DiscoverNAZIONE INDIANAV. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA
V. Ė. Mejerchol’d  UN BALLO IN MASCHERA

V. Ė. Mejerchol’d UN BALLO IN MASCHERA

Update: 2023-06-12
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Description

<figure class="aligncenter size-large is-resized"><figcaption>Bozzetto di⇨ A. Ja. Golovin
per la prima edizione di Un ballo in maschera
“Lo sconosciuto”</figcaption></figure>













Aleksandr Konstantinovič Glazunov [1865-1931]
musiche di scena per
Un ballo in maschera





di ⇨ Anna Tellini





estratti da
Un ballo in maschera
2023 Cue Press





[da Prologo pag. 9-10]





[…] Non c’è più tempo. «A noi, compagni, sia a me, che a Šostakovič, che a S. Ejzenštejn, è data la pie­na possibilità di continuare il nostro lavoro e solo nel lavoro correggere i nostri errori. (Applausi). Compagni, dite: dove, in quale altro paese dell’or­be terraqueo è possibile un simile fenomeno?» Queste parole precedono solo di poche ore la fir­ma dell’ordine di arresto di Mejerchol’d. Il resto è noto: incarcerato, il Maestro confessa improbabili mene antisovietiche e sciorina nomi. La succes­siva ritrattazione, che gli restituisce piena statura morale, ovviamente non varrà a scalfire i carnefi­ci. Delle «due scuole di pensiero della fase istrut­toria», «i chimici e i fisici», nel caso di Mejerchol’d furono questi ultimi ad agire:





— I fisici erano quelli che erigevano a pietra angolare dell’istruttoria l’azione puramente fisica, poiché vedevano nelle percosse il metodo per disvelare il principio morale del mondo. Disvelare nel profondo l’essenza della natura umana – e come risultava vile e insignificante questa essenza!…





<figure class="aligncenter size-large"><figcaption>Foto segnaletica di Mejerchol’d al momento dell’arresto</figcaption></figure>




L’ultima ripresa di Un ballo in maschera, dunque, si incunea tra questi eventi finali e la chiusura del teatro di Mejerchol’d (stabilita con risoluzione del Comitato per gli Affari delle Arti del 7 gennaio 1938: nel suo intervento alla Conferenza dei Regi­sti egli la definisce «corretta»), a cui aveva dato il la P. M. Keržencev, bolscevico della prima ora, col suo articolo Čuzoj teatr [Un teatro estraneo] , in cui tra l’altro bollava l’intera attività teatrale preri­voluzionaria di Mejerchol’d come «una lotta con­tro il teatro realistico, per un teatro convenzionale, estetico, mistico, formalistico, cioè che esorcizza­va la vita reale».





Ma l’epilogo era iniziato prima, addirittura il 2 aprile del 1923: al teatro Bol’šoj si festeggia Mejer­chol’d, proclamato «artista del popolo». Tra le nu­merose felicitazioni inviategli, anche quelle di Trockij, cui il regista aveva dedicato il suo Terra in subbuglio . Per questo Stalin sceglierà Mejer­chol’d, perché vecchio comunista, perché legato da tempo a Trockij. Facile sostenere che guidasse dal 1930 un gruppo trockista di lavoratori dell’arte antisovietici; irreprensibilmente consequenziale condannarlo alla fucilazione, nel 1940.





E veniamo al 1933, anno di una memorabile purga di partito: tutto è considerato, chi e quando è stato legato a Trockij. I membri della Commissione per l’epurazione accusano il teatro di Mejerchol’d di essersi allontanato dalla contemporaneità. Il presidente cesella:





— Per quel che riguarda personalmente il compagno Mejerchol’d, senza dubitare del suo passato, senza discutere del suo presente, temiamo alquanto per il suo futuro .





È ancora libero, il Maestro, ma sa che ‘in alto’ l’at­teggiamento è sfavorevole. Continua comunque a pubblicare, a fare regie. Ma per la Signora delle Camelie, andata in scena il 19 marzo 1934, Mejer­chol’d sente il bisogno di giustificare lo spettacolo con un compito educativo, ideologico, e sostiene, in una nota comparsa sulle «Izvestija» del 18 mar­zo 1934, di aver l’intenzione di «mostrare un ciclo di pièce sulle sofferenze delle lavoratrici nella so­cietà capitalistica» . E poi la regia d’opera de La donna di picche, e poi le prove (1936-37) del Boris Godunov, con cui Mejerchol’d sperava di inaugu­rare il nuovo edificio del GosTIM… Tutto questo malgrado quel che si stava preparando, e che lui non poteva ignorare. Così come prima non gli era sfuggito il crearsi dell’oligarchia staliniana. Ma­ckin arriva a sorridere del presunto antistalinismo delle sue messinscene, che tale sarebbe solo agli occhi degli occidentali . Ma certo, come artista dell’avanguardia, il suo progetto era stato neces­sariamente totale, illimitato, assolutamente privo di innocenza:





— L’esigenza dell’artista di dominare il materiale artistico, che sta alla base della moderna concezione dell’arte, implica un’esigenza di dominio sul mondo, se si considera il mondo stesso come materiale .





Ma ormai, se la figura del demiurgo dell’avanguar­dia si era sdoppiata nel ‘nonno’ Lenin infinitamen­te buono e nell’infinitamente perverso ‘sabotatore’ Trockij, Stalin manteneva viceversa, nonostante la sua indubbia positività, una massiccia dose di attributi demoniaci – il suo lavorar di notte, i suoi prolungati silenzi, i suoi inattesi interventi –, assi­curandosi in tal modo la pienezza sia della venera­zione sincera che del terrore sacrale .





E se il Procuratore Generale Vyšinskij, il car­nefice Vyšinskij, fu il relatore centrale alla Con­ferenza dei Registi che si sviluppò secondo una sceneggiatura prestabilita, a Mejerchol’d toccò di diventare uno dei protagonisti principali di questa tragica farsa, nel ruolo di un uomo piegato, di un peccatore penitente, che contava se non sul perdo­no, almeno sull’indulgenza . Di questo le parole finali dello stenogramma di Un ballo in maschera sono, in un certo senso, la prova generale.





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orsola puecher