Dal bambino obbediente all’adulto rassegnato
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* Un viaggio attraverso la trasformazione educativa e il bisogno urgente di uscire dalla logica del comando.
* Ripensare il significato dell’obbedienza
* Vogliamo figli obbedienti o figli liberi?
* Obbedienza non è sinonimo di educazione
* Obbedienza o responsabilità?
* Educare senza comandare: costruire consapevolezza, non controllo
* Il bambino non sa cosa è giusto? Non è l’obbedienza a insegnarglielo
* Se non posso dire “no”, non posso scegliere
* Autonomia emotiva e fiducia nel sentire
* Obbedienza o responsabilità? L’educazione che costruisce l’etica
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Un viaggio attraverso la trasformazione educativa e il bisogno urgente di uscire dalla logica del comando.
Educare un bambino oggi è forse la più grande sfida della nostra epoca. Siamo una generazione cresciuta dentro a un sistema educativo che ha dato valore alla gerarchia, alla disciplina e all’obbedienza. Frasi come “Comanda chi può, obbedisce chi deve” sono state la colonna sonora della nostra infanzia.
Ma oggi viviamo in una società che ci chiede tutt’altro: proattività, autonomia, pensiero critico, capacità di adattamento. Oggi ammiriamo e valorizziamo persone creative, indipendenti, capaci di scegliere e di prendere posizione. Eppure, nella nostra infanzia, venivamo premiati per il contrario: per stare zitti, per dire sì, per non fare domande.
Ripensare il significato dell’obbedienza
Genitori, educatori, insegnanti, nonni… Chiunque oggi si trovi nel ruolo di educare un bambino è chiamato a ripensare profondamente il concetto di obbedienza. Culturalmente, siamo stati abituati ad associare il “comportamento buono” alla capacità del bambino di eseguire un ordine senza protestare. Viviamo in una società che non tollera bambini rumorosi, emotivi, che pongono domande, che mettono in discussione. E allora, quando qualcosa non va, le domande che sentiamo sono sempre le stesse: “Come faccio a farlo obbedire?”, “Perché mio figlio non mi ascolta?”, “Come si gestisce un bambino disobbediente?” Ma basta una veloce consultazione del dizionario per capire che questa parola, “obbedienza”, non è affatto neutra.
Obbedienza:
* Azione di chi obbedisce, di chi è sottomesso, docile.
* Disposizione ad obbedire; sottomissione completa; soggezione.
* Atto di conformarsi alle istruzioni ricevute.
Vogliamo figli obbedienti o figli liberi?
Ora ti chiedo: è questo che desideri per tuo figlio o tua figlia? Vuoi davvero che diventi un adulto sottomesso? Un adulto che non decide mai da sé? Un adulto che si conforma senza riflettere? Eppure, continuiamo a premiare l’obbedienza. Ci lamentiamo dei comportamenti ribelli, ma non vogliamo nemmeno crescere figli sottomessi.
C’è un cortocircuito educativo: vogliamo adulti liberi, ma educhiamo bambini al silenzio. Vogliamo figli responsabili, ma insegniamo a non pensare. Vogliamo relazioni sane, ma seminiamo la paura del confronto. L’educazione oggi deve camminare mano nella mano con lo sviluppo dell’autonomia.
Obbedienza non è sinonimo di educazione
Quando una famiglia mi dice: “Voglio che mio figlio mi obbedisca”, quello che in realtà sta chiedendo è: “Come posso guidarlo in modo sicuro verso un comportamento più rispettoso, più sano, più consapevole?” La richiesta è lecita, il bisogno è reale… ma la risposta non può essere: “Fallo obbedire”. Ogni volta che un bambino rifiuta di mangiare sano, o non vuole smettere di guardare i cartoni, ogni volta che risponde male o colpisce un compagno… ci troviamo di fronte a sfide educative vere, che meritano strumenti profondi.
Eppure, in questi momenti, l’obbedienza non basta. Anzi, l’obbedienza è una scorciatoia pericolosa, perché chiede al bambino di adeguarsi senza capire. Di fare qualcosa che non sente solo per paura della punizione o del giudizio. Ma l’educazione non è controllo. L’educazione è accompagnamento, consapevolezza, costruzione. Educare significa aiutare il bambino a fare una scelta, non obbligarlo ad agire. Quando cresciamo figli che rispondono solo agli ordini, insegniamo loro a vivere con i pensieri, i desideri e le responsabilità di qualcun altro. E li disconnettiamo da loro stessi.
Obbedienza o responsabilità?
“L’adulto è chi sa. Il bambino deve solo eseguire.” “Non si discute. Si obbedisce.” Dietro queste frasi, che ci portiamo dietro da generazioni, non c’è educazione. C’è paura. Perché la verità è questa: l’obbedienza nasce dalla paura della conseguenza. Che sia una punizione, un rimprovero, uno sguardo severo o la perdita d’amore… è sempre il timore di “perdere qualcosa” a muovere il comportamento del bambino obbediente. E così, ciò che dovrebbe essere una relazione educativa, diventa una relazione gerarchica, dove l’adulto comanda e il bambino si adatta.
Nella mia esperienza come educatrice parentale, vedo ogni giorno le conseguenze di questo modello: bambini che fanno finta di ascoltare ma non integrano nulla; genitori frustrati che alzano la voce; famiglie intrappolate in cicli di scontro e colpa.
Educare senza comandare: costruire consapevolezza, non controllo
Se vogliamo crescere figli capaci di scegliere e di rispondere della loro vita, dobbiamo cambiare sguardo. Invece di punire, insegniamo a riflettere. Invece di comandare, accompagniamo. Invece di cercare l’obbedienza, coltiviamo motivazioni interne. Solo così il bambino diventerà una persona capace di pensare, scegliere, assumersi responsabilità, imparare dal proprio errore. L’obiettivo non è il comportamento perfetto. È la coscienza dietro al comportamento.
Nella Riprogrammazione Parentale parliamo spesso di questo: guidare il comportamento senza spegnere la mente e il cuore del bambino. Educare al pensiero, alla presenza, alla connessione.
Il bambino non sa cosa è giusto? Non è l’obbedienza a insegnarglielo
Uno degli argomenti più usati per giustificare la richiesta di obbedienza è: “Ma i bambini non sanno cosa è giusto o sbagliato!” Vero. Ma nemmeno imparano se non li aiutiamo a pensare. Se insegniamo solo a eseguire, non costruiamo pensiero. Se diciamo solo “non farlo!”, non c’è spazio per l’esperienza, la scoperta, la costruzione del significato. Nel mio metodo, accompagno i genitori a creare un ambiente dove l’errore non è punizione, ma occasione di apprendimento. Un luogo dove il bambino può sperimentare, sbagliare, capire, essere aiutato a costruire la propria risposta, e non solo ricevere la soluzione dall’adulto.
Se non posso dire “no”, non posso scegliere
L’obbedienza, a lungo andare, disconnette il bambino da sé. Non gli viene insegnato a chiedersi “cosa sento?”, “cosa desidero?”, “cosa è giusto per me?” Ma solo: “Cosa vogliono gli altri da me?” Questo crea adulti che non sanno dire di no, hanno paura di deludere, cercano approvazione esterna, non si ascoltano, si sentono confusi nelle relazioni. Quando un bambino impara che non può dire no, anche se qualcosa lo ferisce… diventerà un adulto che non sa proteggersi.
Autonomia emotiva e fiducia nel sentire
Educare all’autonomia significa costruire una relazione dove il bambino si sente visto, ascoltato, valido. Dove il suo sentire conta, anche quando non possiamo esaudirlo.
Un bambino che può dire ciò che prova, che può riflettere su ciò che sente, sarà un adulto capa