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I Nizioleti raccontano Venezia
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I Nizioleti raccontano Venezia

Author: Lorenzo Somma

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Un itinerario per scoprire il volto di una Venezia più intima e nascosta, nell'unicità del messaggio storico, artistico e umano, che le tipiche indicazioni stradali della città lagunare raccontano. Brani tratti dal libro di Lorenzo Somma.
Editoriale Programma - Editoriale Programma è una casa editrice trevigiana, specializzata nella pubblicazione di libri di saggistica, storia, arte e cultura locale.
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Calle dei Albanesi

Calle dei Albanesi

2020-08-20--:--

Gli albanesi godettero di molta considerazione a Venezia: primi “guardiani” dell’Adriatico e primo baluardo contro nemici invasori, lottarono strenuamente contro l’aggressione e lo strapotere degli ottomani di Costantinopoli, come sudditi fedelissimi e alleati della Serenissima. Vedove, orfani, clero, e quanti riuscirono a lasciare le terre massacrate dalla guerra, furono accolti in laguna, specie dopo l’estremo sacrificio della città di Scutari, che aveva superato l’assedio del 1474 anche grazie alle virtù eroiche del comandante Antonio Loredan, ma che dovette soccombere al durissimo assedio del 1478-1479. Giunti così a Venezia, i sopravvissuti albanesi vi si stanziarono, come testimonia la toponomastica: una Calle dei Albanesi si incontra a San Marco, girando a sinistra subito dopo Ponte della Paglia in Riva degli Schiavoni, e a San Polo. In questi luoghi ripresero le loro attività, consistenti prevalentemente nella tessitura e nella lavorazione di lane e panni vivacemente colorati con sgargianti pigmenti; ma per non inquinare le acque della laguna il più delle volte abitavano sui margini esterni della città, specie nei pressi della laguna nord. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Corte Margaritera

Corte Margaritera

2020-08-18--:--

A San Martino una Corte Margaritera (Margheritera) rammenta un’attività molto antica risalente già al XIII secolo e molto praticata: quella della preparazione e della lavorazione di palline di vetro di svariati e smaglianti colori, chiamate appunto margarite. Queste piccole sfere erano molto apprezzate dalle popolazioni del lontano Oriente, che le acquistavano pagandole con oro e gemme preziose. Di solito con il termine margarita si intendevano anche i granati e altre pietre preziose (i quarzi), ma a Venezia divenne specifico per questo settore della produzione vetraria. I margariteri erano tenuti a comperare il materiale vetroso solamente a Murano. In origine erano uniti ai perleri (fabbricanti di perle o perlai), ma si divisero da questi nel 1500. Avevano Scuola a San Franceso de la Vigna e protettore San’Antonio Abate. È da menzionare che di queste perle si servì anche Cristoforo Colombo nel suo secondo viaggio verso le Indie, per rabbonire gli indigeni e accaparrarsi merci molto preziose. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle del Stampador

Calle del Stampador

2020-08-13--:--

A San Samuele esiste una Calle del Stampador, ma non si sa a quale bottega faccia riferimento; è probabile che ve ne fosse una nei primi tempi in cui questa attività giunse a Venezia. Essa fu portata da Giovanni da Spira nel 1469, ma morì subito dopo e poco poté esercitare il suo mestiere. Ereditò la sua attività il fratello Vindelino, poi alla sua ditta se ne affiancarono altre, rette da maestri del Nord Europa. Ben presto a questi si aggiunsero i Manuzio, i Gioliti e i Giunti. L’arte della stamperia crebbe in città in modo sorprendente, grazie anche al fatto che si usavano fogli di carta particolarmente pregiati, la stampa degli stessi risultava nitidissima e le edizioni erano mirabilmente curate. Basti rammentare la prima edizione completa dei classici latini fatta proprio da Aldo Manuzio e curata da Pietro Bembo e Ludovico Ariosto su commissione di Erasmo da Rotterdam, risalente al 1509. Assieme ai librai, gli stampatori si organizzarono in congregazione già nel 1548 e dal secolo successivo si riunirono nella Chiesa dei Santi Giovanni e Paolo, avendo per protettore San Tommaso d’Aquino. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Rio Marin

Rio Marin

2020-08-11--:--

Dei tintori lavoravano anche nei pressi di Rio Marin: sembra che questo canale derivi il suo nome dalla famiglia Dandolo, e in particolare da un Marino Dandolo che pare averlo fatto scavare a mano: per festeggiare la vittoria di Venezia a fianco di Bisanzio contro i Normanni, fece costruire la nuova via d’acqua donandola alla città a patto che venisse denominata con il nome del figlio natogli in quel periodo, Marino. Presso il rio esisteva un’area detta Purgo, che serviva a purificare le acque del canale inquinato dai coloranti della lavorazione di lane e sete, costituito da un percorso di canali che si snodavano tra gallerie e pozzi atti a trattenere i coloranti in questione. Qui c’è anche una Fondamenta di Rio Marin o dei Garzotti, che deriva il secondo nome da alcuni lavoranti dei panni che si chiamavano così perché “garzavano” le loro tele sollevandone il pelo con una specie di pannocchia spinosa chiamata garzo (o cardo). Dapprima ebbero Scuola con i cimadori (addetti a preparare il filato per la tessitura), ma poi se ne separarono trovando ospitalità nella Chiesa di San Simeon Grande sotto il patrocinio dell’Annunciazione. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle dei Testori

Calle dei Testori

2020-08-06--:--

Nella zona più occidentale di Venezia, oltre il Piazzale Roma, dove c’è la piccola Chiesa di Sant’Andrea, si trova una Calle dei Testori, così chiamata perché vi erano case riservate all’arte dei tessitori di seta, che fungevano anche da ospizio per malati e infermi della stessa arte. Questo mestiere era fiorito a Venezia nel 1300, forse anche grazie al contributo di alcune famiglie di Lucca trasferitesi a vivere in laguna, e si era sviluppato a tal punto che a fine 1600 i telai funzionanti per i commerci con Occidente e Oriente erano più di 3000. Caduta la Repubblica, essi si ridussero a meno di trecento. I tessitori di seta avevano per protettrice la Vergine Annunciata e Scuola nella Chiesa dell’Abazia e presso la Chiesa dei Gesuiti. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle de l’Aseo

Calle de l’Aseo

2020-08-04--:--

Oltre alle mescite di vini c’erano anche luoghi adibiti alla trasformazione del vino in aceto: Venezia ne faceva un grande uso, non solo per la sua cucina (esso è un ottimo conservante e nelle tradizioni alimentari della laguna è indispensabili per il saor, l’intingolo a base di cipolla soffritta nell’olio, uvetta e aceto fatto alla fine evaporare, che versato sul pesce lo rendeva particolarmente appetitoso e facile da conservare per giorni), ma anche per disinfettare l’acqua potabile trasportata nelle botti per mare che tendeva a imputridire soprattutto in estate: mescolandovi dell’aceto diminuiva la possibilità di infezioni intestinali. Per questo non è difficile incontrare una Calle de l’Aseo, o un Ponte de l’Aseo, che segnano il luogo dove esistevano queste attività (ad esempio a San Marcuola e a San Giovanni Grisostomo). © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle dei Saoneri

Calle dei Saoneri

2020-07-30--:--

Continuando in direzione di San Polo, si passa per Calle dei Saoneri: è questa una delle diverse località che riportano come toponimo quello dei fabbricanti di sapone, i quali a Venezia contavano nel 1500 ben 25 industrie, che diminuirono verso la fine della Repubblica a sole 7, per via della terribile concorrenza fatta dall’estero (specie da Marsiglia e da Trieste). Altra Calle dei Saoneri si trova nella zona di San Barnaba. È interessante ricordare che verso la fine del 1400 la Repubblica vietò la fabbricazione di saponi in aree non cittadine per evidenti intenti protezionistici. La grande fortuna che ebbe il sapone veneziano, ambito prodotto nelle corti estere così come nei mercati rionali, era dovuta al fatto che, mentre all’estero il sapone si fabbricava con il grasso di qualsiasi animale macellato e pertanto puzzava molto, a Venezia l’elemento che lo componeva era l’olio di oliva, che lo rendeva particolarmente morbido e profumato. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle del Becher

Calle del Becher

2020-07-28--:--

Calle, Campo, Ponte e Rio de le Becarie si trovano nei pressi di Rialto; qui vi erano i luoghi preposti allo smercio delle carni e spesso anche alla loro macellazione. Becher poi era chiamato il macellaio addetto alla preparazione dei pezzi di carne e alla loro vendita al minuto; per cui in città si incontra qualche toponimo nato da questa denominazione, come Calle del Becher a San Felice, in Strada Nova. Il toponimo Luganegher, vale a dire “salsicciaio”, che vendeva prodotti di maiale sotto ogni forma, è abbastanza frequente da incontrarsi, ad esempio in Frezzaria, a Sant’Aponal e a San Cassian, come Calle, Sotoportego, Ramo e Corte del Luganegher. Questo mestiere era molto diffuso tant’è che alla fine della Repubblica contava ben 684 addetti. Il consumo di salsicce, così come di carni di manzo, di vitello, di pecora e di castrato, a cui è da aggiungersi la cacciagione, era abbondante e diffusissimo tra la popolazione. Legato al mestiere dei luganegheri c’è a San Matteo di Rialto un altro curioso toponimo: Corte dei Pii, che nulla ha a che vedere con particolari praticanti religiosi, ma con il fatto che in questo luogo si usavano cuocere piedini di maiale, di manzo, di vitello e di castrato, proprio ad opera dei luganegheri. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Ruga dei Speziali

Ruga dei Speziali

2020-07-23--:--

L’arte degli spezieri (o spessieri) aveva avuto il suo statuto già nel lontano 1258, e raggruppava al suo interno sia i medici che i farmacisti. Affine a quest’ultima, c’erano gli speziali. Essi si distinguevano in particolare perché era loro compito la preparazione e poi lo smercio della teriaca o triaca, uno sciroppo che avevano appreso dai greci e dagli arabi e di cui erano diventati in breve i depositari pressoché in esclusiva. La triaca era preparata con un numero molto alto di ingredienti (più di sessanta anche piuttosto rari): in pratica conteneva le spezie di tutto l’Oriente e dell’Italia, di cui Venezia si accaparrava l’esclusiva; a queste veniva aggiunta poi polvere di carne di vipera essiccata, proveniente dai Colli Euganei. Il risultato di questo intruglio era usato per curare praticamente qualsiasi accidente di salute. Non sappiamo quale ne fosse effettivamente la validità, fatto sta che Venezia esportava teriaca dalla Spagna alla Russia. La diffusione di questi negozi ha lasciato importanti segni nella toponomastica: per gli speziali in Ruga Rialto, Ruga dei Speziali; per gli spezieri ai Santi Filippo e Giacomo, Calle del Spezier, che si trova vicino a San Zaccaria, ma anche a San Stin e a San Pantalon, dove si incontrano due Calle del Spezier. Anche presso Fondamenta degli Ormesini era attiva una bottega di spezier, condotta da un ebreo, che ha lasciato il nome alla calle su cui si apriva, Calle del Zudìo (giudeo). © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle del Scaleter

Calle del Scaleter

2020-07-21--:--

Nel 1753 c’erano a Venezia ben 59 botteghe di scaleteri, che naturalmente hanno lasciato il loro nome nella toponomastica cittadina. Gli scaleteri erano pasticceri che confezionavano in particolare torte con cialde disposte a scaletta, spesso per matrimoni. Naturalmente confezionavano anche torte e pasticcini di altro tipo, e spesso nei loro locali si mescevano bevande calde, in particolare caffè e cioccolata. Al loro interno, così come nelle farmacie o erboristerie del passato, solevano soffermarsi, di giorno e spesso di notte, dei medici in attesa di essere convocati al capezzale di qualche paziente. Calle del Scaleter ricorda la presenza di uno di questi negozi, tra i più antichi (risale circa al 1746): si trova tutt’ora a Sant’Agostin, vicino a San Polo, ed è ancora funzionante con il nome di “Pasticceria al Bucintoroˮ. Si narra che qui trovò soccorso per il senatore Matteo Bragadin, colpito improvvisamente da infarto, il giovane Giacomo Casanova, che lo stava riaccompagnando al suo palazzo a Santa Marina (oggi Bragadin Carabba, ma di proprietà dei conti Papadopoli). Accortosi del grave malore, fece fermare la gondola al ponte di Ca’ Bernardo, scese di corsa, entrò nel pubblico locale e fece salire il medico in gondola con lui; poi, non convinto delle cure prestate, si arrangiò da solo a salvare colui che diventerà per decenni il suo più importante amico e sostenitore anche economico. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle del Forner

Calle del Forner

2020-07-16--:--

Quasi ogni quartiere doveva avere i suoi negozi e botteghe dove gli abitanti del luogo trovavano il fabbisogno per la vita quotidiana, senza necessità di spostarsi da una parte all’altra della città. Perciò c’erano, e naturalmente rimangono, decine di luoghi con denominazioni legate a queste attività commerciali, prima fra tutti Calle del Forno o del Forner, dal momento che in città si contavano ancora nel 1773 ben 63 forni funzionanti. A volte, vista la vicinanza al forno di qualche altro negozio, la calle poteva assumere due nomi, come Calle del Forno o del Marangon (falegname), a San Giovanni Evangelista. Per le esigenze speciali c’erano strutture speciali: in Riva degli Schiavoni, all’altezza dell’Arsenale, proprio all’interno dell’attuale Circolo Sottufficiali di Marina, si costruirono nel primo Cinquecento ben trentadue forni in un unico spazio, di cui ora restano solo quattro esemplari; questi dovevano fornire i biscotti per l’approvvigionamento di navi e marinai. Rimane la memoria topografica di questa imponente opera nella calle vicina, chiamata Calle dei Forni. I biscotti veneziani per le truppe di mare erano confezionati e preparati in modo da poter resistere a lungo senza deteriorarsi e senza essere attaccati dai tarli. Racconta il Tassini in “Curiosità veneziane” che venne rinvenuto nel 1821 un certo quantitativo di biscotti lasciati a Candia nel 1669, quando i veneziani dovettero cedere l’isola ai turchi, ancora perfettamente conservato ed edibile. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Gli ospizi a Venezia erano piuttosto numerosi, e per questo è possibile trovare denominazioni che ne ricordano la funzione: ai Carmini, per esempio c’è una Fondamenta del Soccorso con omonimo ponte che deve il suo nome ad un ospizio per donne “traviate” ormai di una certa età, istituito dalla cortigiana Veronica Franco, quando si ritirò pentita della sua attività precedente. La sua iniziativa prese l’avvio intorno al 1580 e venne sostenuta generosamente da diversi patrizi. Dapprima l’ospizio si trovava ai Tolentini, poi fu spostato a San Pietro di Castello, quindi a San Trovaso e infine ai Carmini, dove funzionò fino all’età napoleonica. C’è poi Corte dei Vecchi a San Sebastiano che desume il suo nome dalla presenza in loco di un ospizio, denominato di San Ludovico, destinato alla cura gratuita di anziani senza figli e senza famiglia. L’ospizio sorse su un lascito del nobile Lodovico Priuli sul finire del 1500. Analogamente una Calle Vechia a Castello potrebbe chiamarsi così per via di un ricovero per marinai soli e ammalati eretto nel 1474. Inoltre, a San Samuele esiste una Calle e un Ramo dei Sotti (zoppi), così chiamato per via di alcune case che appartenevano alla Scuola dei Sotti, che comprendeva anche zonfi (monchi) e ciechi, detta anche Confraternita dell’Annunciazione, fondata nel 1392 con lasciti della famiglia Morosini. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle del Squero

Calle del Squero

2020-07-09--:--

Una città nata sul mare, che aveva come mezzo fondamentale di comunicazione al suo interno e con le popolazioni straniere la barca, piccola o grande che fosse, doveva per forza avere molti operai e molti cantieri: la barca ai tempi della Serenissima era necessaria anche per i più piccoli spostamenti quotidiani, in quanto i collegamenti tra le isolette che componevano Venezia non erano sempre garantiti da ponti. Così all’Arsenale si costruirono prevalentemente le grosse imbarcazioni mercantili e militari, mentre gli squeri producevano imbarcazioni di stazza più ridotta o per piccole flotte private. È ovvio dunque, che, vista l’importanza di questo settore di attività, la toponomastica abbia conservato in più luoghi la memoria dello squero, sebbene oggi sia raro incontrarne qualcuno: ci sono una Calle e un Ramo del Squero a San Moisè; un’altra Calle del Squero a San Barnaba; e c’è Calle del Squero Vechio, ad esempio ai Santi Giovanni e Paolo, per distinguere le attività più vecchie da quelle più recenti. Nell’arte degli squeraroli rientravano anche gli arsenalotti, e insieme costituirono corpo nel 1610, con Scuola di devozione a San Trovaso, sotto la protezione di Santa Elisabetta. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Sotoportego Minelli

Sotoportego Minelli

2020-07-07--:--

A San Fantin c’è una Calle con Sotoportego Minelli, così chiamati dal nome di una famiglia di origine bergamasca che qui aveva abitazione e proprietà. Era una famiglia di basse origini e di bassa condizione economica, ma era riuscita con un negozio ben avviato in Casaria a Rialto e tramite matrimoni a farsi un nome e una reputazione; così a metà 1600 acquisì l’accesso al Maggior Consiglio con l’esborso già noto dei 100.000 ducati previsti per fronteggiare le guerre con i turchi. Si ricorda che il giorno in cui la famiglia fu eletta, uno dei fratelli, Andrea, era nella bottega intento a vendere salumi, e il maggiore stava giocando a palla con indosso il grembiule turchino, tipico dei bottegai veneziani. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle Cortese

Calle Cortese

2020-07-02--:--

A un Domenico Cortese, che faceva l’argentiere a Santa Marina presso i Santi Giovanni e Paolo nel 1444, fu imposto di chiudere la sua attività in quanto il camino del suo laboratorio faceva ricadere i fumi sulle abitazioni vicine, arrecando molto fastidio; ma i medici che furono interpellati per esprimere un parere sulla nocività delle esalazioni dichiararono che non erano dannosi, e Domenico poté riprendere la sua arte. La famiglia fu altre volte implicata in questioni legali, sempre nel corso del 1400: un altro Domenico fu incarcerato per tre mesi per aver cercato di falsificare un oggetto in metallo prezioso; e un altro omonimo si trovò implicato in un processo per tradimento causato dalla moglie e dal suo amante, a cui aveva donato molti beni del marito. Estinti probabilmente in quel periodo, hanno lasciato segno di sé nel nome della Calle Cortese che porta appunto il loro cognome. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle Tron

Calle Tron

2020-06-30--:--

Calle e Rio Tron si trovano a San Stae nel sito dove aveva dimora questa ricca, facoltosa e molto antica famiglia veneziana; ma calli omonime si ritrovano anche altrove, ad esempio nei pressi di Piazza San Marco. Nella seconda metà del 1700 un Andrea Tron sviluppò un’importante azienda agricola nella terraferma veneziana, da cui ricavava vini molto apprezzati che esportava specie nell’Europa dell’Est; egli per primo introdusse l’uso delle bottiglie di vetro verde, fatte fare apposta a Murano, al posto delle botti. Andrea aveva un fratello, Francesco, che sposò all’età di 50 anni la diciassettenne Cecilia Zen, che ben presto si distinse, favorita anche dalla sua avvenenza, per i suoi costumi piuttosto emancipati e per il suo carattere sagace. Nel 1785 Cecilia affittò il suo palco nel Teatro di San Beneto al conte di Curlandia per ben 80 zecchini, il che fece nascere e diffondere per Venezia un piccante motto di spirito: “Brava la Trona: la vende el palco più caro de la mona”; al quale la spregiudicata dama rispose con altrettanta pungente ironia: “La Trona, la mona la dona”. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Corte Soranzo

Corte Soranzo

2020-06-25--:--

C’è a San Martino una Corte Soranzo, così come c’è una calle con lo stesso nome a San Marcuola, detta anche Calle Correr, e una Fondamenta Soranzo, ribattezzata Fornace, a San Gregorio (Strada Nova). In queste aree, ma anche a San Polo, la Famiglia Soranzo aveva dimore e possedimenti immobiliari. I Soranzo provenivano da Roma (gens Superantia), da dove si erano trasferiti prima ad Altino e poi nelle isole realtine. Diedero molti importanti personaggi alla Repubblica, in particolare guerrieri: si ricorda al riguardo il valoroso e eroico Benedetto, che durante la battaglia di Lepanto, rimasto senza compagni nella sua nave e ferito in modo molto grave da tre frecce, preferì farsi saltare in aria, dando fuoco alle polveri della Santa Barbara piuttosto che cadere in mano al nemico turco e consegnargli quanto restava della sua imbarcazione. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Ponte Pesaro

Ponte Pesaro

2020-06-23--:--

Nei pressi di San Stae, Calle, Ponte, Rio e Fondamenta Pesaro ci parlano della presenza in zona di questa famiglia, tra le più in vista, che qui aveva dimora. Il loro palazzo, che oggi ospita il Museo di Arte Moderna, era in origine un edificio fortificato con due torrette di avvistamento; nel ricordo di quella realtà che mutò solo nel 1500 il rio che scorre a sud est dell’edificio si chiama ancora Rio de le Due Torri o di Santa Maria Mater Domini, e più all’interno inspiegabilmente muta nome e si chiama Rio de la Tore. I Pesaro erano giunti a Venezia dalla Romagna all’inizio del XIII secolo e avevano dato alla nuova patria illustri nomi di guerrieri, studiosi, prelati e infine un Doge, Giovanni, eletto al vertice dello Stato nel 1658. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle Caotorta

Calle Caotorta

2020-06-18--:--

Una Calle Caotorta, a Sant’Angelo, documenta la presenza in zona di un discendente di una delle famiglie più antiche: si vuole che Antifone, figlio di Pilemene, re degli eneti di Paflagonia, giunto nelle lagune con Antenore dopo la distruzione di Troia, approdasse all’isola di Olivolo e qui desse luogo alla famiglia degli Stivacali o Samacali, più tardi chiamata Capotorto e poi volgarizzata in Caotorta. Si sa per certo che questa famiglia partecipò alla fondazione di Venezia e all’erezione di una delle sue più antiche chiese, quella di San Sergio e Bacco. Un ramo della famiglia abitava presso la Madonna de l’Orto, dove la calle che portava il suo nome non esiste più, e un altro ramo a Sant’Angelo. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
Calle Bembo

Calle Bembo

2020-06-16--:--

I Bembo giunsero a Venezia da Bologna e si imposero come una delle più importanti famiglie nella vita dello Stato, sia per ruolo politico e militare, sia per peso culturale e religioso: magistrati, prelati, generali, eccelsi uomini di cultura (si pensi per tutti a Pietro Bembo, lo scrittore amico della regina Caterina Corner e padre del Rinascimento), e perfino un Doge, Giovanni (16151618). La casa madre era situata in Riva del Carbon, dove c’è ancora una Calle Bembo, in Parrocchia di San Salvador, ma ci sono in città altri toponimi legati alla famiglia: si veda Calle Bembo a San Zan Degolà, vicino al Campo San Giacomo dall’Orio. © Editoriale Programma - Lorenzo Somma
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