Il Delitto Del “Re Del Grano” E Di Sua Moglie, Massacrati Nella Loro Villa In Discesa Gaiola
Update: 2021-02-05
Description
“Il re del grano”, così Franco Ambrosio era stato ribattezzato dai media per via del suo sontuoso conto in banca costruito grazie alla sua attività nel settore cerealicolo.
A un fiorente periodo lavorativo, per via di alcune disavventure imprenditoriali, ne era però seguito uno meno radioso. Accusato e indagato per alcuni crimini finanziari, Ambrosio ne era comunque uscito pulito e aveva mantenuto un certo benessere economico che permetteva a lui e a sua moglie di vivere nella luccicante villa in discesa Gaiola.
Il giorno in cui vennero rinvenuti i cadaveri dei coniugi, morti ammazzati proprio nella loro abitazione, il movente non ebbe però nulla a che fare con un raid punitivo, bensì con una goffa rapina finita male ad opera di tre maldestri ladruncoli rumeni che finirono poi all’ergastolo per omicidio.
Tra i malviventi vi era anche un giardiniere che fino a qualche mese prima aveva lavorato per Ambrosio. L’uomo, insieme a tre complici, si era introdotto nella villa pensando che fosse disabitata. Dopo essersi ubriacata, la banda fece irruzione nell’abitazione e si trovò però di fronte il proprietario. Forse i fumi dell’alcol fecero perdere la ragione ai malviventi che, mal gestendo l’imprevisto, uccisero barbaramente il proprietario di casa e poi la moglie, accorsa nella stanza dove il marito stava agonizzando sotto i colpi di un girabacchino, un arnese utilizzato per avvitare i bulloni delle ruote delle auto, inferti dagli aguzzini.
La banda, dopo aver compiuto il duplice omicidio, non si fermò a depredare le ricchezze degli Ambrosi, si prese piuttosto tutto il tempo per mangiare e bere quanto era riposto nella cucina dei coniugi, lasciando la villa solo all’alba.
Le indagini misero presto in manette i colpevoli. Il giardiniere infedele, una volta condannato all’ergastolo, chiese più volte perdono ai familiari della vittima, ma il tentativo di riparare a quell’inutile spargimento di sangue si rivelò tanto tardivo quanto inefficace.
A un fiorente periodo lavorativo, per via di alcune disavventure imprenditoriali, ne era però seguito uno meno radioso. Accusato e indagato per alcuni crimini finanziari, Ambrosio ne era comunque uscito pulito e aveva mantenuto un certo benessere economico che permetteva a lui e a sua moglie di vivere nella luccicante villa in discesa Gaiola.
Il giorno in cui vennero rinvenuti i cadaveri dei coniugi, morti ammazzati proprio nella loro abitazione, il movente non ebbe però nulla a che fare con un raid punitivo, bensì con una goffa rapina finita male ad opera di tre maldestri ladruncoli rumeni che finirono poi all’ergastolo per omicidio.
Tra i malviventi vi era anche un giardiniere che fino a qualche mese prima aveva lavorato per Ambrosio. L’uomo, insieme a tre complici, si era introdotto nella villa pensando che fosse disabitata. Dopo essersi ubriacata, la banda fece irruzione nell’abitazione e si trovò però di fronte il proprietario. Forse i fumi dell’alcol fecero perdere la ragione ai malviventi che, mal gestendo l’imprevisto, uccisero barbaramente il proprietario di casa e poi la moglie, accorsa nella stanza dove il marito stava agonizzando sotto i colpi di un girabacchino, un arnese utilizzato per avvitare i bulloni delle ruote delle auto, inferti dagli aguzzini.
La banda, dopo aver compiuto il duplice omicidio, non si fermò a depredare le ricchezze degli Ambrosi, si prese piuttosto tutto il tempo per mangiare e bere quanto era riposto nella cucina dei coniugi, lasciando la villa solo all’alba.
Le indagini misero presto in manette i colpevoli. Il giardiniere infedele, una volta condannato all’ergastolo, chiese più volte perdono ai familiari della vittima, ma il tentativo di riparare a quell’inutile spargimento di sangue si rivelò tanto tardivo quanto inefficace.
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