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Cortina, dicono di lei
Cortina, dicono di lei
Author: Elleboro editore
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© Elleboro editore - AA. VV.
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Un’antologia delle più belle citazioni su Cortina e le Dolomiti. Con l’indicazione delle passeggiate preferite dagli scrittori e le mappe per ritrovare i luoghi letterari. Da Amelia Edwards a Virginia Woolf, da Eugenio Montale a Giuseppe Berto, da Ernest Hemingway ad Alberto Moravia, Dino Buzzati e tanti altri.
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Giuseppe Berto è stata una delle figure più controverse della letteratura del Novecento: ha scritto un libro di enorme successo internazionale, “Il male oscuro”, ma non è stato apprezzato a causa della sua compromissione giovanile col fascismo. Alla fine del ‘65 si trasferì a Cortina con la moglie Manuela.
Era amico di Indro Montanelli, con il quale passeggiava. E divenne il re della mondanità degli anni ‘60, la stagione d’oro di Ira Frustemberg e Sharon Tate, di Helmut Berger, Walter Chiari e Vittorio Gassman. Tra feste, flirt, e litigate burrascose riuscì a portare a termine “La cosa Buffa” e, nella villa dei Marzotto scrisse “Anonimo Veneziano”.
"Una ragazza venne fuori a dire che la Borghetto se ne stava beatamente a Cortina dove era stata vista da parecchi conoscenti. Benché anche questa fosse una notizia della quale uno poteva e rallegrarsi e rattristarsi Antonio se ne sentì di colpo soltanto rattristato anzi la subì come un personale affronto dato che proprio nel momento in cui egli aveva raggiunto vette altissime nell’amarla in purezza e generosità ecco che Maria risultava starsene giusto nel pieno della stagione invernale a Cortina d’Ampezzo, cioè in un luogo dove non era molto probabile che si riuscisse a soffrire né a lungo né profondamente di pene d’amore".
Giuseppe Berto, La cosa buffa.
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La stagione invernale consiste in due parti o tronconi nettamente distinti (il natalizio che bruscamente precipita con l’Epifania, e il carnevalesco o febbraio che declina lentamente verso i primi di marzo) con aggiunta un’appendice pasquale. Tra l’uno e altro di questi tronconi di punta vi sono dei buchi paurosi, cioè settimane nelle quali la gente se ne va da Cortina come se all’improvviso vi fosse scoppiata la peste. I reggitori la Magnifica Comunità, gli Albergatori e la Corporazione Maestri di Sci hanno istituito, per tappare questi buchi, le “settimane bianche”, combinazioni a prezzo ridotto tutto compreso che attirano specialmente i giovani di famiglie non molto danarose i quali per qualità d’indumenti indossati, aspetto, uso di mondo e l’abitudine di bere vini veneti in luogo di vini francesi portano ad una vistosa decadenza del tono di vita.
Giuseppe Berto, Le stagioni dello sci.
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"A Hadley e a me piaceva sciare fin da quando l’a-vevamo fatto per la prima volta insieme in Svizzera e più tardi a Cortina d’Ampezzo nelle Dolomiti quando Bumby era già in arrivo e il dottore a Milano, le aveva dato il permesso di continuare a sciare, se io garantivo che non sarebbe caduta. Questo richiese una scelta molto accurata del terreno e delle piste e un’andatura assolutamente controllata, ma lei aveva delle belle gambe straordinariamente forti e un ottimo controllo degli sci, e non cadde mai. Non cadde più di quanto non sarebbe caduta sciando slegata su un ghiacciaio. Tutti conoscevamo bene le diverse condizioni della neve e ciascuno di noi sapeva come sciare con neve alta e farinosa".
Ernest Hemingway, Festa mobile.
"Come mi piaceva sciare, in quel periodo. Quell’inverno, capii veramente l’ebbrezza di questo sport, la meraviglia di padroneggiare un elemento come la neve, di possederlo quasi. Il maestro che avevamo era un tipo di poche parole, serio, tutto di un pezzo. Ma sulla neve era un dio. Ricordo le sue grida quando io sbagliavo un movimento, quell’urlo “peso a valle”, che non ho più dimenticato. Imparavo con facilità, ma spesso mi distraevo, perchè su di me contava anche il paesaggio esterno, il colore del cielo, la forma di un albero, o quella di una montagna. Cortina era uno scenario incomparabile".
Milena Milani.
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La neve letteraria inizia a cadere a metà del ‘900, quando gli scrittori imparano a sciare, quando Cortina diventa la località turistica invernale più alla moda d’Italia. E cioè dopo le Olimpiadi del ‘56, il primo grande evento sportivo teletrasmesso in tutto il paese. grazie ai nuovi impianti di risalita lo sci perse la dimensione della fatica e divenne l’attività di moda della borghesia. E per alcuni letterati fu un colpo di fulmine, una passione, una malattia. Ernest Hemingway scriveva racconti per i giornali americani sulle sue avventure sulle nevi e poi diversi romanzieri iniziarono ad ambientare sulle piste romanzi e racconti: Italo Calvino, Goffredo Parise, Dino Buzzati, Giuseppe Berto, Milena Milani, Hammond Innes.
"Quando si avvicinava l’inverno Filippo andava a stare in montagna e aspettava la neve. La neve è strana come dovrebbero essere sempre strane tutte le ragazze dei primi appuntamenti d’amore, e alle volte cadeva puntuale al suo arrivo, altre volte si faceva aspettare per giorni e giorni. [...]Quando cadeva la prima neve Filippo la guardava ansioso, come si guarda appunto l’umore, il volto della persona amata al suo avvicinarsi. ❆ La guardava cadere sempre più fitta dalle fi-nestre della sua vecchia secolare casa cortinese in mezzo a un boschetto con doppie finestre laccate di bianco".
Goffredo Parise, Neve.
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Nel 1924, un diciassettenne tormentato entrava nel sanatorio Codivilla - Putti di Cortina. Era Alberto Moravia e vi rimase un anno per curare la tubercolosi ossea. Fu un’esperienza angosciosa ma creativa che l'autore ha ripercorso nel racconto "Inverno di un malato". Moravia cominciò il suo romanzo di maggior successo, ‘Gli indifferenti’ nel settembre 1925 appena lasciò Cortina.
"Per un poco il ragazzo restò immobile ascoltando avidamente i rumori che giungevano dall’esterno; udì così il tintinnio dei sonagli della slitta che portava via il commesso, allontanarsi nella notte gelata e poi morire affatto, udì anche l’uscio della stanza attigua sbattere, e qualcuno parlare; a questo punto un brivido di freddo, probabilmente originato dalla febbre, percosse il suo corpo; macchinalmente egli si rannicchiò come poteva e tirò fin sopra le orecchie le coltri in disordine".
Alberto Moravia, Inverno di un malato.
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Edward Morgan Foster, l'autore di romanzi 'indimenticabili come Camera con vista, Casa Howard e Passaggio in India concepì uno dei suoi primi racconti a Cortina d'Ampezzo, nel 1902: "The eternal moment".
La protagonista è Miss Raby, un'anziana scrittrice che in gioventù ha pubblicato un romanzo di grande successo dedicato proprio a Cortina e ci torna dopo vent'anni per constatare come e quanto è cambiata.
"Lontano, su per la valle, ondeggiava sulle increspate praterie un grosso borgo, simile a nave bianca sul mare; a prua, di rinforzo a una brusca discesa, si levava maestosa una torre di pietra grigia, nuova nuova. Mentre la guardavano, prese voce e disse cose meravigliose alle montagne, che le risposero. [...]
Una giovane parlava con la madre di vestiti da sera. Giovanotti armati di racchette conversavano con altri giovanotti muniti di alpenstock. A questo punto, un dito di fuoco traversò le tenebre scrivendo: Grand Hôtel des Alpes. «Ecco la luce elettrica!», disse il conducente, alle grida di meraviglia dei suoi passeggeri.
L’Hôtel des Alpes era un enorme edificio che, dato il suo materiale di costruzione, il legno, evocava uno châlet dilatato. Impressione immediatamente corretta da una costosa e maestosa terrazza panoramica, le cui pietre squadrate si vedevano a miglia di distanza e dalla quale, come da un imponente serbatoio, ruscellavano, diffondendosi per l’adiacente campagna, sentieri asfaltati".
Edward Morgan Foster, L'attimo eterno.
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"Cortina è sempre quieta e gaia. Il Posta è l’Harry’s locale. Ho un po’ superato la mia timidezza per I’Harry’s e ormai sono un vecchio habitué o abitante. Qui andiamo tante volte al Posta o al Cristallino. II Cristallino è un po’ troppo pieno di Brusadelli dilettanti e di occasionali Contesse dell’International Sporting House Set che non hanno ancora sparato ai loro amanti, e i camerieri ci vendono Gordon’s gin a Lire 3000 (ma penso che al padrone costi Lire 3200) perché io sono un Notorio Rosso. Qui c’è anche una cameriera che è Deutsche tutta convinta che io faccia parte dell’organizzazione nazista clandestina".
Ernest Hemingway, Lettera.
"Cortina è un’ex-stazione climatica e di villeggiatura, la quale fino a poco tempo fa apparteneva agli Austriaci, che l’avevano riempita di alberghi art nouveau, l’uno più brutto dell’altro. Oggi che le truppe e i trasporti vanno e vengono, quelle atrocità a base di ghirigori e di pezzi di vetro colorato sembrano dame imbellettate che stanno confuse in mezzo a una bisca sorpresa dalla polizia".
Rudyard Kipling, La guerra nelle montagne.
"Ithiel e io abbiamo fatto un pranzo al sacco nella foresta dietro all'hotel Cristallo: formaggio, pane, salumi, sottaceti e vino. Mi sono rotolata sopra Ithiel e gli ho dato da mangiare. Più tardi ho scoperto, quando l’ho provato da sola, quanto sia difficile ingoiare in quella posizione. Ora sento, guardando indietro, che avevo troppa carica elettrica. E’ ipotizzabile che lo spirito del mondo entri nelle semplici ragazze e le trasformi in demoni".
Saul Bellow, Un furto.
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"Ho un ricordo lontanissimo di Cortina. Del tempo in cui per andarvi bisognava passate il confine. Del tempo in cui vi soggiornavano gli arciduchi austriaci e Francesco Giuseppe, dopo la caccia al camoscio, ricevendo gli omaggi dei capi della vallata, ripeteva immancabilmente sempre la stessa frase: “E stato molto bello e mi è molto piaciuto”.
Giovanni Comisso, Gente del cadore, agosto 1886.
"Da Cortina D’Ampezzo, bellissima valle italiana nei domini di sua maestà apostolica, faccio sapere ai sigg. Zanichelli che ho fatto un’ottima colazione e che parto per Pieve di Cadore."
Giosuè Carducci, Lettere.
"Non conosco nulla che possa competere per forma e varietà al fantastico, mutevole, imprevedibile, grande circolo che, con un raggio di dodici miglia a partire dalla porta dell’Aquila Nera, comprende il Pelmo, l’Antelao, le Marmarole, la Croda Marcora, il Cristallo e le Tofane". Amelia Edwards. Cime inviolate e valli sconosciute
"Cortina assomiglia a tutti i grandi centri di sport invernali. È una patina di lusso raffinato spalmata dagli albergatori sul volto di una contrada selvaggia di foreste, di neve e di picchi dentellati".
Hammond Innes , Lo sciatore solitario.
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Grandi alberghi e panorami mozzafiato. Funivie e discoteche, paesaggi bucolici e file di macchine. Cortina è stata tante cose a seconda delle epoche, delle stagioni e dei punti di vista. È cambiata e si è ampliata nel tempo, per accogliere un flusso di ospiti via via crescente e non sempre coerente. Aristocratici e borghesi, industriali ed artisti, letterati ed arrivisti, attori e comparse. Tutto ha inizio oltre un secolo fa quando la ferrovia arrivò a Calalzo, soppiantando le carrozze a cavallo, e alcuni imprenditori locali avviarono la costruzione di grandi alberghi: il Cristallo, il Miramonti, il Faloria, il Concordia e il Corona. Cominciò allora l’afflusso di quel pubblico selezionato che si poteva permettere di affrontare un lungo e costoso soggiorno. Tra loro tanti scrittori italiani e stranieri. Ognuno aveva la sua stagione preferita, ognuno aveva la sua visione, il suo modo di amare e rappresentare i luoghi e la gente.
"Cortina d’Ampezzo è un luogo incantevole e salubre. Forse non è il massimo come centro culturale europeo ma per rimettersi in forma non ha rivali. Matthew rifiorisce in un modo senza precedenti, e, per quel che conta, anche noi".
Aldous Huxley, Lettere.
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"Che serata incantevole! Oggi sarebbe stata la giornata ideale per una gita alla Capanna Rosetta. Come svetta alto nel cielo il Cimone! Avremmo potuto partire alle cinque del mattino. Natu-ralmente all’inizio, come sempre, non mi sarei sentita bene. Ma mi sarei rimessa in fretta. Non c’è niente di più bello che passeggiare all’alba [...] Alla Rosetta quell’americano con un occhio solo sembrava un boxeur. Forse avrà perso l’occhio in un match. Da sposata mi piacerebbe vivere in America [...] Peccato! Un raggio di fuoco colpisce la vetta del Cimone. Paul la chiamerebbe Alpenglühen, la montagna incendiata".
Arthur Schnitzler, La signorina Else
"O Pale di San Martino, o vecchia, o patria! In automobile io risalgo la valle e vi guardo, la mia giovinezza è lassù. Mi illudevo di lasciare per sempre qualcosa di me su quelle rocce così brave, solide e oneste, con preziosi piccoli intelligenti appigli al punto giusto, di scriverci qualcosa di me per sempre, e invece io passo di sotto in automobile e vi guardo e non tornerò. Impossibile. Non succederà più. Siete voi, Pale, che non siete più le stesse.
Dino Buzzati, O pale di San Martino.
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Com’ero orgoglioso, ragazzino ancora, di avere una mia guida. Di fronte ai turisti che affollavano
il rifugio, probabilmente mi davo un sacco d’arie. Ma il mattino dopo di buonora mentre salivo verso la Forcella di Ambrizzola, e dinanzi a me, a tracolla della guida, la matassa della corda dondolava ritmando il lento passo, mi accorsi che dietro di noi, due venivano. Erano i due studenti secchioni che avevo visto la sera prima giocare a scacchi. Ci raggiunsero poco prima della forcella, là dove si lascia il largo sentiero per puntare all’attacco per i ghiaioni. “Buongiorno” — “Buongiorno”. Io chiesi: “Dove andate?”- “Andiamo a fare il cammino”. [...] Il gesto di quei due ragazzi mi sembrò qualcosa di assurdo. Senza guida avventurarsi in un’arrampicata classica e dura, di cui, nei rifugi, alla sera, si discuteva con reverente rispetto. Ne ebbi una rabbia. Solo più tardi quando, giunti facilmente in vetta, vedemmo spuntare il berretto rosso del magrolino e infine la sua faccia sorridente, solo allora mi resi conto
che la mia rabbia era soltanto invidia.
Dino Buzzati, I fuorilegge.
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Dino Buzzati fu scrittore, pittore e alpinista. La prima parete che scalò da giovanissimo fu la Croda da Lago, sopra a Cortina d'Ampezzo e riportò quella esperienza in un racconto: I fuorilegge. Poi per tutta la vita, ogni settembre, Buzzati continuò a scalare le Dolomiti in compagnia della guida e amico Gabriele Franceschini.
"Dino ricordi la trina preziosa della Croda da Lago con i muti geroglifici segnati sulle pareti. E la Pozza Tramontana ove eri proprio tu il tenente Drogo; spiavo dove guardavi e pensavo che la vita d’ogni uomo fosse il “Deserto dei Tartari”, l’ansia, i timori, le fatue gioie, la speranza".
Gabriele Franceschini, Vita breve di roccia.
"Ma quello che è più spettacoloso è la vertiginosità della Croda, perchè attorno non si vedono che picchi e pareti a piombo. La cima anche quella è aerea oltre ogni dire, è esilissima e non si vedono che le rocce della valle fonda e i picchi e le ghiaie sotto".
Dino Buzzati, Lettera ad Arturo Brambilla.
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"Le Tre Cime di Lavaredo sono tra le meraviglie naturali più note nel mondo. Fra il 1915 e il 1917 qul passò il fronte di guerra e di quel periodo rimangono trincee, gallerie, baraccamenti. Le tre cime sono uno dei grandi templi dell’alpinismo classico.
Siamo nell’empireo delle Dolomiti sono tre enormi blocchi rocciosi, meravigliosamente regolari, che, da qualunque lato si guardino, sfidano nella loro bellezza qualsiasi confronto. Lo sguardo si inchioda, scosso da stupore, sulla fantastica trinità, sulla divinità Dolomitica suprema. Sono là enigmatiche come sfingi".
Antonio Berti, Guida delle Dolomiti Orientali.
"Riposai alcuni giorni dopo la scalata della parete nord della Cima Grande di Lavaredo. In quel riposo ideai di compiere un’altra impresa del genere: scalare lo Spigolo Giallo della Cima Piccola di Lavaredo. Io non saprei descriverlo. Sembra il tagliamare di un fantastico transatlantico arenato su quel mare di ghiaie, oppure il vomere di un ciclopico aratro, oppure il filo di una spada arroventata che per oltre 330 metri si stagli fuori da enormi strapiombi gialli".
Emilio Comici, Alpinismo eroico.
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La Riserva di Somadida è uno dei 130 luoghi protetti dello Stato, collocata tra Auronzo di Cadore e Misurina, sulla destra del torrente Ansiei. Nel 1493 la Magnifica Comunità Cadorina la donò alla Serenissima Repubblica per l’utilizzo del legname, che sfruttò fino a quando passò sotto il dominio francese e poi austriaco. Nel 1972 è stata creata la Riserva Naturale. Qui Ermanno Olmi ha girato il film “Il segreto del bosco vecchio” tratto dall’omonimo libro di Dino Buzzati. Il romanzo narra la storia di un’antica foresta che si difende dalla minaccia di scomparire per la brama di guadagno del proprietario, il colonnello Sebastiano Procolo.
"Così Sebastiano Procolo si smarrì nel bosco. Gli abeti, avvicinandosi la sera, diventavano più grandi. Il colonnello era ormai stanco morto, ma continuava ostinato il cammino. Dopo tre ore, il terreno cominciò a spianarsi. Doveva essere l’altipiano dominato dal Corno del Vecchio. Ma non si poteva capire, perchè gli altissimi alberi toglievano ogni visuale. Il colonnello doveva esserci già passato quella volta ch’era andato a liberare il vento Matteo. Ma non riusciva più a orientarsi. Il colonnello restò seduto ad aspettare il nuovo giorno, e per la prima volta nella sua vita conobbe i rumori della foresta. Quella notte ce n’erano quindici".
Dino Buzzati, Il segreto del bosco vecchio.
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Con Laura ho passato qualche mattina a remare sul lago; in poco più di mezz’ora andando piano
se ne fa il giro completo. Io in montagna non faccio neanche un passo a piedi; lascio che le passeggiate le facciano gli altri. Così prendevamo la macchina e facevamo grandi giri, lasciando gli altri alle loro scalate, e a cader giù dalle cime che hanno i nomi di tante disgrazie.
Stavamo tutto il giorno insieme, io e Laura, in giro o fermi a parlare intorno al lago, e giù nei bar di Cortina. Non ho preso “la cotta” immediata, no. Solo alla fine mi sono accorto che le volevo anche bene; e soltanto allora mi sono messo a baciarla. Per tutto l’inverno ho pensato a Laura e ricordavo Misurina.
Alberto Arbasino.
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Il grande albergo sulle sponde del lago di Misurina ospitò nel passato diversi turisti illustri. Tra loro Giosuè Carducci, la poetessa Antonia Pozzi, il compositore Gustava Mahler e la scrittrice Vita Sackville West.
Passo Tre Croci, 16 luglio 1924.
Mia cara Virginia, spero che nessuno abbia mai, o mai lo farà, gettato un guanto che non ero pronta a raccogliere. Mi hai chiesto di scrivere una storia per te. Sulle cime
delle montagne e accanto ai laghi verdi, io scrivo per te. Chiudo gli occhi sul blu delle genziane, sul corallo di Androsace; chiudo le orecchie al risveglio dei fiumi; chiudo il naso al profumo di pini. Mi concentro sulla mia storia. Hai detto che ho scritto lettere di impersonale frigidità. Bene, forse è difficile fare altrimenti in un posto dove i picchi rocciosi di maestà senza compromessi si elevano nel cielo immediatamente fuori dalla finestra, e dove un anfiteatro di montagne racchiude i propri orizzonti e le proprie orme. Oggi sono salita sulle nevi eterne e ho trovato crochi giallo brillante, fiori forti che sfidano il ghiacciaio e la tempesta; e mi vergognavo davanti al loro coraggio.
Non so dirti quante miglia e altitudini Dolomitiche ho ormai nelle mie gambe. Mi sento come se tutto l’intelletto fosse stato inghiottito in pura energia fisica e benessere.
Vita sackville-west.
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Il lago di Sorapis, situato nel massiccio omonimo, tra misurina e san vito di cadore, ha incantato il più grande poeta italiano, Eugenio Montale, che gli ha dedicato un lungo componimento. La poesia ricorda un apasseggiata di 40 anni prima con la moglie morta, Drusilla che il poeta chiamava "mosca" per via degli occhiali.
"Non ho amato mai molto la montagna e detesto le Alpi.
Tra i laghi solo quello di Sorapis fu la grande scoperta.
C’era la solitudine delle marmotte più udite che intraviste
e l’aria dei Celesti; ma quale strada per accedervi?
Dapprima la percorsi da solo per vedere se i tuoi occhietti
potevano addentrarsi tra cunicoli zigzaganti tra lastre alte di ghiaccio
E fu lunga! Confortata solo nel primo tratto, in folti di conifere, dallo squillo d’allarme delle ghiandaie.
Poi ti guidai tenendoti per mano fino alla cima, una capanna vuota.
Fu quello il nostro lago, poche spanne d’acqua,
due vite troppo giovani per essere vecchie, e troppo vecchie per sentirsi giovani.
Scoprimmo allora che cos’è l’età. Non ha nulla a che fare col tempo, è qualcosa che dice che ci fa dire siamo qui,
è un miracolo che non si può ripetere. Al confronto la gioventù è il più vile degli inganni".
Eugenio Montale, Sorapis 40 anni fa.
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Adesso l’amore è scomparso da questo immane bacino delle Dolomiti, e l’alpinismo viene compiuto da plotoni di soldati con lo scopo di uccidere e non da individui che danno conferenze nei Clubs Alpini. Qui si affronta il disprezzo immenso di monti, preoccupati soltanto dei loro casi; poiché tra il gelo, la neve e le acque sotterranee, i monti sono sempre affaccendati. Gli uomini, i muli e gli autocarri, sono pure affaccendati; le strade ne pullulano. Essi abitano città costruite entro oscure foreste di pini, e le cui navate rimbombano del rumore del macchinario in azione.
Rudyard Kipling.
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"Le Marmarole “Care al Vecellio”? E perché? Un’espressione fortunata senza dubbio che ci terrà compagnia tutta la vita. Ma ai tempi di Tiziano le montagne, Dolomiti comprese, non interessavano, non esistevano neanche si può dire, erano soltanto delle immense cose incomode e complessivamente ostili. Sono stati i romantici a scoprirle".
Dino Buzzati, Ma le dolomiti cosa sono.
"Dopo le Marmarole, viene Sua maestà l’Antelao, scortato dalla Torre dei Sabbioni, la cima Scotter, la Croda Marcora, mentre a sinistra comincia a giganteggiare il Pelmo, seduto sul trono come un dio. Lo spettacolo ha questo di drammatico: che la tensione, per così dire, è progressiva. Le Dolomiti esterne infatti, le prime che si incontrano, per quanto splendide, non hanno la terribilità e la potenza di quelle che ci aspettano più in su".
Dino Buzzati, Ma le dolomiti cosa sono
"Si parano dinanzi le montagne,
selle, pareti ripide, nevai;
il cielo vi è grigio e basso
ed il silenzio rotto dalle acque
o libere o captate alla sorgente
che saltano o gorgogliano nei tubi".
Mario Luzi.
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Fino alla seconda metà dell’800, mentre le Alpi occidentali erano già note agli alpinisti europei le Dolomiti erano semi-sconosciute, non erano neanche sull’itinerario dei grand tourist che dall’Europa calavano in Italia alla ricerca del sublime, con penne e taccuini.
Il più famoso di loro, Johann Wolfgang Goethe, nel suo “Viaggio in Italia”, nel 1786, nota, quando passa dal Brennero certe “belle rupi calcari che si presterebbero a studi pittorici”. La costruzione della strada d’Alemagna, agevolò l’arrivo dei primi turisti attratti dall’idea di visitare le terre natie del pittore Tiziano. Per la strada che porta a Cortina salirono poi tanti scrittori: i primi Rudyard Kipling, Vita Sackville West, Arthur Schnitzler, Ernest Hemingway, e tra gli italiani, Giosuè Carducci. Eugenio Montale, Dino Buzzati, Giorgio Bassani e Alberto Moravia. Sullo sfondo dei loro racconti si stagliano le sagome dei massicci del Cadore e dell'ampezzo: il Sorapis, le Marmarole, le Tre Cime di Lavaredo, le Tofane, la Croda da Lago, il Civetta, la Marmolada e le grandi Pale di San Martino.
"Il sole calante le aguglie tinga e le pallide Dolomiti
si che di rosa nel cheto vespro le Marmarole care al Vecellio rifulgan".
Giosuè Carducci, Cadore.
©Elleboro Editore - AA. VV.



