida della fondazione Crespi Morbio tese la mano ai nuclei familiari più numerosi e in difficoltà; tramite la sua militanza nell’associazione Italia Nostra ebbe l’ispirazione per la creazione del Fai (Fondo Ambiente Italiano) e delle "Giornate di Primavera", per condurre alla riscoperta dei beni storico-artistici dimenticati che danno identità all'Italia.Giulia Maria Crespi, fondatrice di Cascine Orsine, fu colpita da una forma tumorale nel 1968. Dopo la radioterapia, si rivolse ad un medico antroposofo che la indirizzò alla Lukas Klinik, una piccola clinica, vicino a Basilea, ad indirizzo steineriano, dove il cancro veniva curato con terapie principalmente basate sull’alimentazione.Lì, imparò i criteri base di una sana alimentazione e si appassionò, attraverso libri ed esperienza diretta - la stazione sperimentale biodinamica del Goetheanum di Dornach – all’agricoltura biodinamica. La sua divenne forte, autentica adesione.Protagonista di Italia Nostra e Fondatrice del Fondo Ambiente Italiano, era particolarmente consapevole del continuo degrado che avveniva al terreno, alle piante, agli alberi, alle falde acquifere, causato in gran parte dall’agricoltura chimica.Sin da bambina, a Cascine Orsine, ascoltava la sera il grande concerto delle rane. Questa gioia, però, alla fine di maggio, veniva cancellata: un silenzio sordo sostituiva l’allegro gracidare e si sapeva che, in quel giorno, erano stati spruzzati i diserbanti nelle risaie e che le rane erano tutte morte.Si disse che, tutto questo, doveva davvero finire.Dopo studi di agraria, ed un approfondimento sulle tecniche biodinamiche svolte a Darmstadt, in Germania, decise che i terreni di Cascine Orsine dovevano essere trasformati radicalmente. Il processo non fu semplice. Chiese consulenza ad Almar von Wistinghausen, poi a Georg Merckens, entrambi allievi di Rudolf Steiner, per avviare un processo di riconversione biodinamico totale.Il processo fu complesso, poiché il terreno era stato coltivato, da troppo tempo, in modo irrazionale, senza alcuna rotazione utile. Ci fu impegno nel trovare persone ed energie che credessero al progetto. Ma, alla fine, il progetto venne realizzato.Grazie al supporto del figlio Aldo Paravicini Crespi, morto lo scorso 14 maggio in un incidente stradale nel cortile dell’azienda, Cascine Orsine è una realtà a totale produzione biodinamica dal 1976. Un "pioniere" della produzione biodinamica in Italia. Cascine Orsine coltiva e produce oggi con la stessa passione e rigore che ne hanno ispirato la filosofia.Il pensiero di Giulia Maria Crespi"Sogni? Sì sogni! A furia di sognare, si riesce a portare nel concreto ciò che si sogna"."La bellezza è un modo diverso di dire verità. Ma è anche la totale armonia che ti sfiora, ti tocca, ti investe e ti fa andare in estasi. È l'ultimo baluardo contro gli spiriti del male".
“Tavolo vino” con le imprese per gestire i fondi della promozione MAECI-ICE, ruolo e peso del vino nel “patto per l’export”, meno promozione verso GDO ed e-commerce e più comunicazione nel piano da 1,4 miliardi, aumento a 150 milioni/anno dei fondi OCM promozione per il prossimo triennio, impegno istituzionale a sostegno dell’horeca e del turismo, attenzione a possibili dazi: queste, in sintesi, le richieste inoltrate dall’ultima Assemblea Generale dell’Unione Italiana Vini alla Ministra delle Politiche Agricole, Teresa Bellanova, al Sottosegretario agli Affari Esteri, Manlio Di Stefano e all’eurodeputato Paolo De Castro intervenuti all’incontro svoltosi nei giorni scorsi in modalità digitale.Gli imprenditori italiani del vino chiedono alla politica un “nuovo percorso”, un vero e proprio “new deal” sulla promozione, strumento cardine per la ripresa post-covid, lanciano un appello unanime ad essere ascoltati per spendere bene le risorse pubbliche e incassano l’impegno a sostenere una serie di richieste che puntano ad un utilizzo efficace dei fondi stanziati dal Governo in grado di rilanciare i consumi del vino italiano sui mercati interno ed internazionale.
La Conferenza Stato-Regioni ha sancito oggi l’intesa sul decreto Mipaaf, da adottare di concerto con il Mef, che attiva per la campagna 2020/2021 la misura della riduzione volontaria della produzione di uve destinate a vini a denominazione di origine ed a indicazione geografica, con un investimento pari a 100 milioni di euro.Con l’intervento, molto atteso dalla filiera vitivinicola, e che si aggiunge alla misura distillazione di crisi del vino comune già attivata a fine giugno, si punta a dare risposte concrete ad un settore duramente colpito dall’emergenza Covid, soprattutto per il blocco del canale ho.re.ca.La riduzione volontaria delle uve di vini DO e IG, oltre ad avere come obiettivo il riequilibrio di un mercato in difficoltà, evidenzia la Ministra Bellanova, “punta a migliorare la qualità del nostro vino, per renderlo più competitivo su di un mercato che purtroppo sarà in sofferenza anche il prossimo anno. Con le risorse messe a disposizione”, prosegue Bellanova, “puntiamo a coinvolgere una superficie di circa 140 mila ettari, vale a dire il 40% della superficie viticola italiana destinata a vini di qualità e a ridurre mediamente di 3 milioni di quintali l’uva destinata alla vinificazione della prossima campagna, cui corrispondono circa 2 milioni di quintali di vino”.
I produttori del Friuli Venezia Giulia non restano passivi di fronte agli effetti post lockdown e prendono decisioni chiare a tutela della tenuta dei prezzi e del mercato in vista della prossima vendemmia.Il Collio è una zona viticola conosciuta in tutto il mondo per i vini bianchi minerali e longevi che in questa zona collinare, collocata fra le Alpi Giulie e il Mare Adriatico, acquisiscono caratteristiche territoriali di grande espressività e vantano un eccellente potenziale d’invecchiamento. Per sostenere queste eccellenze della viticoltura in un momento tanto incerto come quello attuale, il Consorzio Tutela Vini Collio si è messo in ascolto delle necessità dei propri soci individuandone le esigenze in modo da poter intervenire a supporto del comparto vinicolo locale.È così che, nell’assemblea tenutasi martedì 30 giugno 2020 è stato deciso con il 62 % di voti a favore di attuare un calo delle rese del 20% relativo all’imminente vendemmia 2020, decisione da applicarsi a tutti i vitigni disciplinati dalla DOC Collio. Pinot Bianco, Sauvignon, Friulano, Malvasia e Ribolla Gialla sono solo alcuni tra i protagonisti di questa operazione messa in atto dal Consorzio al fine di tutelare il posizionamento dei prodotti e salvaguardare il lavoro dei soci.
Tannico, creatura di Marco Magnocavallo (CEO e co-founder), non sarà più solo un e-commerce del vino. Forte di vendite che nell’ultimo periodo hanno sfiorato il mezzo milione di bottiglie al mese a partire da un magazzino di oltre 5.000 metri quadrati ad Arese, il colosso del commercio on line di wine e spirits dopo un biennio di studio si appresta ad aprire a Milano due wine bar fisici. Il primo sarà inaugurato in via Savona 17, nella dinamica area Tortona-Savona in cui sorgono il ristorante e il bistrot milanese del super stellato chef Enrico Bartolini e che è già stata fulcro dell’attività di Federico Gordini (Mr. Milano Wine Week) ai suoi inizi. Domani la presentazione del locale, che doveva originariamente aprire i battenti ad aprile, superato il lockdown per effetto della pandemia che ha scompaginato ogni precedente programmazione.Al primo wine bar di Tannico se ne affiancherà un secondo, in un’altra zona di Milano e con un format diverso, presumibilmente entro la fine dell’anno. Il locale di via Savona sarà di design moderno, con ampia selezione di referenze e offrirà anche piatti di cucina in abbinamento ai vini. Nella sala collegata a quella principale, a donare un tocco di storicità e atmosfera saranno le finestre che si affacciano su un antico cortile.Tannico è la più celebre enoteca online italiana, adesso non sarà più solo un brand digitale. Dopo 7 anni e l’entrata in società con il 49% del Gruppo Campari per circa 23.4 milioni di euro, tra fine febbraio e poche settimane fa con il grosso della trattativa svolta online durante il lockdown, ora un altro scatto di crescita. Non male per una società che con un catalogo di oltre 16.000 prodotti selezionati spedisce oggi in 20 paesi del mondo, sebbene il grosso del business sia attualmente in Italia.Tra le novità, insieme alla svolta verso i wine bar fisici, c’è anche il servizio Tannico Express, applicazione per iOS e Android, che consente a Milano di ordinare e ricevere vino in temperatura, a casa, in un’ora dall’ordine. E per il 2021 si profila un nuovo investimento all’estero per replicare altrove la startup italiana. Tannico è sempre più un gigante, tanto è vero che alcune cantine italiane, maison della Champagne e cantine spagnole hanno dato l’esclusiva alla società come importatore e distributore.Con un team di circa 30 persone, la maggior parte under 35, Tannico ha attirato nel corso degli anni notevoli investimenti di fondi e privati; prima del Gruppo Campari si era già oltre gli 8 milioni di euro. La cifra della società? Coraggio nelle scelte tecnologiche, coraggio nel modo in cui innova in un settore spesso ritroso alle novità e ai cambiamenti, coraggio di appassionarsi a un business senza essere squali, coraggio nella visione e negli sviluppi futuri dell’azienda. In breve, il coraggio di osare.
Il 2020 sarà certo ricordato come l’annus horribilis per la vitivinicoltura italiana tra incubo dazi, Covid, lockdown e crollo delle vendite in Horeca con wine bar e ristoranti che, sebbene riaperti, tra psicosi e mascherine lavorano a mezzo servizio quasi ovunque.Un anno che mette alla prova anche la maturità dei consorzi italiani dopo che dal Mipaaf sono arrivati solo incentivi per la distillazione e per la vendemmia verde, misure assolutamente insufficienti per far fronte allo tsunami che ha interessato il settore. Per di più per quanto concerne la vendemmia verde, che prevede il diradamento dell’uva per produrre di meno risulterà difficilissimo, viste le esigue forze ispettive in campo, verificare la reale applicazione della misura.Ci sono altre due misure che i terroir vitivinicoli italiani possono adottare per arginare fluttuazioni di mercato: calo delle rese produttive in deroga a quanto previsto dai disciplinari di produzione e riserva di cantina, ovvero bloccare per poi eventualmente sbloccare un po’ per volta le produzioni sulla base delle risposte dei canali di vendita e dei mercati. L’altra strategia di medio e lungo termine in qualche caso già richiesta e in altri casi in fase d’analisi, come in Sicilia, è il blocco a nuovi impianti viticoli per il prossimo futuro.Chi si è mosso in modo più virtuoso? Queste le denominazioni che hanno tempestivamente adottato contromisure: Valpolicella, Soave, Prosecco di Valdobbiadene, Pinot Grigio delle Venezie, Brunello di Montalcino e Chianti.
Meno vino e stop a nuove vigne: è quanto disposto in questi giorni da Cda e Assemblea dei soci del Consorzio tutela vini Valpolicella per reagire all’emergenza economica da Covid-19 e alle sue ripercussioni sulla filiera, a partire dal sostegno dei prezzi. Le leve sono quelle della riduzione delle rese dei vigneti del prossimo raccolto – quantificata, come da richiesta alla Regione Veneto, da 120 a 100 quintali per ettaro con una cernita dell’uva destinata all’appassimento di Amarone e Recioto pari al 45% -, oltre al blocco totale e senza deroghe degli impianti nella denominazione per altri 2 anni.Misure queste, approvate complessivamente a larga maggioranza dai soci, che secondo il Consorzio si sono rese necessarie visto l’effetto Coronavirus sul mercato interno e maggiormente su quello internazionale, dove transitano quasi i 3/4 del valore delle vendite di Amarone, Ripasso, Valpolicella e Recioto.
Domenica 28 giugno 2020: “Degustando tra le vigne” con Pastore Vini a Torrazza Coste (PV), nel cuore dell’Oltrepò Pavese, culla della vite e del vino. E’ una passeggiata tra le colline dell’Oltrepò Pavese per riconnettersi con la natura e degustare i vini Pastore, accompagnati da prelibatezze tipiche, dolci e salate. Intervista a Giulia Pastore, giovane imprenditrice che guarda al futuro tra eventi, idee e creatività per affermare il proprio brand, riposizionando una grande azienda di famiglia.
Intervista a Gianni Fava, fondatore dell'associazione Terre di Lombardia e paladino del Nord, già assessore regionale all'Agricoltura e con ruoli nella politica attiva dal 1993 al novembre 2018. Sotto la lente le identità culturali, storiche, paesaggistiche ed enogastronomiche regionali.
intervista in diretta a Paolo Castelletti, Segretario Generale dell’Unione Italiana Vini. Sotto la lente le sfide e le problematiche del mondo del vino italiano, oltre gli scenari post lockdown. Riflessione sul mondo UIV, su consorzi, regole, burocrazia, mercato interno ed export del vino.
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