DiscoverGatto Nero – Radio Onda d`UrtoBRESCIA: MORTO FRANCO CASTREZZATI. SUO IL DISCORSO DEL 28 MAGGIO 1974, FINO ALLA BOMBA FASCISTA, DI STATO E DELLA NATO DI PIAZZA DELLA LOGGIA
BRESCIA: MORTO FRANCO CASTREZZATI. SUO IL DISCORSO DEL 28 MAGGIO 1974, FINO ALLA BOMBA FASCISTA, DI STATO E DELLA NATO DI PIAZZA DELLA LOGGIA

BRESCIA: MORTO FRANCO CASTREZZATI. SUO IL DISCORSO DEL 28 MAGGIO 1974, FINO ALLA BOMBA FASCISTA, DI STATO E DELLA NATO DI PIAZZA DELLA LOGGIA

Update: 2025-10-14
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É morto a 99 anni Franco Castrezzati, sindacalista della Fim – Cisl di Brescia che il 28 maggio 1974 stava parlando sul palco di piazza della Loggia quando scoppiò la bomba fascista, di Stato e della Nato, che fece 8 morti e 102 feriti, tra cui il fratello dello stesso Castrezzati.


Il suo discorso – 33 pagine – si interruppe a pagina 8, sulle parole “a Milano…”. Poi, l’ordigno.


Castrezzati era nato a Cellatica il 21 aprile 1926 da una famiglia di mezzadri. Antifascista, arrestato durante la Seconda Guerra Mondiale per alcuni volantini contro il regime trovatigli addosso, poi partigiano con le Fiamme Verdi in Valle Camonica, nel 1948 entra nell’allora Lcgil, occupandosi di mezzadri. Dopo la nascita della Cisl nel 1950 è prima operatore Fim e poi dell’Ufficio formazione. Da fine anni ’50 a fine anni ’70 è anche il segretario bresciano della Fim, la categoria metalmeccanica; dal 1965 al 1972 ebbe anche incarichi nella segreteria nazionale. Vicino all’area di Pierre Carniti e Luigi Macario, dopo la Strage sarà anche segretario generale dell’Unione sindacale provinciale di Brescia, tra il 1978 al 1981, quando si dimise a seguito della rottura con la componente più conservatrice del sindacato cislino stesso, come raccontato dallo stesso Castrezzati nel libro del 2006 “Autonomia e contratti. Storie di sindacalisti della Cisl in Lombardia” 


Castrezzati, dopo la pensione, ha seguito a lungo attività solidali sull’asse Italia – Brasile, restando tuttavia sempre legato – pur con il passare degli anni – a doppio filo agli appuntamenti antifascisti per la Strage. Il 28 maggio 2024, per il 50esimo anniversario, Castrezzati (già in condizioni fisiche di fragilità), arrivò comunque in Piazza Loggia, fin sotto la Stele, nel luogo esatto in cui scoppiò la bomba.


Ricordando quei giorni, Castrezzati (nello stesso libro già citato prima) scriveva: “Il 28 maggio 1974 avviene l’attentato di Piazza della Loggia. Io stavo parlando dal palco quando è esplosa la bomba. In quei giorni c’era un clima di tensione enorme, c’erano già stati diversi attentati, per fortuna senza morti. L’ultimo è stato alla sede della Cisl ed è questa la ragione per cui è toccato a me intervenire. Tre giorni prima ce n’era stato uno alla sede del sindacato unitario di Lumezzane. Da mesi si ripetevano gesti simili. Erano tutte azioni rivolte contro il sindacato. Gli industriali del tondino, soprattutto quelli di Nave e di Odolo, attraverso il sindacato fascista della Cisnal avevano fatto arrivare degli operai, che lavoravano nelle loro fabbriche in occasione degli scioperi. Si parlava anche di un incontro degli industriali della zona con Almirante, che in una cena avrebbero detto che non si poteva più tollerare un sindacato così forte.


Ho scoperto io i candelotti di tritolo che avevano messo all’ingresso della Cisl, in via Zadei. Erano tra alcune casse di materiali depositate all’esterno. La miccia era stata accesa, ma fortunatamente si era spenta perché era rimasta schiacciata. Se fossero scoppiati quegli otto candelotti sarebbe saltato in aria tutto il palazzo. Non ero segretario della Cisl, ma Pillitteri era in ospedale e lo sostituivo io. Ho telefonato subito al segretario del Comitato unitario antifascista, abbiamo deciso la manifestazione e sono stato incaricato di fare il comizio in rappresentanza del sindacato. Era un clima pesante, anche se non pensavo che si potesse arrivare a tanto.


Quella mattina mi sono alzato alle quattro per scrivere il mio intervento. Era una giornata piovosa, abbiamo iniziato alle dieci in punto, i cortei stavano ancora arrivando e io desideravo che i lavoratori sentissero quello che avevo da dire e quindi tiravo un po’ in lungo. Ho aperto il comizio denunciando tutti gli attentati che avevano creato quel clima. Stavo parlando da circa dieci minuti, spiegando le ragioni della nostra manifestazione. Ero rivolto verso il luogo dell’attentato. Ricordo che ad un certo momento ho visto come una nuvoletta bianca, poi ho sentito un grande botto. Erano le 10 e 12. Quello che mi ha spaventato davvero è stato vedere volare le bandiere, gli striscioni e la gente per terra…”


Nell’audio vi riproponiamo la parte finale del discorso di Castrezzati, in piazza Loggia, nel 1974, fino alla bomba. Ascolta o scarica


 


Di seguito, la trascrizione dell’intervento di Castrezzati:


“Amici e compagni lavoratori, studenti. Siamo in piazza perché, in questi ultimi tempi, una serie di attentati di marca fascista ha posto la nostra città e la nostra città provincia all’attenzione preoccupata di tutte le forze antifasciste. E le preoccupazioni sono tante più acute ove si tenga conto che la macchina difensiva delle istituzioni democratiche della repubblica sia messa in moto solo dopo che alcune fortuite circostanze hanno rivelato l’esistenza di un’organizzazione eversiva ampiamente finanziata e dotata di mezzi micidiali sufficienti comunque a creare il terrore e sbandamento. Il drammatico episodio di Piazza Mercato ha imposto un colpo di acceleratore nelle indagini sulle trame nere. Sono così venuti alla luce uomini di primo piano, già legati alla Repubblica di Salò che hanno rapporti con gli attentatori di Piazza Fontana e del direttissimo Torino-Roma, con il disciolto gruppo di ordine nuovo risolto poi sotto la sigla di Ordine Nero, con le squadracce d’azione Mussolini e con il Movimento d’Azione Rivoluzionaria, con le organizzazioni La Rosa dei Venti e Riscossa e con lo stesso Movimento Sociale Italiano. Si scopre così un fortino alla periferia della città, una sorta di campo di addestramento messo a disposizione dall’ingegnere di Collebeato, ufficialmente povero in canna, ma in realtà accasato una villa principesca. Vengono pure alla luce bombe, ami, tritolo, esplosivi di ogni genere, perfino cannoncini, anche se rudimentali. Qualcosa di più di quanto non sappiano mettere insieme quattro ragazzini esaltati dalla droga di ideologie assurde, ai quali viene cinicamente affidata l’esecuzione di attentati che spesso falliscono e si ritorcono come boomerang contro gli inesperti bombardieri. Ci troviamo di fronte a trame intessute segretamente da chi ha mezzi ed obiettivi precisi. Si vogliono, cioè, sovvertire le istituzioni democratiche della nostra Repubblica nate dalla Resistenza. A questo fine si strumentalizzano i giovani, le loro menti vengono imbottite di droga che sconvolge ogni valore universalmente accolto. Così si attenta alla vita umana che è un diritto naturale, si innescano ordigni esplosivi contro le sedi di partiti, di sindacati, di cooperative col proposito di intimidire. Il propellente per queste imprese banditesche è ancora una volta l’ideologia fascista. All’insegna del nazionalismo e del razzismo, la repubblica di Salò ha intruppato nelle brigate nere giovani, spesso ancora adolescenti, inviandoli alla carneficina, mentre deliranti e farneticanti urlavano slogan insensati. Oggi ancora si insiste su questa strada approfittando dell’inesperienza; ed è così che i mandanti, i finanziatori dell’eversione possono seminare distruzione e morte senza scoprirsi, possono camuffare le loro trame con tinte diverse da quella nera, come avvenuto per l’attentato di piazza Fontana o del treno Torino-Roma, oppure, come avviene in ogni parte del mondo quando si vogliono soffocare le aspirazioni di progresso, di giustizia e di democrazia dei popoli. I titoli dei giornali dell’immediato dopoguerra mettevano ripetutamente in evidenza che a pagare per le colpe, per i misfatti, per i crimini del fascismo erano normalmente i meno responsabili. Gli stracci così venivano definiti punto ed è a me che sembra che la storia si ripeta e cioè che anche oggi si scavi, non si scavi in profondità, che non si affondi il bisturi risanatore fino alla radice del male. La nostra Costituzione, voi lo sapete, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista; eppure il movimento sociale italiano vive e vegeta. Almirante, che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica Sociale Italiana ordiva fucilazioni e ordinava spietate repressioni, oggi ha la possibilità di mostrarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell’arco antifascista e perciò costituzionale.


A Milano…

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