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Su e Giù per le Tangenziali
Su e Giù per le Tangenziali
Author: Milano Serravalle
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Storie, aneddoti e curiosità delle Tangenziali milanesi.
Un raccordo autostradale lungo più di 80 km, diviso in Tangenziale Est, Tangenziale Ovest e Tangenziale Nord, percorso ogni giorno da migliaia di persone. Per alcuni è la strada che indica l’inizio (o la fine) delle vacanze o delle gite fuori porta, per altri, la routine del lavoro quotidiano, per tutti, un tesoro nascosto di storie, aneddoti e curiosità da incontrare lungo tutto il percorso, attraverso decine di centri abitati, cascine, parchi, corsi d’acqua, abbazie e luoghi di interesse storico in cui ricordare che ogni località può nascondere una storia affascinante. Ora potrete percorrere le Tangenziali, ascoltando 60 podcast, con fari dell'auto ben accesi e la mente colma di curiosità.
Autore, voce e produzione: Dodo Occhipinti. Da un'idea di Cristiana Rumori
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Un raccordo autostradale lungo più di 80 km, diviso in Tangenziale Est, Tangenziale Ovest e Tangenziale Nord, percorso ogni giorno da migliaia di persone. Per alcuni è la strada che indica l’inizio (o la fine) delle vacanze o delle gite fuori porta, per altri, la routine del lavoro quotidiano, per tutti, un tesoro nascosto di storie, aneddoti e curiosità da incontrare lungo tutto il percorso, attraverso decine di centri abitati, cascine, parchi, corsi d’acqua, abbazie e luoghi di interesse storico in cui ricordare che ogni località può nascondere una storia affascinante. Ora potrete percorrere le Tangenziali, ascoltando 60 podcast, con fari dell'auto ben accesi e la mente colma di curiosità.
Autore, voce e produzione: Dodo Occhipinti. Da un'idea di Cristiana Rumori
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Il 14 novembre 2022 è stato inaugurato il prolungamento della Tangenziale Nord A52 fino a Novate Milanese,
attraverso la riqualifica della vecchia Statale 46. Questo tratto ha finalmente chiuso l’anello delle Tangenziali milanesi e offre un percorso alternativo al tratto di autostrada A4 che passa all’interno di Milano.
L’opera è un vero gioiello in termini di sostenibilità ambientale e innovazione e ha migliorato non solo la viabilità, ma anche la qualità della vita di chi ci vive nei dintorni.
Lungo l’intero tracciato, infatti, sono state create diverse opere che riducono l’impatto che un'infrastruttura del genere può avere sull’ambiente in cui è inserita: dalle soluzioni, che tengono conto della sostenibilità ambientale, a quelle per la riduzione acustica, come la futuristica Galleria Fonica di Paderno Dugnano, dove si è svolta l’inaugurazione del collegamento.
Questa Galleria presenta, oltre all’involucro fonoassorbente, per ridurre l’inquinamento acustico, un rivestimento di pannelli fotovoltaici, in grado di soddisfare l’intero fabbisogno energetico dell’opera stessa.
Nella tratta è presente anche un sistema di raccolta e trattamento dell’acqua che consente di immettere nell’ambiente circostante solo l’acqua in eccedenza e completamente trattata.
Tra le opere che riducono l’impatto ambientale e migliorano la vita dei cittadini è, inoltre, stata creata un insieme di vie ciclopedonali che si estende nei 4 comuni attraversati dall’opera.
Nel 2006 a Rio de Janeiro, i Rolling Stones cantano davanti a un pubblico di un milione di persone. In Italia solo un'altra persona è riuscita a raccogliere un così alto numero di fan e, lasciatemi dire, i testi delle canzoni che ha cantato con loro erano leggermente diversi. 2017… ladies and gentleman… il Papa!Le persone sono arrivate da tutta la Lombardia. Si sono messe in viaggio la mattina presto, perché per arrivare al Parco di Monza all’entrata del Mirabello, c’è da fare un bel pezzo a piedi. Io personalmente sono arrivato in treno fino a Seregno e poi a piedi fino al Parco dell’Autodromo. Ma non per vedere sfrecciare i bolidi di Formula Uno. E’ il 25 marzo 2017 e si va per incontrare il Papa.
E’ una visita pastorale quella di Papa Bergoglio che inizia in periferia, alle Case Bianche di Via Salomone, nei casermoni popolari dove oggi vivono i migranti, molti dei quali musulmani. E poi in Piazza Duomo, stracolma. A pranzo non c’è un ricevimento con i rappresentanti delle istituzioni, ma c’è quello con i detenuti di San Vittore ed è la prima volta che un Papa entra tra le mura del carcere milanese.
E poi il bagno di folla al Parco di Monza. Un milione di persone secondo la curia, la questura non si pronuncia. Ed è un boato pari a quello riservato ad una rockstar quello che accoglie la papamobile quando attraversa la folla. In quella bella giornata di sole Papa Francesco saluta tutti, ascolta tutti e si fa sentire anche dai molti non credenti che comunque hanno voluto essere lì quel giorno, per ascoltare parole che trafiggono il cuore.
E’ il Papa degli ultimi, delle periferie, degli emarginati e dei bisognosi e le sue parole sono chiare per Giuseppina, 91 anni, che è arrivata a piedi all’Autodromo così come per i cresimandi che il Papa incontra a San Siro a fine giornata. E nella Scala del Calcio sono in ottantamila ad attenderlo.
Una giornata memorabile con le persone che condividono il ritorno a casa, sempre a piedi, per raggiungere l’auto o il treno. Sicuramente più stanchi dell’andata, ma con il cuore pieno di spirito positivo, uniti nelle parole del Papa arrivato dall’altro capo del mondo.
Alla prossima e…
Se siete stanchi, fermatevi nelle aree di sosta e di servizio
Leggo sul sito del Quirinale: Le medaglie al valor civile sono istituite al fine di premiare atti di eccezionale coraggio che manifestano preclara virtù civica e segnalarne gli autori come degni di pubblico onore. Così, percorrendo gli ultimi chilometri della tangenziale Ovest, nei pressi di Terrazzano mi vien voglia di raccontarvi la storia di uno di questi eroi. Sante Zennaro.
10 ottobre 1956. Sono circa le 11 del mattino quando il tranquillo borgo di Terrazzano, vicino a Rho è sconvolto da un avvenimento che mai era accaduto prima in Italia. Due fratelli, Arturo ed Egidio Santato, originari del Polesine, entrano in una scuola armati di pistole ed esplosivi e sequestrano 94 bambini e tre maestre. Uno dei due minaccia con l’acido muriatico di accecare una delle maestre e quando la situazione è sotto controllo e gli ostaggi sono barricati in un’aula, fanno le loro richieste: vogliono 200 milioni di lire.
La polizia non interviene e passano sei ore in cui più volte la situazione sembra precipitare.
Sante Zennaro è un operaio e vuole parlare con i sequestratori, anche lui è originario del Polesine e forse li conosce. Improvvisamente prende una scala di legno, l’appoggia alla finestra della scuola e sale nell’aula da cui si erano affacciati i fratelli Santato, facendosi scudo con un paio di bambini.
C’è un gran trambusto, Zennaro lotta e alla fine riesce a spostare i banchi che bloccavano la porta dell’aula. Ma quando si affaccia per avvisare la polizia, la situazione va fuori controllo. Partono dei colpi di pistola e alla fine i due sequestratori vengono bloccati e gli ostaggi liberati. Tutti salvi.
A terra rimane solo un corpo, E’ quello di Sante Zennaro, scambiato per un malvivente e colpito dal fuoco amico della polizia.
Oggi la scuola elementare di Terrazzano porta il suo nome e tra i banchi di scuola forse si possono incontrare i nipoti di qualcuno dei 94 bambini presi in ostaggio e liberati dal sacrificio di un semplice operaio di 23 anni, emigrato a Milano da Rovigo per lavorare e che salì su una scala gridando: “bisogna salvarli tutti quei bambini!”.
E così è stato.
Alla prossima e…
Nelle tangenziali è vietato trainare un veicolo che non sia un rimorchio.
Comunque la vogliate chiamare, Polstrada o Stradale, per fare prima, la Polizia Stradale, con le sue pattuglie bianco-azzurre con lo storico stemma del centauro, garantisce giornalmente assistenza, prevenzione e sicurezza sulle strade e autostrade italiane e, in questo caso, sulle Tangenziali milanesi. Ho incontrato il loro Comandate e vi racconto com’è andata.
Il Comandante Simonetta Lo Brutto dirige il compartimento della Polizia Stradale di Milano. Un’attività complessa che si articola su tutti i giorni dell’anno, senza sosta. Ogni giorno, circa 40 pattuglie su quattro turni percorrono le Tangenziali milanesi con compiti precisi e prestabiliti. Attività di controllo delle infrazioni, ma anche vigilanza e assistenza in caso di incidenti o altre necessità.
Certo non mancano aneddoti fuori dal comune, che talvolta strappano il sorriso.
Come quella volta che un automobilista chiamò spaventato il numero di pronto intervento dichiarando di aver visto correre due asini in Tangenziale. In quella occasione gli animali c’erano veramente, ma erano due pony scappati da un campo rom e ci vollero quattro poliziotti per bloccarli e calmarli in attesa del veterinario che li prendesse in carico.
E poi quella volta nel 2009 quando una delle sempre più rare nevicate invernali ricoprì con un manto bianco le strade di Milano. Un uomo pubblicò sul web un video in cui sciava sulla tangenziale est, vicino al quartiere Santa Giulia.
Un comportamento sicuramente da non imitare, ma che fece sorridere gli amanti della neve.
Da automobilista, sicuramente l’auto che spero sempre di incontrare sulle Tangenziali milanesi è quella adibita al trasporto organi, la Lamborghini Huracan.
Nella sua ultima missione ha raggiunto da Milano in sole due ore un ospedale laziale per consegnare un rene da trapiantare. E anche questa storia ci strappa un sorriso
Alla prossima e…
Ricordate che il rispetto del Codice della strada protegge la vostra vita e anche quella degli altri.
Col trattore in Tangenziale… andiamo a comandare.
Dai! E’ impossibile che a nessuno di voi venga in mente la canzone di Rovazzi ogni volta che vi avventurate in auto sulle tangenziali milanesi.
Magari siete bloccati nel traffico delle ore di punta e la vostra utilitaria è circondata da Suv e grossi camion e allora vorreste avere un trattore per togliervi dall’impiccio. Eppure, una volta i trattori in Tangenziale ci sono stati veramente, o quasi!
13 gennaio 2004. Così si legge in un articolo di un quotidiano nazionale: “Circa 200 allevatori provenienti da diverse zone della Lombardia hanno bloccato lo svincolo della strada Rivoltana, vicino all’Aeroporto di Linate. I cobas del latte con le bandiere della mucca Ercolina ed una vacca in carne ed ossa hanno tentato di bloccare il traffico in Tangenziale su entrambi i sensi di marcia. I trattori sono stati bloccati dal Prefetto e sono stati parcheggiati nei prati a bordo strada”
Era già successo nel 1997, quando scoppiarono le prime proteste per le multe che la Comunità Europea emetteva a chi superava le quote di produzione del latte. Allora, oltre ai trattori, sulle autostrade italiane arrivarono addirittura i cannoni che inondarono di letame le carreggiate. Lo svincolo di Linate della Tangenziale Est rimase bloccato per giorni.
Il simbolo della protesta era la mucca Ercolina che venne portata anche a Roma quando una delegazione dei Cobas del latte venne ricevuta dal Papa.
Quella protesta fu eclatante e ricordo che furono in molti a simpatizzare per gli allevatori. Ercolina, la prima mucca ad aver solcato il terreno di un’autostrada, era diventata la mucca disobbediente più amata dagli italiani. Poi venne donata alla Comunità Incontro di Don Gelmini, dove evidentemente l’ultimo dei problemi era quello delle quote latte.
Nel 2004 i trattori rimasero parcheggiati sui prati e oggi che le quote latte non esistono più, di trattori in Tangenziale si può solo cantare.
Alla prossima e…
In caso di neve o ghiaccio, moderate la velocità e prestate la massima attenzione.
Milano è una metropoli ma se la si guarda dall’alto, come se si stesse volando nello spazio, appare circondata da un grande anello verde. E’ quel polmone che garantisce ossigeno alla città, con un susseguirsi continuo di boschi, campi, cascine…
Ma per due settimane all’anno, nella zona di Arese potreste vedere un riquadro multicolore.
E più vi avvicinate e più vi sembra di non essere a Milano, ma un po’ più a nord… Diciamo… Amsterdam?
Edwin Koeman è un olandese doc. La sua famiglia produce e coltiva bulbi di tulipano in Olanda da generazioni ed è normale che anche lui sia cresciuto con questa passione. La fioritura dei tulipani dura al massimo due settimane, tra marzo ed aprile. Quindi se volete programmare una gita in Olanda e vedere lo spettacolo dei campi in fiore dovete azzeccare il periodo giusto. Ma non tutti possono farlo e Edwin Koeman ha avuto un’idea. Se gli italiani non possono andare in Olanda, perché non portare i tulipani a casa loro? Così è nata l’idea degli U-pick field, i campi fai da te in cui puoi raccogliere direttamente con le tue mani i fiori che vuoi acquistare.
Il terreno della pianura padana è ben drenato ed è ideale per far sì che i bulbi non marciscano e germoglino al momento giusto. Così Koeman nel 2017, con l’aiuto di sua moglie è riuscito a farsi assegnare dal comune di Pregnana Milanese un campo in cui piantare più di 200mila bulbi multicolore che tra la fine di marzo e l’inizio di aprile hanno trasformato un’area incolta in un paradiso multicolore.
L’evento ha attirato più di ventimila visitatori e così l’anno dopo il progetto Tulipani Italiani ha replicato, cambiando però ubicazione. Da Pregnana Milanese a Cornaredo dove ha avuto luogo anche la manifestazione del 2019.
Poi è arrivato il Covid che ha bloccato tutto per due anni. Ma nel 2022 ecco che i Tulipani Italiani tornano a fiorire, questa volta vicino ad Arese. I fiori sono diventati 470mila, 450 varietà su un terreno di oltre due ettari coltivati senza l’utilizzo di agenti chimici.
La gente accorre numerosa e Edwin Koeman li aspetta tra centinaia di tulipani colorati, accogliendo tutti con grandi sorrisi. Un momento di allegria e felicità che dura però solo un paio di settimane. Poi tutto viene rimandato all’anno successivo. Se quest’anno siete arrivati tardi, segnatevelo per l’anno prossimo.
A questo punto, sarebbe stato bello salutarvi in olandese, ma per me, è troppo difficile.
Alla prossima e…
Ricordatevi il cambio stagionale degli pneumatici, secondo quanto prescritto dal codice della strada
Siete nelle vicinanze di Vimodrone, Pioltello, Corsico, Cesano Boscone, Basiglio? Siete a Rogoredo? Se vi trovate in uno di questi luoghi a mezzogiorno o all’orario del vespro, sentirete un suono che accomuna queste comunità. Il rintocco delle campane della Fonderia Napoleonica Eugenia.
Le chiese moderne spesso non hanno i campanili e, se li hanno, al posto delle campane in bronzo troverete dei moderni altoparlanti che diffondono un deludente suono preregistrato.
Le campane, quelle vere, sono fatte di bronzo e per costruirle vanno fuse in un’unica colata. Un lavoro di alta precisione. La minima imperfezione può rovinare la purezza del suono.
Nel 1806, nei pressi della chiesa di Santa Maria alla Fontana, oggi quartiere Isola di Milano, venne fondata la Fonderia Napoleonica Eugenia, in onore di Eugenio de Beauharnais, Vicerè di Milano. Dalla fusione del bronzo nascevano oggetti e manufatti, ma anche opere imponenti. Nel 1835 in questo stabilimento avvenne la fusione della sestiga equestre che oggi vedete alla sommità dell’Arco della Pace a Milano. Poi nel 1868 la famiglia Barigozzi acquistò la proprietà della Fonderia ed iniziò anche la produzione di campane.
Nella tradizione ambrosiana, oltre alla singola campana, un campanile può ospitare i cosiddetti “concerti” una combinazione di campane dal suono diverso che, sincronizzate, suonano una melodia.
La Fonderia fornì le campane non solo a Milano e ai comuni limitrofi, ma anche alle comunità italiane trasferitesi in Sud America, in Africa nelle allora colonie italiane e nelle chiese delle missioni religiose.
Poi con il tempo, la produzione delle campane diminuì fino al 1975, quando la Fonderia venne chiusa.
Oggi si può visitare un bellissimo museo che contiene gli antichi attrezzi di produzione ed un ampio archivio cartaceo.
Ma se volete vedere anche qualcuno dei monumenti in bronzo fusi dalla Fonderia potete recarvi in Piazza San Fedele, dietro Palazzo Marino, dove troverete la statua di Alessandro Manzoni oppure in Piazza Duomo, dove l’imponente statua equestre di Vittorio Emanuele II saluta i turisti in visita alla città.
Alla prossima e…
Usate i segnalatori acustici con la massima moderazione e solo ai fini della sicurezza stradale.
Ognuno di noi ha delle reminiscenze scolastiche dei Promessi Sposi, il celebre romanzo di Alessandro Manzoni.
Tra i vari personaggi dell’opera, c’è Geltrude, la Monaca di Monza. Un personaggio controverso, perché il Manzoni la descrive come una donna peccaminosa ma incapace di controllare la propria vita e ne prova pietà.
Lo sapevate che Manzoni si ispirò ad una storia vera?
Marianna de Leyva era la figlia del Conte di Monza. Sua madre, Virginia era la figlia del ricco esattore Tommaso Marino e nacque nell’omonimo palazzo che oggi ospita il Sindaco di Milano.
La madre però morì di peste e la piccola Marianna fu affidata alle suore, fino a quando, all’età di 13 anni prese i voti nel monastero monzese di Santa Margherita, con il nome di Suor Virginia.
Essendo di nobili origini, viveva la vita monastica con molti privilegi. Aveva quattro novizie al suo servizio, si occupava dell’esazione delle imposte ed era molto severa con tutti. Certo non un esempio di vita secondo la morale cristiana ma che volete, d’altronde siamo nel 1500.
Il monastero confinava con la casa di un certo Gian Paolo Osio, un giovane sfrontato che presto conquistò il cuore di Suor Virginia.
Una passione travolgente che portò il giovane ad uccidere con la complicità della sua amante, chiunque sospettasse della tresca e minacciasse di denunciare la coppia.
Due suore che però erano scampate alla follia omicida del giovane, denunciarono tutto. Suor Virginia venne arrestata e mandata a processo. Manzoni si ispirò proprio a questa storia leggendo gli atti processuali. Gian Paolo Osio scappò e si rifugiò nei sotterranei di una villa in Corso Monforte a Milano ma fu tradito per la taglia di mille scudi che pendeva sulla sua testa e ucciso.
Suor Virginia fu invece condannata nel 1608 a tredici anni di reclusione in una cella di una piccola casa nei pressi di Sant’Ambrogio, dove rimase volontariamente reclusa fino al 1650, anno della sua morte.
Alla prossima e…
Ricordatevi che è obbligatorio anche l’uso delle cinture di sicurezza posteriori.
A metà strada tra Milano e Vigevano, poco a Sud di Abbiategrasso c’è un luogo dove si riesce a fare un viaggio nel tempo. Bisogna allontanarsi un po’ dalla Tangenziale Ovest, ma è un posto che val la pena di visitare perché il profumo dell’aria è lo stesso che respirarono i monaci cistercensi nel 1182 quando iniziarono la costruzione di una abbazia che chiamarono Morimondo, come la sua omonima francese, Morimond.
Benvenuti nel Medioevo.
Quando i monaci cistercensi raggiunsero i fertili campi che dal Ticino risalivano verso est, decisero che quello era il posto giusto per fermarsi e costruire un luogo di lavoro e di preghiera.
Venne così costruita un'abbazia a cui fu affiancato il borgo che si occupava della coltivazione delle terre circostanti.
I principali compiti dei monaci erano la raccolta della legna che serviva sia per riscaldare gli ambienti sia per avere nuovo materiale di costruzione per ampliare l’Abbazia.
E poi lo sviluppo delle “grange”, gli appezzamenti di terreno che venivano affidati in gestione ai cittadini laici che avevano donato i propri beni al monastero.
Ultimo ma non per importanza, il lavoro degli amanuensi che lavoravano sui testi antichi per incrementare la biblioteca e garantire la conservazione del sapere.
Lo stemma del Comune di Morimondo riflette tutte le caratteristiche del borgo medievale. C’è la mitra, simbolo del potere religioso accompagnata al bastone pastorale e alla spada, simboli rispettivamente del potere dell’abate e di quello civile. Perché i dintorni dell’Abbazia, nel 1356, furono anche teatro della battaglia di Casorate Primo, tra l’esercito milanese dei Visconti e quello imperiale legato a Carlo VI di Boemia che subì una sonora sconfitta.
Ogni due anni a Morimondo viene organizzata la “Trecentesca” una rievocazione storica della battaglia e chiunque può partecipare nei tipici costumi dell’epoca. La battaglia si alterna con una seconda rievocazione chiamata “Aspettando Trecentesca”, nella quale viene ricostruito l’ambiente di vita medievale, con particolare attenzione alla descrizione delle attività ed i mestieri dell’epoca.
Un vero e proprio viaggio nel tempo in cui ciascuno può provare come si viveva nel 1400 in un luogo rimasto intatto attraverso i secoli.
Alla prossima e…
Mantenete la distanza di sicurezza con i veicoli che vi precedono.
Immaginate un luogo in cui le strade sono pulite, i prati curati, le auto diligentemente parcheggiate e, di sera, educati vigilantes controllano che non ci siano estranei in giro. Un luogo simile al mondo perfetto raccontato nel film The Truman Show. Bene, benvenuti a Milano 3.
Siamo nella zona sud di Milano, il comune è quello di Basiglio, immerso nel Parco agricolo e un tempo terra incolta e fangosa. Oggi 14 ettari di quei campi sono stati trasformati in un complesso residenziale in cui tutto è curato nei minimi particolari.
Figlio del primo esperimento berlusconiano di Milano 2, Milano 3 presenta qualche differenza. Intanto si estende in un’area cinque volte più grande del complesso abitativo di Segrate. Le piccole palazzine e le villette sono immerse in un contesto che armonizza la natura con le case e tutto è programmato per offrire ai suoi abitanti ciò di cui hanno bisogno.
C’è la chiesa, c’è la banca, c’è il centro commerciale, quel che manca a Milano 3 è ciò che viene richiesto dai ragazzi più giovani: qualsiasi locale per la vita mondana. Non ci sono pub, discoteche né cinema. Per fare qualcosa bisogna prendere l’auto e uscire dalle cancellate che proteggono tutta l’area.
Ed è in questo momento che salta all’occhio la differenza più evidente con Milano 2. La distanza da Milano. Segrate ormai è stata inglobata nella cintura metropolitana della città e non vive l’isolamento geografico di Basiglio che invece è completamente circondata da campi. Questo significa che in inverno diventa difficile psicologicamente percorrere quei 13 chilometri che ti separano dal centro di Milano.
Gli stessi abitanti di Milano 3 non si sentono milanesi al 100%; sanno di abitare lontano, come se il loro piccolo paradiso (e vi garantisco che lo è) fosse uno di quei posti in cui se ti chiedono “ma sei di Milano Milano?” tu rispondi “beh non proprio, appena fuori”.
Resta comunque il fatto che Milano 3 sia un gioiello dell’architettura moderna, costruito a misura d’uomo. Non vi resta che visitarlo. Buona giornata e casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buonasera e buonanotte.
Alla prossima e…
Se siete stanchi, fate una pausa.
Ognuno di noi, una volta finiti gli studi, inizia a progettare il suo futuro. Qualcuno ha già le idee chiare, altri le idee se le fanno venire lungo il cammino, magari sfruttando le novità del momento.
Così può succedere che un ex musicista da navi da crociera con l’anima del commercio, decida di realizzare i suoi sogni trasformando una paludosa area agricola in un gioiello di urbanistica, riuscendo anche a far spostare le rotte di atterraggio degli aerei nel vicino aeroporto.
Silvio Berlusconi, negli anni sessanta è proprietario di Edilnord, e nel 1964 costruisce un primo quartiere residenziale a Brugherio, ma è un momento difficile per il mercato immobiliare e si fa fatica a vendere gli appartamenti.
Qualche anno dopo viene acquistato un lotto di terreni agricoli nel comune di Segrate stretti tra la Tangenziale est e l’aeroporto di Linate. Per costruire, bisogna ottenere i permessi, ma soprattutto, per rendere attrattivo il quartiere, bisogna evitare che gli aerei in atterraggio a Linate passino sopra le case con evidente frastuono.
E’ l’epoca dei primi comitati anti rumore che nascono a Segrate, a San Felice, a Redecesio e negli altri paesi limitrofi. Le proteste hanno effetto e alcune rotte vengono spostate.Nasce così Milano Due, un quartiere chiuso, i cui accessi vengono controllati da un servizio di vigilanza privata, piccole palazzine immerse nel verde, con un laghetto, una zona commerciale per i negozi, una chiesa. Il luogo perfetto per crescere in un contesto urbanistico ben servito ma a stretto contatto con la natura. Per evitare antiestetiche antenne sui tetti, il quartiere è interamente cablato con la tv via cavo.In un piccolo negozietto all’interno del quartiere, Giacomo Properzj e Alceo Moretti hanno fondato Telemilano. E’ uno dei primi tentativi di televisione privata. I programmi si limitano a piccoli telegiornali locali, qualche documentario, le riunioni condominiali del quartiere…
Un giorno però Berlusconi decide di rilevare la proprietà di questa piccola televisione che, fondata sulla passione di due amici, ha in realtà accumulato solo debiti. Costo simbolico dell’acquisto: una lira.
Berlusconi risana i debiti, cambia nome in Canale Cinque ed inizia la sua cavalcata nel mondo della televisione. Il tutto mentre gli aerei di Linate volano su nuove rotte.
Alla prossima e…
Per cambiare corsia di marcia usate sempre gli indicatori di direzione.
Siete un ragioniere? Avete voglia di avventura? Allora via, salite sulla vostra bellissima Bianchina e diventate i padroni della strada. Ma ricordatevi di portare con voi sempre una nuvoletta sul tetto. Anche se non vi chiamate Fantozzi.
Edoardo Bianchi è un sognatore. Nel 1855 ha fondato a Milano l’omonima fabbrica di biciclette, diventate orgoglio nazionale con le imprese sportive di Fausto Coppi. Ma la vera sfida, nei primi anni del 900 sono le automobili e così accanto alla produzione di biciclette, Bianchi affianca quella delle auto sportive, affidando i suoi bolidi a piloti come Nuvolari ed Ascari.
Alla fine della seconda guerra mondiale però, con gli stabilimenti bombardati bisogna ripartire da zero e servono soldi e tecnologie. E’ il momento delle alleanze strategiche con colossi come Fiat e Pirelli grazie alle quali nascono a Desio gli stabilimenti della Autobianchi.
Il nuovo marchio automobilistico non nasce per entrare in competizione con il colosso torinese ma per diventare una boutique in cui sperimentare nuove forme, nuovi motori, nuovi design
Così mentre in tutta Italia circola la mitica 500, dagli stabilimenti di Desio esce la Bianchina. Le due auto si somigliano molto ma la differenza è nella linea più accattivante, nella presenza di un baule posteriore e di un abitacolo più grande. La Bianchina diventa una utilitaria di classe ed infatti ha un notevole successo.
Oggi noi la conosciamo come l’auto del ragionier Fantozzi, ma tra il 1957 ed il 1969, la Bianchina fu un’auto desiderata da oltre 300mila persone.Negli anni successivi vennero altri modelli, la Stellina, la Primula e poi lei, la A112 che per molti anni fu la concorrente diretta dell’inglese Mini Minor. La versione Abarth, la prima auto a portare il simbolo dello scorpione, aveva un motore di 70 cavalli e vi assicuro che era un vero piacere guidarla. Ve lo dico perché è stata la mia prima auto, comprata da un amico di seconda mano, compreso il parafango bucato dalla ruggine ed aggiustato con il nastro adesivo. Ma quando sentivi rombare il motore, non ce n’era per nessuno.
Oggi gli stabilimenti Autobianchi a Desio non ci sono più. Dopo la chiusura nel 1992 vennero demoliti e al loro posto c’è il Polo tecnologico della Brianza. Ma il mito della Bianchina non tramonterà mai.
Alla prossima e…
Nelle tangenziali è vietata la circolazione ai velocipedi.
Può un’imponente struttura industriale diventare un luogo di incontro dove ascoltare ottima musica? La risposta è sì e vi assicuro che l’effetto scenografico finale è mozzafiato.
Gran parte della storia d’Italia è stata accompagnata dalla produzione della Società Italiana Ernesto Breda per costruzioni meccaniche fondata nel 1886 a Milano.
Produzione di aerei e treni in tempo di pace, mitragliatrici e cannoni in tempo di guerra.
Il tutto con un recupero continuo dei rottami di ferro che venivano inseriti nuovamente nella produzione passando per le fonderie.
I treni carichi di pesantissimi rottami da riutilizzare arrivavano dentro gli stabilimenti di Sesto San Giovanni, dopo aver attraversato buona parte della città. Qui grazie ad una enorme struttura lunga 200 metri, larga 60 e alta 20 denominata “carroponte” i rottami venivano scaricati e smistati alle linee di produzione. Oggi che il complesso degli stabilimenti Breda è stato smantellato ed è scomparsa anche la storica scritta che sovrastava i cancelli d’ingresso di questa piccola cittadella della siderurgia, sono rimasti solo alcuni ricordi, diciamo così… un po’ ingombranti.
Innanzitutto il carroponte che oggi, con una suggestiva illuminazione rosso fuoco, è diventato un’area di intrattenimento in cui si svolgono spettacoli e concerti.
Poi c’è la FS 380, la storica locomotiva costruita nel 1906 che per trent’anni ha viaggiato sulla rete ferroviaria nazionale. Oggi riposa sotto una copertura in plexiglass che la protegge dalle intemperie.
Il carro utilizzato per il trasporto delle lingottiere, gli stampi in ghisa su cui cadeva la colata di fusione del ferro e poi il Museo dell’Industria e del Lavoro in cui sono conservati alcuni pezzi unici che raccontano la storia della siderurgia italiana.
Oggi, nella grande struttura metallica del carroponte riecheggiano le note musicali degli artisti che si esibiscono sul palco. Ma a guardare i dettagli, ci si accorge che da lì è passata la strada del progresso italiano, una strada lunga oltre un secolo.
Alla prossima e…
Ricordatevi di sottoporre la vostra automobile alla revisione periodica obbligatoria.
Re Umberto I di Savoia è stato in carica dal 1878 al 1900. Quando gli impegni di Stato e anche quelli mondani lo portavano a Milano, la sua residenza preferita era la Villa Reale di Monza. Non solo per un fatto estetico ma anche per la presenza di un passaggio segreto che gli permetteva di entrare e uscire dalla Villa senza essere visto. Ed andare così a far visita ad una nobildonna locale. Ah l’amore….
Prima ancora di diventare Re, Umberto I viaggiava in incognito con il nome di Conte di Monza e alloggiava negli appartamenti della Villa Reale riservati alla famiglia Savoia. Nella stanza guardaroba c’era, e si può ancora vedere oggi, un passaggio segreto che permetteva al futuro Re di sgattaiolare fuori dal palazzo, lontano da occhi indiscreti, e recarsi in un’altra Villa, la reggia di Vedano, dove poteva incontrare la Contessa Eugenia Litta con cui aveva una relazione clandestina. Successivamente, diventato Re, gli impegni di Stato lo tennero più impegnato anche se in molti sostenevano che questa relazione extraconiugale continuasse anche negli anni in cui indossava la corona di Re D’Italia.
Il suo regno terminò però in modo cruento il 29 luglio 1900 quando un anarchico, Gaetano Bresci, riuscì ad avvicinarsi alla carrozza del Re e sparargli tre colpi a bruciapelo. Per Re Umberto era la terza volta in cui qualcuno attentava la sua vita. Le motivazioni del gesto si devono cercare nella violenta repressione armata di quella che è passata alla storia come la rivolta del pane, soffocata nel sangue dal Generale Bava Beccaris. Ottantuno morti fra la popolazione inerme che protestava per la mancanza di lavoro e per l’aumento del prezzo del pane.
A differenza dei suoi due predecessori, Gaetano Bresci non sbagliò e Re Umberto morì per un colpo di pistola dritto al cuore. L’omicidio avvenne a pochi passi dai cancelli della Villa Reale. Oggi sul luogo dell’attentato sorge un monumento, la Cappella Espiatoria che venne fatta erigere da Vittorio Emanuele III successore di Umberto I.
Dopo l’attentato, la Villa fu tra i primi beni che il nuovo Re volle vendere, forse per cacciare via i ricordi e mettere a tacere le malelingue che ancora ricordavano la condotta libertina di Re Umberto.
Alla prossima e…
Rispettate sempre i limiti di velocità
Negli anni ottanta, in una vasta area a nord di Rho, c’era una grande raffineria dell’Eni chiusa poi nel 1993. Dopo un lungo intervento di bonifica, al suo posto è nata una struttura avveniristica realizzata da uno dei più grandi e brillanti Archistar del mondo. Un italiano, Massimiliano Fuksas. Un luogo di lavoro ma anche un capolavoro dell’architettura moderna, uno di quei posti da vedere almeno una volta nella vita.
Massimiliano Fuksas è un architetto e un designer italiano. Romano di nascita ormai può definirsi un cittadino del mondo dal momento che i suoi principali progetti sono stati realizzati negli Stati Uniti, in Giappone, Francia, Germania, Cina, Australia.
Quando ha vinto il concorso internazionale bandito dalla Fondazione Fiera per creare il nuovo polo fieristico in sostituzione di quello esistente in città, nell’enorme area dove oggi sorgono i grattacieli di Citylife, ha affrontato una sfida difficile. Creare un luogo in cui si respirasse il profumo del futuro pur rimanendo fortemente ancorati ad una realtà votata al commercio.
Acciaio e vetro. Può la combinazione di due elementi così diversi fondersi in una struttura tecnicamente perfetta? Sembra di sì, e lo si può vedere visitando gli oltre 345 mila mtq su cui si estendono gli otto enormi padiglioni della Fiera di Milano nel polo fieristico di Rho. Una struttura inaugurata nel 2005 che ricorda i mille volti che può assumere un oceano in tempesta, con una copertura in vetro e acciaio che disegna forme sinuose come onde, vele, ma anche dune e colline che creano l’effetto finale di un paesaggio del futuro.
Una struttura moderna studiata nei minimi particolari per facilitare al massimo la fruizione da parte del pubblico, i milioni di visitatori che ogni anno percorrono i 6 km e mezzo che si snodano tra i padiglioni dei più importanti eventi fieristici nazionali. L’Artigiano in Fiera, il Salone del Mobile, solo per citare le più importanti.
Un luogo che ha trasformato completamente anche tutta l’area circostante al Polo Fieristico. La vicina Area Expo, il quartiere di Cascina Merlata, sono aree che in poco meno di un decennio si sono completamente rinnovate, spostando verso Ovest il baricentro dello sviluppo cittadino di Milano.
Un progetto creato per integrarsi nella Milano del futuro in previsione di un’espansione che arriverà fino a Malpensa.
Alla prossima e…
Effettuate periodicamente la manutenzione della vostra auto.
Immaginate di tornare indietro nel tempo. Siamo nel 1100, in pieno medioevo. Milano è una città decisamente diversa da come la vediamo oggi e anche le campagne circostanti, soprattutto nella zona sud sono tutt’altro che un bel posto per vivere. Si tratta di campagne paludose e malsane. Ma chi ha voglia di lavorare è il benvenuto e le cose possono cambiare, soprattutto se conduci una vita monastica seguendo la regola di San Benedetto.
San Bernardo da Clairvaux è un monaco cistercense che segue la Regola di San Benedetto, Ora et labora: prega e lavora. Così poco lontano dalla zona di Porta Romana, a sud di Milano, Bernardo fonda un monastero che prende il nome di Abbazia di Chiaravalle. In questo viene aiutato dai molti benefattori milanesi che erano abituati a concedere oboli ai monaci in cambio di assoluzioni dei loro peccati. Quando, quasi un secolo dopo, l’abbazia è terminata, anche le campagne circostanti sono state bonificate e la zona accoglie nuovi abitanti che condividono con i monaci la coltivazione delle aree che oggi fanno parte del Parco agricolo del Sud Milano.
Ma c’è una cosa che fa di Chiaravalle un luogo importante e ha a che fare con la buona tavola.
Dedicandosi all’allevamento del bestiame, ai monaci certo non mancava il latte fresco che costituiva un alimento fondamentale per l’alimentazione dell’epoca. E il latte veniva lavorato, per la produzione di formaggi freschi. Purtroppo siamo nel medioevo e le tecniche di conservazione degli alimenti freschi è quella che è. Per questo, spesso, parte della produzione andava a male.
I monaci però non si persero d’animo e trovarono una soluzione. Il latte veniva cotto in apposite caldaie, veniva aggiunto il caglio, veniva salato e sottoposto a stagionatura. In questo modo si produceva un formaggio più duro a cui venne dato il nome di “caseus vetus”, che significa “formaggio invecchiato” ma poi, dal momento che questo formaggio era granuloso, venne chiamato grana.
Avete capito bene. Nell’abbazia di Chiaravalle è nato uno degli alimenti più presenti nelle nostre tavole, un formaggio che ci è stato tramandato dai monaci cistercensi. E noi ancora oggi non ci stanchiamo di ringraziarli.
Alla prossima e…
Non dimenticate di allacciare le cinture di sicurezza, anche posteriori.
Piccola lezione di storia moderna: gli anni settanta sono anni di contestazione giovanile. I movimenti studenteschi contestano tutto e una delle riviste di controcultura più diffuse si chiama Re Nudo, fondata a Milano nel 1970. E Re nudo dal 1971, una volta all’anno, organizza un Festival di musica, dibattiti e tanta, tanta droga.
Dalla prima edizione del Festival di Re Nudo organizzata a Ballabio, in provincia di Lecco a cui partecipano circa 10mila persone si arriva all’edizione del 1976, organizzata a Parco Lambro, zona est di Milano. Il Festival è ormai diventato un appuntamento fisso in cui la sinistra italiana trova un’occasione di approfondire argomenti, sperimentare nuove tendenze culturali come lo Yoga e la meditazione, il tutto condito da tanta tantissima musica di alto livello.
Negli anni si sono esibiti artisti come Eugenio Finardi, Ivan Graziani, Pino Daniele, Franco Battiato. Lo so, le nuove generazioni non conoscono neanche un nome di questi artisti, ma è grazie a loro che oggi possiamo ascoltare ancora dei veri capolavori di poesia e musica.Quella del 1976 sarà però l’ultima edizione. Si avvicinano gli anni della contestazione
armata, delle Brigate Rosse e di Potere Operaio, del terrorismo e del sangue. A Parco Lambro accorrono più di centomila persone e la situazione diventa ingestibile. Fiumi di eroina scorrono tra migliaia di ragazzi che arrivano a spogliarsi completamente e ballare nudi, senza sosta, tra il fango dei prati in preda ad un delirio chimico che cancella la memoria. La musica diventa un elemento di contorno in un ambiente in cui anarchici ed estremisti si scagliano con violenza su femministe ed omosessuali, sui venditori di cibo e bibite che alzano troppo i prezzi, sul vicino supermercato che viene letteralmente saccheggiato. La polizia spara fumogeni e risponde alle bottiglie molotov scagliate dai più organizzati.
Lo stesso Andrea Valcarenghi, direttore di Re Nudo, commenta i quattro giorni del Festival come, parole sue, “un gran casino”, salvo poi dare la colpa successivamente alla miseria culturale che sta dilagando tra le nuove generazioni.
Cambiano i tempi ma le frasi sono sempre le stesse.
Alla prossima e…
Ricordatevi di controllare lo stato dei vostri pneumatici
Il sequestro di persona è stato per molto tempo una delle fonti più redditizie della malavita sarda e calabrese. Uno degli ultimi sequestri portati a termine dalla ndrangheta è stato quello di Alessandra Sgarella nel 1997. Mentre la polizia di tutta Italia la cercava in Calabria lei era in una buca a poche centinaia di metri dalla Tangenziale Ovest di Milano.
Pietro Valvassori è un imprenditore di successo. Nel 1997 la sua società di trasporti fattura 240 miliardi di lire all’anno. La moglie, Alessandra Sgarella, la sera dell’11 dicembre viene rapita mentre sta rincasando. Davanti al cancello del garage viene ritrovata la sua auto e per oltre un mese non si hanno sue notizie. Il 21 gennaio 1998 arriva la richiesta di riscatto. 50 miliardi, una cifra esorbitante per l’epoca.
Una prigionia durata 266 giorni, fino al 4 settembre 1998 quando la donna viene rilasciata nelle campagne vicino a Locri, si dice dietro pagamento di 5 miliardi di riscatto. Nei giorni successivi Alessandra Sgarella viene interrogata dai magistrati e si scopre che per un mese la donna è stata tenuta nascosta a due passi dalla Tangenziale Ovest, vicino a Buccinasco.
In mezzo ai campi c’è un terrapieno circondato dai rovi. Alessandra Sgarella ha 39 anni all’epoca del rapimento ed è un'acuta osservatrice. Sin dal primo momento memorizza qualsiasi dettaglio per riconoscere i posti dove viene portata. Un semaforo intravisto dal cappuccio, un suono, un odore.
Con i magistrati ripercorre ad occhi chiusi un percorso durato mezz’ora e alla fine ci si ritrova in mezzo ad un campo di Buccinasco, a ridosso della tangenziale.
In una buca di tre metri scavata di recente, vengono trovati scatole di yogurt, buste di mozzarella, persino la carta del panettone con cui i rapitori hanno festeggiato il Capodanno.
Alessandra Sgarella non dimentica il suono del traffico delle auto sulla Tangenziale e il grande orologio digitale che un giorno intravede dalla buca.
Il mistero dei primi 40 giorni di prigionia è risolto. Successivamente viene ricostruito anche il trasferimento in Calabria. Da quel momento inizia il tempo per dimenticare.
Alla prossima e…
Mantenete rigorosamente le distanze di sicurezza.
Check telemetria… fatto
Controllo pneumatici… fatto
Scelta dell’assetto da gara… fatto.
Siamo a Monza.
Accendete i motori
Luci accese…
Tre, due, uno… VIA!
Anche se il calcio è lo sport più amato in Italia, c’è un appuntamento imprescindibile che accompagna gli italiani da cento anni e che si svolge a Monza nei primi giorni di settembre. Il Gran Premio di Formula Uno.
L’autodromo di Monza è uno di quei luoghi che si impara a conoscere da piccoli. Inconfondibile la forma del circuito, quella grossa L rovesciata circondata da un anello stile Indianapolis.
Qui si sono corse le più grandi sfide della storia delle corse automobilistiche, con piloti come Farina, Ascari, Fangio, Regazzoni e poi Villeneuve, Alboreto, Lauda, Alesi, Schumacher, fino ai campioni di oggi. Un unico colore in comune, il rosso Ferrari. Impossibile, nel parlarvi, tenere a bada il cuore del tifoso che batte forte dentro di me. Monza vuol dire Autodromo e Autodromo vuol dire Ferrari, con quel gigantesco telo che ogni anno viene sventolato dai tifosi nella ormai consueta invasione di pista, tutti a festeggiare sotto al podio, chiunque abbia vinto.
Un circuito creato nel 1922, terzo al mondo dopo quello di Brooklands e Indianapolis. E’ soprannominato “il Tempio della Velocità” perché ad oggi il circuito di Monza è considerato il più veloce di tutta la Formula Uno. Negli anni è stato teatro di grandi vittorie, di terribili incidenti, di rimonte spettacolari, il tutto con la splendida cornice di un pubblico fantastico, una marea rossa capace di farsi sentire ancor più dei potenti motori delle auto che sfrecciano sul circuito
Un campo di gara ma anche un luogo di sperimentazione dove migliorare la sicurezza stradale. Nel circuito sono stati testati i guard-rail, l’asfalto drenante; dalla telemetria della Formula Uno è nata la tecnologia del Telepass.
L’autodromo è tutto questo, immerso nel gigantesco Parco che lo circonda.
Alla prossima e…
Rispettate i limiti di velocità e la distanza di sicurezza.
Sapete cos’è un archibugio? Si può considerare come la prima vera arma da fuoco moderna, anche se venne utilizzata intorno al 1500. Antesignano del fucile, ha cambiato il modo di combattere le battaglie, sostituendo ai duelli ravvicinati a colpi di spada e sciabola, una bella scarica di piombo… E un archibugio è stato la causa della fine dell’Ordine degli Umiliati. Volete sapere perché? Vi accontento subito.
L’Ordine degli Umiliati era un ordine misto formato da religiosi e laici nato in Piemonte, ad Alessandria e prospero in tutto il Nord Italia nel Medioevo. Gli Umiliati si dedicavano alla produzione e alla lavorazione della lana, alternando questa attività con momenti di preghiera. Essendo però molto bravi, si arricchirono con il commercio dei tessuti fino a diventare importanti banchieri. Il loro principale oppositore fu l’Arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, che prima di diventare Santo scatenò l’inquisizione contro gli Umiliati tanto che un membro dell’ordine, Gerolamo Donato detto il Farina, cercò di uccidere l’Arcivescovo con un colpo di archibugio. L’attentato fallì e l’Ordine degli Umiliati venne soppresso nel 1571.Tra le abbazie costruite dagli Umiliati c’era anche l’Abbazia di Mirasole, situata nella zona sud di Milano. Dopo la chiusura dell’Ordine, la proprietà dell’Abbazia passò di mano in mano finché Napoleone Bonaparte la affidò definitivamente all’Ospedale Maggiore di Milano. Oggi la Fondazione Ca Granda è ancora la proprietaria dell’Abbazia, costituita da una chiesa la cui facciata è orientata verso il Sud, da cui il nome Mirasole, e da un complesso monastero fortificato in cui accanto ai luoghi di preghiera si possono trovare strutture tipiche delle cascine agricole.
Oggi, l’Abbazia di Mirasole è la sede di alcune associazioni che si occupano di progetti sociali. In particolare Progetto Arca, dove l’accoglienza fa rima con il lavoro. L’accoglienza di persone fragili, mamme con bambini, famiglie in difficoltà che vogliono rimettersi in gioco è il principale obiettivo di Progetto Arca. Ma questo percorso di reinserimento sociale non si vive in modo passivo, con una serie di progetti di formazione professionale per il reinserimento nel mondo del lavoro. Un aiuto concreto a chi pensava di aver perso la speranza.
Alla prossima e…
Nelle tangenziali, lasciate libero il passo e non ostacolate i veicoli di emergenza.



