DiscoverNicoletta CinottiDue modi di difenderci, due prezzi da pagare
Due modi di difenderci, due prezzi da pagare

Due modi di difenderci, due prezzi da pagare

Update: 2025-10-02
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Quando la vita ci mette sotto pressione, il nostro corpo cerca istintivamente di proteggerci. Ma non lo fa sempre allo stesso modo.


A volte ci difendiamo contraendoci, irrigidendoci, stringendo i denti e andando avanti a forza di volontà. Teniamo le spalle alte, la mascella serrata, il respiro corto. È come se indossassimo un’armatura invisibile fatta di tensione muscolare. Questa difesa ci permette di continuare a funzionare, di presentarci al lavoro, di rispondere alle richieste degli altri, di mantenere la facciata. Ma il prezzo che paghiamo è alto: è il prezzo dello stress cronico che si accumula nei tessuti, dell’esaurimento che avanza silenzioso, della vitalità che si consuma giorno dopo giorno. Andiamo avanti, sì, ma a quale costo?


Altre volte invece ci difendiamo ritirandoci. Ci chiudiamo, ci disconnettiamo, diventiamo meno disponibili. È come se una parte di noi si spegnesse, cercando rifugio in un luogo interno dove nessuno può raggiungerci e ferirci. Questo ritiro può manifestarsi in tanti modi: evitiamo le persone, rimandiamo le chiamate, preferiamo restare a casa, ci sentiamo distanti anche quando siamo fisicamente presenti. Questa difesa ci protegge dal dolore del contatto, ma il prezzo che paghiamo è quello della solitudine e dell’immobilità. Non andiamo avanti, restiamo bloccati in una zona di sicurezza che diventa sempre più stretta.


Non è lo stesso tipo di difesa e non ha lo stesso effetto nella nostra vita. Con la tensione fisica continuiamo a muoverci nel mondo ma perdiamo il contatto con noi stessi. Con il ritiro manteniamo una sorta di protezione ma perdiamo il contatto con gli altri e con la vita stessa.


Per uscire da entrambe queste situazioni abbiamo bisogno di qualcosa che spesso ci sembra impossibile da trovare: nuova energia. Ma da dove viene questa energia quando siamo esauriti o ritirati? Non può venire dalla mente, dalle nostre solite strategie di controllo. Deve venire da un luogo più profondo: dal corpo stesso, quando finalmente gli permettiamo di ammorbidirsi, di respirare, di sentire. Dobbiamo tornare al corpo non per usarlo come strumento ma per abitarlo di nuovo, per ascoltare cosa ha da dirci sotto la corazza o dentro il silenzio. E lì, in quell’ascolto, possiamo cominciare a curare la ferita originaria – quella che ha reso necessaria tutta questa difesa.


Pratica del giorno: Cullare il cuore


© Nicoletta Cinotti 2025 Il protocollo MBCT online in very early bird fino al 15 ottobre




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