Scienza - BastaBugie.it: La psicologia non e scienza, nè medicina e non può salvarci
Update: 2024-12-24
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=8027
LA PSICOLOGIA NON E' SCIENZA, NÉ MEDICINA E NON PUO' SALVARCI di Roberto Marchesini
La psicologia (clinica) è - si dice - una branca della medicina; significa che è una scienza, quindi dobbiamo affidarci a lei ciecamente. Come la medicina (moderna), dai sintomi risale a una patologia univoca ben conosciuta; applica un metodo testato scientificamente e risolve il problema. Se il problema non si risolve, è colpa del paziente che non ha applicato scrupolosamente il metodo, che è, ovviamente, infallibile.
Spero che il gentile lettore del Timone non abbia creduto a una sola parola di quanto scritto qua sopra perché sono tutte sciocchezze. In realtà, la psicologia (letteralmente, "scienza dell'anima") non ha nulla a che fare con la medicina, che cura il corpo; tantomeno può utilizzare il metodo scientifico fondato sulla sperimentazione, perché con l'essere umano ci sono dei limiti etici (o dovrebbero esserci) e non è possibile il controllo totale delle variabili. La psicologia si è ammantata di scientificità semplicemente perché l'uomo moderno ripone una fiducia religiosa nella scienza; e il modo migliore per accreditarsi è farsi passare per una scienza.
Se ci pensiamo, infatti, è sufficiente dare una veste scientifica a qualsiasi ideologia perché le persone le prestino una fiducia cieca e totale e la difendano furiosamente da qualsiasi critica.
Abbiamo detto che la psicologia è la scienza dell'anima; tuttavia, la modernità ha stabilito scientificamente che l'anima non esiste; quindi la psicologia si accontenta di occuparsi della "mente", dei comportamenti e degli atteggiamenti. Resta comunque il fatto che, per fare una qualsiasi psicologia, bisogna avere una certa idea di cosa sia la persona umana, di come funzioni e di come, invece, non funzioni. Ne deriva che la psicologia è una antropologia (cioè filosofia, non medicina); e la psicologia clinica consiste nel ripristinare la fisiologia e nel superare la patologia.
QUESTIONE DI ANTROPOLOGIA
Partiamo dal primo di questi punti: l'antropologia. È un dato di fatto che esistono diverse antropologie e questo è il motivo per cui esistono diverse psicologie: a una certa idea di uomo corrisponde una certa psicologia.
C'è, ad esempio, la psicologia classica, evoluta da Socrate, Platone e Aristotele e culminata con Tommaso d'Aquino; la quale vede l'uomo come un sinolo (cioè una unione inscindibile) tra anima e corpo, al mondo per un fine. È fisiologico, in questo caso, ciò che si avvicina al fine dell'uomo; patologico ciò che lo allontana. Poi c'è la modernità e le sue antropologie: c'è quella nietzschiana/freudiana, che vede l'uomo come un essere dominato dalle passioni (principalmente sessuali e omicide/suicide), per la quale la fisiologia consiste o nel soddisfare queste passioni in modo socialmente accettabile (Freud) o nel soddisfarle punto e basta (Reich); la patologia consiste nella morale, ossia nella funzione più alta della ragione. C'è l'antropologia junghiana/hillmaniana che vede l'uomo come terra di conquista da parte di vari demoni, per cui la fisiologia sarebbe ridare a questi demoni il dominio dell'uomo e della terra. C'è l'antropologia umanista, che vede al vertice della salute mentale l'orgasmo (ops: l'esperienza di picco); c'è l'antropologia comportamentista, per la quale l'essere umano è come un animale, addestrabile con stimoli positivi o negativi... potremmo continuare a lungo.
Ma - e questo è il secondo punto - eliminando il fine, come si stabilisce in modo scientifico cosa è fisiologico e cosa è patologico? Beh, in due modi: il primo (come abbiamo visto) vede come fisiologia l'applicazione totale della propria ideologia e come patologia tutto ciò che la morale indica come bene o male; il secondo... con la statistica. È fisiologico il valore più frequente, patologico lo scostamento dalla media. Volete un esempio? I valori "di norma" delle vostre analisi del sangue: sono stabiliti come valori medi della popolazione generale, oppure modificati in base alle esigenze dell'industria farmaceutica.
Ciò che abbiamo visto finora spiega l'atteggiamento diffidente che il Magistero della Chiesa cattolica ha sempre avuto nei confronti della psicologia e della psicologia clinica in particolare. Atteggiamento che non è mai stato compreso fino in fondo. A volte scambiato per una chiusura retrograda e bigotta, dovuta alla diffidenza di una istituzione antichissima nei confronti del nuovo; talvolta assolutizzato, generalizzando questa diffidenza nei confronti di ogni psicologia. Come al solito, un atteggiamento critico, ma ragionevole, nei confronti della psicologia si rivela più utile ed equilibrato.
TERAPIE E DINTORNI
Dedichiamo ora qualche parola ai temi della nosologia e della terapia.
La nosologia è la classificazione sistematica delle malattie (o disturbi, nel caso della psichiatria e della psicologia). I manuali diagnostici più autorevoli e diffusi sono il Dsm dell'American Psychiatric Association e l'Icd dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che in genere recepisce le proposte del primo. La prima osservazione che si può fare su questi metodi nosologici è che sono stati più volte oggetto di critiche e accuse: dall'inclusione o esclusione di orientamenti sessuali (omosessualità o pedofilia), all'influenza delle case farmaceutiche, all'utilizzo della sintonia che il paziente ha nei confronti di un certo atteggiamento/orientamento per definirne la fisiologia o patologia. La seconda, a parere di chi scrive ancora più importante dal punto di vista clinico, è che (come affermava l'ingegnere polacco Alfred Korzybski) «la mappa non è il territorio»: quello che sembra definito sul manuale può non esserlo nella stanza di terapia, l'essere umano è molto più complesso delle nostre sempre troppo rigide classificazioni.
Per quanto riguarda la terapia, invece, si sta affermando l'idea che - come nella medicina moderna - a ogni diagnosi corrisponda un certo tipo di terapia dimostrata efficace. Si sta affermando anche per l'avanzata del modello di cura statunitense (fondato sulle assicurazioni sanitarie), modello che ha come fine non il benessere della persona, ma il profitto (le assicurazioni sono aziende in tutto e per tutto). In una bella ricerca, lo psicologo statunitense John Norcross ha dimostrato che l'elemento maggiormente determinante in una psicoterapia è la relazione tra il clinico e il paziente.
Il che ci riporta all'antropologia classica, per la quale l'uomo è relazione; e i suoi bisogni più importanti sono bisogni relazionali: amare ed essere amato.
NON È UN LASCIAPASSARE
Ultimo punto: la psicologia moderna ha fatto suo uno dei principi cardine della modernità: il rifiuto di una morale oggettiva e metafisica. Per la modernità è morale ciò che è utile, ciò che non danneggia terzi ed è consensuale: all'interno di questi paletti, tutto è lecito. Non è così, ma spesso la "scienza psicologica" viene utilizzata per giustificare - soprattutto in ambito sessuale -comportamenti e atteggiamenti rifiutati dalla morale tradizionale.
La psicologia, per concludere, si è allargata troppo? Direi il contrario: la psicologia è stata "focomelizzata" - così come la ragione - dalla modernità, il suo campo d'azione è stato ridotto ad atteggiamenti e comportamenti. La psicoterapia umanista, ad esempio, chiama il paziente semplicemente «cliente» e ha rifiutato di affermarsi terapeutica, preferendo il termine «counselling», consulenza.
L'impressione che la psicologia sia sovra-utilizzata deriva dal fatto che è diventata uno strumento per giustificare qualunque cosa, soprattutto dal punto di vista (a)morale.
Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini, autore del precedente articolo, ha fatto alcune precisazioni interessanti a integrazione del testo riportato.
PSICOLOGO E CATTOLICO? SI PUÒ
È possibile essere psicologo cattolico? Certamene sì, basta accogliere una antropologia in accordo con il dato rivelato. Ovviamente, come indicato anche dal Magistero della Chiesa, l'antropologia maggiormente aderente a tale dato è quella tomista. Il riferimento principale degli psicologi cattolici è Rudolf Allers (1883-1963), unico cattolico che fece parte della cerchia di Freud nella Vienna d'inizio Novecento; lasciò Freud per seguire Adler, poi si allontanò anche da questo, portando con sé il suo più brillante allievo (ben più noto del maestro), Viktor Frankl. Per Allers ogni nevrosi è la conseguenza di un problema metafisico non risolto, al punto che "l'unica persona che possa essere interamente libera dalla nevrosi è quella che passa la vita in una sincera dedizione ai doveri naturali e soprannaturali, e che ha costantemente affermato la sua posizione come creatura e il suo posto nell'ordine del creato; in altre parole, al di là del nevrotico c'è solo il santo".
PER NON CONFONDERSI
Spesso si chiedono chiarimenti sui termini psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista, counsellor e psichiatra. Vediamo di fare chiarezza.
1) PSICOLOGO
Lo psicologo è un laureato in psicologia (quindi non è un medico) che non può prendere in carico persone con sofferenze; può fare diagnosi, somministrare test, lavorare nella pubblicità e nella politica, fare selezione e gestione del personale.
2) PSICOTERAPEUTA
Lo psicoterapeuta è uno psicologo con una formazione (aggiuntiva) specifica per occuparsi di persone con problemi clinici.
3) PSICOANALISTA o PSICANALISTA
Lo psicoanalista (se freudiano) o psicanalista (lacaniano) è uno psicoterapeuta che segue la dottrina
LA PSICOLOGIA NON E' SCIENZA, NÉ MEDICINA E NON PUO' SALVARCI di Roberto Marchesini
La psicologia (clinica) è - si dice - una branca della medicina; significa che è una scienza, quindi dobbiamo affidarci a lei ciecamente. Come la medicina (moderna), dai sintomi risale a una patologia univoca ben conosciuta; applica un metodo testato scientificamente e risolve il problema. Se il problema non si risolve, è colpa del paziente che non ha applicato scrupolosamente il metodo, che è, ovviamente, infallibile.
Spero che il gentile lettore del Timone non abbia creduto a una sola parola di quanto scritto qua sopra perché sono tutte sciocchezze. In realtà, la psicologia (letteralmente, "scienza dell'anima") non ha nulla a che fare con la medicina, che cura il corpo; tantomeno può utilizzare il metodo scientifico fondato sulla sperimentazione, perché con l'essere umano ci sono dei limiti etici (o dovrebbero esserci) e non è possibile il controllo totale delle variabili. La psicologia si è ammantata di scientificità semplicemente perché l'uomo moderno ripone una fiducia religiosa nella scienza; e il modo migliore per accreditarsi è farsi passare per una scienza.
Se ci pensiamo, infatti, è sufficiente dare una veste scientifica a qualsiasi ideologia perché le persone le prestino una fiducia cieca e totale e la difendano furiosamente da qualsiasi critica.
Abbiamo detto che la psicologia è la scienza dell'anima; tuttavia, la modernità ha stabilito scientificamente che l'anima non esiste; quindi la psicologia si accontenta di occuparsi della "mente", dei comportamenti e degli atteggiamenti. Resta comunque il fatto che, per fare una qualsiasi psicologia, bisogna avere una certa idea di cosa sia la persona umana, di come funzioni e di come, invece, non funzioni. Ne deriva che la psicologia è una antropologia (cioè filosofia, non medicina); e la psicologia clinica consiste nel ripristinare la fisiologia e nel superare la patologia.
QUESTIONE DI ANTROPOLOGIA
Partiamo dal primo di questi punti: l'antropologia. È un dato di fatto che esistono diverse antropologie e questo è il motivo per cui esistono diverse psicologie: a una certa idea di uomo corrisponde una certa psicologia.
C'è, ad esempio, la psicologia classica, evoluta da Socrate, Platone e Aristotele e culminata con Tommaso d'Aquino; la quale vede l'uomo come un sinolo (cioè una unione inscindibile) tra anima e corpo, al mondo per un fine. È fisiologico, in questo caso, ciò che si avvicina al fine dell'uomo; patologico ciò che lo allontana. Poi c'è la modernità e le sue antropologie: c'è quella nietzschiana/freudiana, che vede l'uomo come un essere dominato dalle passioni (principalmente sessuali e omicide/suicide), per la quale la fisiologia consiste o nel soddisfare queste passioni in modo socialmente accettabile (Freud) o nel soddisfarle punto e basta (Reich); la patologia consiste nella morale, ossia nella funzione più alta della ragione. C'è l'antropologia junghiana/hillmaniana che vede l'uomo come terra di conquista da parte di vari demoni, per cui la fisiologia sarebbe ridare a questi demoni il dominio dell'uomo e della terra. C'è l'antropologia umanista, che vede al vertice della salute mentale l'orgasmo (ops: l'esperienza di picco); c'è l'antropologia comportamentista, per la quale l'essere umano è come un animale, addestrabile con stimoli positivi o negativi... potremmo continuare a lungo.
Ma - e questo è il secondo punto - eliminando il fine, come si stabilisce in modo scientifico cosa è fisiologico e cosa è patologico? Beh, in due modi: il primo (come abbiamo visto) vede come fisiologia l'applicazione totale della propria ideologia e come patologia tutto ciò che la morale indica come bene o male; il secondo... con la statistica. È fisiologico il valore più frequente, patologico lo scostamento dalla media. Volete un esempio? I valori "di norma" delle vostre analisi del sangue: sono stabiliti come valori medi della popolazione generale, oppure modificati in base alle esigenze dell'industria farmaceutica.
Ciò che abbiamo visto finora spiega l'atteggiamento diffidente che il Magistero della Chiesa cattolica ha sempre avuto nei confronti della psicologia e della psicologia clinica in particolare. Atteggiamento che non è mai stato compreso fino in fondo. A volte scambiato per una chiusura retrograda e bigotta, dovuta alla diffidenza di una istituzione antichissima nei confronti del nuovo; talvolta assolutizzato, generalizzando questa diffidenza nei confronti di ogni psicologia. Come al solito, un atteggiamento critico, ma ragionevole, nei confronti della psicologia si rivela più utile ed equilibrato.
TERAPIE E DINTORNI
Dedichiamo ora qualche parola ai temi della nosologia e della terapia.
La nosologia è la classificazione sistematica delle malattie (o disturbi, nel caso della psichiatria e della psicologia). I manuali diagnostici più autorevoli e diffusi sono il Dsm dell'American Psychiatric Association e l'Icd dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, che in genere recepisce le proposte del primo. La prima osservazione che si può fare su questi metodi nosologici è che sono stati più volte oggetto di critiche e accuse: dall'inclusione o esclusione di orientamenti sessuali (omosessualità o pedofilia), all'influenza delle case farmaceutiche, all'utilizzo della sintonia che il paziente ha nei confronti di un certo atteggiamento/orientamento per definirne la fisiologia o patologia. La seconda, a parere di chi scrive ancora più importante dal punto di vista clinico, è che (come affermava l'ingegnere polacco Alfred Korzybski) «la mappa non è il territorio»: quello che sembra definito sul manuale può non esserlo nella stanza di terapia, l'essere umano è molto più complesso delle nostre sempre troppo rigide classificazioni.
Per quanto riguarda la terapia, invece, si sta affermando l'idea che - come nella medicina moderna - a ogni diagnosi corrisponda un certo tipo di terapia dimostrata efficace. Si sta affermando anche per l'avanzata del modello di cura statunitense (fondato sulle assicurazioni sanitarie), modello che ha come fine non il benessere della persona, ma il profitto (le assicurazioni sono aziende in tutto e per tutto). In una bella ricerca, lo psicologo statunitense John Norcross ha dimostrato che l'elemento maggiormente determinante in una psicoterapia è la relazione tra il clinico e il paziente.
Il che ci riporta all'antropologia classica, per la quale l'uomo è relazione; e i suoi bisogni più importanti sono bisogni relazionali: amare ed essere amato.
NON È UN LASCIAPASSARE
Ultimo punto: la psicologia moderna ha fatto suo uno dei principi cardine della modernità: il rifiuto di una morale oggettiva e metafisica. Per la modernità è morale ciò che è utile, ciò che non danneggia terzi ed è consensuale: all'interno di questi paletti, tutto è lecito. Non è così, ma spesso la "scienza psicologica" viene utilizzata per giustificare - soprattutto in ambito sessuale -comportamenti e atteggiamenti rifiutati dalla morale tradizionale.
La psicologia, per concludere, si è allargata troppo? Direi il contrario: la psicologia è stata "focomelizzata" - così come la ragione - dalla modernità, il suo campo d'azione è stato ridotto ad atteggiamenti e comportamenti. La psicoterapia umanista, ad esempio, chiama il paziente semplicemente «cliente» e ha rifiutato di affermarsi terapeutica, preferendo il termine «counselling», consulenza.
L'impressione che la psicologia sia sovra-utilizzata deriva dal fatto che è diventata uno strumento per giustificare qualunque cosa, soprattutto dal punto di vista (a)morale.
Nota di BastaBugie: Roberto Marchesini, autore del precedente articolo, ha fatto alcune precisazioni interessanti a integrazione del testo riportato.
PSICOLOGO E CATTOLICO? SI PUÒ
È possibile essere psicologo cattolico? Certamene sì, basta accogliere una antropologia in accordo con il dato rivelato. Ovviamente, come indicato anche dal Magistero della Chiesa, l'antropologia maggiormente aderente a tale dato è quella tomista. Il riferimento principale degli psicologi cattolici è Rudolf Allers (1883-1963), unico cattolico che fece parte della cerchia di Freud nella Vienna d'inizio Novecento; lasciò Freud per seguire Adler, poi si allontanò anche da questo, portando con sé il suo più brillante allievo (ben più noto del maestro), Viktor Frankl. Per Allers ogni nevrosi è la conseguenza di un problema metafisico non risolto, al punto che "l'unica persona che possa essere interamente libera dalla nevrosi è quella che passa la vita in una sincera dedizione ai doveri naturali e soprannaturali, e che ha costantemente affermato la sua posizione come creatura e il suo posto nell'ordine del creato; in altre parole, al di là del nevrotico c'è solo il santo".
PER NON CONFONDERSI
Spesso si chiedono chiarimenti sui termini psicologo, psicoterapeuta, psicoanalista, counsellor e psichiatra. Vediamo di fare chiarezza.
1) PSICOLOGO
Lo psicologo è un laureato in psicologia (quindi non è un medico) che non può prendere in carico persone con sofferenze; può fare diagnosi, somministrare test, lavorare nella pubblicità e nella politica, fare selezione e gestione del personale.
2) PSICOTERAPEUTA
Lo psicoterapeuta è uno psicologo con una formazione (aggiuntiva) specifica per occuparsi di persone con problemi clinici.
3) PSICOANALISTA o PSICANALISTA
Lo psicoanalista (se freudiano) o psicanalista (lacaniano) è uno psicoterapeuta che segue la dottrina
Episode: https://www.spreaker.com/episode/la-psicologia-non-e-scienza-ne-medicina-e-non-puo-salvarci--63460258
Podcast: http://www.bastabugie.it/it/filtra_argomenti.php?id=2
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