Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 16 marzo 2015
Update: 2015-03-16
Description
Commento a Atti 24, 1 - 9
Quest’uomo una peste che suscita insurrezioni dovunque su tutta la terra
La delegazione di vari membri del Sinedrio giunge da Gerusalemme a Cesarea. La capeggia il sommo sacerdote Anania. Portano con sé un avvocato di professione per formulare l'accusa. È chiaro che c’è bisogno un azzeccagarbugli per riuscire a imbastire un’accusa che non sta in piedi (vv.1-9).
Paolo fronteggia le autorità giudaiche. Servono il Dio di Israele e usano un avvocato per accusarlo davanti ai pagani. Non ha bisogno di avvocato. Lo Spirito parla e lui. Centro della sua difesa è ancora una volta l’affermazione della risurrezione dei morti, grazie alla quale il lettore comprende che allude alla risurrezione di Cristo, il Signore.
Paolo, senza bisogno di avvocato – non gli manca la lingua né il cervello -, riprende uno ad un i capi d’accusa e li confuta. Dopo la “captatio benevoletiae”, sobria e molto untuosa, quella di Tertullo, dice di essere stato a Gerusalemme per una dozzina di giorni a compiere i suoi voti al Tempi. Nessuno l’ha trovato a far litigi, crear confusione o fomentare sedizioni né tra il popolo, né in sinagoga o in città.
Non hanno prove di ciò di cui lo accusano. Il tumulto l’hanno fatto loro tra di loro. La “Via”, che lui segue e che essi chiamano “eresia o setta”, è quanto sta nella legge e nei profeti: la speranza della risurrezione dei morti.
Paolo è innocente: non è accusabile di sedizioni ed è fedele all’autentico giudaismo. L’unico problema che ha con il giudaismo è la sua fede nella risurrezione che è una pura questione religiosa, dibattuta all’interno dei giudei (vv.10-21).
La scena « è lo scontro definitivo » tra Paolo e giudaismo. Paolo replica a tutte le accuse. Lui è cristiano. Ma ciò che Tertullo chiama airesis (= eresia) per Paolo è “la via”. La stessa degli antenati: è la fede della legge e dei profeti. Quella dei giudei tutti.
Per Luca e Paolo è fondamentale: c’è continuità tra la genuina tradizione d’Israele e la fede cristiana. Paolo qui è l’araldo di una teologia della storia, dove i rapporti tra giudaismo e cristianesimo si pongono su di un piano di continuità.
Felice già era informato sulla “Via”. Rinvia il giudizio all’arrivo del tribuno e nel frattempo mantiene Paolo in prigione (vv.23.27). Qualche giorno dopo Felice, con sua moglie Drusilla, giudea, fa venire Paolo alla sua presenza.
Paolo gli parla di Cristo, di giustizia e temperanza, del giudizio di Dio. Tema non caro agli orecchi degli ascoltatori. Paolo capisce che ancor di più gli interesserebbe una bustarella per liberarlo. Lo richiamerà quando avrà tempo. Il potente deve sempre fingere di essere impegnato… a mantenere l’altro sotto il suo potere (vv. 22-27).
Il procuratore Felice tace sulle risposte di Paolo: la teologia non è competenza dell’autorità romana. Essa può essere solo un arbitro neutrale e imparziale. Una neutralità per Luca determinante per il cammino dell’evangelo nel mondo greco-romano.
A Cesarea, città sede di guarnigione e porto cosmopolita, sommo sacerdote e i membri del sinedrio giocano fuori casa. A Cesarea, città cosmopolita, truppe di origine pagana e il governatore potevano risiedere senza provocare i giudei. La scelta di Cesarea da parte dei romani era segno di rispetto per Gerusalemme, centro religioso giudaico.
DIVISIONE
vv. 1-9: accuse contro Paolo
Quest’uomo una peste che suscita insurrezioni dovunque su tutta la terra
La delegazione di vari membri del Sinedrio giunge da Gerusalemme a Cesarea. La capeggia il sommo sacerdote Anania. Portano con sé un avvocato di professione per formulare l'accusa. È chiaro che c’è bisogno un azzeccagarbugli per riuscire a imbastire un’accusa che non sta in piedi (vv.1-9).
Paolo fronteggia le autorità giudaiche. Servono il Dio di Israele e usano un avvocato per accusarlo davanti ai pagani. Non ha bisogno di avvocato. Lo Spirito parla e lui. Centro della sua difesa è ancora una volta l’affermazione della risurrezione dei morti, grazie alla quale il lettore comprende che allude alla risurrezione di Cristo, il Signore.
Paolo, senza bisogno di avvocato – non gli manca la lingua né il cervello -, riprende uno ad un i capi d’accusa e li confuta. Dopo la “captatio benevoletiae”, sobria e molto untuosa, quella di Tertullo, dice di essere stato a Gerusalemme per una dozzina di giorni a compiere i suoi voti al Tempi. Nessuno l’ha trovato a far litigi, crear confusione o fomentare sedizioni né tra il popolo, né in sinagoga o in città.
Non hanno prove di ciò di cui lo accusano. Il tumulto l’hanno fatto loro tra di loro. La “Via”, che lui segue e che essi chiamano “eresia o setta”, è quanto sta nella legge e nei profeti: la speranza della risurrezione dei morti.
Paolo è innocente: non è accusabile di sedizioni ed è fedele all’autentico giudaismo. L’unico problema che ha con il giudaismo è la sua fede nella risurrezione che è una pura questione religiosa, dibattuta all’interno dei giudei (vv.10-21).
La scena « è lo scontro definitivo » tra Paolo e giudaismo. Paolo replica a tutte le accuse. Lui è cristiano. Ma ciò che Tertullo chiama airesis (= eresia) per Paolo è “la via”. La stessa degli antenati: è la fede della legge e dei profeti. Quella dei giudei tutti.
Per Luca e Paolo è fondamentale: c’è continuità tra la genuina tradizione d’Israele e la fede cristiana. Paolo qui è l’araldo di una teologia della storia, dove i rapporti tra giudaismo e cristianesimo si pongono su di un piano di continuità.
Felice già era informato sulla “Via”. Rinvia il giudizio all’arrivo del tribuno e nel frattempo mantiene Paolo in prigione (vv.23.27). Qualche giorno dopo Felice, con sua moglie Drusilla, giudea, fa venire Paolo alla sua presenza.
Paolo gli parla di Cristo, di giustizia e temperanza, del giudizio di Dio. Tema non caro agli orecchi degli ascoltatori. Paolo capisce che ancor di più gli interesserebbe una bustarella per liberarlo. Lo richiamerà quando avrà tempo. Il potente deve sempre fingere di essere impegnato… a mantenere l’altro sotto il suo potere (vv. 22-27).
Il procuratore Felice tace sulle risposte di Paolo: la teologia non è competenza dell’autorità romana. Essa può essere solo un arbitro neutrale e imparziale. Una neutralità per Luca determinante per il cammino dell’evangelo nel mondo greco-romano.
A Cesarea, città sede di guarnigione e porto cosmopolita, sommo sacerdote e i membri del sinedrio giocano fuori casa. A Cesarea, città cosmopolita, truppe di origine pagana e il governatore potevano risiedere senza provocare i giudei. La scelta di Cesarea da parte dei romani era segno di rispetto per Gerusalemme, centro religioso giudaico.
DIVISIONE
vv. 1-9: accuse contro Paolo
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