DiscoverLectio: Atti degli ApostoliLectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 30 marzo 2015
Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 30 marzo 2015

Lectio degli Atti degli Apostoli di lunedì 30 marzo 2015

Update: 2015-03-30
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Commento a Atti 25, 1 - 12

A Cesare ti sei appellato da Cesare andrai!


Il testo presenta la svolta decisiva: Paolo dovrà andare a Roma, centro del potere mondiale, responsabile ultimo della crocifissione di Gesù. Già ad Efeso Paolo si era posto in cuore di attraversare l’Acaia e di giungere a Gerusalemme, dicendo. “ Dopo essere stato là è necessario che io veda anche Roma” (At 19,21). La notte che l’aveva testimoniato a Gerusalemme davanti al Sinedrio, il Signore stesso lo aveva incoraggiato: “Coraggio! Come mi hai reso testimonianza a Gerusalemme, così è necessario che tu mi renda testimonianza anche a Roma” (At 23,11). Lì si compirà il suo camino nel racconto di Luca.

La malevolenza di chi vuol ucciderlo, la disonestà interessata del governatore Felice e opportunismo pilatesco di Festo compiono ciò che la mano del Signore aveva preordinato ( cf At 4,28). Il Signore è sovrano: utilizza tutto il nostro male per compiere tutto il suo bene. Il male massimo da noi fatto, la croce di Gesù, compie il massimo bene che Dio vuole: la salvezza di tutti. È quanto la prima comunità comprende dopo la prima persecuzione e l’imprigionamento di Pietro e Giovanni (cf. At 4,23-28).

Per sé Paolo avrebbe dovuto essere stato liberato da Felice stesso dopo due anni di detenzione senza prove per le accuse. A maggior ragione avrebbe dovuto farlo il suo successore Festo. Ma non era il caso di cominciare a inimicarsi i potenti che doveva cercare di governare. Paolo non vuole il processo a Gerusalemme: è chiaro che lo vogliono linciare. Hanno già tentato più volte. La quarantina di fanatici che avevano fatto voto a Dio di non mangiare né bere prima di aver ucciso Paolo, dopo due anni dovrebbero essere morti. Ma certamente si saranno poi sentiti in dovere di mutare il voto (cf At 23,12ss). Comunque di fanatici disposti ad uccidere in nome di dio ce ne sono stati e ci saranno sempre.

Paolo sapeva di dover andare a Roma a testimoniare il Vangelo di Gesù. Ma avrebbe preferito andarci da libero. Difatti lui si era appellato al tribunale di Cesare che c’era a Cesarea: “Qui mi si deve giudicare” (At 25,10). Paolo è innocente riguardo alle accuse che gli muovono e non vuol andare e Gerusalemme. Sapeva che lì l’avrebbero ucciso. Si appella a Cesare perché vede che Festo voleva farlo giudicare dal Sinedrio. Politicamente è innocente. Le accuse religiose se le vedano tra loro. Se Paolo fosse andato a Gerusalemme, certo non sarebbe più arrivato a Roma.

Per sé Festo non avrebbe motivo di mandarlo a Roma. Poteva e doveva liberarlo lui a Cesarea – cosa che già avrebbe dovuto fare il suo predecessore che ha passato a lui la patata bollente.

Forse avrà addotto il motivo che fosse più opportuno liberarlo a Roma per non creare subito sedizioni in quella polveriera sempre pronta ad esplodere.

A Luca interessa mostrare l’innocenza religiose e politica sia di Gesù che di Paolo. Nel frattempo, dato che un libro è pubblico, non vuol criticare apertamente il potere romano di perpetrare ingiustizie. Non è mai bene inimicarsi il potere, soprattutto quando sei nel mirino.

Paolo andrà a Roma e resterà altri due anni. Anche a Roma gli Atti non parlano di processo contro Paolo. Certamente ci sarà stato. La storia di Paolo diventa quella di tutti i cristiani nei quali continua la passione di Cristo: “Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo, che è la Chiesa” (Col 1,24). Per questo gli Atti preferiscono terminare con l’innocente in prigione, che continua a testimoniare con libertà e franchezza il Signore Gesù. Anche se il martire della Parola è legato o addirittura ucciso, la Parola non è prigioniera. Si esprime e realizza pienamente nel martirio stesso, che associa il discepolo al mistero di fecondità del suo Signore: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” ( Gv 12,24).

Sappiamo che Paolo è innocente, sia verso i Giudei sia verso i Romani. Il suo sottomettersi alla legge romana mostra come i cristiani sono aperti a tutti i popoli e rispettano le leggi di tutti.













DIVISIONE

a. vv.1-5: invito del Sinedrio a Cesare per il processo a Paolo

b. vv.6-8: accuse contro Paolo non provate e sua innocenza

c. vv.9-12: il rifiuto di essere processato a Gerusalemme e l’appello a Cesare


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