Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 13 ottobre 2014
Update: 2014-10-13
Description
Commento a Atti 21, 1-16
Sia fatta a volontà del Signore
Dopo il discorso di Mileto, il racconto riprende in prima persona plurale: Luca partecipa direttamente agli eventi.
L’autore fa un resoconto scarno delle tappe del “viaggio a Gerusalemme”, indicando località toccate e ciò che avviene nelle più o meno brevi soste. Non è semplice cronaca: il principio del “santo viaggio” ne rileva la portata teologica.
Luca ricalca il cammino di Paolo a Gerusalemme su quello del suo Maestro verso la passione. Il discepolo è condotto dallo Spirito del Figlio dell’uomo che è venuto per dare la sua vita a salvezza di tutti. Come il cammino di Gesù a Gerusalemme rivela il suo “volto” (=identità) di Figlio, che culmina nella “theoria” della croce (Lc 9,51,1-23,48), così il volto di Paolo rispecchia quello del Maestro (Atti 20,1-28,31).
L’Apostolo sa già il suo destino. Ha detto infatti: “Lo Spirito Santo mi attesta che in ogni città mi attendono catene e tribolazioni” (20,23). Per questo fa come Gesù, che “indurisce il volto” (cf. Lc 9,51ss) e procede risoluto verso Gerusalemme. Ricorda le parole: “ Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9,24).
I cristiani cercano di trattenerlo. Gli vogliono bene e hanno paura di perderlo.
Anche Paolo, seppure in modo diverso , ha sentito la sofferenza di Gesù nell’orto: “Padre, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). L’opposizione tra la volontà dell’uomo e quella di Dio - tra la “mia” e la “tua” volontà - è la radice stessa di ogni male. Il Figlio dell’uomo lo ha portato su di sé nella sua crudezza. Per lui la croce è solitudine nera, caduta nell’abisso senza fondo dell’assenza da Dio.
Solo dopo di lui Paolo può dire con fiducia: “Sia fatta la volontà del Signore”. Per il discepolo infatti la morte significa ormai essere “con lui”, in sua compagnia come i due malfattori (cf. Lc 23,39-43). Paolo, dopo la croce, può affermare: “Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Gesù, a differenza di lui, ha fatto nulla di male. È il Giusto che da solo ha sfondato la barriera della perdizione. Il Figlio ha vissuto l’abbandono di Dio per farsi vicino a ogni fratello che ha abbandonato Dio. Il Figlio sperimenta il dramma stesso del Padre, abbandonato dall’uomo che egli ama.
Dopo Gesù Paolo può dire: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Sente addirittura “il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo” (Fil 1,21.23). Con questi sentimenti di fiducia e amore Paolo affronta il suo viaggio.
I fratelli lo vogliono trattenere. Sanno dallo Spirito che Paolo sta per andarsene; ma non hanno ancora lo Spirito per lasciarlo andare.
Pure i discepoli alla fine, non riuscendo a distoglierlo dal suo proposito, lo lasciano andare e trovano pace. È la stessa pace che Cristo ha dato a lui. E tutti dicono. “Sia fatta la volontà del Signore” (v. 14). “ Nella tua volontade è la nostra pace”.
Gesù ha affrontato la morte con paura e angoscia. Non è l’eroe che disprezza la vita, soprattutto altrui, a rischio anche della propria. Lui è vita e comunione: ha orrore della morte e della divisione. Pure il discepolo, suo testimone, non è come l’eroe. Però davanti a sé non ha l’abisso dell’abbandono, ma l’incontro con Gesù stesso, amore della sua vita. Per questo, superando paura e angoscia, con coraggio e fiducia combatte “la buona battaglia” e porta a termine la corsa (2Tm 4,7).
DIVISIONE
vv.1-3: inizio dell’ultimo viaggio: da Mileto a Gerusalemme
vv 4-7: visita ai cristiani di Tiro e Tolemaide
vv. 8-9: visita ai cristiani di Cesarea
vv.10-11: profezia di Agabo
vv 12-14: sia fatta la volontà del Signore
vv.15-16: salita a Gerusalemme
Sia fatta a volontà del Signore
Dopo il discorso di Mileto, il racconto riprende in prima persona plurale: Luca partecipa direttamente agli eventi.
L’autore fa un resoconto scarno delle tappe del “viaggio a Gerusalemme”, indicando località toccate e ciò che avviene nelle più o meno brevi soste. Non è semplice cronaca: il principio del “santo viaggio” ne rileva la portata teologica.
Luca ricalca il cammino di Paolo a Gerusalemme su quello del suo Maestro verso la passione. Il discepolo è condotto dallo Spirito del Figlio dell’uomo che è venuto per dare la sua vita a salvezza di tutti. Come il cammino di Gesù a Gerusalemme rivela il suo “volto” (=identità) di Figlio, che culmina nella “theoria” della croce (Lc 9,51,1-23,48), così il volto di Paolo rispecchia quello del Maestro (Atti 20,1-28,31).
L’Apostolo sa già il suo destino. Ha detto infatti: “Lo Spirito Santo mi attesta che in ogni città mi attendono catene e tribolazioni” (20,23). Per questo fa come Gesù, che “indurisce il volto” (cf. Lc 9,51ss) e procede risoluto verso Gerusalemme. Ricorda le parole: “ Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà” (Lc 9,24).
I cristiani cercano di trattenerlo. Gli vogliono bene e hanno paura di perderlo.
Anche Paolo, seppure in modo diverso , ha sentito la sofferenza di Gesù nell’orto: “Padre, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22,42). L’opposizione tra la volontà dell’uomo e quella di Dio - tra la “mia” e la “tua” volontà - è la radice stessa di ogni male. Il Figlio dell’uomo lo ha portato su di sé nella sua crudezza. Per lui la croce è solitudine nera, caduta nell’abisso senza fondo dell’assenza da Dio.
Solo dopo di lui Paolo può dire con fiducia: “Sia fatta la volontà del Signore”. Per il discepolo infatti la morte significa ormai essere “con lui”, in sua compagnia come i due malfattori (cf. Lc 23,39-43). Paolo, dopo la croce, può affermare: “Questa vita nella carne io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2,20). Gesù, a differenza di lui, ha fatto nulla di male. È il Giusto che da solo ha sfondato la barriera della perdizione. Il Figlio ha vissuto l’abbandono di Dio per farsi vicino a ogni fratello che ha abbandonato Dio. Il Figlio sperimenta il dramma stesso del Padre, abbandonato dall’uomo che egli ama.
Dopo Gesù Paolo può dire: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Sente addirittura “il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo” (Fil 1,21.23). Con questi sentimenti di fiducia e amore Paolo affronta il suo viaggio.
I fratelli lo vogliono trattenere. Sanno dallo Spirito che Paolo sta per andarsene; ma non hanno ancora lo Spirito per lasciarlo andare.
Pure i discepoli alla fine, non riuscendo a distoglierlo dal suo proposito, lo lasciano andare e trovano pace. È la stessa pace che Cristo ha dato a lui. E tutti dicono. “Sia fatta la volontà del Signore” (v. 14). “ Nella tua volontade è la nostra pace”.
Gesù ha affrontato la morte con paura e angoscia. Non è l’eroe che disprezza la vita, soprattutto altrui, a rischio anche della propria. Lui è vita e comunione: ha orrore della morte e della divisione. Pure il discepolo, suo testimone, non è come l’eroe. Però davanti a sé non ha l’abisso dell’abbandono, ma l’incontro con Gesù stesso, amore della sua vita. Per questo, superando paura e angoscia, con coraggio e fiducia combatte “la buona battaglia” e porta a termine la corsa (2Tm 4,7).
DIVISIONE
vv.1-3: inizio dell’ultimo viaggio: da Mileto a Gerusalemme
vv 4-7: visita ai cristiani di Tiro e Tolemaide
vv. 8-9: visita ai cristiani di Cesarea
vv.10-11: profezia di Agabo
vv 12-14: sia fatta la volontà del Signore
vv.15-16: salita a Gerusalemme
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