DiscoverLectio: Atti degli ApostoliLectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 27 aprile 2015
Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 27 aprile 2015

Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 27 aprile 2015

Update: 2015-04-27
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Commento a Atti 26, 24-33

Sei matto, Paolo!” ... "Per poco mi persuadi a farmi cristiano!


All’origine di ogni pensare e fare umano sta il desiderio di bloccare e vincere la morte. Per questo le parole di Paolo sulla risurrezione interpellano tutti. Poveri e ricchi, schiavi e potenti, pagani o giudei, sono chiamati a convertirsi al Dio della vita. La reazione all’annuncio di Paolo è il rifiuto a priori di Festo:“Tu sei matto”, oppure l’interesse di Agrippa: “Per poco mi persuadi”. La riposta negativa o positiva, incipiente o piena. è lasciata alla nostra libertà. La realtà è comunque quella che è. Sta a noi negarla o accettarla.

Come ad Atene, Paolo è interrotto mentre parla della risurrezione. I Greci, più educatamente, gli dissero : “Ti ascolteremo un’altra volta” (At 17,32). Il rozzo liberto Festo, più direttamente, dice a Paolo che delira, impazzito dal troppo sapere (v.24).“Chi troppo studia ei poi pazzo diventa”.

Qualunque sia la reazione, Paolo ha comunque detto ciò che voleva. La parola è seme caduto sulla terra, sempre pronto a germogliare se è accolto. Per questo Luca annota le reazioni di Festo e Agrippa: sono le stesse del lettore che si identifica con loro.

Davanti alla risurrezione nessuno è indifferente. O si reagisce come Festo, che la ritiene impossibile, o come Agrippa che quasi quasi si farebbe cristiano!

Festo non a caso interviene dopo aver sentito parlare della risurrezione di Gesù, anticipo della nostra. È ciò che i pagani ignorano: solo gli dei sono immortali. Anche i sadducei, a differenza dei farisei, negano che ci sia risurrezione.

Per Festo parlare di risurrezione è un delirare fuori dal solco di ogni buon senso. L’uomo è “humus”, terra: dalla terra viene e alla terra ritorna. L’uomo è memoria mortis: sa che non spetta a lui la vita. La morte è l’ultima parola. La luce si spegne e l’oscurità dell’Ade avvolge tutti. Non c’è morto che rigermogli dal sottosuolo. Al massimo c’è l’“apoteosi”, vaga forma di divinizzazione riservata agli imperatori e agli eroi. Costoro, pur mortali e morti, non (si) sono ritenuti pari ai comuni mortali. Ma tale divinizzazione è un evidente delirio dei loro successori, che con loro si identificano. In realtà i potenti non hanno alcun potere di dare vita a sé o ad altri. L’unico potere che hanno è quello di dare e seminare morte.

L’uomo riceve e trasmette la vita. Ma si tratta sempre e solo di vita caduca. La scadenza, certa e imprevedibile, è comunque puntuale come la morte: viene quando viene, né un attimo prima né un attimo dopo. Inoltre è chiaro che all’uomo è impossibile dar vita a un morto, anche se gli riesce bene dare morte a un vivo.

La vita non è in nostro potere. È solo in potere della Vita dar vita. L’uomo non può produrre, ma solo ricevere o trasmettere una vita mortale. È talora in grado di ritardare la morte, ma non di sconfiggerla.

Quanto al risuscitare un morto non se ne parla. La resurrezione non è produzione di forza d’uomo né deduzione di suoi ragionamenti. Non ci è possibile neppure pensare di operarla – se non in casi di grave delirio.
Ma siamo “in grave errore” (Mc 12,24.27!) se pensiamo che sia reale solo ciò che è possibile a noi. L’universo e tutto il suo arredamento- uomini e bestie compresi!- è uno spettacolo continuo che nessuno di noi è in grado di fare o pensare di fare. Davanti ad esso, presi da meraviglia, a stento balbettiamo qualcosa!

Neppure la nostra vita siamo in grado di produrre – tranne chi ritiene di essersi fatto da sé, senza accorgersi che si è semplicemente “fatto”. Eppure la nostra vita è corrente di energia che passa nel fragile filo della nostra esistenza. Ma non è generata dal filo.

La risurrezione è pensabile solo partendo dalle possibilità della Vita stessa, che non produciamo noi, ma che riceviamo in dono. Neppure un’infinita serie di mortali può dare origine alla vita. Infinite cifre dopo una virgola con lo zero davanti, non fanno mai uno.

Per questo Gesù dice ai Sadducei che ignorano la promessa e la potenza di Dio. Solo partendo da lui si può parlare di vita e di quanto c’è. Le varie scienze non possono che studiare ciò che c’è, o, al massimo simularlo utilmente per scopi positivi o negativi. “Sapere è potere. Potere di servire e migliorare o di dominare e distruggere.

La risurrezione è l’apice del cosmo, che tutto aspira alla pienezza di vita. “Perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza; le creature del mondo sono sane, in esse non c’è veleno di morte, né gli inferi regnano sovrani sulla terra” (Sap 1,13ss.).

La promessa di Dio è la Scrittura che lo rivela nelle sue opere e la sua potenza è l’esperienza personale del suo amore (cf. Mc 12,24). Non a caso nei tre sinottici la disputa sulla risurrezione è posta tra il tributo a Cesare - rappresentante del potere di dar morte a tutti - e il comando dell’amore - potere di Dio che a tutti dà vita. Il Dio della Bibbia “non è un Dio dei morti, ma dei viventi” (Mc 12,27).

Ed è “ragionevole” che Dio ci sia e sia così. Altrimenti il dio sarebbe la morte e la morte non può produrre nulla. Se Dio non ci fosse non ci sarebbe nulla di ciò che c’è, neanche chi lo nega.

L’ateismo pratico non è razionale. Ma ragionevole, con radici più profonde della ragione. È un tipico fenomeno ebraico cristiano, che viene dal profondo del cuore. Nega infatti quel Dio che si paluda da padrone di tutto e di tutti, legislatore che tutela il suo potere e giudice supremo che si fa anche boia di chi si ribella. Questa è l’immagine di Dio che uscì dalla bocca del serpente (cf Gen 3,1ss.). È la maschera satanica di quel dio che le religioni venerano e che gli atei negano. È quel dio che se “non ci fosse bisognerebbe inventarlo” per giustificare il potere dell’uomo sull’uomo. Ma “se ci fosse, bisognerebbe ucciderlo” per liberare l’uomo.

Origine dell’ateismo è quindi la falsa immagine di Dio comune a tutti. Si chiama peccato originale, perché è poco “originale”. È anzi comune a tutti e produce ogni equivovo e male. Uno diventa come quel dio che si immagine.

Anche i primi cristiani erano perseguitati come “atei”.Infatti il loro Dio è il crocifisso da tutti i potenti e non il potente che mette in croce tutti. La croce “sdemonizza Dio” e intacca le radici di ogni potere, abolendo la mentalità “padronale”.

Se l’ateismo pratico ha la sua origine in una falsa immagine di Dio, l’ateismo teorico invece è una banalità logica: dalla morte non viene la vita e dal niente viene niente. L’esperienza invece dice che ci sia qualcosa o, che è lo stesso, l’illusione che di qualcosa.

Unica argomentazione pro ateismo - creduta con gran fede come razionale - è quella di Feuerbach. Secondo lui Dio sarebbe proiezione dei nostri desideri. A parte che è impossibile provare una non esistenza, questa argomentazione è illogica. Sarebbe come dire che, se hai fame, il cibo non esiste: è semplice proiezione della tua fame. Certo è che la fame non produce il cibo. Dalla fame però si può dedurre certamente che ci sia il cibo.

Sono d’accordo con Margherita Hack quando dice che l’ateismo è una fede. Se si traveste di razionalità, va contro la ragione: diventa supponente, strombazzante e intollerante.

Anche il panteismo, diverso dal panenteismo, è irrazionale: la somma di infinite insufficienze non fa una sufficienza, neanche nella peggior scuola di quartiere!

Nessuno di noi ha fatto se stesso o l’universo. L’uomo non è “faber” di sé o di altro da sé: è tras-formatore di sé e di ogni realtà, che preesiste a lui. Il suo intervento gli serve per vivere e vivere meglio, prendendo, coltivando e custodendo ciò che c’è.

Comunque la nostra prima azione è “prendere” e “mangiare”, come i bambini. Solo di conseguenza poi facciamo e continuiamo a fare per tutta l’esistenza, fino a dopo il decesso, pipì e popò! Uno immagini quanta ne facciamo e come sarebbe grave, anzi mortale, il contrario. Chi fa queste due azioni, fondamentali e più che quotidiane, comuni al superuomo e al bambino, comincia un po’ alla volta a modulare e articolare i suoni, per creare la parola, segno di ogni realtà e principio di ogni comunicazione e ulteriore trasformazione, dalla danza alla musica, dalla scultura alla poesia. Solo nell’arte diventiamo creatori, dato che la nostra “arte a Dio quasi è nepote”.

E che dire della filosofia e della teologia? Se non fioriscono in una vita bella e buona, sono ”palea”, paglia da bruciare, direbbe Tommaso d’Aquino. Sono secrezioni corrosive di un cervello delirante, che scambia idee per realtà, supporto a ogni potere di morte.


NB. Bisogna distinguere la risurrezione dalla rianimazione di un corpo che torna a vita mortale. È il caso di Lazzaro, morto e restituito vivo alle sue sorelle, e di altri casi simili narrati altrove. La risurrezione è una “divinizzazione” del corpo. L’uomo è corpo ed ha l’anima! Per risurrezione intendiamo quella di Gesù, punto d’arrivo di tutti i Vangeli. Gesù risorto è il, “primogenito di coloro che risuscitano dai morti” (Col 1,18), “primogenito tra molti fratelli” (Rm 8,29). Anche il loro corpo, come quello del Figlio, in forza dello Spirito vive già ora di gloria in gloria, trasfigurato nel Dio amore (2Cor 2,18). La risurrezione è la trasformazione dell’amore, gioia di appagamento che accresce il desiderio che a sua volta accresce l’appagamento, in un dinamismo senza fine.

Tutto ciò che è corporeo esiste se ha un limite che lo definisce. La vita e l’amore per sé, se sono finiti, non esistono più. Come risorgerà il corpo? Lo intuiamo dai racconti di risurrezione di Gesù. Teniamo presente che le potenzialità della materia sono infinite. Il calcare nella roccia è un minerale; lo stesso calcare nel fiore ha vita vegetale – che varietà i colori e forme! – e nelle bestie ha vita animale – che quantità di specie e di possibilità! – e nell’uomo è corpo umano ( cf 1Cor 15,35-58).

E le possibilità
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