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Author: RSI - Radiotelevisione svizzera

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Modem, appuntamento quotidiano (dal lunedì al venerdì) in onda dal 2000, dedicato ai principali temi d’attualità, che vengono analizzati, approfonditi e contestualizzati principalmente attraverso l’apporto ed il confronto di ospiti in diretta.

Le notizie scorrono veloci, si sviluppano e si perdono, sono abbondanti. Modem, ogni mattina, sceglie e propone un tema di sicuro interesse. Lo racconta con uno stile diverso da quello dell'attualità. Cerca e trova interlocutori di qualità per spiegare e dibattere ciò che è successo e ciò che potrebbe succedere. È la trasmissione che dice i "perché" e aiuta a decodificare gli eventi destinata a tutti gli interessati ad andare oltre la notizia del giorno e che desiderano approfondire in maniera immediata il tema prescelto tramite dibattiti e interviste in diretta, reportage, collegamenti, approfondimenti, schede interne.

Modem offre regolarmente anche delle rubriche.

  • Modem Evento: una serata-dibattito e di incontro con il pubblico.

  • Modem Giovani: su argomenti che riguardano direttamente il mondo giovanile con tra gli ospiti anche i ragazzi.

  • Modem Incontro: non un dibattito, ma un'intervista con un solo ospite.

Una puntata al giorno, alle 08.30, per 5 giorni la settimana, da settembre a metà giugno.

348 Episodes
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La France soumise

La France soumise

2024-12-0631:29

“Non mi dimetterò”. È un Emmanuel Macron determinato a restare fino all’ultimo giorno di mandato presidenziale, ovvero fino al 2027, quello che si è presentato ieri alle 20 in un discorso alla nazione in diretta televisiva. Un Emmanuel Macron furioso contro le “estreme unite in un fronte antirepubblicano”, che hanno fatto cadere mercoledì il Governo guidato da Michel Barnier, il governo il più breve della Quinta Repubblica. Nessun nome del prossimo primo ministro – arriverà nei prossimi giorni, ha promesso - ma l’auspicio di una coalizione allargata a tutti i partiti “che si impegnano a non sfiduciare il governo” per “ricostruire la nazione”.Come sarà composto e quali saranno le forze politiche – in un Parlamento e una Francia spaccati – questo resta quindi ancora da capire, la Francia intanto questa mattina si è svegliata ancora in piena crisi istituzionale, la peggiore da decenni.Vedremo allora oggi di capire cosa potrebbe succedere nei prossimi giorni, nei prossimi mesi, ma anche come si è arrivati a questa situazione con i nostri ospiti:Annalisa cappellini giornalista collaboratrice RSI dalla Francia Michele Marchi professore di Storia contemporanea all’Università di Bologna   Yves Meny politologo e autore di due libri pubblicati quest’anno: « Le vie della democrazia » e «Sulla legittimità »
L’aiuto allo sviluppo è uno dei settori a cui in sede di preventivo si chiede di tirare la cinghia per compensare le maggiori spese previste per l’esercito. Il Consiglio Nazionale ha proposto ieri un taglio di 250 milioni di franchi per il 2025. Il tema torna oggi sui banchi dei deputati, chiamati a discutere della strategia della Confederazione in materia di Cooperazione internazionale per il quadriennio 2025-2028. Cooperazione internazionale che riunisce i tre grandi capitoli dell’aiuto allo sviluppo, degli aiuti umanitari e della promozione della pace e alla quale il centro-destra chiede sacrifici in sede di budget anche se nel mondo le crisi si moltiplicano. Dibattito fra:Piero Marchesi, Consigliere nazionale UDCJon Pult, Consigliere nazionale PS
La partita è ormai aperta nel corteggiare i facoltosi cittadini stranieri che al momento vivono a Londra e che dal prossimo 6 aprile dovranno fare i conti con la messa in vigore di un nuovo regime fiscale britannico. Una normativa già avanzata dal Governo conservatore, al potere fino alla scorsa estate, e poi ripresa anche da quello laburista oggi alla guida del Paese. L’obiettivo è dare nuova linfa ai conti dello Stato, al momento in profondo rosso. Questo nuovo regime metterà i cosiddetti “res-non-dom”, i residenti non domiciliati, sullo stesso livello di tutti i cittadini di Sua Maestà per quanto riguarda i redditi imponibili, anche quelli realizzati all’estero. Il 6 aprile del 2025 verranno così aboliti i privilegi fiscali accordati da ormai 200 anni a questa particolare categoria di contribuenti. Expat molto benestanti che ora fanno gola all’erario di altri Paesi, Svizzera compresa. Non per nulla anche la città di Lugano ha deciso di giocare questa partita, con il responsabile delle sue finanze, Marco Chiesa che a metà novembre si è recato di persona nella capitale britannica per fare quello che viene anche chiamato “marketing territoriale” nel tentativo di convincere queste ricche famiglie a traslocare sulle rive del Ceresio. Cosa dire di questa corsa gli expat oggi di casa a Londra? Quanto potrebbe essere benefico per le casse pubbliche luganesi e ticinesi? E cosa pensare di questa concorrenza fiscale che è di fatto anche una corsa ad abbassare le imposte di chi è benestante?Domande e argomenti che affrontiamo con i nostri ospiti:Samuel Vorpe, responsabile del Centro competenze tributarie e giuridiche presso la SupsiSergio Rossi, professore di economia all’Università di FriborgoJohn Robbiani, giornalista RSI che ha seguito la trasferta luganese a LondraE con due interviste registrate a Marco Chiesa, responsabile del Dicastero finanze della città di Lugano e ad Emma Agyemang, giornalista del Financial Times
La coperta è corta

La coperta è corta

2024-12-0329:33

Anche per il 2025 il preventivo della Confederazione fa discutere, perché per le finanze federali con il previsto aumento delle spese militari è definitivamente finito il periodo delle vacche grasse. Pure per il resto della legislatura le previsioni sono tutt’altro che rosee, senza correzioni sono previsti deficit miliardari. Basti pensare all’aumento delle spese per l’AVS e alle incognite legate a varie iniziative di natura fiscale come la tassazione individuale.Con il peggioramento dei conti della Confederazione si fa sentire ancora di più la polarizzazione della politica, con la richiesta che arriva da destra di compensare gli aumenti per l’esercito con una riduzione dei fondi per la cooperazione internazionale. Una soluzione che a sinistra è vista come fumo negli occhi. Le Commissioni delle finanze di entrambe le camere hanno deciso di accelerare l’aumento delle spese militari, allontanandosi così dalla proposta del Consiglio Federale. Ora la parola passa al Parlamento e si teme che il preventivo possa venir rifiutato a causa di un’alleanza fra chi è contro un aumento dei fondi per l’esercito e chi chiede maggiori risparmi sulla cooperazione internazionale. Ne discutono a Modem i Consiglieri nazionali ticinesi:·        Greta Gysin dei Verdi·        Alex Farinelli del PLRModem su Rete Uno alle 8.30, in replica su Rete Due alle 18.30. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSI e RSIPlay.
Raggiunta da pochi giorni una traballante tregua tra Israele e Hezbollah in Libano, oggi i riflettori si spostano di nuovo in Siria e il nordovest del Paese, in questi ultimi giorni, sembra essere ritornato indietro di 13 anni allo scoppiare della guerra civile del 2011. Una conseguenza anche questa dei fatti del 7 ottobre 2023 che hanno portato in poco più di un anno al riattivarsi via via di nuovi scenari di guerra.  La Siria, di nuovo! Il regime di Bashar Al Assad è seriamente messo in difficoltà dall’avanzata di una variegata milizia di ribelli antigovernativi tra cui filo-turchi, che in poche ore hanno travolto il nordovest del Paese e conquistato la città di Aleppo e minacciano la discesa verso Damasco. Tutto questo sotto gli occhi di Russia e Iran che in questo momento storico, impegnate su altri fronti o indebolite, non sembrano essere in grado di dare una risposta adeguata a sostegno dell’alleato siriano.  Di questo parliamo a Modem con:Lorenzo Trombetta, collaboratore RSI per il Medio Oriente Alberto Zanconato, collaboratore RSI da Mosca e già corrispondente ANSA da Teheran Valeria Giannotti, direttrice scientifica dell’Osservatorio Turchia del Centro di Studi di politica internazionale CESPI Con un’intervista registrata a Ibrahim Hamwi, cittadino siriano che vive in Ticino
Di api a rischio sentiamo ogni tanto parlare, anche e forse soprattutto perché una moría di api mette a rischio tanta natura visto il loro ruolo nell’impollinare. Di api in pericolo abbiamo letto l’ultima volta la scorsa settimana. Sulla NZZ, poi su altri quotidiani svizzeri. Con un grido d’allarme degli apicoltori. Non per l’arrivo di una qualche nuova malattia, ma per l’espansione di un insetto “cugino” dell’ape: il calabrone asiatico. Giunto in Europa neanche tanti anni fa, non ha antagonisti sul continente, non è più nocivo di altri per l’uomo, ma lo è per le api mellifere. Perché si nutre anche di api mellifere ed è in grado di decimarne le colonie in poco tempo. A nord delle Alpi il calabrone asiatico si sta diffondendo con rapidità e gli apicoltori denunciano non solo le perdite subite, ma anche l’inazione della Confederazione. In Ticino non è ancora arrivato, ma lo si attende, anche perché quest’anno lo si è visto nel Varesotto. Una riunione sul tema si è svolta a Bellinzona proprio questa mattina. Ne discutiamo con: Davide Conconi, biologo, giornalista scientifico RSI, già presidente della federazione ticinese di apicolturaMauro Togni, Dipartimento del territorio TicinoMarzio Giamboni, Dipartimento della sanità, Basilea Città
Classe 1993, cresciuto a Cremona, a vent’anni partito per un’esperienza di volontariato in India che gli ha cambiato la vita. E quel viaggio ormai prosegue da 11 anni! Modem torna nella sua versione Incontro con una lunga intervista a Nicolò Govoni, fondatore dell’Organizzazione No Profit Still I rise che si occupa di portare educazione d’eccellenza nei luoghi di miseria, di migrazione, di guerra… laddove ci sono bambini fra i più vulnerabili del pianeta. Una “rivoluzione scolastica” che Govoni ha modellato sulla sua esperienza dapprima scolastica e poi di volontariato in luoghi d’emergenza, e che oggi si concretizza in 5 istituti internazionali nei quattro angoli del mondo. Con lui parleremo di educazione ma anche della differenza tra volontariato e volonturismo, di speranza e di futuro.
Kosovo, pace fragile

Kosovo, pace fragile

2024-11-2730:48

Per le strette relazioni con il nostro Paese, che era stato tra i primi a riconoscerne l’indipendenza, viene anche chiamato il 27esimo cantone svizzero. Stiamo parlando del Kosovo, che dopo la guerra del 1999, contro quella che oggi chiamiamo Serbia, non è ancora riuscito a uscire da una situazione di costante precarietà. Troppo alte le tensioni tra la comunità albanese, maggioritaria nel Paese, e la minoranza serba che vive in gran parte a ridosso del confine con la stessa Serbia. Sono ormai trascorsi 25 anni dai bombardamenti con cui la Nato mise fine agli attacchi serbi contro i movimenti indipendentisti kosovari, ma nel Paese non si può ancora parlare di pace, anche perché tra le due parti non è mai stato sottoscritto un accordo di questo tipo. Cosa dire del Kosovo di oggi, delle dinamiche di un’ulteriore destabilizzazione regionale generate dalla guerra in Ucraina e delle possibili conseguenze dovute al ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca. Nel suo primo mandato presidenziale, Trump aveva lanciato l’idea di uno scambio di territori tra Kosovo e Serbia. Tornerà a rilanciare questa ipotesi?Di questi argomenti discuteremo con:·      Luca Steinmann, giornalista freelance, autore di un recente documentario sulla realtà kosovara·      Francesco Martino, giornalista e analista presso l’Osservatorio dei Balcani di Trento·      Milovan Pisarri, docente presso l’Istituto di filosofia di Belgrado e specializzato in storia contemporaneaAvremo anche un intervento registrato con Raimund Kunz, ex ambasciatore svizzero già attivo nei BalcaniModem su Rete Uno alle 8.30, in replica su Rete Due alle 18.30. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSI e RSIPlay.
Mummia a Brissago

Mummia a Brissago

2024-11-2631:10

A Brissago c’è chi rivuole indietro la sua… mummia egizia. Il consigliere comunale socialista Flavio Gallotti chiede infatti al Municipio di attivarsi per riprendersi il sarcofago contenente i resti della principessa Ta Sherit En Jmen, morta circa 2700 anni fa a Tebe. Resti che un collezionista nel 1887 aveva acquistato al Cairo e che, dopo la sua morte, erano stati ceduti al suo comune di residenza, Brissago. Il Comune era stato costretto quattro anni fa a cederla alla Scuola universitaria professionale di Neuchâtel: conservata male, andava restaurata con urgenza e Brissago non aveva voluto addossarsi i costi per farlo. Una vicenda curiosa – starà ora al Consiglio comunale e al Municipio del comune del Locarnese decidere cosa fare - che però è tutt’altro che rara. Perché se nel caso della principessa Ta Sherit En Jmen, l’intento non è di riportarla in Egitto, bensì a Brissago, la questione dell’appartenenza di opere e reperti antichi sottratti in passato ai Paesi d’origine è sempre più d’attualità.I musei in Occidente sono pieni di opere antiche, reperti archeologici – compresi corpi o parti di corpi umani - provenienti da ogni dove, ma la cui origine solleva importanti criticità: spesso sono stati rubati, confiscati, saccheggiati, trafficati…Sulla scia di una presa di coscienza - chiamiamola così - iniziata negli anni ’80, gran parte della comunità museale d’Occidente tenta di espiare i peccati coloniali anche annunciando restituzioni di opere alle ex-colonie depredate... Pensiamo solo all’ormai noto caso dei “Bronzi del Benin”Ma anche queste restituzioni non sono prive di criticità: chi sono i proprietari legittimi di quelle opere? In un determinato territorio, gli Stati nazionali odierni non corrispondono necessariamente ai popoli cui appartenevano questi reperti. E, ancora: i luoghi d’origine sono in grado di conservare questi reperti in modo idoneo? E che dire di oggetti che sono stati ceduti o venduti dalle stesse popolazioni d’origine a collezionisti o esploratori occidentali, come nel caso della mummia di Brissago?Alcuni interrogativi che porremo ai nostri ospiti:ANDREA RASCHER, giurista specializzato in diritto d’arteFRANCESCO PAOLO CAMPIONE, direttore Museo delle Culture di LuganoMATTEO FRASCHINI KOFFI, collaboratore RSI da Lomé, TogoIntervista registrata a FLAVIO GALLOTTI, autore della mozione che chiede al Comune di Brissago di riprendersi la mummia della principessa di Tebe
La salute e i suoi costi sono da anni fra le principali preoccupazioni degli svizzeri. La votazione di questo finesettimana mostra che le riforme sono possibili, ma che tutti dovranno dare il loro contributo se si vuole cambiare la dinamica dell’aumento dei costi del settore sanitario. Fra i progetti pilota quello del “Résaux de l’Arc” nel Giura Bernese, una società che ha come soci il gruppo di cliniche private Swiss Medical Network, il Canton Berna e l’assicuratore Visana. Un modello di rete di cura integrata in cui l’assicurato fa capo a medici convenzionati e che opera con il sistema della capitazione. Vale a dire che il “Réseau de l’Arc” riceve e gestisce una cifra forfettaria per ogni assicurato. Un modello che dal prossimo anno sarà disponibile anche in Ticino e che mira a far scendere i costi della salute attraverso la prevenzione e una miglior coordinazione delle cure limitando le opzioni per gli assicurati. Per discutere del tema sono ospiti di Modem:Michela Pfyffer, direttrice della Clinica Sant’Anna di Sorengo parte del gruppo Swiss Medical Network Christian Garzoni, medico e presidente della rete di medici di famiglia mediX ticinoBruno Cereghetti, consulente nel settore della sanità, già capo dell’Ufficio Assicurazione Malattia del Canton Ticino
A qualche mese dalla richiesta del procuratore capo della Corte penale internazionale, i giudici della Camera preliminare hanno spiccato un mandato d’arresto nei confronti del premier israeliano Benyamin Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. L’accusa è di crimini di guerra e contro l’umanità nell’ambito del conflitto a Gaza. Un mandato d’arresto è stato emesso anche per il capo militare di Hamas Muhammad Deif, che Israele afferma di aver ucciso, ma di cui Hamas non ha mai riconosciuto la morte. Tutti diventano ora sospetti ricercati a livello internazionale. Benjamin Netanyahu e diversi politici israeliani hanno già parlato di una decisione antisemita. Hamas plaude. Ma quale portata bisogna attribuire a questa decisione? E quali le sue possibili conseguenze nelle dinamiche della guerra in Medio Oriente? Ne discutiamo con: Marco Sassoli, professore emerito di diritto internazionale, Università GinevraTriestino Mariniello, professore di diritto internazionale all’Università John Moores di Liverpool; rappresentante legale delle vittime di Gaza di fronte alla Corte penale internazionaleRossella Tercatin, giornalista, Gerusalemme
Poco più di un puntino su un foglio di carta, eppure questo segno sta facendo parecchio discutere, perché in nome dell’inclusione delle persone non-binarie, introduce una modifica dell’alfabeto. Un dibattito pubblico che a Zurigo-città domenica prossima sfocerà in una votazione popolare, una chiamata alle urne che a quanto pare rappresenta una “Weltpremiere”, mai nessuno fino ad ora aveva chiamato la popolazione ad esprimersi sull’uso dell’asterisco. A farlo a Zurigo un’iniziativa targata UDC, che chiede di annullare l’obbligo dell’uso dell’asterisco introdotto dal municipio della città nel 2022. In altri termini, si chiede un dietro-front perché si ritiene che l’uso dell’asterisco abbia reso troppo difficile la comprensione dei testi pubblicati dall’amministrazione comunale. Una visione sostenuta anche da PLR e Centro. Sull’altro fronte invece la sinistra e i Verdi liberali, convinti che l’asterisco non abbia dato finora fastidio a nessuno e che al tempo stesso abbia facilitato l’inclusione delle persone non-binarie e di altri orientamenti minoritari. Uno scontro che va in ogni caso al di là del semplice asterisco e che torna ad aprire il dibattito su tutto ciò che ruota attorno alla fluidità di genere.Ne parleremo con:·        Monica Sanesi Muri, granconsigliera del Canton Zurigo dei Verdi liberali·        Donato Scognamiglio, granconsigliere del Canton Zurigo del Partito Evangelico·        Alessio Petralli, linguista e direttore della Fondazione Möbius ·        Gianluca Olgiati, corrispondente RSI a ZurigoModem su Rete Uno alle 8.30, in replica su Rete Due alle 18.30. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSI e RSIPlay.
Niente da fare a Bellinzona per la mozione dell’UDC Tiziano Galeazzi denominata “Un’eventuale autogestione cantonale ma con regole chiare!” con il punto esclamativo.  Seguendo il parere del Governo ticinese, il Gran Consiglio ha bocciato l’idea di cantonalizzare la ricerca di una soluzione spaziotemporale per chi vuole incontri aggregativi autogestiti a Lugano. Ma tre anni e mezzo dopo la demolizione dell’ex Macello, rimane un dibattito di fondo su quale autogestione a Sud delle Alpi. E rimane il confronto con il resto della Svizzera dove negli anni il dialogo ha portato a delle soluzioni, dalla Rote Fabrik di Zurigo all’Usine di Ginevra. Ne discutiamo a Modem con: ·       SABRINA ALDI - granconsigliera Lega  ·       TESSA PRATI - granconsigliera PS ·       TAZIO PESSI – membro dell’assemblea SOA/Il Molino da Ginevra: ·       TOBIA SCHNEBLI - membro Gruppo Svizzera senza Esercito e attivista della prima ora 
Lo aveva già detto a settembre il presidente russo Vladimir Putin, lo ha ripetuto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: la decisione degli Stati Uniti di consentire all’Ucraina di colpire il territorio russo con i missili americani a lungo raggio Atacms avrà “risposte appropriate” da parte di Mosca. Per Putin il via libera concesso da Joe Biden all’Ucraina significa che “i Paesi Nato sono in guerra con la Russia”. Un via libera, quello da parte del presidente americano, che secondo varie fonti vicine alla Casa Bianca, è stato comunicato al governo di Kiev tre giorni fa. Alla base di questa decisione, la volontà di dissuadere la Corea del Nord dall’inviare altre truppe in Russia per la guerra contro l’Ucraina. Ma quali sono – davvero - gli intenti statunitensi? Come si posiziona l’Europa, altro alleato dell’Ucraina – rispetto a questa decisione americana? E, al di là delle dichiarazioni che provengono da Mosca, quale sarà la risposta del Cremlino sul campo di battaglia? Sono mosse che mirano ad ottenere il massimo possibile prima di possibili discussioni su una fine del conflitto, oppure c’è davvero il rischio – come ha affermato, secondo dichiarazioni diffuse da Pyongyang, il leader nordcoreano Kim Jong-un – di una “Terza Guerra Mondiale”? A Modem ne parliamo con: Davide Maria De Luca, collaboratore RSI da KievMara Morini, professoressa di Scienze politiche all’Università di Genova, esperta di RussiaAntonio Missiroli, docente di sicurezza europea a Sciences Po e alla John Hopkins
Un mondo che “scivola lungo un pericoloso piano inclinato”. Di questo, anche di questo, parla “Verranno di notte”, l’ultimo libro di Paolo Rumiz. Ma come fare per capire le dinamiche che si stanno manifestando lungo quel “piano inclinato”? Per il giornalista e scrittore triestino c’è un luogo che più di tutti ci aiuta a leggere il presente: la frontiera. Un luogo che “vibra come un sismografo di fronte agli eventi mondiali”, come ci ha detto lui stesso nell’intervista che vi proponiamo in questa puntata di Modem incontro. Per Rumiz la frontiera è “sensibilissima, il pennino di questo sismografo balla ad ogni minimo movimento della geopolitica”. E proprio percorrendo le frontiere Rumiz ci ha raccontato in alcuni dei suoi libri i grandi stravolgimenti degli ultimi decenni: la caduta del muro di Berlino, la guerra nell’ex Jugoslavia, le tensioni crescenti tra Russia e Ucraina. Oggi è pronto a ripartire, sempre verso terre di frontiera. E questo anche per capire cosa potrebbe succedere dopo la vittoria di Donald Trump. “Qui si pone un problema molto più vasto, quello della capacità delle democrazie di esprimere un linguaggio convincente nei confronti dell’uomo qualunque”, ci ha detto ancora Rumiz, in questa puntata, non un dibattito come vi proponiamo abitualmente ma un incontro con un solo ospite.
Caccia all’ebreo ad Amsterdam, e a Parigi partita di calcio blindata fra Israele e Francia. Segnali, stavolta dallo sport, di un antisemitismo che in Europa è in crescita. Attacchi dove è sempre più difficile stabilire se abbiano un’origine antisemita, ovvero di odio e discriminazione contro gli ebrei, o antisionista, vale a dire contraria se non negazionista riguardo alla legittimità dello Stato di Israele, oppure, ancora, se si tratta semplicemente di una critica alle azioni del governo israeliano a Gaza. Dopo l’attacco dei terroristi di Hamas del 7 ottobre dell’anno scorso e la risposta dell’esercito di Israele, con le polemiche seguite alle sue operazioni belliche, le comunità ebraiche europee si sentono minacciate.A Modem ne discutono:Anna Foa, già professoressa di Storia moderna all’Università la sapienza di Roma Ralph Friedländer, presidente della Federazione svizzera delle comunità israelite Annalisa Cappellini, collaboratrice RSI da Parigi
A ben guardare c’è poco da scherzare, perché di mezzo c’è la peste suina, virus sempre più vicino ai confini ticinesi, ha ormai raggiunto la regione di Pavia. Per rallentare l’espandersi di questa malattia, le autorità cantonali ticinesi stanno per dare il via, il prossimo 16 di novembre, ad una serie di misure pensate per incentivare la caccia invernale al cinghiale, animale che fa da vettore a questa infezione che colpisce poi anche i suini. Questa l’equazione: più caccia uguale meno cinghiali, e meno cinghiali significa possibilità di ridurre la diffusione di questa infezione, che lo ricordiamo è innocua per l’essere umano ma che mette a rischio gli allevamenti di maiali, e rischia anche di limitare il nostro accesso a boschi e aree naturali. Occasione per Modem di fare il punto sulla questione della peste suina, ma anche sulla presenza sempre più invadente del cinghiale. E anche per parlare degli altri ungulati, cervo e caprioli in particolare, che nutrendosi di foglie, mettono a rischio la rigenerazione dei boschi. A tal punto che ben il 30% della foresta di protezione in Svizzera è considerata oggi a rischio.Ne parleremo con:Tiziano Putelli, capo Ufficio caccia e pesca TILuca Bacciarini, veterinario cantonale TIRoland David, direttore Sezione forestale TIDavide Corti, presidente della Federazione cacciatori ticinesi
Ucraina al crocevia

Ucraina al crocevia

2024-11-1330:06

La guerra fra Russia e Ucraina potrebbe trovare un epilogo con il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti.  In fondo lo aveva promesso in campagna elettorale: questa guerra può finire in 24 ore.Se così sarà ovviamente non siamo in grado di prevederlo oggi. Oggi possiamo però vedere che qualcosa sta cambiando al fronte: l’Ucraina non sta vincendo, la Russia sta riguadagnando terreno, le perdite umane pesano sia sul morale delle nazioni sia sulle operazioni belliche. In vista di potenziali trattative per la cessazione delle ostilità, i due contendenti sembrano voler arricchire il loro bottino per presentarsi più forti al tavolo negoziale. Come e con quali prospettive, è il tema della discussione con i nostri ospiti:·        CRISTIANO TINAZZI, giornalista indipendente, di ritorno dall’Ucraina·        ORIETTA MOSCATELLI, giornalista e analista di Limes·        GIOVANNI SAVINO, professore di Storia della RussiaModem su Rete Uno alle 8.30, in replica su Rete Due alle 18.30. Ci trovate anche sul Podcast e sulle app: RSI e RSIPlay.
Quanti soldi ci vorranno per aiutare i paesi più poveri ad affrontare il riscaldamento globale e la transizione energetica? Chi dovrà pagare? Che cosa aspettarsi dall’azione internazionale per il clima ora che alla Casa Bianca torna il “climatoscettico” Donald Trump e vi resterà per 4 anni? Quale ruolo deve assumere in questo contesto un paese piccolo, ma ricco come la Svizzera? E poi forse anche: è un problema se la Cop si svolge per il secondo anno consecutivo in un paese che vive di petrolio ed è anche poco rispettoso dei diritti umani? Sono alcuni degli interrogativi che sottoponiamo ai nostri ospiti: Roger Nordmann, consigliere nazionale PSPaolo Pamini, consigliere nazionale UdcEmanuele Bompan, giornalista ambientale e geografo, in viaggio per Baku
 In italiano “child grooming” significa “adescamento di minorenni in rete”. Ma il verbo inglese to groom vuol dire anche curare. E qui si annida l’insidia. Il fenomeno non è ancora conosciuto da tutti ma assume forme diverse e raggiunge livelli preoccupanti: gli ultimi dati pubblicati nel Regno Unito mostrano un aumento di quasi il 90% in 5 anni. E’ uno dei tanti pericoli legati all’uso delle reti sociali da parte dei più giovani. Per le principali piattaforme, alcuni paesi stanno valutando di introdurre dei divieti. Parrebbe cosa fatta in Australia dal 2025. Ci sta pensando l’Italia. Dovrebbe essere realtà in Florida dal prossimo 1° gennaio. Il grooming ha fatto notizia anche nella Svizzera italiana nelle scorse settimane per un caso singolare: un gruppo di minorenni ha adescato gli adescatori in rete per poi minacciarli, ricattarli, picchiarli. Con i nostri ospiti proviamo a capire meglio questo fenomeno, come funziona, quali sono le dinamiche che lo contraddistinguono e come la scuola può e intende impegnarsi per contrastarlo: ROSALBA MORESE – ricercatrice, docente in psicologia e neuroscienze sociali USI PAOLO ATTIVISSIMO - giornalista e divulgatore informatico ALESSANDRO TRIVILINI - collaboratore scientifico del DECS 
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