NOTAV: MIGLIAIA IN MARCIA PER L’8 DICEMBRE, A VENT’ANNI DALLA RIPRESA DI VENAUS
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Migliaia di persone hanno partecipato ieri alla marcia da Venaus a San Giuliano, in Val di Susa, per la tradizionale manifestazione No Tav dell’8 dicembre, che ricorda la liberazione del presidio permanente di Venaus nel 2005, esattamente vent’anni fa.
A San Giuliano, punto di arrivo della marcia, da alcuni giorni è attivo un nuovo presidio permanente del movimento, organizzato per ostacolare gli espropri dei terreni destinati ai cantieri.
Ai microfoni di Radio Onda d’Urto il bilancio della giornata con Nicoletta Dosio, storica portavoce del movimento No Tav valsusino. Ascolta o scarica.
Di seguito il comunicato condiviso dal Movimento No Tav.
“Ieri la Val Susa è tornata a riempire le st rade con la marcia popolare No Tav da Venaus a San Giuliano, una giornata intensa che segna l’8 dicembre del ventennale del 2005 e chiude idealmente il percorso di iniziative che in queste settimane hanno riportato al centro memoria, territorio e lotta.
Come allora, la valle ha mostrato che la sua forza sta nel camminare insieme, generazione dopo generazione.
La marcia è partita da Venaus, luogo simbolico della liberazione del 2005, attraversando il paese e le strade in un clima festoso e partecipato. Non una rievocazione, ma un atto presente: camminare da Venaus significa ricordare che quella conquista non è un capitolo chiuso, ma un’eredità che continua a generare pratiche di difesa del territorio.
Tantissime le giovani generazioni presenti, a riprova che il futuro sta nelle mani di chi oggi rischia di vedere la propria vita devoluta al riarmo e alla guerra e che vuole contrapporsi a questo; presenti le amministrazioni locali, a fianco dei comitati che da tutta la Valle hanno marciato ancora una volta insieme; i volti storici del Movimento No Tav hanno ricordato quelle giornate del 2005 con la consapevolezza che la resistenza di un popolo si fa in sintonia al territorio che si abita e si vuole difendere; una importante presa di parola è stata fatta per tessere un collegamento con i popoli che resistono altrove, come in Palestina, e un pensiero é stato rivolto a chi non c’é più e a chi viene colpito da provvedimenti ingiusti come un decreto di espulsione dall’Italia per aver scelto di stare dalla parte di chi lotta.
L’arrivo a San Giuliano ha assunto un significato profondo.
Qui, proprio questa settimana, è nato il nuovo Presidio Permanente, dentro la casa della signora Ines, espropriata da Telt. Una casa strappata alla vita per fare spazio a un progetto inutile, che la comunità No Tav ha deciso di riaprire, riabitare e trasformare in un luogo di incontro, socialità e resistenza. Uno spazio restituito al territorio e alla sua gente.
La marcia di oggi è arrivata al presidio per dargli forza, per riempirlo di voci e di corpi, per trasformare un’espropriazione in un gesto collettivo di riappropriazione.
La giornata dell’8 dicembre non chiude nulla: apre. Il ventennale del 2005 non è solo memoria, è una responsabilità. Significa sapere da dove veniamo per capire dove stiamo andando.
E oggi, arrivati a San Giuliano, il messaggio è stato chiaro: la Valsusa c’è, la lotta continua e lo fa mettendo radici nei luoghi che il potere vorrebbe desertificare.
Il nuovo presidio è una promessa e un impegno. La marcia di oggi lo ha inaugurato nel modo migliore: con la presenza di tutte e tutti, con la forza di una comunità che da più di trent’anni non arretra.
Nel 2005 a Venaus, non c’erano opzioni. La Valle voleva riprendersi la propria terra, rispondere all’ingiustizia e al pestaggio subito dai presidianti la notte prima.
Neanche a dirlo, le reti cadono e tutte e tutti si entra nel cantiere.
Oggi, a conclusione del corteo, i/le No Tav entrano in quello che negli scorsi giorni è diventato un simbolo di resistenza, la casa di Ines, oggi proprietá di Telt.
Il progetto del Tav è tavcentrico. Non esiste altro. Non esistono le persone con le loro case, con i ricordi di una vita.
E allora oggi, il Movimento ha deciso di liberare e di ridare dignità ad un altro pezzo della Valle e di riappropriarsi di una casa, in cui le luci devono rimanere accese.
La Val Susa resiste e continua ad essere un faro per chi decide di non girarsi dall’altra parte.
Ancora. Sempre.”





