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Author: Radio 24

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Il drammatico uno-due della pandemia seguita dal conflitto in Ucraina ha contribuito dolorosamente a un passaggio culturale importante, facendoci finalmente realizzare che la transizione ecologica è uno strumento per conseguire una maggiore indipendenza dalle importazioni di materie prime, energia e semilavorati, da cui le economie europee sono estremamente indipendenti. Le soluzioni proprie della crisi ecologica (dalle fonti rinnovabili al ciclo idrico integrato, dall'economia circolare alla fusione nucleare) si rivelano infatti essere ciò che serve per affrontare la crisi geo-politica, energetica ed economica che ci attanaglia.Lo speciale estivo di Smart City "La transizione ecologica in tempo di crisi" racconta i punti di contatto tra le crisi del nostro tempo, e la ricerca di possibili soluzioni comuni, affrontando temi quali la gestione dell'acqua, le opportunità offerte dalle energie forestali e marine, le sfide dei sistemi di stoccaggio energetico sostenibili e della fusione nucleare.

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244 Episodes
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Ridurre il peso del pacco batterie è un obiettivo cruciale per tutti i costruttori di veicoli elettrici, giacché il consumo di un’auto è grossomodo proporzionale al peso e il peso dei pacchi batteria è notevole. La strada maestra è quella di agire sulla chimica delle celle, ma un certo contributo arriva anche dall’hardware che le impacchetta, le tiene insieme e le protegge. Da qui il lavoro svolto all’interno del progetto internazionale FENICE, coordinato dall’ENEA, che ha portato allo sviluppo di un nuovo materiale composito che offre numerosi vantaggi, sia in termini di leggerezza sia di impatto ambientale. Ce ne parla Claudio Mingazzini, ricercatore del Laboratorio Tecnologie dei Materiali Faenza di ENEA.
Una finestra ibrida, capace non solo di produrre energia elettrica per effetto fotovoltaico, ma anche di ricevere dati come una sorta di antenna ottica: è l’ultima evoluzione di un'idea che abbiamo raccontato nel corso degli anni, qui a Smart City, nata all'Università di Milano bicocca e sviluppatasi fino a dar vita alla start-up Glass to Power. A suo tempo, i ricercatori di Milano Bicocca riuscirono per primi a trovare il modo di realizzare finestre semitrasparenti, capaci di convertire una parte della radiazione solare in energia elettrica senza compromettere la qualità dell’illuminazione negli ambienti interni. Ne parliamo con Sergio Brovelli, professore dell’Università di Milano-Bicocca e Presidente del Consiglio Scientifico di Glass to Power SpA.
Il web abbonda di prodotti in vendita che usurpano, evocano o imitano prodotti Dop e Igp italiani. Parliamo spesso di vere e proprie frodi che arrecano danno sia all’acquirente sia alle imprese italiane. Per combattere il fenomeno, in costante crescita, il Centro interuniversitario di Scienze della Sicurezza e della Criminalità delle Università di Verona e Trento (Cssc), in accordo con l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Ministero dell’Agricoltura), ha sviluppato il progetto Veryfood, un sistema di ricerca automatica sul web, capace di individuare le frodi grazie a un algoritmo di intelligenza artificiale molto sofisticato, che ha richiesto un vasto lavoro multidisciplinare. Ne parliamo con Massimo Donelli, professore al Dipartimento DICAM dell’Università di Studi di Trento e membro del Cssc.
Quando parliamo di attrazione tra due corpi, tutti pensano all’attrazione sessuale. Poi ci sono i fisici, che invece pensano all’attrazione gravitazionale. Ma, mentre la prima la sperimenta chiunque, la seconda nessuno, perché due oggetti con una massa tra i 50 e i 100 kg si attraggono con una forza ridicola, del tutto impercettibile. Eppure, misurare forze gravitazionali piccolissime non solo potrebbe avere numerose applicazioni, ma potrebbe aiutarci a risolvere il mistero di come conciliare le due teorie fondamentali più esatte di cui disponiamo: la meccanica quantistica e la teoria della relatività generale. Un passo in questa direzione l’ha compiuto un team di ricercatori delle Università di Southampton e Leiden e dell'Istituto di Fotonica e Nanotecnologie (IFN) del CNR, che sono riusciti per la prima volta a misurare una interazione gravitazionale piccolissima. Ce lo racconta Andrea Vinante, ricercatore del Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR.
Se ci si sofferma a riflettere anche solo per un istante, ci si rende conto che non esiste un’unità di misura naturale per dire quanto sia sicuro un luogo di lavoro. Metterne a punto una è stato il primo obiettivo di un team di ricercatori dell’ENEA, delle università della Sapienza e di Middlesex, oltre che dell’Inail e un’azienda privata Human Factors Everywher. I ricercatori hanno deciso di concentrarsi sul discostamento tra le operazioni messe concretamente in atto in fabbrica e le procedure previste formalmente: deviazioni che si verificano puntualmente e che aumentano il rischio di incidenti: focalizzandosi su questo aspetto, i ricercatori hanno messo a punto un nuovo strumento di intelligenza artificiale, in grado di riconoscerle, per poi quantificare i rischi di incidente. Ce ne parla Antonio De Nicola, ricercatore del Laboratorio ENEA di Analisi e Protezione delle Infrastrutture Critiche e Servizi Essenziali, e coautore dello studio.
Si chiamano brocosomi e sono delle microscopiche particelle di cui sono ricoperte le ali di certi insetti e le loro uova, che riescono a tenere all’asciutto grazie alle loro proprietà idrofobiche. Ma hanno anche un’altra proprietà: sono in grado di ridurre drasticamente i riflessi della luce sulla superficie su cui si depositano, assorbendone una grandissima parte grazie alla loro particolare forma geometrica. Gli scienziati ritengono che questa caratteristica serva agli insetti per migliorare il proprio mimetismo, evitando che dei riflessi luminosi possano rivelarne la presenza, e ora per la prima volta un gruppo di ricercatori della Pennsylvania State University sono riusciti a realizzarne una versione stampata in 3D. Ce lo racconta Lorenzo Mucchi, professore presso il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze.
Ma come facevano i programmatori del Commodore 64, con pochi KB di memoria a disposizione? Dei consumi energetici in perenne ascesa, legati allo sviluppo del digitale (computer, cellulari, data center e quant’altro), si discute da anni. E quasi sempre, quando lo si fa, il pensiero va all’Hardware, cioè alla parte fisica del mondo digitale, quella che si attacca alla presa della corrente. Molto più raramente, al centro del ragionamento c’è il software, che invece gioca un ruolo essenziale: contenuti ridondanti, algoritmi zoppicanti, formati fuori scala, uso indiscriminato della rete, fanno levitare inutilmente i consumi di energia. Ma c’è chi si sta attrezzando, come l’agenzia di comunicazione digitale che abbiamo incontrato alla green week di Parma, che ha messo a punto uno strumento per far dimagrire siti e piattaforme di e-commerce senza comprometterne le prestazioni. Ne parliamo con Guido Pezzino, AD di GAG.
Si fa presto a dire riciclo. Ma quando si parla di tessili, la distanza tra il dire e il fare è ancora oggi troppo spesso incolmabile. Le cose, infatti, sono tanto più difficili quanto più attento alla sostenibilità è chi i tessili li produce. Riciclare i prodotti tessili è intrinsecamente difficile. Non si possono semplicemente triturare e ristampare, come si può fare con le plastiche. Bisognerebbe smontarli filo per filo e ri-tessere un nuovo prodotto. La materia è resa ancora più complicata dal fatto che i materiali e i mix di cui sono fatte le stoffe sono estremamente variabili e in molti casi provengono da paesi dove non è facile capire esattamente come siano stati realizzati. Problemi di cui la normativa europea su questa materia dovrà tenere conto. Ne parliamo con Dario Casalini, fondatore Slowfiber.
Dal Politecnico di Losanna arriva il primo Chip di memoria bidimensionale capace di superare la soglia dei 1000 transistor. E’ un traguardo il cui valore è più simbolico che pratico e tuttavia segna il rapido sviluppo di una nuova architettura di calcolo in cui la bidimensionalità dei componenti è quasi un dettaglio. Alla base del lavoro dei ricercatori, c’è infatti l’obiettivo di dar vita a un nuovo tipo di architettura di calcolo, detta “in memory processing”, con cui si punta a sostituire l’attuale paradigma dominante nell’elettronica digitale: un paradigma basato sull’architettura di Von Newmann, il matematico che a inizio secolo, insieme ad Alan Touring, pose le basi per lo sviluppo dei computer e dell’informatica. Ne parliamo con Daniele Ielmini, professore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria del Politecnico di Milano.
Space tomato

Space tomato

2024-04-0306:19

Dopo le insalate spaziali, arrivano i pomodori - anzi i pomodorini - per lo Spazio e per gli astronauti, sviluppati all’ENEA nell’ambito dei progetti HORTSPACE e BIOxTREME, finanziati dall’Agenzia Spaziale Italiana, e descritti sulle riviste scientifiche, Frontiers in Astronomy and Space Sciences e Frontiers in Plant Sciences: per lo spazio, perché se ne è valutata la capacità di crescita in un ambiente ricco di radiazioni ionizzanti; per gli astronauti, perché servono alimenti ricchi di sostanze antiossidanti e altre molecole organiche ad alto valore aggiunto, che non sarebbero in grado di sopravvivere a un viaggio nello spazio e necessitano quindi di una produzione in corso d'opera. Ce lo spiega Silvia Massa, ricercatrice del Laboratorio ENEA di Biotecnologie dell’ENEA.
Analizzare i flussi pedonali e di traffico è da sempre alla base del lavoro di chi cerca di migliorare la vita in città, che si parli di mobilità, di logistica o di sicurezza. E lo si fa da tempo immemorabile, con tecnologie che col tempo hanno permesso di fotografare sempre meglio i dettagli. Di recente, una sperimentazione che ha riguardato piazza Duca d’Aosta - di fronte alla Stazione Centrale di Milano, frequentata quotidianamente da oltre 350mila persone - ha permesso di analizzare gli spostamenti dei pedoni. La sperimentazione, che rispetta pienamente il codice della privacy, ha visto l’impiego di un sistema di computer vision che ha consentito l’identificazione univoca dei pedoni osservati in circa 2 milioni di fotogrammi, a intervalli di un secondo, con una precisione di circa il 70%, permettendo di trasformare filmati acquisiti attraverso telecamere tradizionali in un flusso di informazioni. Ne parliamo con Federico Karagulian, ricercatore ENEA del Laboratorio di Sistemi e Tecnologie per la Mobilità Sostenibile e coautore dello studio.
A che punto è il Divertor Test Tokamak (DTT)? A Frascati è in costruzione l'esperimento di fusione nucleare più avanzato in Europa dopo ITER. Se il mega-reattore a fusione attualmente in costruzione in Francia avrà il compito di dimostrare la fattibilità della fusione nucleare, DTT avrà un compito più limitato ma cruciale: sperimentare il Divertore, un componente essenziale per qualunque tokamak e forse il più sfidante in assoluto, in quanto più esposto al plasma di fusione. DTT, che una volta completato sarà una delle più importanti piattaforme di ricerca in Italia, ha fatto la sua comparsa sulla carta una decina di anni fa e oggi è in corso di realizzazione. Parliamo di questo progetto fin dalle sue origini e facciamo il punto della situazione con Paola Batistoni, Dirigente di ricerca ENEA, Responsabile Divisione Sviluppo Energia da Fusione.
Seppure sia uno dei materiali più diffusi nella crosta terrestre e si trovi ovunque, la raffinazione del silicio è in gran parte concentrata in Cina e comunque fuori dai confini dell’UE che, non a caso, lo annovera tra le materie prime strategiche. In questo contesto il riciclo dei pannelli fotovoltaici può assumere un ruolo molto importante, perché questi ultimi sono una fonte di silicio già molto puro, adatto per applicazioni evolute. Ed è proprio su questa base che l’ENEA ha messo a punto un processo a basso impatto ambientale, per recuperare il silicio da pannelli fotovoltaici a fine vita e trasformarlo in un nano-materiale innovativo, utile per lo sviluppo delle cosiddette batterie litio-silicio. Ce ne parla Maria Lucia Protopapa, Ricercatrice del Laboratorio Materiali Funzionali e Tecnologie per Applicazioni Sostenibili del Centro Ricerche ENEA di Brindisi.
Se le reti neurali artificiali alla base dell’AI funzionano in modo analogo al nostro cervello, allora possono rappresentare un buon modello di studio di quanto accade nella scatola cranica di noi umani. Ma a giudicare dai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista PNAS, condotto da ricercatori delle Università di Bologna, Princeton, della California e del Dartmouth College di Hanover, che ha messo a confronto macchine e umani nell’atto di riconoscere dei volti, le cose non stanno così. In altri termini, il nostro cervello e le reti neurali alla base dei sistemi di intelligenza artificiale sembrano riconoscere le facce in base a criteri completamente diversi, anche se non è detto che questa situazione sia destinata a perdurare. Ne parliamo con Maria Ida Gobbini, Professoressa di Psicologia al Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Alma Mater.
Si chiamano batterie quantistiche. Ma non pensate a qualche forma esotica di stoccaggio dell’energia, per alimentare automobili o cellulari; si tratta piuttosto di dispositivi che nascono per alimentare e orchestrare gli scambi di energia all’interno di un computer quantistico, con l’obiettivo di renderne l’architettura più semplice. Nonostante le pagine delle riviste scientifiche siano ormai piene dei risultati raggiunti dai primi computer quantistici, è molto probabile che questi siano tanto primitivi quanto lo erano i primi calcolatori a valvole rispetto agli attuali pc. In questo scenario di ricerca sulle batterie quantistiche, un team di ricercatori dell’Università di Pisa ha brevettato un concept per realizzare questo tipo di dispositivi, da cui è nata la start-up Planckian. Ce lo racconta Marco Polini, Cofondatore e Chief Scientist Officier di Planckian.
Si chiama remanufacturing (ri-fabbricazione) ed è un concetto di economia circolare che va oltre il riciclo dei materiali e abbraccia quello delle funzioni. Questo significa che se, per esempio, un componente è ancora in grado di svolgere la sua funzione in maniera corretta, è meglio riciclare il componente all’interno di un altro macchinario piuttosto che i materiali di cui è fatto. Non sono molte le industrie che lavorano su questo paradigma, che tuttavia non solo rappresenta una benedizione per l’ambiente (tra ri-fabbricazione e riciclo, i risparmi di energia e materiali possono facilmente superare il 90%) ma anche una grande opportunità di business per coloro che riescono a riorientare i propri prodotti e servizi in questa direzione. Parliamo di qualcosa che robotica, dati e intelligenza artificiale promettono di rendere sempre più semplice dal punto di vista operativo. A Milano si è svolto il summit mondiale del remanufacturing (WRS), che vi raccontiamo in questa puntata e nell’appuntamento in Podcast con Smart City XL di domani. Ce ne parla Marcello Colledani, professore di Tecnologia Meccanica e di De-manufacturing al Politecnico di Milano e Chairman del WRS.
Lo stoccaggio efficiente dell’idrogeno rappresenta un elemento chiave per consentire un utilizzo diffuso dell’idrogeno come vettore energetico. La compressione in bombole a centinaia di bar, o la liquefazione dell’idrogeno, infatti, funzionano benissimo, ma consumano molta energia e contribuiscono ad abbattere l’efficienza energetica complessiva della filiera, col risultato che il prezzo di quell’energia è molto alto. Si cercano quindi alternative, come gli idruri metallici: parliamo del fatto che certi metalli sono in grado di assorbire idrogeno come spugne, e in seguito di rilasciarlo. Una ricerca condotta da un team internazionale, con al suo interno anche il CNR-Iom e l’Università Roma Tre, ha chiarito alcuni aspetti di fondo di questo fenomeno. Ne parliamo con l'aiuto di Giancarlo Panaccione, Direttore del CNR-Iom (Istituto Officina dei Materiali).
È uscito il periodico report dell’EPO (lo European Patent Office - uff brev europeo) che scatta una fotografia delle attività di brevettuali in Europa e da cui, in questa puntata di smart city, partiamo per fare il punto anche sull’Italia. Nel 2023, il Paese ha superato per la prima volta la soglia dei 5.000 brevetti, con una crescita del 3,8% superiore sia alla crescita media europea sia alla crescita media a livello mondiale delle domande di brevetto. Eppure, i numeri assoluti in rapporto alla popolazione non si distinguono da quelli della media europea. Ce ne parla Roberta Romano-Götsch, Chief Sustainability Officer EPO.
Al mondo del trasporto merci serve una infrastruttura elettrica diversa da quella dedicata al trasporto privato, in quanto le esigenze sono completamente diverse. Infatti, il trasporto merci gode di una programmabilità molto maggiore di quella dei veicoli privati; ma, al tempo stesso, non può accettare lunghe pause per ricaricare che interrompano il flusso delle attività. Con l’aiuto di Motus-e e di Kyoto Club, il trasporto leggero, che si muove entro un raggio ristretto e raramente affronta chilometraggi superiori ai 300 km al giorno, potrebbe trovare un’adeguata risposta in sistemi di ricarica notturna anche a bassa potenza, presso i propri stessi depositi. Al contrario, i mezzi pesanti necessitano di una infrastruttura dedicata, ad altissima potenza e sufficientemente diffusa sul territorio. Ne parliamo con Anna Donati, responsabile mobilità di Kyoto Club, e Francesco Naso, segretario generale di Motus-e.
Una batteria nucleare grande come un bottoncino, capace di erogare energia per 50 anni consecutivi, anche se ancora con una potenza ridottissima: soli 100 microWatt.  Presto entrerà in commercio in oriente e ne stiamo parlando da ieri a Smart City. Come abbiamo visto, è un oggetto che si può considerare adeguatamente sicuro. Infatti il tipo di radiazione emesso dal Nichel63 è dei meno dannosi e ha una bassissima capacità di penetrazione. Inoltre, giunte a fine vita, queste batterie potrebbero essere facilmente riciclate, senza che vi sia alcuna produzione di scorie. Resta però un problema: da dove arriva il Nichel63? In natura non esiste: se ne può trovare tra le scorie dei reattori nucleari, ma produrlo allo scopo di farci batterie non avrebbe alcun senso. Insomma, non sarà certo col nichel63 che faremo la transizione energetica. Torniamo a parlarne con Mariano Tarantino, Responsabile Sicurezza e Sostenibilità del Nucleare di ENEA.
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Fiore 53

07,

Jun 6th
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