Racconti e leggende - L'arrivo del corpo di S.Bartolomeo a Lipari
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Forse la testimonianza più antica che parla dell’arrivo e della presenza a Lipari del corpo di San Bartolomeo è quella di San Gregorio di Tours, vescovo e storico, che tra il cinquecentosettantadue e il cinquecentonovanta scrive:
La storia del martirio di Bartolomeo narra che egli patì in India, secondo altre versioni: in Asia. Dopo lo spazio di molti anni dal suo martirio, essendo sopraggiunta una nuova persecuzione contro i Cristiani, e vedendo i pagani che tutto il popolo accorreva al suo sepolcro e a lui rivolgeva preghiere e offriva incensi, presi da odio, sottrassero il suo corpo e ponendolo in un sarcofago di piombo, tenuto a galla dalle acque che lo sostenevano, da quel luogo fu traslato ad un’isola che si chiama Lipari, e ne fu data notizia ai Cristiani perché lo raccogliessero: e raccoltolo e sepoltolo, su di questo edificarono una grande chiesa. In questa chiesa è ora invocato e manifesta di giovare a molte genti con le sue virtù e le sue grazie.
Anche Teodoro il Lettore, storico bizantino, scrive intorno al cinquecentotrenta come le reliquie di San Bartolomeo fossero state inviate dall’imperatore d’Oriente Anastasio, forse nel cinquecentosette, a Dara, cittadella che egli aveva fortificata. Tale informazione è confermata da Procopio di Cesarea morto nel cinquecentosessantacinque.
Non è nostro compito dimostrare quale reliquia fosse quella autentica, in un’epoca in cui imperversava il commercio delle reliquie, e se a Dara e a Lipari si pensasse di avere l’intero corpo o, ciascheduna, solo una parte delle reliquie. E’ importante dimostrare come già nel sesto secolo, praticamente negli stessi anni in cui cadeva Dara, nel cinquecentosettantatre, con riferimenti a molti anni prima, il 13 febbraio del duecentosessantaquattro , veniva collegata Lipari al culto ed al corpo di San Bartolomeo e che si comincia a sviluppare una tradizione che afferma :
che il corpo fu gettato in mare e tenuto a galla dalle acque che lo sostenevano;
che il corpo fu traslato all’isola di Lipari;
che fu data notizia ai cristiani perché lo accogliessero;
che il corpo fu accolto e sepolto e su di esso fu edificata una grande chiesa.
Un’altra testimonianza del legame fra San Bartolomeo e Lipari ce la dà san Teodoro Studita (759 – ottocentoventisei). Questo monaco bizantino racconta che dopo la sua morte San Bartolomeo non si dimenticò dei suoi uccisori e fece numerosi miracoli e prodigi, ma proprio questo portò i suoi persecutóri ad infierire sul suo corpo. Presero l’arca miracolosa che conteneva il suo corpo e la gettarono in mare. Ma invece di affondare l’arca, per grazia divina, parve avanzare attraverso i flutti. L’arca fu trascinata dalle regioni dell’Armenia, con le arche di altri quattro martiri anch’esse gettate in mare, che precedettero ed in qualche modo scortarono l’Apostolo. Navigando queste arche giunsero oltre la Sicilia, all’isola chiamata Lipari, per manifestarsi là grazie al ritrovamento da parte del vescovo del luogo, il santissimo Agatone.
E’ come – esclama san Teodoro – se l’isola dal nome appropriato abbia gridato con voci misteriose verso di lui che vi era pervenuto: Vieni a me l’infelice, tesoro tre volte beato dello Spirito tutto santo, vieni a me la disprezzata, perla di immenso valore, vieni a me la postulante, o tu che da altri foste gettato via con suprema ingiustizia; stabilisci in me e molte dimore in me si costruiranno , sii mio patrono e sarò molto abitata; rendi celebre il tuo nome in me e da ogni parte si parlerà di me; mentre altri hanno respinto te portatore di luce, io che vivo nel buio mi protendo verso la tua luce; mentre gli altri si sono fatte beffe di te, nutrimento di parole viventi, io invece come una piccola cagna bramo di ricevere le briciole delle tue reliquie.