DiscoverLectio: Atti degli ApostoliLectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 15 dicembre 2014
Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 15 dicembre 2014

Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 15 dicembre 2014

Update: 2014-12-15
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Commento a Atti 23, 22- 35

Senza alcuna accusa degna di morte o di prigione


Come si vede bene anche da questo testo, lo stile narrativo di Paolo è quello di un pittore, o meglio di un picture. Somiglia infatti a un accurato copione da film.

Il tema del racconto è l’innocenza di Paolo. Anche Pilato dichiarò innocente Gesù e voleva liberarlo. Ma la folla inferocita lo costrinse a consegnarlo a morte. Un tribuno, dopo aver tre volte liberato Paolo dalla folla che voleva linciarlo, lo dichiara innocente. Dopo tre giorni che lo frequentiamo nelle pagine di ben tre capitoli del libro (At 21,31-23,35), solo ora ci viene detto il suo nome: Claudio Lisia.

Questi, per salvarlo dal complotto degli zeloti sicari, nel segreto della notte, lo invia come prigioniero da Felice, governatore della Giudea. Comincia così la sua lunga via crucis, il cui calvario sarà Roma. Né il tribuno, né i governatori Felice e Festo, come Pilato e ogni rappresentante del grande potere mondiale, riusciranno a salvare un giusto. Il potere da sempre è costretto a fare il male anche se non lo vuole e, per lo più, è impossibilitato a fare il bene anche se lo vuole. È schiavo del male, che si identifica con il “possesso” di cose, di persone e di Dio. Il potere deve obbedire al dèmone del possedere, altrimenti perde se stesso.

Grazie ai giochi traversi e perversi dei potenti, Paolo darà testimonianza del suo Signore, oltre che davanti al Sinedrio, anche davanti a governatori e re. Alla fine giungerà al centro del potere romano, così diverso da quello del Re dei Giudei rivelatosi sul Calvario. Mentre i potenti crocifiggono, Dio è il crocifisso. Il potere dell’uomo è dare la morte a tutti; quello di Dio è dare la vita per tutti. Alla fine il potere del male, che toglie la vita al Giusto, esegue il disegno di Dio: dare la propria vita a chi gliela toglie. È questa la vittoria del bene sul male, trionfo dell’amore sull’egoismo e della vita sulla morte.

È proprio vero quanto dice a Dio la prima comunità di credenti dopo la prima persecuzione: “Davvero in questa città (Gerusalemme) si riunirono le genti e i popoli di Israele per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano predefinito che avvenisse” (Atti 4,27s). Dio non “pre-ordina” (come spesso si traduce), bensì “pre-definisce” il male: gli dà una fine, un limite e un contorno che ingloba nel suo disegno di salvezza universale. Lo stesso Caifa, essendo sommo sacerdote, profetizzò senza volerlo il senso della morte di Gesù: “ È meglio che un solo uomo muoia per il popolo piuttosto che perisca la nazione intera (Gv 11,50). Dio sa riscattare e volgere al bene ogni male (cf. Rm 8,28; 5,20). È come se io facessi uno sgorbio e un odierno Picasso lo completasse in un suo schizzo facendone un’opera d’arte. Quello che è capitato al Maestro,capita anche ai discepoli, assimilati a lui nel suo stesso Spirito. Mentre essi capiscono questo mistero, all’improvviso lo Spirito riempie e scuote il Cenacolo (At 4,22). È un’ulteriore Pentecoste, necessaria per leggere l’azione di un “Dio sempre presente” nelle contraddizioni sempre presenti. Così la nostra storia diventa ogni giorno storia di salvezza. La persecuzione scuote l’albero - l’albero della vita è la croce- per spargerne la semente dappertutto, nel mondo intero.

La spedizione è preparata senza badare a spese (vv 22-24). I congiurati sono capaci di tutto e bisogna procedere con somma cautela, coperti dalla notte e da una grande scorta. Paolo è trasferito da Gerusalemme a Cesarea “in massima sicurezza”. Allo stesso modo, pure di notte, il suo Maestro era stato condotto dal Getsemani a Gerusalemme (cf Lc 2252;Mc 14 44b; Gv 18,3).

Il corpo centrale del testo è la lettera a Felice, che espone con precisione la situazione di Paolo (vv. 25-30). Egli ha fatto nulla contro la legge romana. Volevano linciarlo per fanatismo religioso. Con fatica Lisia l’ha liberato e ha poi scoperto che è cittadino romano. Informato del complotto contro di lui, non vuole che il processo abbia luogo nel Sinedrio. Per questo lo invia a Cesarea, dal governatore che potrà liberarlo senza pericolo di tafferugli, che invece con facilità sarebbero esplosi a Gerusalemme.

L’imponente convoglio militare - è una mezza coorte, come con Gesù (cf.Gv 18,3 e Lc 22,47) - parte subito appena calata la notte (vv. 31-35). Al mattino, giunto fuori pericolo, prosegue con i soli cavalieri fino a Cesarea. Qui consegnano Paolo e la lettera a Felice. Questi ordina di custodirlo in prigione, in attesa di ascoltarlo davanti ai suoi accusatori.

Paolo vivrà e viaggerà, innocente e prigioniero, in attesa di compiere sino alla fine la sua missione di testimoniare il suo Signore davanti a tutti. Con questo episodio parte il cammino di testimonianza del Vangelo fino alle estremità della terra. Paradossalmente i costi sono a carico del massimo potere mondiale. Sarà però Paolo a pagarne il prezzo con la sua vita. Lui è prigioniero; ma “ la parola del vangelo non è legata” (2 Tm 2,9). La persecuzione stessa è il veicolo che ne dissemina dappertutto la libertà. Chi calpesta un fiore maturo, ne sparge i semi tutto attorno.












DIVISIONE

a. vv. 22-24: preparazione della spedizione armata

b. vv. 25-30: lettera del tribuno al governatore Felice

c. vv. 31-35: spedizione e consegna di Paolo al governatore romano


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