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Author: Radio 24

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Il drammatico uno-due della pandemia seguita dal conflitto in Ucraina ha contribuito dolorosamente a un passaggio culturale importante, facendoci finalmente realizzare che la transizione ecologica è uno strumento per conseguire una maggiore indipendenza dalle importazioni di materie prime, energia e semilavorati, da cui le economie europee sono estremamente indipendenti. Le soluzioni proprie della crisi ecologica (dalle fonti rinnovabili al ciclo idrico integrato, dall'economia circolare alla fusione nucleare) si rivelano infatti essere ciò che serve per affrontare la crisi geo-politica, energetica ed economica che ci attanaglia.Lo speciale estivo di Smart City "La transizione ecologica in tempo di crisi" racconta i punti di contatto tra le crisi del nostro tempo, e la ricerca di possibili soluzioni comuni, affrontando temi quali la gestione dell'acqua, le opportunità offerte dalle energie forestali e marine, le sfide dei sistemi di stoccaggio energetico sostenibili e della fusione nucleare.

Scopri il podcast originale  Smart City XL 

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Somministrare terapie geniche direttamente in utero, in modo da poter correggere, già durante la gravidanza, patologie genetiche devastanti, come le malattie mitocondriali, che fanno danni irreparabili prima ancora che il bambino nasca. Si parla in questi casi di Terapia Genica Fetale In Utero (IUFGT) e in uno studio coordinato dall’Università degli Studi di Milano e dalla Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta, in collaborazione con il Policlinico di Milano e Avantea di Cremona, un gruppo di ricercatori ha descritto una procedura sperimentale per la somministrazione di questo tipo di cura, basata sull’iniezione ecoguidata transaddominale: una tecnica comprovata e sicura, già usata per l’amniocentesi e quindi ben sperimentata nella pratica clinica. I risultati dello studio, ottenuti al momento sui suini, sono pubblicati sulla rivista Gene Therapy del gruppo Nature e sono alquanto incoraggianti. Ne parliamo con Dario Brunetti, coordinatore dello studio, docente del Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità dell’Università Statale di Milano e primo ricercatore presso l’Istituto Neurologico Carlo Besta.
Lo chiamano Calcestruzzo bio-recettivo ed è un calcestruzzo leggero, una miscela di cemento: fibre vegetali e materiali industriali di scarto che, nelle giuste dosi, favoriscono l’attecchimento di muschi e licheni, di cui si ricopre rapidamente. L’idea è che il calcestruzzo bio-recettivo possa essere utilizzato per realizzare rivestimenti edilizi, che in breve tempo si trasformano in superfici verdeggianti in grado di tenere sotto controllo il fenomeno dell’isola di calore e di fornire numerosi altri vantaggi: isolamento termoacustico, assorbimento di Co2 e inquinanti e una migliore gestione dell’acqua, grazie alla capacità di trattenerne almeno una parte e ritardarne l’afflusso nel sistema fognario. Ce ne parla Antonella Belletti, tesista del Politecnico di Milano, vincitrice del primo premio della call "Ideas for Future” di Kerakoll.
Pannelli fonoassorbenti che fermano le vibrazioni, lasciando passare aria e luce; barriere per ridurre l’inquinamento acustico sottomarino; dispositivi in grado di interagire e ridirigere le onde sismiche. Sono alcune delle applicazioni allo studio nei progetti DREAM e POSEIDON: il primo sostenuto dal MIUR e dedicato alla progettazione di materiali innovativi per l’architettura; il secondo, dallo European Research Council e concentrato sulla lotta all’inquinamento acustico sottomarino. Entrambi puntano a risolvere il problema grazie allo sviluppo di nuovi metamateriali, le cui strutture geometriche presenti al loro interno conferiscono loro proprietà non convenzionali. Ne parliamo ancora con Marco Miniaci, professore di Scienza delle Costruzioni al Politecnico di Torino.
Similmente alla foglia di loto, la cui idrorepellenza dipende da microscopici peli che ricoprono la superficie, ci sono sono materiali le cui proprietà dipendono quasi esclusivamente dalla presenza, sulla loro superficie o al loro interno, di motivi geometrici ripetuti, anziché dalla “sostanza” di cui sono composti. Materiali artificiali di questo tipo vengono detti metamateriali e possono esibire proprietà straordinarie, inesistenti in natura e addirittura contro-intuitive. In particolare, quando si tratta di manipolare delle onde: dalle onde radio alle onde acustiche, dalle onde sismiche a quelle del mare. Con l'aiuto di Marco Miniaci, professore di Scienza delle Costruzioni al Politecnico di Torino, in questa puntata parliamo proprio di metamateriali e di come possono essere utilizzati nel mondo delle costruzioni.
Dalla plastica al paracetamolo (il principio attivo della tachipirina) grazie un batterio. È quanto è riuscito a fare un team di scienziati del Wallace Lab dell’Università di Edimburgo che ha utilizzato l’E. coli, un batterio innocuo tra i più studiati dai biologi: questo batterio viene riprogrammato geneticamente per trasformare in paracetamolo una molecola nota come acido tereftalico, derivata dal PET (la plastica delle bottiglie). Il processo ricorda la fermentazione con cui i lieviti trasformano gli zuccheri in alcool, che avviene a temperatura ambiente e con un impatto ambientale minimo.L’idea, finora testata solo a livello di laboratorio, è un’altra, possibile tessera che va ad aggiungersi al puzzle dell’economia circolare. Ce lo spiega Loredano Pollegioni, professore di Biochimica all’Università dell’insubria.
Si apre oggi la Milano Digital Week, che fino al 5 ottobre inonderà il capoluogo lombardo di workshop, talk e dibattiti dedicati alla cultura digitale e all’innovazione. Filo conduttore di questa edizione è “Tutte le intelligenze della città”, tema sul quale interverrà anche Cosimo Accoto, filosofo delle nuove ingegnerie affiliato al MIT di Boston e uno dei pensatori più originali dell’impatto profondo che la cultura e la tecnologia digitale stanno avendo sulla nostra vita. Parleremo con lui della necessità di un cambio di passo rispetto al modo in cui usiamo e intendiamo l’uso dell’Intelligenza Artificiale, anche per affrontarne le criticità, passando dall’isteria alla strategia, e dalla concezione strumentale che abbiamo dell’IA a una di tipo “istituzionale”. 
Andiamo a Bergamo al JOiiNT LAB, il laboratorio di ricerca nato da una partnership tra IIT e Sistema Bergamo, per conoscere Frasky, un robot capace di muoversi in autonomia in un vigneto ed eseguire operazioni varie: dal monitoraggio, alla manipolazione dei grappoli di uva, fino alla somministrazione mirata di antiparassitari. Delle dimensioni di un piccolo frigorifero, con quattro ruote e una mano guantata, Frasky è pensato per offrire un supporto concreto ad agricoltori e aziende vitivinicole, anche di fronte alla crescente carenza di manodopera e alle sfide imposte dai cambiamenti climatici. Ce ne parla Manuel Catalano, ricercatore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e Coordinatore del laboratorio JOiiNT LAB a Bergamo.
Il concetto di Smart City, che ha preso corpo intorno al 2010, consiste nell’idea che grazie alla diffusione di sensori, reti telematiche e centri di elaborazione dati sia possibile fotografare istante per istante, e governare in tempo reale e in modo coordinato, molti dei processi e delle infrastrutture che caratterizzano le società moderne, come il traffico, i flussi di energia, la logistica, le reti elettriche e idriche. La possibilità di realizzare concretamente tutto ciò dipende in ultima analisi dalla qualità dei dati raccolti, che tuttavia in molti casi è insufficiente. Ripulire e tirare a lucido i dataset è quindi parte integrante del lavoro, se non addirittura la parte più onerosa. Oggi questo avviene anche attraverso strumenti come l’intelligenza artificiale. Un caso è quello dei dati prodotti dai sensori sparsi lungo la rete idrica di Lombardia e Friuli Venezia Giulia, su cui, in collaborazione con la società Idrostudi, ha lavorato un gruppo di ricercatori dell’Università di Trieste.Ne parliamo con Luca Bortolussi, professore di Informatica Università di Trieste.
Aprire la strada alla sperimentazione dell’idrogeno liquido come carburante per aerei: è quanto si propone il progetto europeo HASTA, finanziato con oltre 3 milioni di euro, che coinvolge un consorzio di 15 partner provenienti da 8 Paesi, tra cui molti provenienti dall’Italia: ENEA, Cnr, Sapienza Università di Roma e Università degli Studi Niccolò Cusano. HASTA ha tra i più importanti obiettivi la progettazione di un serbatoio per aerei adatto a gestire l’idrogeno liquido, risolvendo problemi come lo sloshing, il rimescolamento tumultuoso dell’idrogeno liquido che può avvenire durante il volo a causa di qualche sballottamento, rendendo difficile una fornitura regolare di carburante ai motori. Ce ne parla ancora Antonio Agresta, ricercatore del Laboratorio Idrogeno e Nuovi Vettori Energetici del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’ENEA.
L’idrogeno liquido è un carburante usato da decenni dall’industria aerospaziale, grazie alla sua leggerezza in rapporto alla sua capacità di fornire energia. Ora numerose compagnie aeree stanno studiando come applicarlo anche ai normali aeroplani al posto del cherosene, molto più impattante sia dal punto di vista climatico che ambientale. È un percorso ancora lungo, che passerà per l’introduzione graduale dell’idrogeno nell’ambiente aeroportuale, iniziando dalle operazioni come la movimentazione a terra. Ce ne parla Antonio Agresta, ricercatore del Laboratorio Idrogeno e Nuovi Vettori Energetici del Dipartimento Tecnologie Energetiche e Fonti Rinnovabili dell’ENEA.
Trasformare il BOOM di un aereo supersonico in un tonfo sordo. È l’obiettivo di una serie di progetti che stanno tentando di riportare in vita il volo supersonico in ambito civile. Progetti che riaprono una stagione - quella del Concorde - chiusa ormai da decenni, ma facendo un passo avanti ritenuto cruciale, per permettere il volo supersonico anche sulla terraferma: attutire quel potente boato, simile a un colpo di cannone. USA, Giappone e Cina ci stanno lavorando e, seppur meno alacremente, anche l’Europa. Intanto il primo prototipo di aereo supersonico “low boom”, l’X59 della NASA, si prepara a effettuare entro l’anno il primo volo. Ne parliamo ancora con Nicole Viola, professoressa di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Torino.
Tornare al volo supersonico civile. È l’obiettivo di numerosi progetti che vedono coinvolti i principali paesi dotati di capacità e industrie aerospaziali: USA, Giappone, Cina e UE.Ma il principale problema da risolvere per andare oltre l’era del Concorde, è riuscire a controllare il “boom sonico”: il botto, simile a un’esplosione, è dovuto al fatto che le onde acustiche emesse da un velivolo che viaggia a velocità supersonica tendono a fondersi, formando un’onda d’urto capace di farsi sentire a molte decine di chilometri di distanza, rendendo pressoché impraticabile il volo supersonico sopra le regioni abitate. Da qui, progetti come l’XB1 o l’X59, che pur con differenti approcci inseguono il medesimo risultato. Ne parliamo con Nicole Viola, professoressa di Ingegneria Aerospaziale del Politecnico di Torino.
Le condizioni di stress idrico sempre più frequenti , dovute sia ai cambiamenti climatici che all’uso sempre più intensivo dell’irrigazione, suggeriscono la necessità di passare a diete basate su alimenti che richiedano meno acqua.Stimolare un cambiamento delle abitudini alimentari capace di innescare effetti a catena sulle reti commerciali internazionali e sui sistemi di produzione è l’obiettivo del progetto TIP-FRESH, premiato con un prestigioso ERC grant, che riunendo specialisti di materie le più disparate, dall’idrologia alla sociologia, cercherà di spiegare in che modo nuove abitudini alimentari, coerenti con l’obiettivo di ridurre in consumo di acqua, possano essere propagate a partire da nicchie di consumatori virtuosi, studiando come ciò sia avvenuto in passato e quali siano state le leve che hanno fatto la differenza.Ospite Marta Tuninetti, ricercatrice e docente di Idrologia Applicata all'Agricoltura presso il Politecnico di Torino
Curare con gli ultrasuoni. Non è un novità assoluta bensì qualcosa che già si fa, ma non se il bersaglio da colpire si trova nel cervello, protetto da una barriera quale la scatola cranica. Una barriera che non fa passare in modo controllabile nemmeno le vibrazioni.Superare questa barriera è l’obiettivo di LUMEN, progetto cui è stato assegnato un ERC Grant da circa 1,5 M€ e che mira ad aggirare il problema trasformando la scatola cranica stessa in una sorta di campana la quale, fatta vibrare in modo opportuno, permetterebbe di concentrare l’energia acustica su un bersaglio preciso: un nuovo approccio alla cosiddetta "stimolazione cerebrale transcranica" che potenzialmente potrebbe dare benefici a milioni di persone che soffrono di disturbi quali il Parkinson o di dolore di origine neurologica.Ospite Emanuele Riva, ricercatore del Dip Mecc del Polimi.
Aprire la strada a un nuovo tipo di calcolatore quantistico, più semplice da costruire e soprattutto capace di operare in condizioni non estreme, come quelle richieste dagli attuali computer quantistici che per funzionare hanno bisogno di temperature di oltre 270 °C sottozero. Questo l’obiettivo del progetto Light-driven molecular spin qubits (LIGHT-QIS), che studierà la possibilità di realizzare dei Qbit (l’elemento base del calcolo quantistico) utilizzando porfirine, molecole organiche ben note per essere coinvolte nella fotosintesi delle piante e nel trasporto dell’ossigeno nel sangue.Ospite Alberto Privitera, ricercatore dell’Università di Firenze presso il Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Firenze.
Una nuova generazione di propulsori spaziali al plasma. Questo l’obiettivo di PHOENIX, progetto premiato con un ERC Starting Grant da oltre 1,5 milioni di Euro.In particolare, PHOENX mira eliminare da questi propulsori (che sono il futuro e in buona parte anche il presente della propulsione spaziale) un componente detto neutralizzatore, che spesso è causa di guasti. Qui è il caso di ricordare che i motori al plasma non espellono semplicemente un gas caldo come avviene nei normali razzi a combustione chimica, bensì ioni, cioè atomi con una carica elettrica positiva netta, che va compensata emettendo una equivalente carica negativa per evitare che tutta la navicella si carichi elettricamente, impedendo ai motori di continuare a funzionare. A questo pensa il neutralizzatore, che i ricercatori pisani vorrebbero però eliminare.Ospite Vittorio Giannetti, ricercatore dell’Istituto di Intelligenza Meccanica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Si chiama ipertermia oncologica ed è un campo della ricerca e della clinica medica che ha come obiettivo coadiuvare le terapie antitumorali “tradizionali”, come i farmaci chemioterapici e le radiazioni ionizzanti, aumentandone l’efficacia a parità di dose. Come dice il nome, la tecnica consiste nel surriscaldare i tessuti tumorali, fino a far loro raggiungere una temperatura compresa tra i 42 e i 45 gradi centigradi, per mezzo di microonde che permettono di raggiungere l’interno del corpo umano e, a differenza delle radiazioni ionizzanti, sono fondamentalmente innocue. Il calore, invece, non è innocuo: va tenuto d’occhio. Andare oltre certe temperature può essere pericoloso anche per i tessuti sani e proprio le difficoltà connesse col monitoraggio della temperatura all’interno del corpo umano sono state il principale ostacolo alla diffusione di questa metodologia nella lotta contro il cancro. Ma un gruppo di ricercatori del Politecnico di Torino, in collaborazione con la fondazione LINKS, ha forse trovato il bandolo della matassa. ce lo racconta Giuseppe Vecchi, professore del Dipartimento di Elettronica e Telecomunicazioni-DET del Politecnico di Torino.
Trasformare in dual fuel i veicoli per gli autotrasporti pesanti, in modo che possano funzionare anche con un mix di idrogeno e gasolio, come già si fa con alcuni camion che funzionano con un mix di gasolio e metano (quando quest'ultimo è disponibile). Si tratta di una soluzione che numerose compagnie di trasporti in Europa, USA e Australia hanno sperimentato nel corso del 2025: non ottimale, ma semplice e che permette di decarbonizzare, in toto o in parte, i veicoli pesanti già esistenti, gradualmente e senza “strappi tecnologici”. Anche se il costo dell’idrogeno Green rimane una barriera non indifferente. Ne parliamo con Fernando Ortenzi, ricercatore ENEA e responsabile del progetto IPCEI H2 Technology per i veicoli pesanti.
L’ambiente marino è ancora poco utilizzato dall’uomo, ma le cose stanno un po’ alla volta cambiando con lo sviluppo di applicazioni come l’agricoltura marina ad altre ancora. Ed è proprio sotto la superficie del mare che le tecnologie fotovoltaiche potrebbero trovare un nuovo campo di applicazione. Una ricerca pubblicata sulla rivista Energy & Environmental Materials, infatti, ha dimostrato che le celle solari a perovskite - un tipo innovativo di cella solare alternativo a quelle al silicio - possono funzionare in modo efficiente anche in ambiente acquatico, se non addirittura meglio che in atmosfera. Lo studio è frutto della collaborazione tra due Istituti di ricerca del CNR, l’Università degli studi di Roma Tor Vergata e la società BeDimensional Spa. Ce ne parla Jessica Barichello, ricercatrice dell’ Istituto di Struttura della Materia del CNR.
Si sente sempre più spesso parlare di gentrificazione, ovvero quel processo per cui un quartiere popolare, da un certo momento, inizia a essere abitato da persone con reddito sempre più elevato, dando il via a una serie di cambiamenti: sia positivi, come il risanamento di aree degradate o la riduzione dei tassi di criminalità; sia negativi, come l’aumento dei prezzi degli affitti e più in generale del costo della vita, che può obbligare i ceti popolari che originariamente abitavano il quartiere a spostarsi in zone più economiche e più periferiche. La gentrificazione non è di per sé un processo intenzionale, ma può certamente essere accelerato o frenato dalle scelte amministrative. Oggi, un modello matematico sviluppato tra le università di Oxford e di Bari, la Scuola normale superiore di Pisa, e l’Istituto di Scienze e Tecnologie dell'Informazione del CNR permette, per la prima volta, di provare a governarlo per mezzo di proiezioni e simulazioni. Insomma: dati alla mano. Ne parliamo con Luca Pappalardo, Ricercatore dell’ lSTI - Istituto di Scienze e Tecnologie dell’Informazione del CNR.
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Fiore 53

07,

Jun 6th
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